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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 07/05/2010 (Ud. 24/03/2010), Sentenza n. 17533


DIRITTO URBANISTICO - Esecuzione dei manufatti abusivi - Responsabilità del proprietario dell’area - Elementi indiziari concordanti.
La colpevolezza del proprietario, in assenza di prove che sia stato egli stesso esecutore o committente delle opere, può essere desunta da elementi indiziari concordanti che denotino un suo concorso, almeno morale, all'esecuzione dei manufatti abusivi, quali la stessa disponibilità giuridica e di fatto del suolo, il comune interesse all'edificazione per soddisfare esigenze familiari, il fatto che abiti nei pressi della costruzione abusiva, che sia stato individuato sul luogo ed altri. (Cass. sez. III, 7.3.2003 n. 10632, Di Stefano ed altro; Cass. sez. III, 2.3.2004 n. 9536, Mancuso; Cass. sez. III, 200500216, Fucciolo; Cass. sez. III, 24.9.2007 n. 35376). (Dich. inammiss. del ricorso avverso la sentenza del 5.3.2009 della Corte di Appello di Lecce) Pres. De Maio, Est. Lombardi, Ric. Candita. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 07/05/2010 (Ud. 24/03/2010), Sentenza n. 17533


DIRITTO URBANISTICO - Abusivismo edilizio - Esimente dello stato di necessità - Esclusione - Art. 54 c.p.. In materia di abusivismo edilizio non è configurabile l'esimente dello stato di necessità, in quanto, pur essendo ipotizzabile un danno grave alla persona in cui rientri anche il danno al diritto all'abitazione, difetta in ogni caso il requisito dell'inevitabilità del pericolo. (Cass. sez. III, 19/09/2008 n. 35919, Savoni ed altro; Cass. sez. III, 12/11/2007 n. 41577, Ferraioli; Cass. sez. III, 9/06/2006 n. 19811, Passamonti; Cass. sez. III, 4.12.1987 n. 12253; Cass. 17.5.1990 n. 7015). Sicché correttamente é stato esclusa la sussistenza dell'esimente fondata sulle indicate ragioni di salute dell'imputata in base al rilievo che le stesse, oltre a non determinare una situazione di pericolo imminente, possono essere tutelate mediante altri meccanismi di mercato o propri dello stato sociale senza dover ricorrere al compimento di atti illeciti. (Dich. inammiss. del ricorso avverso la sentenza del 5.3.2009 della Corte di Appello di Lecce) Pres. De Maio, Est. Lombardi, Ric. Candita. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 07/05/2010 (Ud. 24/03/2010), Sentenza n. 17533



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UDIENZA del 24.03.2010

SENTENZA N. 610

REG. GENERALE N. 37083/2009


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli ill.mi Signori:


Presidente     Dott. Guido De Maio
Consigliere             Alfredo Maria Lombardi

                             Mario Gentile
                            Aldo Fiale
                            Guicla I. Mulliri

ha pronunciato la seguente:


SENTENZA


Sul ricorso proposto dall'Avv. Fernando Palermo, difensore di fiducia di Candita Carmela, n. a Francavilla Fontana il xx.xx.xxxx, avverso la sentenza in data 5.3.2009 della Corte di Appello di Lecce, con la quale, a conferma di quella del Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Francavilla Fontana, in data 17.1.2008, venne condannata alla pena di mesi uno di arresto ed € 6.000,00 di ammenda, quale colpevole dei reati:

a) di cui all'art. 44 del DPR n. 380/2001;

b) di cui agli art. 64 e ss. del DPR n. 380/2001, unificati sotto il vincolo della continuazione.


- Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
- Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
- Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Guglielmo Passacantando, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
- Udito il difensore, Avv. Graziella Colaiacono, in sostituzione dell'Avv. Fernando Palermo, che ha concluso per raccoglimento del ricorso;


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Lecce ha confermato la pronuncia di colpevolezza di Candita Carmela in ordine ai reati:

a) di cui all'art. 44 del DPR n. 380/2001;

b) di cui agli art. 64 e ss. del DPR n. 380/2001, a lei ascritti per aver costruito un manufatto occupante la superficie di mq 52, una veranda poggiante su pilastri in cemento armato ed un piazzale in calcestruzzo senza il permesso di costruire.


La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l'appellante aveva dedotto esservi carenza di prove in ordine alla sua responsabilità.


La sentenza ha osservato che l'imputata non solo risulta proprietaria dell'area sulla quale sono state realizzate le opere abusive, ma aveva anche chiesto un permesso di costruire per la realizzazione di un fabbricato rurale, poi ceduto alla nuora Cotrina Giusy, nonché l'esistenza di altri elementi indiziari. La sentenza ha altresì rigettato la richiesta che si ritenesse sussistente l'esimente di cui all'art. 54 c.p..


La Corte territoriale ha, invece, assolto dagli stessi reati Di Palmo Giovanni, per non avere commesso il fatto, osservando che a carico di detto imputato non erano emerse prove, in quanto l'affermazione di colpevolezza risultava esclusivamente fondata sulla sua qualità di marito della proprietaria del terreno su cui sono state realizzate le opere abusive.


Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputata, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Con i primi due mezzi di annullamento la ricorrente denuncia violazione di legge e vizi di motivazione in ordine alla affermazione di colpevolezza, deducendo che la stessa è esclusivamente fondata sulla qualità di proprietaria dell'area sulla quale sono state realizzate le opere abusive, mentre non si è tenuto conto di altri elementi di prova ed in particolare del fatto che il Di Palmo era stato indicato quale autore delle costruzioni ed aveva ammesso gli addebiti.


Con il terzo mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata applicazione dell'art. 54 c.p. in relazione alla esclusione della chiesta esimente.


Si osserva che lo stato di necessità in cui versa l'imputata è comprovato da ampia documentazione medica, attestante che le sue condizioni di salute ne rendono necessario il trasferimento in un luogo salubre, quale quello in cui sono state realizzate le opere di cui alla contestazione, e che la tutela della salute costituisce un diritto costituzionalmente garantito.


Con gli ultimi due motivi di gravame si reiterano le censure per vizi di motivazione in ordine alla affermazione di colpevolezza.


Si deduce, in sintesi, che nel caso in esame non vi erano motivi per escludere che responsabile delle opere abusive fosse la Cotrina Giusy, a carico della quale pende altro procedimento penale, ovvero il Di Palmo indicato dalla stessa Cortina Giusy quale autore delle costruzioni; che, peraltro, il Di Palmo in precedenza era stato titolare di un'impresa di costruzione; che non vi è stato neppure un accertamento diretto ad individuare l'esatta epoca di realizzazione dei manufatti e che sia la costruzione, della cui realizzazione abusiva è stata imputata la Cotrina Giusy, sia quelle di cui alla contestazione a carico della Candita insistono sulla stessa proprietà.


Il ricorso è manifestamente infondato.


Con i vari mezzi di annullamento la ricorrente si limita a reiterare deduzioni di natura fattuale, già sottoposte all'esame dei giudici di merito e respinte con motivazione esaustiva, immune da vizi logici, oltre che giuridicamente corretta.


Deve essere in, primo luogo rilevato che dallo stesso ricorso si evince che l'ammissione di responsabilità attribuita al Di Palmo si riferisce alla realizzazione del manufatto per il quale è imputato unitamente alla Cotrina Giusy in altro processo; né nel ricorso è indicato l'atto del presente procedimento con il quale vi sarebbe stata l'asserita ammissione di responsabilità.


Tanto premesso, è noto che la colpevolezza del proprietario, in assenza di prove che sia stato egli stesso esecutore o committente delle opere, può essere desunta da elementi indiziari concordanti che denotino un suo concorso, almeno morale, all'esecuzione dei manufatti abusivi, quali la stessa disponibilità giuridica e di fatto del suolo, il comune interesse all'edificazione per soddisfare esigenze familiari, il fatto che abiti nei pressi della costruzione abusiva, che sia stato individuato sul luogo ed altri. (sez. III, 7.3.2003 n. 10632, Di Stefano ed altro, RV 224334; sez. III, 2.3.2004 n. 9536, Mancuso, RV 227403; sez. III, 200500216, Fucciolo, RV 230660; sez. III, 24.9.2007 n. 35376, RV 222658).


Orbene, l'affermazione di colpevolezza dell'imputata non è affatto fondata solo sulla qualità di proprietaria dell'area su cui sorgono le costruzioni abusive, ma altresì su ulteriori rilevanti elementi indiziari convergenti e cioè il fatto che la stessa Candita aveva chiesto in precedenza un permesso di costruire per la realizzazione di altro manufatto sul suolo di sua proprietà, poi ceduto alla nuora Cotrina Giusy; il fatto che la stessa venne trovata presso la costruzione abusiva al momento del sopraluogo degli organi di polizia giudiziaria, nonché l'interesse diretto alla realizzazione del manufatto da destinare ad uso abitativo.


I vari motivi di gravame con i quali la ricorrente contesta l'affermazione di colpevolezza non contengono alcuna censura avverso la coerenza logica delle argomentazioni della sentenza sul punto, ma, come già rilevato, ripropongono deduzioni fattuali, inammissibili in sede di legittimità. Anche il motivo di gravame afferente alla esimente dello stato di necessità è manifestamente infondato.


L'esclusione della esimente di cui all'art. 54 c.p. da parte dei giudici di merito, invero, ha formato oggetto di motivazione adeguata e costituisce corretta applicazione del consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte in materia.


E' stato, infatti, reiteratamente affermato da questa Suprema Corte che "In materia di abusivismo edilizio non è configurabile l'esimente dello stato di necessità, in quanto, pur essendo ipotizzabile un danno grave alla persona in cui rientri anche il danno al diritto all'abitazione, difetta in ogni caso il requisito dell'inevitabilità del pericolo." (sez. III, 19 settembre 2008 n. 35919, Savoni ed altro, RV 241094; sez. III, 12 novembre 2007 n. 41577, Ferraioli, RV 238258; sez. III, 9 giugno 2006 n. 19811, Passamonti; sez. III, 4.12.1987 n. 12253; 17.5.1990 n. 7015)
Sicché correttamente é stato esclusa la sussistenza dell'esimente fondata sulle indicate ragioni di salute dell'imputata in base al rilievo che le stesse, oltre a non determinare una situazione di pericolo imminente, possono essere tutelate mediante altri meccanismi di mercato o propri dello stato sociale senza dover ricorrere al compimento di atti illeciti.


Si è, poi, aggiunto che l'imputata non ha neppure fornito prova che l'immobile attualmente abitato non risponda ai requisiti di salubrità richiesti.


Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell'art. 606, ultimo comma, c.p.p..


Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla cassa delle ammende.


P.Q.M.


La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché della somma di € 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 24.3.2010.


DEPOSITATA IN CANCELLERIA il  7 MAG. 2010



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