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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2010 (Cc. 08/04/2010), Sentenza n. 17971


BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - DIRITTO URBANISTICO - Permesso di costruire e autorizzazione paesaggistica scaduti - Prosecuzione dei lavori - Reato urbanistico e paesaggistico - Configurabilità. In aree vincolate l'autorizzazione paesaggistica costituisce condizione di efficacia del titolo abilitativo edilizio nel senso che esso diviene efficace solo dopo l'autorizzazione predetta. In ogni caso nessun lavoro esterno, assentibile o no con permesso di costruire, può essere proseguito senza il preventivo rilascio/rinnovo del nulla osta paesaggistico scaduto. Da ciò consegue che non è consentito iniziare i lavori prima della conclusione dell'intero procedimento configurandosi nel caso contrario sia il reato urbanistico che quello paesaggistico (Cass. sez III n. 22824/2003). Nella specie, considerato che non era stata richiesto né tanto meno rilasciato il rinnovo dell'autorizzazione paesaggistica, l'autorità comunale ha considerato sospesa la procedura. (conferma ordinanza del tribunale del riesame di Salerno del 21/12/2009) Pres. Lupo, Est. Petti, Ric. Garofalo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2010 (Cc. 08/04/2010), Sentenza n. 17971


BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Protezione delle bellezze naturali - Autorizzazione paesaggistica - Termine di validità quinquennale - Decorrenza dalla data di rilascio - Art. 158 D.Lgs. n. 42/2004 - Art. 16 R.D. n. 1357/1940 - L. n. 1497/1939. In tema di protezione delle bellezze naturali, il termine di validità quinquennale dell'autorizzazione paesaggistica prevista dall'art. 16 R.D. 3 giugno 1940, n. 1357 (Regolamento per l'applicazione della L. 29 giugno 1939, n. 1497, sulla protezione delle bellezze naturali), è tuttora applicabile in base al disposto dell'art. 158 D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e decorre dalla data di rilascio dell'autorizzazione medesima (Cass. sentenza n. 32200/2007). (conferma ordinanza del tribunale del riesame di Salerno del 21/12/2009) Pres. Lupo, Est. Petti, Ric. Garofalo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2010 (Cc. 08/04/2010), Sentenza n. 17971


DIRITTO URBANISTICO - Permesso di costruire - Termini di inizio dei lavori (1 anno) e quello di ultimazione (3 anni) - Decorrenza dei termini - Effetti - Decadenza di diritto per la parte non eseguita - Rilascio di nuovo permesso e D.I.A. - Disposizione regionali - Limiti - Termini inferiori - Proroga dei termini - Provvedimento motivato - Necessità - Titolare del permesso - Responsabilità - Difformità dal progetto - Sequestro dell'immobile - Art. 15 D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia). In base all'articolo 15 del D.P.R. n. 380/2001 (testo unico sull'edilizia), nel permesso di costruire, devono essere fissati il termine di inizio dei lavori e quello di ultimazione: il primo non può essere superiore ad un anno il secondo a tre con decorrenza dall'inizio dei lavori. Le leggi regionali, i regolamenti o i piani possono fissare termini inferiori. Entrambi i termini possono essere prorogati con provvedimento motivato dell'autorità amministrativa allorché gli stessi non siano stati osservati per fatti non imputabili al titolare del permesso. Il sequestro dell'immobile per difformità dal progetto è chiaramente un fatto imputabile al titolare del permesso. Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita. Perché si verifichi la decadenza non è quindi necessaria, per espresso dettato normativo, alcuna pronuncia da parte dell'autorità, a differenza della proroga che richiede il provvedimento motivato. Il terzo comma dell'articolo 15 del D.P.R. n. 380/2001 dispone che "la realizzazione della parte dell'intervento non ultimata nel termine stabilito è subordinata al rilascio di nuovo permesso per le opere ancora da eseguire salvo che le stesse non rientrino tra quelle realizzabili mediante denuncia di inizio attività. (conferma ordinanza del tribunale del riesame di Salerno del 21/12/2009) Pres. Lupo, Est. Petti, Ric. Garofalo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2010 (Cc. 08/04/2010), Sentenza n. 17971



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UDIENZA dell'8.04.2010

SENTENZA N. 563

REG. GENERALE N. 1308/2010


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dai sigg. magistrati:


Dott. Ernesto Lupo                              presidente
Dott Agostino Cordova                         consigliere
Dott. Ciro Petti                                    consigliere
Dott Silvio Amoresano                         consigliere
Dott Santi Gazzara                             consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


- sul ricorso proposto da Garofalo Domenico, nato a Camerota il xx/xx/xxxx, avverso l'ordinanza del tribunale del riesame di Salerno del 21 dicembre del 2009;
- udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
- sentito il Procuratore generale dott. Guglielmo Passacantando, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;

- Letti il ricorso e l'ordinanza denunciata osserva quanto segue:


IN FATTO E DIRITTO


Il Tribunale di Salerno, con ordinanza del 21 dicembre del 2009, rigettava la richiesta avanzata nell'interesse di Garofalo Domenico,diretta ad ottenere la revoca del sequestro preventivo di un villino di proprietà dell'indagato.


Secondo la ricostruzione fattuale contenuta nel provvedimento impugnato il Garofalo aveva intrapreso nel 2003 i lavori per la realizzazione di un villino bifamiliare a due piani in Marina di Camerota località Previteri, dopo avere ottenuto il permesso di costruire ed il nulla osta paesaggistico.

 

Durante l'esecuzione dei lavori, riscontrate alcune difformità rispetto al progetto assentito, si è proceduto al sequestro dell'immobile ed all'incriminazione del Garafolo per reati edilizi ed ambientali.

Il predetto successivamente eliminava le difformità inizialmente riscontrate. Con sentenza del 23 marzo del 2009 pronunciata dal tribunale di Vallo della Lucania era condannato alla pena ritenuta di giustizia per gli abusi commessi in precedenza con totale dissequestro dell'opera.


In data 26 maggio del 2009 formulava nuova istanza alla Soprintendenza diretta ad ottenere il rinnovo dell'autorizzazione paesaggistica. Il 10 giugno del 2009 il Comune gli comunicava che, in attesa del rinnovo dell'autorizzazione paesaggistica, la pratica rimaneva sospesa sennonché, il 19 novembre del 2009, il Corpo forestale dello Stato di San Giovanni a Piro constatava la ripresa dei lavori come emergeva dal confronto tra le foto allegate alla richiesta di rinnovazione del nulla osta paesaggistico e lo stato dei luoghi constatato dai verbalizzanti. In particolare risultavano eseguite le seguenti opere: la posa in opera del manto di copertura ai due corpi di fabbrica posti al secondo piano del fabbricato, il rivestimento con pietra faccia a vista su parte della mura perimetrali, l'installazione degli infissi e dei portoni blindati, gli intonaci ed i lavori di scavo per la realizzazione dell'allaccio fognario.


A fondamento della decisione il tribunale osservava che l'originaria autorizzazione paesaggistica era ormai scaduta a norma dell'articolo 16 del RD n 1357 del 1940 e la mancata rinnovazione incideva anche sull'efficacia dell'originario titolo edilizio; che il termine di efficacia dell'autorizzazione non poteva considerarsi sospeso per effetto del sequestro, essendo questo comunque imputabile all'indagato; che sussistevano le esigenze cautelari per evitare la prosecuzione dei lavori in assenza di titoli abilitativi.


Ricorre per cassazione l'indagato deducendo:
- che l'immobile alla data del 22 gennaio del 2007 era ormai completamente ultimato e mancavano solo alcune rifiniture esterne ed interne;
- che il nulla osta paesaggistico non aveva affatto la validità quinquennale in quanto la norma che prevedeva tale durata era stata abrogata e le nuove disposizioni comprese quelle regionali non stabiliscono alcuna durata;
- che si doveva tenere conto del periodo di sospensione imputabile al sequestro;
- che per la scadenza dell'autorizzazione, a differenza della mancanza, non è prevista alcuna sanzione;
- che non sussistevano le esigenze cautelari.


IN DIRITTO


Il ricorso va respinto perché infondato.

 

Come dianzi precisato il prevenuto non si è limitato ad effettuare lavori di rifinitura interna ed esterna e comunque anche i lavori di rifinitura esterna devono essere autorizzati, quantomeno dall'autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, poiché sono proprio le modificazioni esterne che incidono sul paesaggio. Nel caso in esame l'indagato, dopo la pronuncia della sentenza per i fatti in precedenza commessi, ha proseguito i lavori nonostante che i titoli abilitativi -edilizio e paesaggistico- fossero entrambi scaduti.


In base all'articolo 15 del testo unico sull'edilizia, nel permesso di costruire, devono essere fissati il termine di inizio dei lavori e quello di ultimazione: il primo non può essere superiore ad un anno il secondo a tre con decorrenza dall'inizio dei lavori. Le leggi regionali, i regolamenti o i piani possono fissare termini inferiori. Entrambi i termini possono essere prorogati con provvedimento motivato dell'autorità amministrativa allorché gli stessi non siano stati osservati per fatti non imputabili al titolare del permesso. Il sequestro dell'immobile per difformità dal progetto è chiaramente un fatto imputabile al titolare del permesso. Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita. Perché si verifichi la decadenza non è quindi necessaria, per espresso dettato normativo (in tal modo si sono superati i dubbi e i contrasti sorti in passato sulla necessità di un provvedimento espresso), alcuna pronuncia da parte dell'autorità, a differenza della proroga che richiede il provvedimento motivato. Il terzo comma della norma dianzi citata dispone che "la realizzazione della parte dell'intervento non ultimata nel termine stabilito è subordinata al rilascio di nuovo permesso per le opere ancora da eseguire salvo che le stesse non rientrino tra quelle realizzabili mediante denuncia di inizio attività. Nella fattispecie quanto meno lo scavo e la copertura dei due fabbricati richiedevano il permesso di costruire perché il primo era finalizzato al completamento dell'opera edile (sistemazione dell'impianto fognario) ed il secondo incideva sulla sagoma dell'edificio.


In ogni caso nessun lavoro esterno, assentibile o no con permesso di costruire, poteva essere proseguito senza il preventivo rilascio del nulla osta paesaggistico, anch'esso scaduto, giacché l'autorizzazione paesaggistica nelle zone vincolate costituisce condizione di efficacia del titolo abilitative edilizio nel senso che esso diviene efficace solo dopo l'autorizzazione predetta. Da ciò consegue che non è consentito iniziare i lavori prima della conclusione dell'intero procedimento configurandosi nel caso contrario sia il reato urbanistico che quello paesaggistico (cfr ex plurimis Cass. sez III n. 22824 del 2003). Proprio perché non era stata richiesta né tanto meno rilasciata l'autorizzazione paesaggistica, l'autorità comunale ha considerato sospesa la procedura.


L'articolo 16 del R.D 3 giugno 1940 n 1357 fissa in anni cinque il termine di validità del nulla osta paesaggistico. Tale termine è ancora applicabile o almeno è applicabile nella Regione Campania in base all'articolo 158 del decreto n. 42 del 2004. Quest'ultima norma dispone che fino all'emanazione di apposite disposizioni regionali di attuazione del presente codice restano in vigore, in quanto applicabili, le disposizioni del regolamento approvato con regio decreto 3 giugno 1940 n 1357. Tra le disposizioni ancora applicabili rientra senza dubbio quella relativa alla durata dell'efficacia del nulla osta giacché è naturale che debba essere fissato un termine di durata stante la necessità di assicurare la certezza temporale della compatibilità paesaggistica, in quanto un'autorizzazione rilasciata in base ad una determinata situazione ambientale potrebbe divenire incompatibile con il mutamento dell'assetto territoriale. D'altra parte la giurisprudenza di questa sezione si è già pronunciata sul punto con la sentenza n. 32200 del 2007 statuendo che "In tema di protezione delle bellezze naturali, il termine di validita' quinquennale dell'autorizzazione paesaggistica prevista dall'art. 16 R.D. 3 giugno 1940, n. 1357 (Regolamento per l'applicazione della L. 29 giugno 1939, n. 1497, sulla protezione delle bellezze naturali), è tuttora applicabile in base al disposto dell'art. 158 D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e decorre dalla data di rilascio dell'autorizzazione medesima".


Le leggi regionali citate dal ricorrente sono anteriori del Codice Urbani e non possono quindi avere dato attuazione ad esso. L'unica legge successiva è la legge 22 dicembre del 2004 n. 16 che reca norme sul Governo del territorio ma non contiene disposizioni attuative del codice Urbani e segnatamente dell'autorizzazione paesaggistica.


Le esigenze cautelari sono state legittimamente individuate nella necessità di impedire la prosecuzione dei lavori in assenza dei titoli abilitativi


P.Q.M


LA CORTE
Letto l'art. 616 c.p.p.


Rigetta


il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Cosi deciso in Roma l' 8 aprile del 2010


DEPOSITATA IN CANCELLERIA il  11 MAG. 2010



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