AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 17/05/2010 (Cc. 16/03/2010), Sentenza n. 18536
DIRITTO URBANISTICO - DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Lottizzazione abusiva -
Sequestro preventivo - Inferenza sulla buona fede - Fattispecie - Artt. 349 cod.
pen. e 31 e 44, lett. c), D.P.R. n. 380/2001. E’ irrilevante, ogni questione
sulla buona fede allorquando il sequestro preventivo per il reato di
lottizzazione sia stato emesso al fine di impedire la protrazione o
l’aggravamento delle conseguenze del reato. Nella specie, la libera
disponibilità delle opere in capo agli indagati è chiaramente idonea a protrarre
o aggravare le conseguenze del contestato reato di lottizzazione abusiva, e ciò
perché l'utilizzo dell'opera aggrava di fatto il carico urbanistico ed
ambientale. Basta pensare, del resto, all'incidenza della lottizzazione abusiva
sulla pianificazione urbanistica nonché al fatto che, trattandosi di zona
agricola con bassi indici di urbanizzazione, la costruzione abusiva di edifici
destinati ad uso residenziale può comportare la necessità di adeguamento e di
modifica degli standard. (Conferma ordinanza emessa il 16.6.2009 dal tribunale
del riesame di Roma) Pres. Petti, Est. Franco, Ric. Dmitrenko. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 17/05/2010 (Cc. 16/03/2010), Sentenza n. 18536
DIRITTO URBANISTICO - Lottizzazione abusiva - Responsabilità dell’acquirente
- Configurabilità - Doveri di solidarietà sociale - Art. 2 Cost. - Sequestro
preventivo - Circostanza che il soggetto non sia allo stato indagato -
Ininfluenza - Dimostrazione della buona fede - Limiti. In tema di reato di
lottizzazione abusiva, l'acquirente risponde per una semplice adesione al
disegno criminoso concepito dal venditore, posta in essere anche attraverso la
violazione (deliberatamente o per trascuratezza) di specifici doveri di
informazione e conoscenza che costituiscono diretta esplicazione dei doveri di
solidarietà sociale di cui all'art. 2 Cost. L'acquirente, non può sicuramente
considerarsi, solo per tale sua qualità, "terzo estraneo" al reato di
lottizzazione abusiva. Egli tuttavia può dimostrare di avere agito in buona
fede, senza rendersi conto cioè - pur avendo adoperato la necessaria diligenza
nell'adempimento degli anzidetti doveri di informazione e conoscenza - di
partecipare ad un'operazione di illecita lottizzazione. Sicché, il compratore
che omette di acquisire ogni prudente informazione circa la legittimità
dell'acquisto si pone colposamente in una situazione di inconsapevolezza che
fornisce, comunque, un determinante contributo causale all'attività illecita del
venditore (Cass. Sez. III, 17.3.2009, n. 17865, Quarta). Nel caso di sequestro
preventivo, una posizione di buona fede che possa escludere il fumus del reato
può essere fatta valere dinanzi al giudice del riesame solo quando essa sia
immediatamente evidente, non essendo a tal fine sufficiente la sola circostanza
che il soggetto non sia allo stato indagato, perché ben potrebbe assumere tale
qualità in seguito ad ulteriori e più approfonditi accertamenti. (Conferma
ordinanza emessa il 16.6.2009 dal tribunale del riesame di Roma) Pres. Petti,
Est. Franco, Ric. Dmitrenko. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 17/05/2010
(Cc. 16/03/2010), Sentenza n. 18536
www.AmbienteDiritto.it©
UDIENZA del 16.03.2010
SENTENZA N. 455
REG. GENERALE N. 39717/2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
1. Dott. Ciro Petti
Presidente
2. Dott. Aldo Fiale
Consigliere
3. Dott. Amedeo Franco
(est.) Consigliere
4. Dott. Silvio Amoresano
Consigliere
5. Dott.ssa Guida I. Mulliri
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da Dmitrenko Svetlana, nata a Pervomaisk Nikolaevsk
(Russia) il xx.xx.xxxx;
- avverso l'ordinanza emessa il 16.6.2009 dal tribunale del riesame di Roma;
- udita nella udienza in camera di consiglio del 16 marzo 2010 la relazione
fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
- udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Alfredo Montagna, che ha concluso per l'annullamento con rinvio della
ordinanza impugnata;
- udito il difensore avv. Stefano Maccioni;
Svolgimento del processo
Il tribunale del riesame di Roma, con l'ordinanza in epigrafe, confermò il
decreto del GIP di Roma del 13.3.2009, di sequestro preventivo - in relazione
agli artt. 349 cod. pen. e 31 e 44, lett. c), d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380 - di
un manufatto sito in Pomezia già di proprietà di Molina Cristina e già
sottoposto a sequestro il 22.1.2005, sul quale erano stati realizzati senza
titolo abilitativo ulteriori lavori ed in particolare era stato suddiviso in tre
unità abitative, di cui una ceduta alla attuale ricorrente.
Osservò, tra l'altro, il tribunale:
- che gli interventi edilizi realizzati concretavano una lottizzazione abusiva di un terreno agricolo con edificazione di 5 fabbricati, in violazione dell'art. 44, lett. c), d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380;
- che tale reato non era suscettibile di sanatoria;
- che sussisteva il periculum in mora.
Dmitrenko Svetlana propone ricorso per cassazione deducendo:
1) mancanza di motivazione o motivazione meramente apparente perché il tribunale
del riesame non ha tenuto conto della mancanza dello elemento soggettivo del
reato. La ricorrente invero aveva dimostrato la sua buona fede perché aveva
acquistato l'immobile il 22.10.2008 e la perizia eseguita dalla sua banca per la
concessione del mutuo ne aveva attestato la conformità agli strumenti
urbanistici. Aveva anche prodotto istanza di condono edilizio del 1993 e due
permessi di costruire in sanatoria rilasciati dal comune di Pomezia. L'immobile
era appartenuto a due diversi proprietari prima di essere venduto a lei. Il
tribunale del riesame ha omesso di esprimersi su tali doglianze.
2) in secondo luogo lamenta mancanza di motivazione sul periculum in mora
essendosi il tribunale del riesame limitato a fare riferimento al carico
urbanistico ed ambientale senza una valutazione in concreto della pericolosità
dell'utilizzazione della cosa.
Motivi della decisione
Ritiene il Collegio che il primo motivo sia infondato.
Secondo quanto già affermato in precedenti decisioni di questa Corte, nel caso
di reato di lottizzazione abusiva, «l'acquirente risponde per una semplice
adesione al disegno criminoso concepito dal venditore, posta in essere anche
attraverso la violazione (deliberatamente o per trascuratezza) di specifici
doveri di informazione e conoscenza che costituiscono diretta esplicazione dei
doveri di solidarietà sociale di cui all'art. 2 Cost. L'acquirente, dunque, non
può sicuramente considerarsi, solo per tale sua qualità, "terzo estraneo" al
reato di lottizzazione abusiva. Egli tuttavia può dimostrare di avere agito in
buona fede, senza rendersi conto cioè - pur avendo adoperato la necessaria
diligenza nell'adempimento degli anzidetti doveri di informazione e conoscenza -
di partecipare ad un'operazione di illecita lottizzazione ... In conclusione, il
compratore che omette di acquisire ogni prudente informazione circa la
legittimità dell'acquisto si pone colposamente in una situazione di
inconsapevolezza che fornisce, comunque, un determinante contributo causale
all'attività illecita del venditore» (Sez. III, 17.3.2009, n. 17865, Quarta).
Nel caso di sequestro preventivo, poi, una posizione di buona fede che possa
escludere il fumus del reato può essere fatta valere dinanzi al giudice del
riesame solo quando essa sia immediatamente evidente, non essendo a tal fine
sufficiente la sola circostanza che il soggetto non sia allo stato indagato,
perché ben potrebbe assumere tale qualità in seguito ad ulteriori e più
approfonditi accertamenti (ivi).
Nel caso di specie non solo la ricorrente risulta personalmente indagata
essendole stato contestato il concorso nel reato di lottizzazione abusiva, ma
comunque non ha nemmeno dedotto la sussistenza di circostanze tali che
rendessero immediatamente evidente la sua estraneità al reato o una sua
posizione di buona fede per aver fatto tutto il possibile per accertare la
corrispondenza dell'immobile acquistato agli strumenti urbanistici e
l'inesistenza di ipotesi di lottizzazione abusiva. L'istanza di condono del 1993
e i permessi di costruire in sanatoria sono irrilevanti se non altro perché è
stata contestata la recente esecuzione di ulteriori lavori diretti alla
suddivisione del manufatto in più unità abitative, tanto che è stato contestato
anche il reato di violazione dei sigilli. Non può poi determinare una situazione
di immediata evidenza di buona fede il solo fatto che l'istituto bancario della
ricorrente avesse fatto eseguire una perizia per la concessione del mutuo,
trattandosi di perizia avente diverse finalità e che non può da sola far
ravvisare una situazione di buona fede, almeno in questa fase cautelare.
Del resto, a ben vedere, ogni questione sulla buona fede della ricorrente è
nella specie ed allo stato irrilevante. Dalla ordinanza impugnata, infatti, non
risulta che nella specie il sequestro preventivo sia stato emesso ai sensi
dell'art. 321, comma 2, cod. proc. pen., cioè che sia finalizzato ad una futura
confisca, bensì ai sensi dell'art. 321, comma 1, al fine di impedire la
protrazione o l'aggravamento delle conseguenze del reato. Nella specie quindi
non vengono in rilievo le considerazioni svolte dalla Corte di Strasburgo e da
alcune decisioni di questa Corte in relazione al sequestro finalizzato alla
confisca dei beni nel reato di lottizzazione abusiva.
E' infondato, a parere del Collegio, anche il secondo motivo perché non può
ritenersi che manchi una motivazione in ordine alla sussistenza del periculum in
mora. Il tribunale del riesame ha invero accertato che la libera disponibilità
delle opere in capo agli indagati è chiaramente idonea a protrarre o aggravare
le conseguenze del contestato reato di lottizzazione abusiva, e ciò perché
l'utilizzo dell'opera aggrava di fatto il carico urbanistico ed ambientale.
Basta pensare, del resto, all'incidenza della lottizzazione abusiva sulla
pianificazione urbanistica nonché al fatto che, trattandosi di zona agricola con
bassi indici di urbanizzazione, la costruzione abusiva di edifici destinati ad
uso residenziale può comportare la necessità di adeguamento e di modifica degli
standard.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Cosi deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 16 marzo
2010.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 17 MAG. 2010
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it
AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata
registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562