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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 10/06/2010 (Ud. 21/04/2010), Sentenza n. 22039
FAUNA E FLORA - Maltrattamento degli animali - Detenzioni di 333 cani in
condizioni incompatibili con la loro natura - Reato di cui all'articolo 727 c.p.
- Configurabilità. Configura il reato di cui all'articolo 727 c.p., la
detenzione in un canile di 333 cani in condizioni incompatibili con la loro
natura in pessime condizioni igieniche, alimentari e produttive di gravi
sofferenze, (ad es. collari molto stretti con segno della catena dentro la pelle
e su tutto il collo, promiscuità con cani aggressivi ecc.). (conferma sentenza
del tribunale di Matova del 4/03/2009) Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Platto.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 10/06/2010 (Ud. 21/04/2010), Sentenza
n. 22039
FAUNA E FLORA - Maltrattamento degli animali - Confisca e affidamento - Reato
di cui all'articolo 727 c.p. e art. 19 quater dispos. att. c.p. -
Fattispecie. Ai sensi dell'articolo 19 quater dispos. att. c.p. gli
animali oggetto di confisca e sequestro sono affidati ad enti o associazioni che
ne facciano richiesta, individuati con decreto del Ministero della salute.
Tuttavia, l'affidamento provvisorio di alcuni cani a privati effettuato nel
corso del processo nell'attesa dell'individuazione degli enti e
dell'acquisizione delle loro disponibilità, non contrasta con il disposto
normativo, posto che gli stessi enti affidatari li assegneranno poi a privati.
(Nella specie, il tribunale, nel disporre la confisca, si riservava di
provvedere con separata ordinanza all’affidamento agli enti che ne avrebbero
fatto richiesta). (conferma sentenza del tribunale di Matova del 4/03/2009)
Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Platto. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
10/06/2010 (Ud. 21/04/2010), Sentenza n. 22039
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Circostanze attenuanti generiche - Applicazione
- Elementi atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio -
Necessità. In tema di circostanze attenuanti generiche, che consentono un
adeguamento della sanzione alle peculiari e non codificabili connotazioni, tanto
del fatto quanto del soggetto, la meritevolezza di detto adeguamento non può mai
essere data per scontata o per presunta, avendo il giudice l'obbligo, ove
ritenga di escluderla, di giustificarne sotto ogni possibile profilo
l'insussistenza e, quando ne affermi l'esistenza, di dare apposita motivazione
per fare emergere gli elementi atti a giustificare la mitigazione del
trattamento sanzionatorio (Cass. n. 2769 del 2009; n 11361 del 1993). D'altra
parte l'imputato che invochi la mitigazione della pena per effetto di tali
circostanze, ha l'onere di indicare gli elementi sui quali fonda la sua
richiesta. Nel caso in esame, le generiche non sono state neppure richieste e
quindi l'imputato non può dolersi per la mancata concessione. (conferma sentenza
del tribunale di Matova del 4/03/2009) Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Platto.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 10/06/2010 (Ud. 21/04/2010), Sentenza
n. 22039
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UDIENZA del 21.04.2010
SENTENZA N. 766
REG. GENERALE N. 40281/2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dai sigg. magistrati:
Dott. Pierluigi Onorato
presidente
Dott. Agostino Cordova
consigliere
Dott. Ciro Petti
consigliere
Dott. Aldo Fiale
consigliere
Dott. Silvio Amoresano
consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto dal difensore di Platto Giuliano, nato a Bagnolo Mella il
17 ottobre del 1962 , avverso la sentenza del tribunale di Matova del 4 marzo
del 2009;
- udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
- sentito il Procuratore generale nella persona del dott. Guglielmo
Passacantando, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
- udito il difensore della parte civile avv. Luca Faccin, il quale ha concluso
per l'inammissibilità o comunque per il rigetto del ricorso;
- sentito il difensore dell'imputato avv. Arria Claudio il quale ha concluso per
l'accoglimento del ricorso;
- Letti il ricorso e la sentenza denunciata osserva quanto segue
IN FATTO
Il tribunale di Mantova,con sentenza del 4 marzo del 2009, condannava Platto
Giuliano alla pena di euro 7.000 di ammenda, oltre al risarcimento del danno, da
liquidarsi in separata sede, in favore della costituita parte civile, quale
responsabile del reato di cui all'articolo 727 c.p., per avere detenuto 333 cani
in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze.
Fatto commesso in Commessaggio fino al 9 luglio del 2008.
Secondo la ricostruzione fattuale contenuta nel provvedimento impugnato, a
seguito di una segnalazione anonima corredata di fotografie, il 12 dicembre del
2007, si era effettuato un sopralluogo nel canile gestito da Piatto Giuliano dal
quale emerse che i cani erano tenuti in pessime condizioni igieniche.
Il verbale di sopralluogo venne trasmesso al Procuratore della Repubblica il
quale chiese ed ottenne decreto penale di condanna contro il quale il Piatto
propose opposizione chiedendo il giudizio immediato.
Il 26 maggio del 2008 il giudice disponeva il giudizio immediato ed il 28
successivo, accogliendo la richiesta del pubblico ministero, disponeva il
sequestro del canile. Al momento dell'esecuzione del sequestro i cani erano
diventati 333. Durante le operazioni furono eseguiti rilievi planimetrici e
videofotografci nonché controlli sanitari.
Il giorno dopo il sequestro il dott, Franco Guizzardi esegui un sopralluogo per
verificare le condizioni di mantenimento degli animali e delle strutture
ospitanti e redasse una relazione nella quale evidenziò:
- che gran parte dei cani presentavano un elevato grado d'infestazione;
- che alcuni cani erano affetti da congiuntivite purulenta non trattata;
- che alcuni animali presentavano un dimagrimento ai limiti della cachessia;
- che gran parte delle strutture non rispettavano i requisiti previsti
dall'articolo 18 del Regolamento Regionale del maggio del 2008;
- che l'affollamento degli animali era eccessivo;
- che il numero dei cani ricoverati era progressivamente aumentato passando dai
136 presenti nel 2003 ai 333 esistenti al momento del sequestro;
- che la maggior parte dei box presentavano gravi carenze perché, non avendo uno
spazio chiuso, non garantivano un adeguato riparo dalle intemperie.
L'affermazione di responsabilità è stata basata sui rilievi compiuti
nell'immediatezza del sequestro, su di una consulenza tecnica del pubblico
ministero, il quale aveva evidenziato carenze, sia igieniche che strutturali,
nonché deficienze alimentari ed aveva constatato che alcuni cani adulti
presentavano ferite probabilmente causate da morsi perché, quando maschi adulti
sono collocati nello stesso box delle femmine, diventano aggressivi perché si
creano rivalità, e su alcune testimonianze tra le quali quelle delle persone
alle quali erano stati affidati gli animali. Queste avevano dichiarato che
taluni cani presentavano gravi patologie. In particolare il Sacchi, il quale,
avendo ricevuto in affidamento tre cuccioli ed un cane adulto, ha dichiarato di
avere dovuto togliere i collari con il tronchese perché erano di ferro e gli
animali erano cresciuti dentro il collare. Il veterinario Placcin Alberto ha
riferito di avere notato che un cane presentava il segno della catena dentro la
pelle e su tutto il collo.
Gli elementi posti a base della contestazione sono stati censurati dal
consulente dell'imputato, ma il tribunale ha disatteso le giustificazioni
dell'ausiliare della difesa perché contrastate dai rilievi fotografici eseguiti
nell'immediatezza del sequestro e dalle testimonianze alle quali prima si è
fatto riferimento.
Ricorre per cassazione l'imputato per mezzo del proprio difensore sulla base di
cinque motivi:
Con il primo, richiamando la consulenza di parte, deduce manifesta illogicità
della motivazione e travisamento delle risultanze processuali. Con riferimento
alla struttura sostiene che essa era conforme all'articolo 18 del regolamento
del 5 maggio del 2008, attuativo della legge della Regione Lombardia n. 16 del
2006, in quanto le strutture già autorizzate come quella in esame avevano a
disposizione due anni dalla data di entrata in vigore del regolamento per
l'adeguamento. D'altra parte non era stato dimostrato che le ferite che si
assumevano rilevate su alcuni cani fossero dipese dal sovraffollamento. Con
riferimento alle condizioni ambientali osservava che il sopralluogo era stato
effettuato la mattina quando non era stata ancora ultimata la pulizia
quotidiana. Le malattie denunciate dagli affidatari erano state riscontrate
alcuni mesi dopo il sequestro, quando gli animali non si trovavano più nella
disponibilità del prevenuto. Le ritenute carenze alimentari non erano suffragate
da alcuna prova perché non si é precisato quanti fossero i cani per i quali era
stato certificato uno stato di magrezza. Per quanto concerne le ferite da
collare evidenzia che secondo il consulente di parte non era possibile che
quelle riscontrate sul collo potessero essere state causate dal collare dentro
il quale il cane era cresciuto perché in un animale in accrescimento il collare
avrebbe creato danni maggiori. Invece tali lesioni potrebbero essere stato,
causate da un recente ingrossamento del collo per effetto di un'alimentazione
senza controllo. Le gravidanze di cagne anziane non erano imputabili al Piatto
perché riscontrate dopo il sequestro, quando il prevenuto non aveva più la
disponibilità degli animali;
Con il secondo deduce contraddittorietà della motivazione in ordine al
riconoscimento del dolo eventuale ritenuto dal tribunale, in quanto al Platto
potrebbe essere addebitata tutt'al più una colpa con conseguente riduzione della
pena;
Con il terzo si duole per la mancata concessione delle circostanze attenuanti
generiche;
Con il quarto lamenta la mancata concessione della sospensione condizionale
della pena essendo immotivato il rigetto della stessa; inoltre il giudice ha
omesso di apprezzare che il prevenuto si era sempre preoccupato di fare stare
bene i suoi animali;
Con il quinto si deduce mancanza di motivazione sulla condanna al risarcimento
dei danno;
Con il sesto deduce mancanza o insufficiente motivazione in ordine alla confisca
che ha interessato anche i cani di proprietà della moglie. Sostiene che gli
potrebbero essere restituiti 140 o 150 cani perché,come dichiarato dai
testimoni, il canile non aveva dato luogo ad inconvenienti sino a quando il
numero degli animali era circoscritto a 140,150 unità. Inoltre i cani erano
stati affidati a privati in violazione dell'articolo 19 quater dispos. att. cod.
pen.
IN DIRITTO
Il ricorso va respinto perché infondato con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Il primo motivo è inammissibile perché sotto l'apparente deduzione di vizi di
legittimità in definitiva si censura l'apprezzamento delle prove da parte del
tribunale. Il ricorrente si limita a ribadire i rilievi espressi dal proprio
consulente di parte, i quali sono stati già esaminati e disattesi da dal
tribunale.
In proposito si osserva anzitutto che ai fini della configurabilità del reato
non è necessario che sussistano tutte le numerose carenze evidenziate dai
testimoni e dal consulente del pubblico ministero essendo sufficiente anche una
sola condotta dolosa o colposa idonea a produrre sofferenze all'animale Si
osserva poi che la prova non si fonda solo sulle ferite riscontrate dagli
affidatari quando gli animali non si trovavano più nella disponibilità del
prevenuto, ma su rilevi fotografici eseguiti nell'immediatezza dei fatti dai
quali emergono carenze ambientali, igieniche ed alimentari. Alcune di tale
carenze, come ad esempio il superaffollamento, non sono state neppure contestate
dal ricorrente, il quale in merito si è limitato ad affermare che l'ambiente era
sufficiente ad ospitare quel numero di animali. Il superaffollamento non
comportava però solo problemi di spazi, ma anche maggiore impegno per l'igiene e
maggiori oneri per l'alimentazione. Nel caso in esame si è constatato che le
condizioni igieniche erano pessime e che sussistevano casi di dimagrimento
eccessivo ai limiti della cachessia. In ordine alle condizioni igieniche il
ricorrente assume che l'ispezione era stata effettuata la mattina, quando le
pulizie non erano ancora terminate. In proposto si è però evidenziato che nel
canile v'erano feci di vecchia data e tale constatazione vanifica la tesi
difensiva. L'imputato è già responsabile del reato ascrittogli per il semplice
fatto di avere consentito che il numero dei cani aumentasse enormemente poiché
da tale superaffollamento sono derivate pessime condizioni di vita degli animali
con riferimento all'igiene ed alla scarsa alimentazione Gli stessi testimoni
della difesa hanno sottolineato che il canile non aveva dato luogo ad
inconvenienti finché il numero degli animali era stato contenuto entro le 150
unità. . Al momento del sequestro erano 333 gli animali ospitati. Se a tali
carenze si aggiungono le altre numerose sofferenze inferte agli animali
segnalate dal consulente del pubblico ministero e dai testimoni (promiscuità,
gravidanze inopportune, ferite di vario genere, malattie) l'affermazione di
responsabilità non può essere seriamente contestata.
Con riferimento al secondo motivo il tribunale ha indicato le ragioni per le
quali nella fattispecie era configurabile non la semplice colpa ma il dolo sia
pure nella forma eventuale. In ogni caso a prescindere dall'elemento psicologico
ricorrente nella fattispecie (colpa o dolo eventuale), la pena non poteva
comunque essere ridotta giacché, nonostante l'estrema gravità del fatto, è stata
inflitta la pena pecuniaria e non quella detentiva prevista alternativamente.
Le circostanze attenuanti generiche non sono state riconosciute, sia perché non
richieste, sia perché non erano emerse o segnalate circostanze idonee a
giustificarle.
Secondo l'orientamento di questa corte, in tema di circostanze attenuanti
generiche, che consentono un adeguamento della sanzione alle peculiari e non
codificabili connotazioni, tanto del fatto quanto del soggetto, la meritevolezza
di detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, avendo
il giudice l'obbligo, ove ritenga di escluderla, di giustificarne sotto ogni
possibile profilo l'insussistenza e, quando ne affermi l'esistenza, di dare
apposita motivazione per fare emergere gli elementi atti a giustificare la
mitigazione del trattamento sanzionatorio (Cass. n. 2769 del 2009; n 11361 del
1993). D'altra parte l'imputato che invochi la mitigazione della pena per
effetto di tali circostanze, ha l'onere di indicare gli elementi sui quali fonda
la sua richiesta. Nel caso in esame, come già accennato, le generiche non sono
state neppure richieste e quindi l'imputato non può dolersi per la mancata
concessione.
Adeguata é anche la motivazione sul rigetto della sospensione condizionale della
pena e quindi la relativa censura è inammissibile.
Trattandosi di condanna generica al risarcimento del danno in favore della parte
civile, da liquidare in sede civile, non occorreva alcuna motivazione a sostegno
della statuizione posto che l'obbligo risarcitorio discendeva dalla legge una
volta accertata l'illiceità del fatto.
Infondata é anche la censura relativa alla confisca.
Dispone invero l'articolo 19 quater dispos att c.p. che gli animali oggetto di confisca e sequestro sono affidati ad enti o associazioni che ne facciano richiesta, individuati con decreto del Ministero della salute. Orbene il tribunale nel disporre la confisca si è riservato di provvedere con separata ordinanza all'affidamento agli enti che ne avrebbero fatto richiesta. L'affidamento provvisorio di alcuni cani a privati effettuato nel corso del processo nell'attesa dell'individuazione degli enti e dell'acquisizione delle loro disponibilità, non contrasta con il disposto normativo, posto che gli stessi enti affidatari li assegneranno poi a privati, come risulta dalla documentazione prodotta dalla parte civile.
La domanda diretta ad ottenere la restituzione di alcuni animali perché di
proprietà della moglie, formulata, peraltro in maniera generica, per la prima
volta davanti à questa corte, è inammissibile perché presuppone accertamenti
fattuali sull'appartenenza alla moglie di alcuni cani non esperibili in questa
sede.
P.Q.M.
La Corte.
Letto l'articolo 616 c.p.p.
Rigetta
Il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali oltre
alla rifusione di quelle sostenute in questo grado dalla parte civile, liquidate
in complessive euro 2500, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 21 aprile del 2010
Il consigliere estensore
Il Presidente
Ciro Petti
Pierluigi Onorato
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 10 Giu. 2010
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