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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/06/2010 (Cc. 22/04/2010), Sentenza n. 22237
DIRITTO URBANISTICO - Abuso edilizio - Omessa demolizione e remissione in
pristino - Acquisizione dell’opera al patrimonio comunale - Notifica
dell'accertamento dell'inottemperanza all'interessato o della trascrizione -
Necessità - Esclusione - D.P.R. n 380/2001 - Art. 2644 c.c.. In materia
urbanistica, se il colpevole dell'abuso edilizio non provvede alla demolizione
dell'opera abusiva ed alla remissione in pristino dello stato dei luoghi entro
novanta giorni dall'ingiunzione a demolire emessa dal sindaco, l'opera e l'area
pertinente sono acquisite di diritto al patrimonio comunale e tale effetto si
produce ipso iure sulla sola base dell'accertamento di un'inottemperanza
colpevole, senza che sia necessario alcun atto ulteriore ed in particolare senza
che sia necessaria la notifica dell'accertamento dell'inottemperanza
all'interessato o la trascrizione, giacché il primo atto ha solo funzione
certificativa dell'avvenuto trasferimento del diritto di proprietà, costituendo
titolo per l'immissione in possesso, mentre la trascrizione serve a rendere
opponibile il trasferimento ai terzi a norma dell'articolo 2644 c.c. (Cass. n.
755 del 2000; Cass. n. 16283/2005; Cass. n. 4962/2008; Cass. n. 1819/2009).
(conferma ordinanza del tribunale di Tivoli sezione distaccata di Castelnuovo Di
Porto del 20/05/2009) Pres. De Maio, Est. Petti, Ric. Gotti. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/06/2010 (Cc. 22/04/2010), Sentenza n. 22237
DIRITTO URBANISTICO - Opera abusiva - Sentenza di condanna - Demolizione
dell'opera - Poteri del giudice - Abuso non condonabile - Domanda di sanatoria -
Irrilevanza. Il potere attribuito al giudice di disporre la demolizione
dell'opera in caso di condanna non si pone in contrasto con quello
amministrativo perché entrambi mirano ad ottenere lo stesso risultato ossia
l'eliminazione dal territorio di un'opera abusiva. In caso di condanna il
giudice deve sempre disporre la demolizione se a tanto non si sia già provveduto
da parte dell'autorità amministrativa o se l'abuso non sia stato nel frattempo
sanato sotto il profilo urbanistico o se il Consiglio comunale abbia disposto la
conservazione delle opere in funzione di interessi pubblici ritenuti prevalenti
(Cass. n. 43294 del 2005). Inoltre, la pendenza di una domanda di sanatoria è
irrilevante nei casi di abuso non condonabile. (conferma ordinanza del tribunale
di Tivoli sezione distaccata di Castelnuovo Di Porto del 20/05/2009) Pres. De
Maio, Est. Petti, Ric. Gotti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
11/06/2010 (Cc. 22/04/2010), Sentenza n. 22237
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UDIENZA del 22.04.2010
SENTENZA N. 645
REG. GENERALE N. 36421/2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dai sigg. magistrati:
Dott. Guido de Maio
presidente
Dott. Agostino Cordova
consigliere
Dott. Ciro Petti
consigliere
Dott. Aldo Fiale
consigliere
Dott. Silvio Amoresano
consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto dal difensore di Gotti Gilberto, nato a Guidonia
Montecelio il 00/00/0000, avverso l'ordinanza del tribunale di Tivoli sezione
distaccata di Castelnuovo Di Porto del 20 maggio del 2009;
- udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
- letta la requisitoria del Procuratore generale nella persona del dott. Antonio
Gialanella, il quale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
- Letti il ricorso e l'ordinanza denunciata osserva quanto segue:
IN FATTO
Il tribunale di Tivoli,sezione distaccata di Castelnuovo Di Porto,con ordinanza
del 20 maggio del 2009, preso atto dell'inottemperanza all'ordine di demolizione
disposto dal Comune, ordinava che l'immobile, abusivamente realizzato in
Campagnano di Roma da Gotti Gilberto, a carico del quale era stata già
pronunciata sentenza definitiva di condanna, fosse restituito al Comune.
Ricorre per cassazione il condannato denunciando:
1) contraddittorietà della motivazione perché l'ordinanza di demolizione
notificata al Gotti non conteneva alcun termine entro il quale adempiere;
inoltre il procedimento doveva considerarsi sospeso per la pendenza della
domanda di sanatoria;
2) la violazione dell'articolo 31 del D.P.R. n 380 del 2001, in quanto alla
fattispecie era applicabile la disciplina di cui all'articolo 27 del D.P.R. n.
380 del 2001 che non indica alcun termine per l'ottemperanza.
IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi.
La demolizione d'ufficio prevista dall'articolo 4 della legge n 47 del 1985 ed
attualmente dall'articolo 27 del testo unico sull'edilizia, come modificato
dall'articolo 32 comma 44 e 45 del decreto legge n 269 del 2003 convertito nella
legge n 326 del 2003, all'epoca dell'abuso in questione, ossia prima
dell'intervento del testo unico e delle modificazioni apportate con la legge
dianzi citata, si applicava in ipotesi ristrette era cioè subordinata
all'esistenza di due requisiti:
a) che le opere abusive fossero realizzate sua aree soggette a vincolo di inedificabilità assoluta o destinate a fini pubblici o di pubblica utilità;
b) che le opere medesime non si trovassero in fase di avanzata realizzazione, sicché l'iniziativa edificatoria potesse essere bloccata sul nascere .
Orbene, proprio perché si trattava di un intervento immediato adottabile allorché le opere erano in fase iniziale, non era previsto alcun termine o ingiunzione a demolire nel senso che era la stessa autorità amministrativa in presenza dei presupposti previsti dalla legge ad effettuare d'ufficio la demolizione. E' pertanto palese l'inapplicabilità di tale istituto alla fattispecie.
Nel caso in esame la demolizione è stata disposta in base all'articolo 31 del
d.P.R.n 380 del 2001 ed è stata ribadita dall'autorità giudiziaria con la
sentenza di condanna.
Secondo il prevalente orientamento di questa Corte, se il colpevole dell'abuso
edilizio non provvede alla demolizione dell'opera abusiva ed alla remissione in
pristino dello stato dei luoghi entro novanta giorni dall'ingiunzione a demolire
emessa dal sindaco, l'opera e l'area pertinente sono acquisite di diritto al
patrimonio comunale e tale effetto si produce ipso iure sulla sola base
dell'accertamento di un'inottemperanza colpevole, senza che sia necessario alcun
atto ulteriore ed in particolare senza che sia necessaria la notifica
dell'accertamento dell'inottemperanza all'interessato o la trascrizione, giacché
il primo atto ha solo funzione certificativa dell'avvenuto trasferimento del
diritto di proprietà, costituendo titolo per l'immissione in possesso, mentre la
trascrizione serve a rendere opponibile il trasferimento ai terzi a norma
dell'articolo 2644 c.c. (cfr Cass n 755 del 2000; n16283 del 2005;4962 del 2008;
n 1819 del 2009).
Il potere attribuito al giudice di disporre la demolizione dell'opera in caso di
condanna non si pone in contrasto con quello amministrativo perché entrambi
mirano ad ottenere lo stesso risultato ossia l'eliminazione dal territorio di
un'opera abusiva. In caso di condanna il giudice deve sempre disporre la
demolizione se a tanto non si sia già provveduto da parte dell'autorità
amministrativa o se l'abuso non sia stato nel frattempo sanato sotto il profilo
urbanistico o se il Consiglio comunale abbia disposto la conservazione delle
opere in funzione di interessi pubblici ritenuti prevalenti (Cass. n. 43294 del
2005)
La pendenza di una domanda di sanatoria è irrilevante trattandosi di abuso non
condonabile.
P.Q.M.
La Corte
Letto l'articolo 616 c.p.p.
Dichiara
Inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di euro mille a favore della cassa
delle ammende
Così deciso in Roma il 22 aprile del 2010
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 10 Giu. 2010
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