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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza n. 22752
RIFIUTI - Smaltimento dei rifiuti - Persona giuridica e responsabilità -
Fattispecie - Art. 51, c.4, d. L.vo 22/97 (oggi D.L.vo n. 152/2006 e s.m.).
In materia di smaltimento dei rifiuti, al legale rappresentante di una società è
attribuita una posizione di garanzia, per cui è tenuto, ope legis, a vigilare
che i propri dipendenti o altri sottoposti o delegati osservino le norme
ambientalistiche (Cass. Sez. III n. 24732/2007). Fattispecie: smaltimento
autorizzato o non - rottura del nastro di carico. (conferma sentenza del
Tribunale di Avezzano del 6.06.2008) Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Bisegna.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza
n. 22752
RIFIUTI - Smaltimento di rifiuti non previsti nell'autorizzazione - Rottura
del nastro di carico - Violazione della disciplina sui rifiuti - Sussistenza.
L'irrazionale trattamento dei RSU consistente nella mancata selezione e
stabilizzazione della frazione organica a causa della rottura del nastro di
carico, rientra nella violazione della disciplina sui rifiuti. Pertanto, non era
possibile effettuare il loro carico nell'impianto per la separazione della
frazione secca da quella organica da destinare alla stabilizzazione. (conferma
sentenza del Tribunale di Avezzano del 6.06.2008) Pres. Onorato, Est. Teresi,
Ric. Bisegna. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2010 (Ud.
29/04/2010), Sentenza n. 22752
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UDIENZA del 29.04.2010
SENTENZA N. 847
REG. GENERALE N. 41970/2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli ill.mi Signori:
dott. Pierluigi Onorato Presidente
1. dott. Alfredo Teresi Consigliere rel.
2. dott. Alfredo Maria Lombardi Consigliere
3. dott. Luigi Marini Consigliere
4. dott. Santi Gazzara Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
-
sull'impugnazione proposta da Bisegna Valerio, nato in Avezzano 00.00.0000,
avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Avezzano in data 6.06.2008 che
lo ha condannato alla pena di €.1.000 di ammenda per il reato di cui all'art.
51, comma 4, d. lgs. n. 22/1997;
-
Visti gli atti, la sentenza denunciata, l'atto d'appello e i motivi nuovi;
- Sentita in pubblica udienza la relazione del Consigliere dott. Alfredo Teresi;
-
Sentito il PM nella persona del PG dott. Giuseppe Volpe che ha chiesto
dichiararsi inammissibile il ricorso;
-
Sentito il difensore del ricorrente, avv. Sergio Di Nicola, che ha chiesto
l'accoglimento del ricorso;
osserva
Con sentenza in data 6.06.2008 il Tribunale di Avezzano condannava Bisegna
Valerio alla pena di €. 1.000 d'ammenda per avere, quale responsabile della
gestione della discarica di rifiuti sita nel Comune di Sante Marie, gestito la
discarica senza il rispetto delle prescrizioni imposte nel provvedimento di
autorizzazione regionale; in particolare, smaltendo rifiuti non previsti nel
provvedimento; non effettuando la copertura giornaliera dei rifiuti depositati
in discarica; non gestendo in modo corretto il percolato determinando formazione
di battente idraulico all'interno dei bacini di discarica.
Proponeva appello l'imputato esponendo che il giudice aveva erroneamente
valutato le risultanze processuali.
Deduceva che la discarica era gestita dalla s.p.a. Segen, di cui egli era
dipendente amministrativo, la quale aveva affidato la gestione a una ditta
specializzata che aveva nominato responsabile dell'impianto l'ing. Russomanno,
donde la sua estraneità ai fatti contestatigli.
Escludeva che fossero state violate le prescrizioni imposte perché i RSU erano
compresi tra i rifiuti da smaltire in discarica; la copertura giornaliera dei
rifiuti non era prevista dal d. lgs. n.22/1997 in base al quale era stata
rilasciata l'autorizzazione; la norma che impone di evitare il battente
idraulico [d. lgs. n. 36/2003] era successiva alla data in cui era stata
rilasciata l'autorizzazione.
Chiedeva di essere assolto per non avere commesso il fatto.
Con ordinanza 16.11.2009 la Corte d'Appello dell'Aquila trasmetteva gli atti a
questa Corte ai sensi dell'art. 568 comma 5 c.p.p.
Il ricorso non è puntuale perché censura con erronee argomentazioni giuridiche e
in punto di fatto la decisione che è esente da vizi logico-giuridici, essendo
stati indicati gli elementi probatori emersi a carico dell'imputato e confutate
le obiezioni difensive.
La sentenza, infatti, ha correttamente ritenuto ricorrenti le condizioni che
integrano l'esercizio di una discarica con violazione delle prescrizioni imposte
dall'autorizzazione regionale, mentre le incongrue doglianze sull'attribuzione
della condotta all'imputato sono irrilevanti ai fini del sindacato di
legittimità.
Nella specie è stato accertato, alla stregua delle acquisizioni documentali, che
il presidente della Segen s.p.a., Capone Ferdinando, aveva affidato, all'epoca
dei fatti, con valida procura, la responsabilità della gestione della discarica
all'imputato.
Il legale rappresentante della società, è, in materia di smaltimento di rifiuti,
l'amministratore della società che gestisce un impianto produttivo che è
destinatario degli obblighi previsti dalle norme di settore.
Il suddetto, cui legalmente è attribuita una posizione di garanzia, é tenuto a
vigilare che propri dipendenti o altri sottoposti o delegati osservino le norme
ambientalistiche.
L'osservanza delle norme in questione consegue, quindi, ope legis e chi é
destinatario di esse, legale rappresentante di una società per azione o il suo
delegato, è tenuto a osservarle.
Nel caso in esame però destinatario era l'imputato perché, quale delegato del
legale rappresentante dell'impresa di smaltimento dei rifiuti, era tenuto a
vigilare che propri dipendenti o altri sottoposti o delegati osservassero le
norme ambientalistiche [Cfr. Cassazione Sezione III n. 24732/2007, RV. 236947].
I motivi sull'omessa presa in esame delle deduzioni difensive sull'inoperatività
delle prescrizioni sono articolati in fatto e giuridicamente infondati.
Quanto alla prima violazione [smaltimento di rifiuti non previsti
nell'autorizzazione], va osservato che il Tribunale ha correttamente fatto
rientrare nella violazione l'irrazionale trattamento dei RSU consistente nella
mancata selezione e stabilizzazione della frazione organica a causa della
rottura del nastro di carico, sicché non era possibile effettuare il loro carico
nell'impianto per la separazione della frazione secca da quella organica da
destinare alla stabilizzazione.
Per le altre inosservanze va rilevato che l'autorità regionale competente ad
autorizzare lo smaltimento dei rifiuti deve dettare le prescrizioni tecniche a
cui si deve adeguare l'operatore economico autorizzato per garantire il rispetto
della sicurezza e dell'igiene ambientale.
Assume l'imputato che la prescritta copertura giornaliera dei rifiuti, all'epoca
dei fatti, non era prevista dal d.P.R. n. 915/1982 ignorando la vigenza della
delibera del Comitato Interministeriale 27.7.1984 che è stata emanata, ai sensi
degli artt. 3 e 4 del D.P.R. 915/1982, per formulare gli indirizzi, i criteri
generali e le norme tecniche da rispettare nello smaltimento dei rifiuti.
Si tratta, pertanto, di un regolamento d'integrazione del D.P.R. 915/1982,
emanato dal Comitato interministeriale previsto dal citato art. 4 in virtù della
delega contenuta nella stessa norma che, come fonte subordinata alla legge
penale, può integrare i divieti e le prescrizioni stabilite da quest'ultima.
Risulta, quindi, evidente che le disposizioni tecniche stabilite dalla citata
delibera interministeriale potevano integrare la norma penale di cui al quarto
comma dell'art. 51 in quanto richiamate specificamente nell'autorizzazione
regionale.
Riguardo alla non corretta gestione del percolato, per la costatata formazione
di battente idraulico nella discarica, deve rilevarsi che la relativa
prescrizione era ricollegabile alla disposizione contenuta nell'art. 28 comma 1
lettera c) del d. lgs. n. 22/1997 che prevedeva, ancor prima dell'entrata in
vigore del d. lgs. n. 36/2003, anche l'emissione di prescrizioni sulle
"precauzioni da prendere in materia di sicurezza e d'igiene ambientale" tra cui
sicuramente rientra l'efficiente raccolta del percolato.
Il rigetto del ricorso comporta l'onere delle spese del procedimento.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento.
Cosi deciso in Roma nella pubblica udienza del 29.04.2010.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 15 Giu. 2010
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