AmbienteDiritto.it 

Legislazione  Giurisprudenza


AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it

Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza n. 22754



RIFIUTI - Abbandono dei rifiuti - Soggetti responsabili - Omessa vigilanza - Art. 110 c.p. - Art. 256, d.Lvo 152/06 (ex art. 51, d.Lvo n. 22/97) - D. L.vo n.4/08 - Art. 2082 c.c..
In tema di gestione dei rifiuti, il reato di abbandono incontrollato di essi è ascrivibile ai titolari di enti ed imprese ed ai responsabili di enti, anche sotto il profilo della omessa vigilanza sull'operato dei dipendenti che hanno posto in essere la condotta illecita ( Cass.18/5/07, n. 24376). Si tratta della applicazione del principio generale della responsabilità per il mancato rispetto della normativa di settore, come delineata dal D. L.vo 3/4/06, n. 152, modificato dal D. L.vo 16/1/08, n. 4, discendente dalla attività di produzione di beni e servizi organizzata sotto forma di impresa, individuale o societaria o gestita in via istituzionale. Inoltre, il reato di cui alla imputazione, ex art. 256 (prima previsto e punito dall'art. 51, d.Lvo n.22/97), è ipotizzabile non solo in capo alle imprese o agli enti che effettuano una delle attività indicate nel co. 1 dello stesso articolo, ma a qualsiasi impresa, avente le caratteristiche di cui all'art. 2082 c.c. o ente con personalità giuridica o operante di fatto (Cass. 2/3/04, n. 9544 ). Fattispecie: abbandono incontrollato di rifiuti non pericolosi (pneumatici fuori uso), riempiendo con gli stessi interamente un autocarro lasciandolo parcheggiato sulla via pubblica. (conferma sentenza resa dal Tribunale di Genova il 2/7/09) Pres. Onorato, Est. Gazzara, Ric. De Salve. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza n. 22754


 www.AmbienteDiritto.it©


UDIENZA del 29.04.2010

SENTENZA N. 849

REG. GENERALE N. 42214/2009


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale


Composta dagli Ill. mi Signori


- dott. Pierluigi Onorato                                     Presidente
- dott. Alfredo Teresi                                         Consigliere
- dott. Alfredo M. Lombardi                                Consigliere
- dott. Luigi Marini                                            Consigliere
- dott. Santi Gazzara                                        Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


- Sul ricorso proposto da De Salve Vittorio, nato a Milano il xx/xx/xxxx, e De Salve Cesare, nato a Tuglie il xx/xx/xxxx, entrambi residenti in Genova, via San Giovanni di Quarto, 3/1;
- Avverso la sentenza resa dal Tribunale di Genova il 2/7/09;
- Visti gli atti la sentenza ed il ricorso;
- Udita la relazione svolta in udienza dal consigliere Santi Gazzara;
- Udito il pubblico ministero in persona del sostituto Procuratore Generale della Repubblica, dott. Giuseppe Volpe, il quale ha concluso per la inammissibilità


osserva


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Il Tribunale di Genova, con sentenza del 20/7/09, resa a seguito di rito abbreviato, ha dichiarato De Salve Vittorio e De Salve Cesare colpevoli del reato di cui agli artt. 110 c.p., 256, d.Lvo 152/06, perché, in concorso tra loro, il De Salve Vittorio quale titolare della omonima ditta individuale, il De Salve Cesare, quale organizzatore della attività, effettuavano, senza la prescritta autorizzazione, un abbandono incontrollato di rifiuti non pericolosi (pneumatici fuori uso), riempiendo con gli stessi interamente l'autocarro modello DAF AE08, trg. B5B98907, che lasciavano parcheggiato sulla via pubblica.


Ha condannato gli imputati alla pena di euro 8.000,00 di ammenda ciascuno.


Propongono ricorso per cassazione i prevenuti a mezzo del loro difensore, con i seguenti motivi:

- erronea qualificazione giuridica delle condotte poste in essere dai ricorrenti e conseguente inosservanza della legge penale, rilevato che l'art. 256, co. 2, d.Lvo 152/06 riguarda l'abbandono, il deposito incontrollato o la immissione in acque superficiali o sotterranee di rifiuti, vietati dall'art. 192 del medesimo testo normativo, effettuate esclusivamente dai titolari di impresa o da i responsabili di enti; i soggetti diversi da questi, che effettuino le stesse vietate operazioni incorrono nella sanzione amministrativa di cui all'art. 255 del medesimo decreto legislativo.


Nella specie la condotta vietata è stata posta in essere solo ed esclusivamente dal De Salve Cesare, padre pensionato di De Salve Vittorio, per propria iniziativa personale e, quindi, al di fuori dell'ambito della attività di impresa del figlio.


Non sussiste prova, peraltro, che quest'ultimo abbia determinato, agevolato, indotto o comunque partecipato nell'illecito posto in essere dal padre, anche a titolo di responsabilità omissiva;

- trattandosi di contravvenzione a consumazione istantanea, posta in essere nei primi mesi dell'anno 2006, andava concesso l'indulto ex L. 241/06.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Il ricorso è infondato e va rigettato.


L'art. 255, d.Lvo 152/06 (abbandono di rifiuti ) dispone che "fatto salvo quanto disposto dall'art. 256, co. 2, chiunque, in violazione delle disposizioni di cui agli artt. 192, co. 1 e 2, 226, co 2, e 231, co. 1 e 2, abbandona o deposita rifiuti .... è punito con la sanzione amministrativa ...."


L'art. 256 dispone al co. 2 che le pene di cui al co. 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti, ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all'art. 192, commi 1 e 2.


Nella specie è stato accertato che il De Salve Vittorio, quale titolare della omonima ditta individuale di trasporto in conto terzi, e il De Salve Cesare, quale organizzatore della attività, effettuavano senza la prescritta autorizzazione un abbandono incontrollato di rifiuti speciali non pericolosi (pneumatici fuori uso ).


In ordine alle eccezioni formulate in ricorso si rileva che in tema di gestione dei rifiuti, il reato di abbandono incontrollato di essi è ascrivibile ai titolari di enti ed imprese ed ai responsabili di enti, anche sotto il profilo della omessa vigilanza sull'operato dei dipendenti che hanno posto in essere la condotta illecita ( Cass.18/5/07, n. 24376).
Si tratta della applicazione del principio generale della responsabilità per il mancato rispetto della normativa di settore, come delineata dal d.L.vo 3/4/06, n. 152, modificato dal d.Lvo 16/1/08, n. 4, discendente dalla attività di produzione di beni e servizi organizzata sotto forma di impresa, individuale o societaria o gestita in via istituzionale.
Inoltre, il reato di cui alla imputazione, ex art. 256 (prima previsto e punito dall'art. 51, d.Lvo 22/97), è ipotizzabile non solo in capo alle imprese o agli enti che effettuano una delle attività indicate nel co. 1 dello stesso articolo, ma a qualsiasi impresa, avente le caratteristiche di cui all'art. 2082 c.c. o ente con personalità giuridica o operante di fatto (Cass. 2/3/04, n. 9544 ).


Orbene, nella specie, uno dei prevenuti è titolare di impresa, è non ha ottemperato, quanto meno al dovere di vigilanza sulla attività (illecita) che veniva posta in essere, a mezzo di uno dei camion di sua proprietà, dal De Salve Cesare, così da contribuire con costui nella organizzazione dell'abbandono incontrollato dei pneumatici fuori uso, riempiendo interamente con essi l'automezzo predetto, lasciato abbandonato sulla via pubblica.


In ordine alla responsabilità di quest'ultimo si osserva che il soggetto che non possiede nessuna delle qualifiche indicate dalla norma è sempre punito con la sanzione penale qualora abbia agito per conto o in accordo con uno dei soggetti, specificatamente individuato dal co. 2 dell'art. 256, d.Lvo 152/06, configurandosi nel caso un concorso nell'illecito, che permette di includere, appunto, nella sfera del penalmente sanzionabile colui che risulti formalmente estraneo alla impresa, alla società o all'ente.


Da quanto osservato discende che il decidente ha, a giusta ragione, riconosciuto i prevenuti colpevoli del reato in contestazione, in quanto ciascuno di essi ha fornito il proprio apporto causale nel porre in essere la condotta contra legem.


Quanto al secondo motivo il Tribunale ha ritenuto correttamente di non potere applicare l'indulto perché l'illecito si è protratto oltre il limite temporale previsto dalla L. 241/06 (fatto accertato nell'agosto 2007).


P. Q. M.


La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
 

Così deciso in Roma il 29/4/2010.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA il  15 Giu. 2010



 Vedi altre: SENTENZE PER ESTESO


Ritorna alle MASSIME della sentenza  -  Approfondisci con altre massime: GIURISPRUDENZA  -  Ricerca in: LEGISLAZIONE  -  Ricerca in: DOTTRINA

www.AmbienteDiritto.it

 AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it

Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562