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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza n. 22754
RIFIUTI - Abbandono dei rifiuti - Soggetti responsabili - Omessa vigilanza -
Art. 110 c.p. - Art. 256, d.Lvo 152/06 (ex art. 51, d.Lvo n. 22/97) - D. L.vo
n.4/08 - Art. 2082 c.c.. In tema di gestione dei rifiuti, il reato di
abbandono incontrollato di essi è ascrivibile ai titolari di enti ed imprese ed
ai responsabili di enti, anche sotto il profilo della omessa vigilanza
sull'operato dei dipendenti che hanno posto in essere la condotta illecita (
Cass.18/5/07, n. 24376). Si tratta della applicazione del principio generale
della responsabilità per il mancato rispetto della normativa di settore, come
delineata dal D. L.vo 3/4/06, n. 152, modificato dal D. L.vo 16/1/08, n. 4,
discendente dalla attività di produzione di beni e servizi organizzata sotto
forma di impresa, individuale o societaria o gestita in via istituzionale.
Inoltre, il reato di cui alla imputazione, ex art. 256 (prima previsto e punito
dall'art. 51, d.Lvo n.22/97), è ipotizzabile non solo in capo alle imprese o
agli enti che effettuano una delle attività indicate nel co. 1 dello stesso
articolo, ma a qualsiasi impresa, avente le caratteristiche di cui all'art. 2082
c.c. o ente con personalità giuridica o operante di fatto (Cass. 2/3/04, n. 9544
). Fattispecie: abbandono incontrollato di rifiuti non pericolosi (pneumatici
fuori uso), riempiendo con gli stessi interamente un autocarro lasciandolo
parcheggiato sulla via pubblica. (conferma sentenza resa dal Tribunale di Genova
il 2/7/09) Pres. Onorato, Est. Gazzara, Ric. De Salve. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE, Sez. III, 15/06/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza n. 22754
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UDIENZA del 29.04.2010
SENTENZA N. 849
REG. GENERALE N. 42214/2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill. mi Signori
- dott. Pierluigi Onorato
Presidente
- dott. Alfredo Teresi
Consigliere
- dott. Alfredo M. Lombardi
Consigliere
- dott. Luigi Marini
Consigliere
- dott. Santi Gazzara
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- Sul ricorso proposto da De Salve Vittorio, nato a Milano il xx/xx/xxxx, e De
Salve Cesare, nato a Tuglie il xx/xx/xxxx, entrambi residenti in Genova, via San
Giovanni di Quarto, 3/1;
- Avverso la sentenza resa dal Tribunale di Genova il 2/7/09;
- Visti gli atti la sentenza ed il ricorso;
- Udita la relazione svolta in udienza dal consigliere Santi Gazzara;
- Udito il pubblico ministero in persona del sostituto Procuratore Generale
della Repubblica, dott. Giuseppe Volpe, il quale ha concluso per la
inammissibilità
osserva
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Genova, con sentenza del 20/7/09, resa a seguito di rito
abbreviato, ha dichiarato De Salve Vittorio e De Salve Cesare colpevoli del
reato di cui agli artt. 110 c.p., 256, d.Lvo 152/06, perché, in concorso tra
loro, il De Salve Vittorio quale titolare della omonima ditta individuale, il De
Salve Cesare, quale organizzatore della attività, effettuavano, senza la
prescritta autorizzazione, un abbandono incontrollato di rifiuti non pericolosi
(pneumatici fuori uso), riempiendo con gli stessi interamente l'autocarro
modello DAF AE08, trg. B5B98907, che lasciavano parcheggiato sulla via pubblica.
Ha condannato gli imputati alla pena di euro 8.000,00 di ammenda ciascuno.
Propongono ricorso per cassazione i prevenuti a mezzo del loro difensore, con i
seguenti motivi:
- erronea qualificazione giuridica delle condotte poste in essere dai ricorrenti e conseguente inosservanza della legge penale, rilevato che l'art. 256, co. 2, d.Lvo 152/06 riguarda l'abbandono, il deposito incontrollato o la immissione in acque superficiali o sotterranee di rifiuti, vietati dall'art. 192 del medesimo testo normativo, effettuate esclusivamente dai titolari di impresa o da i responsabili di enti; i soggetti diversi da questi, che effettuino le stesse vietate operazioni incorrono nella sanzione amministrativa di cui all'art. 255 del medesimo decreto legislativo.
Nella specie la condotta vietata è stata posta in essere solo ed esclusivamente
dal De Salve Cesare, padre pensionato di De Salve Vittorio, per propria
iniziativa personale e, quindi, al di fuori dell'ambito della attività di
impresa del figlio.
Non sussiste prova, peraltro, che quest'ultimo abbia determinato, agevolato,
indotto o comunque partecipato nell'illecito posto in essere dal padre, anche a
titolo di responsabilità omissiva;
- trattandosi di contravvenzione a consumazione istantanea, posta in essere nei primi mesi dell'anno 2006, andava concesso l'indulto ex L. 241/06.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato e va rigettato.
L'art. 255, d.Lvo 152/06 (abbandono di rifiuti ) dispone che "fatto salvo quanto
disposto dall'art. 256, co. 2, chiunque, in violazione delle disposizioni di cui
agli artt. 192, co. 1 e 2, 226, co 2, e 231, co. 1 e 2, abbandona o deposita
rifiuti .... è punito con la sanzione amministrativa ...."
L'art. 256 dispone al co. 2 che le pene di cui al co. 1 si applicano ai titolari
di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo
incontrollato i rifiuti, ovvero li immettono nelle acque superficiali o
sotterranee in violazione del divieto di cui all'art. 192, commi 1 e 2.
Nella specie è stato accertato che il De Salve Vittorio, quale titolare della
omonima ditta individuale di trasporto in conto terzi, e il De Salve Cesare,
quale organizzatore della attività, effettuavano senza la prescritta
autorizzazione un abbandono incontrollato di rifiuti speciali non pericolosi
(pneumatici fuori uso ).
In ordine alle eccezioni formulate in ricorso si rileva che in tema di gestione
dei rifiuti, il reato di abbandono incontrollato di essi è ascrivibile ai
titolari di enti ed imprese ed ai responsabili di enti, anche sotto il profilo
della omessa vigilanza sull'operato dei dipendenti che hanno posto in essere la
condotta illecita ( Cass.18/5/07, n. 24376).
Si tratta della applicazione del principio generale della responsabilità per il
mancato rispetto della normativa di settore, come delineata dal d.L.vo 3/4/06,
n. 152, modificato dal d.Lvo 16/1/08, n. 4, discendente dalla attività di
produzione di beni e servizi organizzata sotto forma di impresa, individuale o
societaria o gestita in via istituzionale.
Inoltre, il reato di cui alla imputazione, ex art. 256 (prima previsto e punito
dall'art. 51, d.Lvo 22/97), è ipotizzabile non solo in capo alle imprese o agli
enti che effettuano una delle attività indicate nel co. 1 dello stesso articolo,
ma a qualsiasi impresa, avente le caratteristiche di cui all'art. 2082 c.c. o
ente con personalità giuridica o operante di fatto (Cass. 2/3/04, n. 9544 ).
Orbene, nella specie, uno dei prevenuti è titolare di impresa, è non ha
ottemperato, quanto meno al dovere di vigilanza sulla attività (illecita) che
veniva posta in essere, a mezzo di uno dei camion di sua proprietà, dal De Salve
Cesare, così da contribuire con costui nella organizzazione dell'abbandono
incontrollato dei pneumatici fuori uso, riempiendo interamente con essi
l'automezzo predetto, lasciato abbandonato sulla via pubblica.
In ordine alla responsabilità di quest'ultimo si osserva che il soggetto che non
possiede nessuna delle qualifiche indicate dalla norma è sempre punito con la
sanzione penale qualora abbia agito per conto o in accordo con uno dei soggetti,
specificatamente individuato dal co. 2 dell'art. 256, d.Lvo 152/06,
configurandosi nel caso un concorso nell'illecito, che permette di includere,
appunto, nella sfera del penalmente sanzionabile colui che risulti formalmente
estraneo alla impresa, alla società o all'ente.
Da quanto osservato discende che il decidente ha, a giusta ragione, riconosciuto
i prevenuti colpevoli del reato in contestazione, in quanto ciascuno di essi ha
fornito il proprio apporto causale nel porre in essere la condotta contra
legem.
Quanto al secondo motivo il Tribunale ha ritenuto correttamente di non potere
applicare l'indulto perché l'illecito si è protratto oltre il limite temporale
previsto dalla L. 241/06 (fatto accertato nell'agosto 2007).
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al
pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 29/4/2010.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 15 Giu. 2010
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