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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza n. 22757
RIFIUTI - Scarti dell'attività di panificazione - Qualificazione dei rifiuti
provenienti dalla gestione di un forno - Smaltimento attraverso la nettezza
urbana - Esclusione - Qualificazione come compost o sottoprodotti - Esclusione -
Fattispecie - Art. 256 c. 1 lett. a) D. lgs. n. 152/2006. I materiali
provenienti da scarti dell'attività industriale di panificazione destinati allo
smaltimento e sparsi alla rinfusa, parzialmente ricoperti di vegetazione
spontanea, su un'area attigua al laboratorio, trattandosi di residui di
lavorazione, sono da considerarsi rifiuti. La natura degli stessi, nella specie,
frammisti a residui d’incenerimento di bancali di legno e a parti di metallo,
richiede il rispetto della normativa sui rifiuti di cui al d. lgs. n. 152/2006 e
preclude lo smaltimento attraverso la nettezza urbana. Per concludere, tali
materiali non possono essere qualificati neppure come compost o sottoprodotti
trattandosi, in realtà, di rifiuti sparsi alla rinfusa e insuscettibili di
riutilizzazione. (conferma sentenza del Tribunale di Urbino del 28.05.2009)
Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Larghetti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.
III, 15/06/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza n. 22757
RIFIUTI - TUTELA DELL’AMBIENTE - Gestione illecita dei rifiuti - Violazione
della normativa ambientale - Danno sostanziale al territorio e all'ambiente -
Enti locali - Costituzione di parte civile. In tema di gestione dei rifiuti
è ipotizzabile anche per gli enti locali un danno sostanziale che li rende
portatori dell'interesse a costituirsi parte civile potendo dalla violazione
della normativa ambientale derivare danno al territorio e all'ambiente
[Cassazione Sez. III n. 755/2009; Cass. n. 29214/2003]. (conferma sentenza del
Tribunale di Urbino del 28.05.2009) Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Larghetti.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza
n. 22757
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UDIENZA del 29.04.2010
SENTENZA N. 852
REG. GENERALE N. 42873/2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori:
dott. Pierluigi Onorato
Presidente
1. dott. Alfredo Teresi
Consigliere rel.
2. dott. Alfredo Maria Lombardi
Consigliere
3. dott. Luigi Marini
Consigliere
4. dott. Santi Gazzara
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da Larghetti Giovanni, nato a Piandimeleto il 00.00.0000,
avverso la sentenza del Tribunale di Urbino in data 28.05.2009 che lo ha
condannato alla pena di €. 4.000 d'ammenda per il reato di cui all'art. 256
comma 1 lett. a) d. lgs. n. 152/2006;
- Visti gli atti, la sentenza denunciata e il ricorso;
- Sentita in pubblica udienza la relazione del Consigliere dott. Alfredo Teresi;
- Sentito il PM nella persona del PG dott. Giuseppe Volpe, che ha chiesto il
rigetto del ricorso con la conferma delle statuizioni civili;
- Sentito il difensore della parte civile, avv. Maria Beatrice Riminucci, che ha
chiesto la conferma della sentenza impugnata con la condanna dell'imputato al
pagamento delle spese sostenute nel grado dalla parte civile;
osserva
Con sentenza 28.05.2009 il Tribunale di Urbino condannava Larghetti Giovanni
alla pena di €.4.000 d'ammenda ritenendolo responsabile di avere, quale titolare
di un'impresa individuale esercente attività di panificazione, abbandonato in
modo incontrollato circa tre metri cubi di rifiuti non pericolosi costituiti da
ceneri, residui di panificazione e gusci d'uova, nonché al risarcimento del
danno, liquidato in €. 1.500, in favore della Provincia di Pesaro e Urbino,
costituitasi parte civile.
In particolare, era stato accertato che i rifiuti (scarti dell'attività
industriale di panificazione) destinati allo smaltimento erano sparsi alla
rinfusa, parzialmente ricoperti di vegetazione spontanea, su un'area attigua al
laboratorio.
Provenendo da esercizio d'impresa, i rifiuti non potevano essere versati nei
cassonetti dei RSU, come sostenuto in ricorso, trattandosi di materiali
eterogenei nocivi alla salute.
Proponeva ricorso per cassazione l'imputato denunciando violazione di legge;
travisamento della prova; mancanza o manifesta illogicità della motivazione
sulla configurabilità del reato perché non era specificato quale fosse
l'autorizzazione mancante e perché non era stata data rilevanza alle iscrizioni
TARSU da lui attivate presso il Comune di Frontino.
Aggiungeva che i suddetti rifiuti potevano essere gestiti tramite versamento in
cassonetto o utilizzati come compost; che i suddetti residui potevano
essere considerati sottoprodotto; che il reato, di natura permanente, non poteva
essere integrato dal deposito di modesti quantitativi di residui; che il fatto
non aveva prodotto danni all'ambiente.
Osservava, infine, che la Provincia di Pesaro e Urbino non era legittimata a
costituirsi come parte civile e che non competeva alla stessa alcun risarcimento
per l'insussistenza del danno.
Chiedeva l'annullamento della sentenza.
Il ricorso è infondato perché censura con argomentazioni giuridiche palesemente
erronee e in punto di fatto la decisione fondata, invece, su congrue
argomentazioni esenti da vizi logico-giuridici, essendo stati esaminati gli
elementi probatori emersi a carico dell'imputato [in ordine alla contravvenzione
di cui all'art, 256 comma 2 d. lgs. n. 152/2006, così rettificata la norma
violata indicata nell'imputazione, essendo l'imputato titolare d'impresa] e
confutata ogni obiezione difensiva.
Corretta è la qualifica dei materiali rinvenuti come rifiuti, trattandosi di
residui di lavorazione, provenienti dalla gestione di un forno, sparsi
disordinatamente nel corso del tempo su un'area attigua al laboratorio.
La natura degli stessi, frammisti a residui d'incenerimento di bancali di legno
e a parti di metallo, richiedeva, quindi, il rispetto della normativa sui
rifiuti di cui al d. lgs. n. 152/2006 e precludeva lo smaltimento attraverso la
nettezza urbana.
Alla stregua di quanto sopra è manifestamente infondato l'assunto che i
materiali costituissero compost o sottoprodotti trattandosi rifiuti
sparsi alla rinfusa e insuscettibili di riutilizzazione.
Infondata è la censura sulla costituzione di parte civile dell'Amministrazione
Provinciale perché in tema di gestione dei rifiuti è ipotizzabile anche per gli
enti locali un danno sostanziale che li rende portatori dell'interesse a
costituirsi parte civile potendo dalla violazione della normativa ambientale
derivare danno al territorio e all'ambiente [Cassazione Sezione III n. 755/2009
RV.246015; n. 29214/2003, RV.226154].
Generico e articolate in fatto è l'ultimo motivo sull'insussistenza del danno,
che il Tribunale ha riconosciuto con congrua motivazione liquidandolo in misura
contenuta.
Il rigetto del ricorso comporta l'onere delle spese del procedimento e della
rifusione delle spese di questo grado in favore della parte civile, liquidate
come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento, nonché alla rifusione delle spese di questo grado a favore
della parte civile, liquidate in €. 2.000, oltre accessori di legge.
Cosi deciso in Roma nella pubblica udienza del 29.04.2010.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 15 Giu. 2010
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