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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza n. 22767
RIFIUTI - Gestione di rifiuti - Chiusura di una discarica - Materiali
provenienti da operazioni di sbancamento - Area già adibita a discarica -
Disciplina sui rifiuti - Applicazione - Normativa su terre e rocce da scavo -
Applicazione - Esclusione - Art. 13, c. 1, D. Lgs n.36/2003 - D. L.vo n.
152/2006 - D. Lgs n. 22/97. Anche dopo la chiusura di una discarica, ai
sensi dell'art. 13, comma 1, del D. Lgs 13 gennaio 2003 n. 36, devono essere
osservate le norme in materia di gestione di rifiuti, pertanto i materiali
provenienti da operazioni di sbancamento nell'area destinata a discarica sono in
ogni caso sottoposti alla normativa sui rifiuti. Nella specie, i materiali
utilizzati per operazioni di riempimento provenivano da un'area già adibita in
passato a discarica, sicché agli stessi non possono in nessun caso applicarsi le
disposizioni in materia di terre e rocce da scavo. (Conferma sentenza della
Corte di Appello di Cagliari del 16.10.2009, a conferma del Tribunale di
Cagliari, sez. dist. di Iglesias, del 20.5.2008) Pres. Onorato Est. Lombardi
Ric. Mascia. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2010 (Ud.
29/04/2010), Sentenza n. 22767
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UDIENZA del 29.04.2010
SENTENZA N. 867
REG. GENERALE N. 3308/2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli ill.mi Signori:
Presidente
Dott. Pierluigi Onorato
Consigliere
Dott. Alfredo Teresi
" Alfredo Maria Lombardi
" Luigi Marini
" Santi Gazzara
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
- Sul ricorso proposto da Mascia Giorgio, n. a Domusnovas il 00.00.0000, avverso
la sentenza in data 16.10.2009 della Corte di Appello di Cagliari, con la quale,
a conferma di quella del Tribunale di Cagliari, sezione distaccata di Iglesias,
in data 20.5.2008, venne condannato alla pena di mesi. quattro di arresto ed €
4.000,00 di ammenda, quale colpevole del reato di cui all'art. 51, comma 1 lett.
a) e comma 3, del D. Lgs n. 22/97.
- Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
- Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria
Lombardi;
- Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Giuseppe Volpe,
che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Cagliari ha confermato la
pronuncia di colpevolezza di Mascia Giorgio in ordine al reato di cui all'art.
51, comma 1 lett. a) e comma 3, del D. Lgs n. 22/97, a lui ascritto per avere
realizzato una discarica di rifiuti non pericolosi.
E' stato accertato in punto di fatto dai giudici di merito che su un terreno di
proprietà del Mascia erano stati scaricati circa 100 metri cubi di rifiuti non
pericolosi (plastica, pneumatici, bottiglie, ferro) frammisti a terra e che
detto materiale veniva utilizzato dall'imputato per colmare un dislivello
nell'area agricola di sua proprietà; che il materiale utilizzato per l'attività
di riempimento proveniva da lavori di sbancamento su un terreno comunale in
precedenza adibito a discarica.
La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame, con i quali l'appellante
aveva dedotto che i materiali utilizzati per l'attività di riempimento non
potevano essere qualificati rifiuti, trattandosi di terre e rocce da scavo, e
che doveva essere esclusa l'esistenza dell'elemento psicologico del reato.
- Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed
errata applicazione degli art. 186 del D. Lgs n. 152/2006 e 8 del D. Lgs n.
22/97.
Il ricorrente osserva che, ai sensi delle disposizioni citate, le terre e rocce
da scavo, destinate all'effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati
e macinati, sono escluse dalla applicazione della normativa sui rifiuti e ciò si
verifica, ai sensi dell'art. 186 del D. Lgs n. 152/2006, anche quando detti
materiali, contaminati durante il ciclo produttivo, siano utilizzati senza
trasformazioni preliminari, sempre che la composizione media dell'intera massa
non presenti una concentrazione di inquinanti superiori ai limiti massimi
previsti dalle norme vigenti.
Con il motivo di gravame, quindi, si ribadisce sostanzialmente la tesi, secondo
la quale nel caso in esame i materiali di cui alla contestazione dovevano essere
qualificati terre e rocce da scavo utilizzati per operazioni di riempimento e
non potevano, pertanto, essere considerati rifiuto.
Si osserva inoltre che nella specie non sono stati eseguiti accertamenti per
verificare che fossero superati i parametri di legge in ordine alla
concentrazione delle sostanze inquinanti.
Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia mancanza di motivazione con
riferimento allo specifico motivo di appello con il quale era stata lamentata
l'assenza dell'accertamento diretto a stabilire la percentuale di rifiuti
presenti nel terreno utilizzato per operazioni di riempimento.
Con l'ultimo mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata
applicazione degli art. 51, commi 1 e 3, del D. Lgs n. 22/97 e 47 c.p., nonché
la manifesta illogicità della motivazione della sentenza.
Si afferma che l'imputato aveva chiesto al Comune l'autorizzazione ad effettuare
l'operazione di riempimento di un dislivello e, rilevato che l'ente locale stava
eseguendo lavori di sbancamento in un'area adiacente, aveva chiesto di poter
utilizzare il terreno di risulta di tali operazioni.
Si osserva, quindi, che l'imputato aveva ignorato che in passato nella stessa
area esisteva una discarica, che peraltro era stata coperta con terreno
vegetale, e che lo stesso era stato presente solo nella fase iniziale delle
operazioni di riempimento, allorché il materiale scaricato era costituito solo
da terra.
Si deduce, quindi, che nella specie doveva trovare applicazione il disposto di
cui all'art. 47 c.p., avendo l'imputato agito sul presupposto di una realtà
diversa da quella effettiva.
Il ricorso non è fondato.
Preliminarmente la Corte rivela che tuttora non si è verificata la prescrizione
del reato, in quanto il decorso del termine di prescrizione è rimasto sospeso
per rinvio del dibattimento, per impedimento del difensore, dall'udienza del
15.6.2007 a quella 16.10.2007.
La sentenza impugnata ha rilevato, con riferimento al primo motivo di gravame,
che i materiali impiegati costituiscono ictu oculi rifiuti, stante la
composizione descritta in narrativa, sicché agli stessi non risultano
applicabili le disposizioni in materia di terre e rocce da scavo.
Tale accertamento in punto di fatto implica ovviamente la superfluità della
verifica richiesta dall'appellante circa il superamento dei parametri di legge
in ordine alla concentrazione delle sostanze inquinanti, nonché la superfluità
delle ulteriori richieste istruttorie in sede di appello. Peraltro, deve essere
altresì rilevato in punto di diritto che, ai sensi dell'art. 13, comma 1, del D.
Lgs 13 gennaio 2003 n. 36, anche dopo la chiusura di una discarica devono essere
osservate le norme in materia di gestione di rifiuti, sicché i materiali
provenienti da operazioni di sbancamento nell'area destinata a discarica sono in
ogni caso sottoposti alla normativa sui rifiuti.
Orbene, nella specie, è stato accertato che i materiali utilizzati dall'imputato
per operazioni di riempimento provenivano da un'area già adibita in passato a
discarica, sicché agli stessi non possono in nessun caso applicarsi le
disposizioni in materia di terre e rocce da scavo.
Anche il secondo motivo di gravame è infondato.
La sentenza ha puntualmente osservato, in ordine all'elemento psicologico del
reato, che l'imputato era vincolato dall'autorizzazione comunale all'obbligo di
verificare che il materiale di riempimento fosse costituito esclusivamente da
terra vegetale.
Pertanto, la mancata ottemperanza allo specifico obbligo di verifica imposto
dall'autorizzazione comunale integra comunque il reato ascritto all'imputato,
stante la natura della contravvenzionale della fattispecie.
Per completezza di esame, in relazione alle richieste formulate nelle
conclusioni del ricorso, si rileva che l'indulto va applicato in sede esecutiva.
11 ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma nella pubblica
udienza del 29.4.2010.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 15 Giu. 2010
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