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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 21/06/2010 (Cc. 11/05/2010), Sentenza n. 23761



DIRITTO URBANISTICO - DIRITTO PROCESSUALE - Lottizzazione abusiva confisca e Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) - Sentenze della Corte di Strasburgo - Incidenza sul diritto nazionale - Diritto alla riparazione nella forma pecuniaria e/o specifica della
restituito in integrum - Fattispecie: Punta Perotti - Art.19 L.47/1985 (ora art.44 TU 380/2001) - L. n.12/2006 - Art. 5 L. n.400/1998. La volontà dello Stato di recepire le decisioni di Strasburgo e di uniformarsi alle stesse si evidenzia, anche, dalla emanazione della L. n. 12/2006 ("Disposizioni in materia di esecuzione delle pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo") che ha introdotto una norma, inserita nell'art. 5 L. n. 400/1998, che individua nel Presidente del Consiglio l'organo governativo deputato agli adempimenti di competenza. Sicché, l'accettazione della forza vincolante delle sentenze di Strasburgo si riscontra, pure, nel DPR 289/2005 in virtù del quale le decisioni definitive dei Giudici europei sono inserite nel casellario giudiziario. In questo contesto, i precisi obblighi nascenti dalla Convenzione e la normativa interna portano necessariamente a concludere che le sentenze della Corte che dichiarano l'intervenuta violazione della Convenzione, pur non avendo effetti precettivi immediati, hanno valenza non limitata alla sfera sopranazionale, ma sono produttive di diritti e di obblighi nei confronti delle parti (Cass. Pen. sentenza 2800/2006); ciò nel senso che lo Stato è tenuto a conformarsi al dettato della Corte, eliminando le conseguenze pregiudizievoli della violazione, ed il cittadino ha il diritto alla riparazione nella forma pecuniaria e/o specifica della restituito in integrum. (annulla ordinanza n. 397/2009 GIP TRIBUNALE di. BARI, del 26/10/2009 e rinvia al Tribunale di Bari) Pres. Lupo, Est. Squassoni, Ric. Pres. Cons. Ministri ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 21/06/2010 (Cc. 11/05/2010), Sentenza n. 23761

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo - Giudice della esecuzione - Soggetti titolari di posizioni giuridiche e titolarità ad agire in capo della Presidenza del Consiglio - Fattispecie - Art.5 c.3 lett.a bis L.400/1998 - Artt. 665 e 666 c.1 c.p.p.. In sede di Corte europea dei diritti dell'uomo, la titolarità ad agire in capo della Presidenza del Consiglio è reperibile in una fonte positiva, cioè, l'art.5 c.3 lett.a bis L.400/1998. In più, ai sensi dell'art.666 c.1 cpp, non può negarsi al ricorrente la qualifica di soggetto "interessato" la cui nozione, nella relativa applicazione giurisprudenziale, è molto ampia e comprende chiunque vanti una posizione giuridicamente tutelata sulla quale incide la esecuzione della sentenza. Nella specie, la considerazione del Giudice sulla non partecipazione del Presidente del Consiglio nei precedenti procedimenti è superabile, in quanto è stato, reiteratamente ammesso che terzi estranei al giudizio di cognizione- e, pertanto impossibilitati ad impugnare la relativa sentenza- siano facoltizzati, assumendo di essere titolari di diritto sul bene confiscato, a chiederne la restituzione proponendo ricorso a sensi dell'art.665 cpp (Cass. Pen. sentenza 12117/ 2008). In conclusione le ricorrenti hanno, un interesse alla decisione dalla quale può derivare un loro pregiudizio o un vantaggio giuridicamente rilevante e, pertanto, avrebbero dovuto essere posti in grado di interloquire e di partecipare al procedimento camerale; l'Avvocatura dello Stato aveva espressamente richiesto il loro intervento nel procedimento, che non è stato disposto dal Giudice. Come correttamente rilevato dal Procuratore Generale nella Sua requisitoria scritta, non è stato rispettato il principio del contraddittorio che si colloca come il necessario presupposto per la legittima instaurazione del presente procedimento camerale. (annulla ordinanza n. 397/2009 GIP TRIBUNALE di. BARI, del 26/10/2009 e rinvia al Tribunale di Bari) Pres. Lupo, Est. Squassoni, Ric. Pres. Cons. Ministri ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 21/06/2010 (Cc. 11/05/2010), Sentenza n. 23761


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UDIENZA del 11.05.2010

SENTENZA N. 732

REG. GENERALE N. 44266/2009


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale


Composta dagli ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

Dott. ERNESTO LUPO                                                                 - Presidente
Dott. ALFREDO TERESI                                                               - Consigliere -
Dott. CLAUDIA SQUASSONI                                                         - Rel. Consigliere -
Dott. AMEDEO FRANCO                                                              - Consigliere -
Dott. GIULIO SARNO                                                                    - Consigliere -


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


- sul ricorso proposto da:
1) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
1) SUD FONDI SRL IN PERSONA DEL LEGALE RAPP.TE PRO TEMPORE
2) MABAR SRL IN PERSONA DEL LEGALE RAPP.TE PRO TEMPORE

3) IEMA SRL IN PERSONA DEL LEGALE RAPP.TE PRO TEMPORE


- avverso l'ordinanza n. 397/2009 GIP TRIBUNALE di. BARI, del 26/10/2009
- sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CLAUDIA SQUASSONI;
- lette le conclusioni del PG: annullare il provvedimento impugnato e disporre la trasmissione degli atti all'ufficio del Gip di Bari quale giudice dell'esecuzione per ulteriore corso.


MOTIVI DELLA DECISIONE


a)
Con sentenza 29 gennaio 2001, la Cassazione ha annullato senza rinvio la decisione 5 giugno 2000 della Corte di Appello di Bari, emessa nei confronti di Matarrese Michele ed altri imputati, perché i fatti non costituivano il reato di abusiva lottizzazione per mancanza dello elemento soggettivo mantenendo, a sensi dell'art.19 L.47/1985 (ora art.44 TU 380/2001), la confisca e l'acquisizione al patrimonio comunale dei suoli e del complesso immobiliare oggetto di illegittima pianificazione del territorio.


Gli imputati hanno adito la Corte europea per i diritti dell'uomo lamentando una serie di violazioni della Cedu e del primo Protocollo per la ablazione dei loro beni.


I Giudici di Strasburgo (con sentenza 20 gennaio 2009, Sud Fondi c. Italia) hanno ritenuto che la misura della confisca, non prevedibile da parte degli imputati, fosse in contrasto con l'art.7 della Convenzione europea per i diritti dell'uomo (che vieta sanzioni in assenza di una previa legge) e con il primo Protocollo della stessa Convenzione (che tutela la proprietà privata) e si traducesse, pertanto, in una sanzione arbitraria.


Per dare esecuzione alla ricordata sentenza, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, tramite l'Avvocatura Distrettuale di Bari, ha proposto incidente di esecuzione finalizzato alla revoca della confisca, che il Giudice dell'esecuzione del Tribunale di Bari ha rigettato per i seguenti fondamentali motivi:

= la sentenza della Corte di Giustizia imponeva allo Stato solo un risarcimento dei danni;
= non è legittimato a proporre incidente di esecuzione un soggetto estraneo al processo di cognizione;
= l'art.4 c.4 bis DL 78/2009 cony. L.102/2009, invocato dalla istante a sostegno della sua richiesta, non consente la revoca della confisca in executivis.


Per l'annullamento della ordinanza, l'Avvocatura dello Stato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo errata applicazione di legge e rilevando:
= violazione del diritto al contraddittorio per non essere stati citati nel procedimento camerale il Comune di Bari e le società alle quali i beni avrebbero dovuto essere restituiti;
= erronea applicazione di legge per quanto riguarda l'obbligo di dare esecuzione alla sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo.


b)
La questione che deve essere affrontata per prima, concerne gli effetti della sentenza dei Giudici di Strasburgo 20 gennaio 2009 nel nostro ordinamento.


L'art.19 della Convenzione europea prevede l'istituzione della Corte europea dei diritti dell'uomo "per assicurare il rispetto degli impegni derivanti alle Alte Parti contraenti dalla presente Convenzione e da suoi protocolli"; l'art.46, recante la rubrica "forza vincolante ed esecuzione delle sentenze", già nella formulazione di cui all'undicesimo Protocollo, stabilisce una precisa obbligazione giuridica per gli Stati contraenti di conformarsi, sotto il controllo del Comitato dei Ministri, alle decisioni definitive della Corte per le controversie nelle quali sono parti. Tale obbligazione è stata resa ancora più vincolante dal quattordicesimo Protocollo (ratificato con L. 280/2005 ed entrato in vigore nel corso della stesura della presente motivazione il 1 giugno 2010), che introduce una revisione alla verifica sulla esecuzione delle sentenze e, tra l'altro, prevede un meccanismo di infrazione accettato senza riserve dalla Italia.


La volontà dello Stato di recepire le decisioni di Strasburgo e di uniformarsi alle stesse si evidenzia, anche, dalla emanazione della L.12/2006 ("Disposizioni in materia di esecuzione delle pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo") che ha introdotto una norma, inserita nell'art.5 L.400/1998, che individua nel Presidente del Consiglio l'organo governativo deputato agli adempimenti di competenza.


L'accettazione della forza vincolante delle sentenze di Strasburgo si riscontra, pure, nel DPR 289/2005 in virtù del quale le decisioni definitive dei Giudici europei sono inserite nel casellario giudiziario. In questo contesto, i precisi obblighi nascenti dalla Convenzione e la normativa interna portano necessariamente a concludere che le sentenze della Corte che dichiarano l'intervenuta violazione della Convenzione, pur non avendo effetti precettivi immediati, hanno valenza non limitata alla sfera sopranazionale, ma sono produttive di diritti e di obblighi nei confronti delle parti (ex plurimis Cass. Pen. sentenza 2800/2006); ciò nel senso che lo Stato è tenuto a conformarsi al dettato della Corte, eliminando le conseguenze pregiudizievoli della violazione, ed il cittadino ha il diritto alla riparazione nella forma pecuniaria e/o specifica della restituito in integrum.


Sul tema, la carenza di un potere di immediata disapplicazione della norma interna contrastante con la Convenzione (segnalata nel gravato provvedimento ed utilizzata per concludere sulla non immediata incidenza sul diritto nazionale delle sentenze della Corte di Strasburgo) non rileva: nel caso concreto, non si tratta di disapplicare un atto legislativo o di farne valere una illegittimità costituzionale, ma di adempiere allo obbligo, indiscusso, di dare esecuzione delle condanne della Corte di Strasburgo dopo avere individuato il più idoneo strumento giuridico.


c)
Si pone,ora, il problema della legittimazione della Presidenza del Consiglio a chiedere la revoca della confisca.


Sul punto, si può notare che, nella prospettiva della Corte europea, la responsabilità dello Stato - soggetto di fonte alla Convenzione si pone in termini indifferenziati rispetto alla articolazione interna dello ordinamento e, quindi, dello organo che, in concreto, ha causato la violazione.


In questo senso, si può sostenere che la Presidenza del Consiglio ha agito in una sorte di "autotutela" per rimuovere gli effetti dell'atto convenzionalmente illegittimo "rappresentando" lo Stato - soggetto (nonché gli originari titolari del bene confiscato a prescindere dallo interesse concreto di costoro).


La titolarità ad agire in capo della Presidenza del Consiglio è reperibile in una fonte positiva, cioè, l'art.5 c.3 lett.a bis L.400/1998 (che dispone che il Presidente del Consiglio promuove gli adempimenti governativi conseguenti alle pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo emanate nei confronti dello Stato italiano...).


Ai sensi dell'art.666 c.1 cpp, non può negarsi al ricorrente la qualifica di soggetto "interessato" la cui nozione, nella relativa applicazione giurisprudenziale, è molto ampia e comprende chiunque vanti una posizione giuridicamente tutelata sulla quale incide la esecuzione della sentenza.


La considerazione del Giudice sulla non partecipazione del Presidente del Consiglio nei precedenti procedimenti è superabile: questa Corte ha reiteratamente ammesso che terzi estranei al giudizio di cognizione- e, pertanto impossibilitati ad impugnare la relativa sentenza- siano facoltizzati, assumendo di essere titolari di diritto sul bene confiscato, a chiederne la restituzione proponendo ricorso a sensi dell'art.665 cpp (ex plurimis : Cass. Pen. sentenza 12117/ 2008).


d)
La richiesta della attuale ricorrente tende alla immediata restituzione dei beni a favore delle tre società Sud Fondi srl, Ma.Bar srl, Iema srl da parte del Comune di Bari che, in esito alla confisca, ha acquisito i terreni al suo patrimonio; detti soggetti sono titolari di posizioni giuridiche sulle quali la decisione del Giudice della esecuzione è destinata ad avere una incidenza diretta.


Le tre menzionate società ed il Comune di Bari hanno, perciò, un interesse alla decisione dalla quale può derivare un loro pregiudizio o un vantaggio giuridicamente rilevante e, pertanto, avrebbero dovuto essere posti in grado di interloquire e di partecipare al procedimento camerale; l'Avvocatura dello Stato aveva espressamente richiesto il loro intervento nel procedimento, che non è stato disposto dal Giudice. Come correttamente rilevato dal Procuratore Generale nella Sua requisitoria scritta, non è stato rispettato il principio del contraddittorio che si colloca come il necessario presupposto per la legittima instaurazione del presente procedimento camerale.


Per questa violazione di legge, l'ordinanza impugnata deve essere annullata e gli atti trasmessi al Tribunale di Bari per una nuova decisione - sulla richiesta della Presidenza del Consiglio di revoca della confisca, invocata dal ricorrente a sensi dell'art.4 c.4 ter DL 78/2009 conv. L.102/2009- decisione da emanarsi in contraddittorio dei soggetti interessati come sopra individuati.


PQM


La Corte annulla la ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Bari.

 

Roma, 11 maggio 2010

DEPOSITATA IN CANCELLERIA il  24 Giu. 2010



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