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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/06/2010 (Ud. 24/03/2010), Sentenza n. 24245
DIRITTO URBANISTICO - Sanatoria - Richiesta di accertamento di conformità -
Decorrenza dei 60 gg. - Silenzio rifiuto - Presentazione di ricorso
giurisdizionale - Irrilevanza - Artt. 64, 65, 71, 72, 44, lett. b) e 45, 1° c.
D.P.R. n. 380/2001 - Art. 36 del T.U.E. (già art. 13 della L. n. 47/1985).
Se non interviene pronuncia entro i 60 giorni successivi alla presentazione
della richiesta di accertamento di conformità in sanatoria, ex art. 36 del T.U.
n. 380/2001, la richiesta deve intendersi “rifiutata”. Inoltre, deve ritenersi
irrilevante la presentazione di ricorso giurisdizionale. (conferma sentenza n.
3709/2008 CORTE APPELLO di PALERMO, del 06/10/2009 che confermava la sentenza
1.7.2008 del Tribunale monocratico di Termini Imerese) Pres. De Maio, Est.
Fiale, Ric. Chiarello. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/06/2010 (Ud.
24/03/2010), Sentenza n. 24245
DIRITTO URBANISTICO - Procedimenti amministrativi di sanatoria - Sospensione
- T.U.E. D.P.R. n. 380/2001 - Accertamento autonomo del giudice penale. La
disciplina contenuta nel T.U.E. D.P.R. n. 380/2001, ricollega, la durata della
sospensione all'esaurimento dei soli "procedimenti amministrativi di sanatoria",
limitandola temporalmente alla decisione degli organi comunali sulla relativa
domanda, manifestata anche nella forma del silenzio-rifiuto prevista dal 4°
comma dell'art. 36. Detta sospensione non può estendersi, pertanto, fino alla
definizione dell'eventuale procedimento giurisdizionale originato dal ricorso
avverso il diniego del rilascio del titolo abilitativo sanante (Cass. n.
16706/2004; Cass. n. 10640/2003; Corte Costituzionale sentenza n. 370/1988 e
ordinanza n. 247/2000). L'emissione del provvedimento sospensivo, resta pur
sempre condizionata al previo accertamento del giudice penale in ordine alla
effettiva sussistenza dei presupposti necessari per il conseguimento della
sanatoria (Cass., Sez. III, 7.3.1997, n. 2256, Tessari ed altro). Nell'ipotesi
in cui il giudice di merito non abbia sospeso, ex art. 45, 1° comma, del T.U. n.
380/2001, il procedimento relativo ai reati di cui all'art. 44 dello stesso
T.U., non consegue alcuna nullità, mancando qualsiasi previsione normativa in
tal senso e non configurandosi pregiudizi al diritto di difesa dell'imputato,
poiché questi può far valere nei successivi gradi di giudizio l'esistenza o la
sopravvenienza della causa estintiva. (conferma sentenza n. 3709/2008 CORTE
APPELLO di PALERMO, del 06/10/2009 che confermava la sentenza 1.7.2008 del
Tribunale monocratico di Termini Imerese) Pres. De Maio, Est. Fiale, Ric.
Chiarello. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/06/2010 (Ud. 24/03/2010),
Sentenza n. 24245
DIRITTO URBANISTICO - Ordine di demolizione impartito dalla P.A. e ordine di
demolizione impartito dal giudice - Differenza e funzione - Artt. 31 e 44 T.U.E.,
D.P.R. n. 380/2001. L'ultimo comma dell'art. 31 del T.U.E. D.P.R. n.
380/2001 (già art. 7, ultimo comma, della legge n. 47/1985) dispone che, per le
opere abusive eseguite in assenza di concessione o in totale difformità o con
variazioni essenziali, "il giudice, con la sentenza di condanna per il reato di
cui all'art. 44, ordina la demolizione delle opere stesse se ancora non sia
stata altrimenti eseguita". Tale ordine, emanato dal giudice in caso di condanna
e di mancata esecuzione della demolizione, costituisce atto dovuto,
nell'esercizio di un potere autonomo e non attribuito in via di supplenza
seppure coordinabile con quello amministrativo, per cui non si pone in rapporto
alternativo con l'ordine di demolizione impartito dalla P.A. Trattasi di una
sanzione amministrativa di tipo ablatorio caratterizzata dalla natura
giurisdizionale dell'organo istituzionale al quale ne è attribuita
l'applicazione, la cui catalogazione fra i provvedimenti giurisdizionali trova
ragione giuridica proprio nella sua accessività alla "sentenza di condanna"
(Cass., Sez. Unite, 24.7.1996, ric. Monterisi). (conferma sentenza n. 3709/2008
CORTE APPELLO di PALERMO, del 06/10/2009 che confermava la sentenza 1.7.2008 del
Tribunale monocratico di Termini Imerese) Pres. De Maio, Est. Fiale, Ric.
Chiarello. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/06/2010 (Ud. 24/03/2010),
Sentenza n. 24245
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Cosa sottoposta a sequestro - Violazione dei
sigilli - Obblighi del custode - Cause impeditive dell'esercizio del dovere di
vigilanza e custodia - Onere della prova - Art. 349 cpv. cod. pen.. In
materia di sequestro, il custode è obbligato ad esercitare sulla cosa sottoposta
a sequestro e sulla integrità dei relativi sigilli una custodia continua ed
attenta. Egli non può sottrarsi a tale obbligo se non adducendo oggettive
ragioni di impedimento e, quindi, chiedendo ed ottenendo di essere sostituito,
ovvero, qualora non abbia avuto il tempo o la possibilità di farlo, fornendo la
prova del caso fortuito o della forza maggiore che gli abbiano impedito di
esercitare la dovuta vigilanza (Cass., sez. III, 9.4.2004, Collettini). Qualora
venga accertata la violazione dei sigilli, è lecito, pertanto, ritenere che essa
sia opera dello stesso custode, da solo o in concorso con altri, tranne che lo
stesso dimostri di non essere stato in grado di avere conoscenza per caso
fortuito o forza maggiore (Cass., sez. III, 11.9.2009, n. 35208; 7.5.2009, n.
19075; 22.12.2008, n. 47450). Ciò non configura alcuna ipotesi di responsabilità
oggettiva, incombendo sul custode l'onere della prova degli eventuali caso
fortuito e forza maggiore quali cause impeditive dell'esercizio del dovere di
vigilanza e custodia (Cass. sez. III, 23.6.2009, n. 26121; 28.1.2000, n. 2989).
(conferma sentenza n. 3709/2008 CORTE APPELLO di PALERMO, del 06/10/2009 che
confermava la sentenza 1.7.2008 del Tribunale monocratico di Termini Imerese)
Pres. De Maio, Est. Fiale, Ric. Chiarello. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.
III, 24/06/2010 (Ud. 24/03/2010), Sentenza n. 24245
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sospensione della prescrizione - Impedimento -
Casi di richiesta del difensore di rinvio - Art. 159, c. 1 n. 3, cod. pen..
Ai sensi dell’art. 159, comma 1 n. 3, cod. pen., la limitazione, prevista a 60
giorni oltre "al tempo dell'impedimento", del periodo che può essere preso in
considerazione ai fini della sospensione della prescrizione, trova applicazione
soltanto per i rinvii di udienza determinati da impedimento di una delle parti o
di uno dei difensori e non anche ai rinvii di udienza concessi a seguito di una
richiesta dell'imputato o del suo difensore (Cass. sez. I, 11.2.2009, n. 5956;
sez. III, 28.1.2008, n. 4071). La richiesta del difensore di rinvio dell'udienza
per un concomitante impegno professionale non costituisce espressione di
un'impossibilità assoluta a partecipare all'udienza, ma una scelta del difensore
per quanto legittima, sicché anche in tale ipotesi il corso della prescrizione
resta sospeso per tutto il periodo del differimento, non applicandosi il limite
massimo di 60 giorni di cui al novellato art. 159 cod. pen. (Cass., sez. I,
1.12.2008, n. 44609). Il rinvio dell'udienza su richiesta del difensore che
dichiara di aderire all'astensione collettiva non dà luogo ad un caso di
sospensione per impedimento e, quindi, il corso della sospensione rimane sospeso
per tutto il periodo del differimento (Cass. sez. V, 11.8.2008, n. 33335; sez.
I, 25.6.2008, n, 25714; sez. u 22.5.2008, n. 20574; sez. V, 3.12.2007, n.
44924). (conferma sentenza n. 3709/2008 CORTE APPELLO di PALERMO, del 06/10/2009
che confermava la sentenza 1.7.2008 del Tribunale monocratico di Termini Imerese)
Pres. De Maio, Est. Fiale, Ric. Chiarello. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.
III, 24/06/2010 (Ud. 24/03/2010), Sentenza n. 24245
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UDIENZA del 24.03.2010
SENTENZA N. 632
REG. GENERALE N. 1809/2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. GUIDO DE MAIO
- Presidente
Dott. ALFREDO MARIA LOMBARDI
- Consigliere
Dott. MARIO GENTILE
- Consigliere
Dott. ALDO FIALE
- Rel. Consigliere
Dott. GUICLA IMMACOLATA MULLIRI
- Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) CHIARELLO GIUSEPPE N. IL 00/00/0000
- avverso la sentenza n. 3709/2008 CORTE APPELLO di PALERMO, del 06/10/2009
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/03/2010 la relazione fatta dal Consigliere
Dott. ALDO FIALE
- Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Gugliemo Passacantando che
ha concluso per il rigetto del ricorso
SVOLGIMENTO. DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Palermo, con sentenza del 6.10.2009, confermava la
sentenza 1.7.2008 del Tribunale monocratico di Termini Imerese, che aveva
affermato la responsabilità penale di Chiarello Giuseppe in ordine ai reati di
cui:
- all'art. 44, lett. b), D.P.R. n. 380/2001 (per avere realizzato, senza il
necessario permesso di costruire, un fabbricato in duplice elevazione su un'area
di circa 160 mq.
- acc. in Misilmeri, fino al
29.6.2004);
- agli artt. 64, 65, 71 e 72 D.P.R. n. 380/2001;
- all'art. 349 cpv. cod. pen. (per avere violato, in qualità di custode, i
sigilli apposti dall'autorità giudiziaria all'immobile abusivamente edificato);
e, riconosciute attenuanti generiche equivalenti all'aggravante contestata per
il delitto e ritenuta la continuazione tra tutti i reati, lo aveva condannato
alla pena complessiva di mesi dieci di reclusione ed euro 400,00 di multa,
ordinando la demolizione delle opere abusive e concedendo il beneficio della
sospensione condizionale.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Chiarello, il quale - sotto i
profili della violazione di legge e del vizio di motivazione - ha eccepito:
- la carenza di prove circa la riconducibilità alla propria persona
dell'attività di prosecuzione dei lavori abusivi dopo l'intervenuta apposizione
dei sigilli;
- la insussistenza dell'elemento psicologico del delitto di violazione dei
sigilli, in quanto egli, per errore sulla legge extrapenale, non si sarebbe reso
conto che "il sigillo apposto dalla Polizia municipale di Misilmeri fosse
proprio uno di quelli protetti dalla norma incriminatrice";
- la illegittimità della mancata sospensione del procedimento penale, ex art.
45, 1° comma, del T.U. n. 380/2001 (già art. 22 della legge n. 47/1985), in
attesa della definizione del procedimento giurisdizionale instaurato con ricorso
avverso il diniego del rilascio del titolo abilitativo sanante, per accertamento
di conformità, ai sensi dell'art. 36 dello stesso T.U. (già art. 13 della legge
n. 47/1985);
- la inapplicabilità dell'ordine di demolizione del fabbricato abusivo,
trattandosi di sanzione demandata alla competenza esclusiva dell'autorità
amministrativa territoriale;
- la prescrizione dei reati contravvenzionali, maturata in epoca anteriore alla
decisione impugnata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere rigettato, perché tutte le doglianze anzidette sono
infondate.
1. Quanto all'affermazione della responsabilità in ordine al delitto di
violazione dei sigilli, risulta riscontrata, nella fattispecie in esame,
l'effettività di detta violazione (con prosecuzione delle opere abusive) senza
che l'imputato, nominato custode, abbia avvertito dell'accaduto l'autorità.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte:
- il custode è obbligato ad esercitare sulla cosa sottoposta a sequestro e sulla
integrità dei relativi sigilli una custodia continua ed attenta. Egli non può
sottrarsi a tale obbligo se non adducendo oggettive ragioni di impedimento e,
quindi, chiedendo ed ottenendo di essere sostituito, ovvero, qualora non abbia
avuto il tempo o la possibilità di farlo, fornendo la prova del caso fortuito o
della forza maggiore che gli abbiano impedito di esercitare la dovuta vigilanza
(vedi Cass., sez. III, 9.4.2004, Collettini);
- qualora venga accertata la violazione dei sigilli, è lecito, pertanto,
ritenere che essa sia opera dello stesso custode, da solo o in concorso con
altri, tranne che lo stesso dimostri di non essere stato in grado di avere
conoscenza per caso fortuito o forza maggiore (vedi Cass., sez. III: 11.9.2009,
n. 35208; 7.5.2009, n. 19075; 22.12.2008, n. 47450). Ciò non configura alcuna
ipotesi di responsabilità oggettiva, incombendo sul custode l'onere della prova
degli eventuali caso fortuito e forza maggiore quali cause impeditive
dell'esercizio del dovere di vigilanza e custodia (cosi Cass., sez. III:
23.6.2009, n. 26121; 28.1.2000, n. 2989).
Nella specie, l'imputato aveva dichiarato alla polizia giudiziaria, in data
10.5.2004, di essere l'autore materiale delle opere di edificazione abusiva fino
a quel momento realizzate ed egli mai ha successivamente prospettato di essere
estraneo all'ulteriore prosecuzione dei lavori, per l'addebitabilità della
stessa a persone diverse che avrebbero agito eludendo la sua vigilanza.
Non è dato comprendere, infine, in quale "errore di fatto" possa essere incorso
il Chiarello, che lo abbia portato a ritenere che "il sigillo apposto dalla
Polizia municipale di Misilmeri fosse proprio uno di quelli protetti dalla norma
incriminatrice": egli, infatti, venne reso inequivocabilmente edotto, in
occasione del sequestro, dell'obbligo di intangibilità del manufatto
sequestrato.
2. L'art. 45, 1° comma, del T.U. n. 380/2001 (allo stesso modo dell'art. 22
della legge n. 47/1985) dispone che - qualora venga richiesto l'accertamento di
conformità ai sensi dell'art. 36 dello stesso T.U. (già art. 13 della legge n.
47/1985) - "l'azione penale relativa alle violazioni edilizie rimane sospesa
finché non siano stati esauriti i procedimenti amministrativi di sanatoria".
La norma ricollega, dunque, la durata della sospensione all'esaurimento dei soli
"procedimenti amministrativi di sanatoria", limitandola temporalmente alla
decisione degli organi comunali sulla relativa domanda, manifestata anche nella
forma del silenzio-rifiuto prevista dal 4° comma dell'art. 36. Detta sospensione
non può estendersi, pertanto, fino alla definizione dell'eventuale procedimento
giurisdizionale originato dal ricorso avverso il diniego del rilascio del titolo
abilitativo sanante (vedi Cass., Sez, III, 18.1.2006, Solis, 28.4.2005, Pescara;
8.4.2004, n. 16706, Brilla; 7.3.2003, n. 10640, Petrillo. A tale interpretazione
ha aderito anche la Corte Costituzionale con la sentenza n. 370/1988 e con
l'ordinanza n. 247/2000).
L'emissione del provvedimento sospensivo, inoltre, resta pur sempre condizionata
al previo accertamento del giudice penale in ordine alla effettiva sussistenza
dei presupposti necessari per il conseguimento della sanatoria (vedi Cass., Sez.
III, 7.3.1997, n. 2256, Tessari ed altro).
Deve pure ricordarsi, al riguardo, che - secondo la costante giurisprudenza di questa Corte Suprema - nell'ipotesi in cui il giudice di merito non abbia sospeso, ex art. 45, 1° comma, del T.U. n. 380/2001, il procedimento relativo ai reati di cui all'art. 44 dello stesso T.U., non consegue alcuna nullità, mancando qualsiasi previsione normativa in tal senso e non configurandosi pregiudizi al diritto di difesa dell'imputato, poiché questi può far valere nei successivi gradi di giudizio l'esistenza o la sopravvenienza della causa estintiva.
Nel caso in esame non risulta rilasciata concessione in sanatoria a seguito
dell'accertamento di conformità previsto dall'art. 36 del T.U. n. 380/2001: la
relativa richiesta, non essendo intervenuta pronuncia entro i 60 giorni
successivi alla presentazione, deve intendersi "rifiutata". Irrilevante, come si
è detto dianzi, deve ritenersi la asserita presentazione di ricorso
giurisdizionale.
3. L'ultimo comma dell'art. 31 del T.U. n. 380/2001 (già art. 7, ultimo comma,
della legge n. 47/1985) dispone che, per le opere abusive eseguite in assenza di
concessione o in totale difformità o con variazioni essenziali, "il giudice, con
la sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 44, ordina la demolizione
delle opere stesse se ancora non sia stata altrimenti eseguita".
Tale ordine, emanato dal giudice in caso di condanna e di mancata esecuzione
della demolizione, costituisce atto dovuto, nell'esercizio di un potere autonomo
e non attribuito in via di supplenza seppure coordinabile con quello
amministrativo, per cui non si pone in rapporto alternativo con l'ordine di
demolizione impartito dalla P.A.
Trattasi di una sanzione amministrativa di tipo ablatorio caratterizzata dalla
natura giurisdizionale dell'organo istituzionale al quale ne è attribuita
l'applicazione, la cui catalogazione fra i provvedimenti giurisdizionali trova
ragione giuridica proprio nella sua accessività alla "sentenza di condanna"
(vedi, in tal senso, Cass., Sez. Unite, 24.7.1996, ric. Monterisi).
4. Le contravvenzioni non erano prescritte all'epoca della pronuncia della
sentenza impugnata.
L'accertamento risale al 29.6.2004 e la scadenza del termine ultimo di
prescrizione, per le fattispecie contravvenzionali, coinciderebbe pertanto con
il 29.12.2008.
Va computata, però (secondo quanto stabilito dalle Sezioni Unite con la sentenza
11.1.2002, n. 1021, ric. Cremonese) una sospensione del corso della prescrizione
per complessivi anni 1, mesi 2 e giorni 28, in seguito a rinvii disposti su
richiesta del difensore [dal 29.11.2005 al 10.5.2006; dal 20.7.2006 all'
1.11.2006; dal 6.12.2007 all'11.6.2008], non per esigenze di acquisizione della
prova né a causa del riconoscimento di termini a difesa.
Il termine ultimo di prescrizione resta perciò fissato al 29.3.2010.
Deve ricordarsi, in proposito, che secondo la giurisprudenza di questa Corte:
- la limitazione (prevista dal novellato art. 159, comma 1 n. 3, cod. pen.) a 60
giorni oltre "al tempo dell'impedimento", del periodo che può essere preso in
considerazione ai fini della sospensione della prescrizione, trova applicazione
soltanto per i rinvii di udienza determinati da impedimento di una della parti o
di uno dei difensori e non anche ai rinvii di udienza concessi a seguito di una
richiesta dell'imputato o del suo difensore (Cass., sez. I, 11.2.2009, n. 5956;
sez. III, 28.1.2008, n. 4071);
- il rinvio dell'udienza su richiesta del difensore che dichiara di aderire
all'astensione collettiva non dà luogo ad un caso di sospensione per impedimento
e, quindi, il corso della sospensione rimane sospeso per tutto il periodo del
differimento (vedi Cass., sez. V, 11.8.2008, n. 33335; sez. I, 25.6.2008, n,
25714; sez. u 22.5.2008, n. 20574; sez. V, 3.12.2007, n. 44924);
- la richiesta del difensore di rinvio dell'udienza per un concomitante impegno
professionale non costituisce espressione di un'impossibilità assoluta a
partecipare all'udienza, ma una scelta del difensore per quanto legittima,
sicché anche in tale ipotesi il corso della prescrizione resta sospeso per tutto
il periodo del differimento, non applicandosi il limite massimo di 60 giorni di
cui al novellato art. 159 cod. pen. (vedi Cass., sez. I, 1.12.2008, n. 44609).
5. Al rigetto del ricorso segue, a norma dell'ars. 616 c.p.p., l'onere delle
spese del procedimento.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli arsi. 607, 615 e 616 c.p.p.,
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
ROMA, 24.3.2010
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 24 Giu. 2010
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