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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 05/07/2010 (Ud. 08/06/2010), Sentenza n. 25387



DIRITTO URBANISTICO - Opera abusivamente realizzata - Permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 DPR n. 380/01 - Compiti del giudice penale - Art. 101 Cost. - Cd."doppia conformità".
La disciplina contenuta nell’art. 36 DPR n.380/2001 prevede, espressamente, che il responsabile dell'abuso o il proprietario possano ottenere il permesso in sanatoria se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda (cd."doppia conformità"). In tali casi, il giudice penale, nel valutare la sussistenza o meno della liceità di un intervento edilizio, deve verificarne la conformità a tutti i parametri di legalità fissati dalla legge, dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dalla concessione edificatoria. Il giudice, quindi, non deve limitarsi a verificare l'esistenza ontologica del provvedimento amministrativo autorizzatorio, ma deve verificare l'integrazione o meno della fattispecie penale "in vista dell'interesse sostanziale che tale fattispecie assume a tutela" (nella specie tutela del territorio), (Cass. sez. unite 21.12.1993, ric. Borgia). E' la stessa descrizione normativa del reato che impone al giudice un riscontro diretto di tutti gli elementi che concorrono a determinare la condotta criminosa, ivi compreso l'atto amministrativo (Cass. pen. sez.3 21.1.1997- Volpe ed altri). Non sarebbe infatti soggetto soltanto alla legge (art. 101 Cost.) un giudice penale che arrestasse il proprio esame all'aspetto esistenziale e formale di un atto sostanzialmente contrastante con i presupposti legali (Cass. pen. sez.3 2.5.1996 n.4421-Oberto ed altri). Tutti tali principi sono stati ribaditi da Cass. sez.3 n.11716 del 29.1.2001. (annulla sentenza del 27.10.2009 del Tribunale di Tivoli, sez. dist. di Palestrina e rinvia alla Corte di Appello di Roma) Pres. Lupo, Est. Amoresano, Ric. PM in proc. Agosta. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 05/07/2010 (Ud. 08/06/2010), Sentenza n. 25387

DIRITTO URBANISTICO - Permesso in sanatoria - Automatica estinzione del reato - Esclusione - Reati aventi oggettività giuridica - Art. 36 DPR n.380/2001. Il rilascio del permesso in sanatoria, ex art. 36 DPR n.380/2001, non determina automaticamente l’estinzione del reato, dovendo il giudice, comunque, accertare la legittimità sostanziale del titolo sotto il profilo della sua conformità alla legge (Cass. pen. sez. 3 n.144 del 30.1.2003-PM in proc. Ciaravella). Sicché, l'effetto estintivo non opera nei confronti dei reati aventi oggettività giuridica diversa, come quelli relativi a violazioni di disposizioni dettate dalle leggi in materia di costruzioni in zona sismica, di opere in conglomerato cementizio o di vincoli ambientali e paesaggistici. Tali disposizioni, infatti, pur riguardando l'attività edificatoria sono "diverse" sotto il profilo della ratio e degli obiettivi perseguiti, da quelle in materia urbanistica (Cass. sez.3 2.7.1994 n.7541; Cass. sez.3 26.6.1997 n.6225; Cass. sez.3 n.11511 del 15.2.2002; Cass. sez.3 22.5.2006 n.17591). (annulla sentenza del 27.10.2009 del Tribunale di Tivoli, sez. dist. di Palestrina e rinvia alla Corte di Appello di Roma) Pres. Lupo, Est. Amoresano, Ric. PM in proc. Agosta. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 05/07/2010 (Ud. 08/06/2010), Sentenza n. 25387

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Ricorso immediato per cassazione - Sentenza appellabile - Ricorso "per saltum" - Artt. 569 e 606 c.p.p.. Il comma 3 dell'art.569 c.p.p. prevede che "la disposizione di cui al comma 1 non si applica nei casi previsti dall'art. 606 comma 1 lett.d) ed e)" e che "in tali casi il ricorso eventualmente proposto si converte in appello". (annulla sentenza del 27.10.2009 del Tribunale di Tivoli, sez. dist. di Palestrina e rinvia alla Corte di Appello di Roma) Pres. Lupo, Est. Amoresano, Ric. PM in proc. Agosta. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 05/07/2010 (Ud. 08/06/2010), Sentenza n. 25387


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UDIENZA dell' 8/06/2010

SENTENZA N. 1132

REG. GENERALE N. 6772/2010


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale


Composta dagli Ill.mi Sigg.


Dott. Ernesto Lupo                        Presidente
Dott. Agostino  Cordova                 Consigliere
Dott. Ciro  Petti                             Consigliere

Dott. Silvio Amoresano                  Consigliere
Dott. Santi  Gazzara                     Consigliere

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


- sul ricorso proposto da: Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Tivoli
- avverso la sentenza del 27.10.2009 del Tribunale di Tivoli, sez. dist. di Palestrina
nei confronti di:
1) Agosta Vincenzo nato il 00.00.1970
- sentita la relazione fatta dal Consigliere Silvio Amoresano
- sentite le conclusioni del P.G., dr.Francesco Salzano,che ha chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata


OSSERVA


1) Con sentenza in data 27.10.2009 il Tribunale di Tivoli, sez.dist. di Palestrina, in composizione monocratica, dichiarava non doversi procedere nei confronti di Agosta Vincenzo essendo i reati ascritti di cui agli artt. 44 lett.b) DPR 380/01 (capo a), 83, 93, 94 e 95 DPR 380/01 (capo b) estinti per intervenuta concessione in sanatorio.


2) Propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Tivoli per violazione di legge ed apparenza di motivazione.


Il Tribunale ha dichiarato l'estinzione dei reati nonostante che non sussistessero i presupposti, come emergeva dallo stesso capo di imputazione, per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex art.36 DPR 380/01.


Peraltro il Tribunale ha arbitrariamente dichiarato estinto anche il reato di cui al capo b), pur essendo pacifico che la sanatoria ex art.36 incida solo sulle violazioni della legge urbanistica.


3) Il ricorso è fondato.


3.1) Pur essendo la sentenza appellabile, il P.M. ha proposto ricorso immediato per cassazione ai sensi dell'art.569 c.p.p.


Il comma 3 di tale norma prevede che "la disposizione di cui al comma 1 non si applica nei casi previsti dall'art.606 comma 1 lett.d) ed e)" e che "in tali casi il ricorso eventualmente proposto si converte in appello".


Tanto premesso, rileva il Collegio che il ricorso"per saltum" risulta ritualmente proposto, venendo denunciata, oltre che la violazione di legge, l'apparenza di motivazione. E' pacifico, invero, che nel concetto di violazione di legge può comprendersi la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, quali ad esempio l'art.125 c.p.p..


3.2) Il permesso di costruire in sanatoria n.16/2008 risulta rilasciato in sanatoria, ex art.36 DPR 380/2001, di un'opera abusivamente realizzata (come dà atto lo stesso Tribunale).


Tale norma prevede, espressamente, che il responsabile dell'abuso o il proprietario possano ottenere il permesso in sanatoria se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda. (cd."doppia conformità").


Il Tribunale si è limitato a prendere atto del permesso in sanatoria e ad affermare, apoditticamente, la conformità delle opere agli strumenti urbanistici. Eppure il controllo in ordine alla legittimità del provvedimento in sanatoria risultava ancor più necessario dal momento che nel capo di imputazione si indicava espressamente che le opere non erano sanabili perché in contrasto con lo strumento urbanistico.


E' pacifico, invero, che il rilascio del permesso in sanatoria non determini automaticamente la estinzione del reato, dovendo il giudice, comunque, accertare la legittimità sostanziale del titolo sotto il profilo della sua conformità alla legge (cfr.ex multis Cass.pen.sez. 3 n.144 del 30.1.2003-PM in proc. Ciaravella).


Più in generale, a partire dalla sentenza delle sezioni unite di questa Corte del 21.12.1993, ric.Borgia, non è più dubitabile che il giudice penale, nel valutare la sussistenza o meno della liceità di un intervento edilizio, debba verificarne la conformità a tutti i parametri di legalità fissati dalla legge, dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dalla concessione edificatoria. Il giudice, quindi, non deve limitarsi a verificare l'esistenza ontologica del provvedimento amministrativo autorizzatorio, ma deve verificare l'integrazione o meno della fattispecie penale "in vista dell'interesse sostanziale che tale fattispecie assume a tutela" (nella specie tutela del territorio). E' la stessa descrizione normativa del reato che impone al giudice un riscontro diretto di tutti gli elementi che concorrono a determinare la condotta criminosa, ivi compreso l'atto amministrativo (cfr.Cass.pen.sez.3 21.1.1997- Volpe ed altri). Non sarebbe infatti soggetto soltanto alla legge (art.101 Cost.) un giudice penale che arrestasse il proprio esame all'aspetto esistenziale e formale di un atto sostanzialmente contrastante con i presupposti legali (Cass. pen. sez.3 2.5.1996 n.4421-Oberto ed altri). Tutti tali principi sono stati ribaditi da Cass. sez.3 n.11716 del 29.1.2001.


3.3) In ogni caso il rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex art.36 DPR 380/01 (già art.13 L.47/85) non potrebbe determinare l'estinzione del reato di cui al capo b). A norma dell'art.45 DPR 380/01 (già art.22 L.47/85), infatti, il rilascio in sanatorio del permesso di costruire estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti.


La giurisprudenza di questa Corte (a partire da quella formatasi in relazione agli artt.13 e 22 L.47/85) ha costantemente affermato che l'effetto estintivo non opera nei confronti dei reati aventi oggettività giuridica diversa, come quelli relativi a violazioni di disposizioni dettate dalle leggi in materia di costruzioni in zona sismica, di opere in conglomerato cementizio o di vincoli ambientali e paesaggistici. Tali disposizioni, infatti, pur riguardando l'attività edificatoria sono "diverse" sotto il profilo della ratio e degli obiettivi perseguiti, da quelle in materia urbanistica «cfr. ex multis Cass.sez.3 2.7.1994 n.7541; Cass.sez.3 26.6.1997 n.6225; Cass.sez.3 n.11511 del 15.2.2002; Cass.sez.3 22.5.2006 n.17591).


3.3) La sentenza impugnata va conseguentemente annullata, con rinvio, a norma dell'art.569 comma 4 c.p.p., alla Corte di Appello di Roma.


P. Q. M.


Annulla la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Roma.


Così deciso in Roma l'8 giugno 2010

DEPOSITATA IN CANCELLERIA il  5 Lug. 2010



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