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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 06/07/2010 (Ud. 8/06/2010), Sentenza n. 25631
DIRITTO URBANISTICO - Realizzazione di una piscina - Permesso di costruire -
Necessità - Fondamento. Anche per la realizzazione di una piscina occorre il
permesso di costruire, e ciò perché costituiscono lavori edilizi che richiedono
il preventivo rilascio del permesso di costruire non solo quelle opere che si
elevano al di sopra del suolo, ma anche quelle in tutto o in parte interrate,
che trasformano in modo durevole l'area impegnata dai lavori stessi, senza
discrimine sulla entità del manufatto realizzato (come nel caso della
realizzazione di una piscina) (Cass. 29/4/03, Agresti; Cass. 27/9/2000, Cimaglia).
(conferma sentenza Corte di Appello di Lecce del 24/9/09) Pres. Lupo, Est.
Gazzara, Ric. Marchello. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 06/07/2010 (Ud.
8/06/2010), Sentenza n. 25631
DIRITTO URBANISTICO - Opere abusive - Ordine di demolizione - Impartito dal
giudice - Atto dovuto - Impartito dalla P.A. - Rapporto - Differenza - Principi
di tutela del territorio - Art. 44, lett. c), d.P.R. n. 380/01 - Art. 31, c.9,
d.P.R. n.380/01 - D. Lgs.n.301/2002. L'ordine di demolizione colpisce il
manufatto illecitamente realizzato, ai sensi dell'art. 31, penultimo comma,
d.P.R. 380/01, attribuisce al giudice penale che pronunzi condanna per la
esecuzione di opere edilizie in assenza di titolo abilitativo, ovvero in totale
difformità o con variazioni essenziali rispetto al permesso rilasciato, il
potere di ordinare la demolizione delle opere stesse, se ancora non sia stata
altrimenti eseguita. L'ordine de quo costituisce atto dovuto e non si pone in
rapporto alternativo con l'ordine di demolizione eventualmente già impartito
dalla P.A. (Cass. 11/5/05, Morelli; Cass. 29/9/05, Gambino ) e va qualificato
come sanzione amministrativa e non come pena accessoria e colpisce il l'opera
abusivamente realizzata, in quanto tale, non rilevando l'appartenenza di essa al
soggetto contro il quale si procede o a terzi estranei al processo. (conferma
sentenza Corte di Appello di Lecce del 24/9/09) Pres. Lupo, Est. Gazzara, Ric.
Marchello. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 06/07/2010 (Ud. 8/06/2010),
Sentenza n. 25631
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UDIENZA dell'8.06.2010
SENTENZA N. 1128
REG. GENERALE N. 6579/2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill. mi Signori:
- dott. Ernesto Lupo
Presidente
- dott. Agostino Cordova
Consigliere
- dott. Ciro Petti
Consigliere
- dott. Silvio Amoresano
Consigliere
- dott. Santi Gazzara
Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
- Sul ricorso proposto da Marchello Olga Anna, nata a Lecce il 00/00/0000,
res.te in Malendugno, via 4 Novembre n.57;
- Avverso la sentenza, resa dalla
Corte di Appello di Lecce in data 24/9/09;
- Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
- Udita la relazione svolta in udienza dal consigliere Santi Gazzara;
- Udito il pubblico ministero in persona del sostituto Procuratore Generale,
doff. Francesco Salzano, il quale ha concluso per il rigetto;
- Udito il difensore della ricorrente, avv. Flavia Casciaro, che ha concluso
riportandosi ai motivi di ricorso
osserva
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Lecce con sentenza del 16/1/08, dichiarava Marchello Olga Anna
responsabile del reato di cui all' art. 44, lett. c), d.P.R. 380/01 per avere
realizzato una piscina in difetto di titolo abilitativo; la condannava alla pena
di mesi 2 di arresto ed euro 12.000,00 di ammenda.
La pena detentiva veniva convertita nella corrispondente pena pecuniaria, per un
ammontare complessivo di euro 14.280,00, con concessione della sospensione
condizionale della pena subordinata alla rimozione delle opere abusivamente
realizzate.
La Corte di Appello di Lecce, chiamata a pronunciarsi sull'appello avanzato
nell'interesse della prevenuta, con sentenza del 24/9/09, ha confermato il
decisum di prime cure.
Propone ricorso per cassazione la difesa della Marchello, con i seguenti motivi:
- vizio di motivazione in relazione alla commissione dell'opera da parte della
imputata, non avendo il decidente fondato la sua argomentazione su prove certe,
anzi ha apoditticamente ritenuto che i lavori di realizzazione del manufatto
siano stati realizzati su disposizione della Marchello, quando, di contro, il
terreno sul quale insiste la piscina, per oltre un anno dopo la morte del
proprietario non è stato nella disponibilità della prevenuta, ma solo in quella
degli eredi di esso defunto proprietario;
- ha errato il giudice nel ritenere
che la edificazione della piscina necessitasse di permesso di costruire,
dovendosi il manufatto considerare pertinenza dell'immobile principale;
- la Corte non avrebbe potuto subordinare la sospensione della pena alla
demolizione dell'opera, in quanto questa è sita in terreno che si appartiene a
terzi;
- contraddittoria si palesa la motivazione in ordine alla quantificazione della
pena, in quanto pur riconoscendo che la prevenuta è incensurata, così da
meritare il beneficio di cui all'art. 175 c.p., di poi conferma la pena severa
inflitta dal primo giudice.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato e va rigettato.
La argomentazione motivazionale, svolta dal giudice di merito a sostegno del
decisum, si palesa del tutto logica ed esaustiva.
A parere del decidente nessun dubbio può sussistere circa la attribuibilità dei
fatti contestati alla imputata, la quale, sebbene non proprietaria del fondo, su
cui insiste l'immobile principale, è risultata essere, senza ombra di dubbio, la
committente delle opere realizzate in difetto di titolo abilitativo.
A tale conclusione il decidente perviene non solo in dipendenza di quanto
riferito dai testi escussi in dibattimento, ma anche dalla circostanza che era
stata proprio la prevenuta a presentare la domanda per ottenere il permesso di
costruire.
La Corte territoriale evidenzia come dalle deposizioni emerga che gran parte
delle opere erano già state eseguite da molti anni, al pari dell'edificio
principale; nell'anno 2006 quest'ultimo aveva subito numerosi interventi, al
fine di migliorarlo (pitturazione e sistemazione tettoie in muratura); nessuno
dei testimoni ricordava, però, la esistenza della piscina nelle adiacenze della
abitazione, per cui la edificazione della stessa, da addebitarsi alla volontà
della prevenuta, doveva ritenersi avvenuta successivamente al periodo predetto
ed i lavori di esecuzione del manufatto attribuirsi ad epoca successiva al
decesso del di lei suocero, proprietario del terreno sul quale insistevano i
vari altri immobili.
Con netta evidenza la censura mossa palesa il tentativo di una rilettura della
piattaforma probatoria, la cui rianalisi estimativa è inibita in sede di
legittimità, in specie quando, la motivazione appaia del tutto in assonanza con
i principi di logicità e correttezza.
Del pari infondata si rivela la seconda censura in quanto la realizzazione della
piscina necessita di permesso di costruire e ciò perché costituiscono lavori
edilizi che richiedono il preventivo rilascio del permesso di costruire non solo
quelli per la realizzazione di manufatti che si elevano al di sopra del suolo,
ma anche quelli in tutto o in parte interrati, che trasformano in modo durevole
l'area impegnata dai lavori stessi, come nel caso della realizzazione di una
piscina ( Cass. 29/4/03, Agresti; Cass. 27/9/2000, Cimaglia ), senza discrimine
sulla entità del manufatto realizzato.
Medesima infondatezza riveste l'ulteriore terzo motivo di ricorso, in quanto
corretta sul punto è da valutare la motivazione: l'ordine di demolizione
colpisce il manufatto illecitamente realizzato, in applicazione dei principi di
tutela del territorio, e l'art. 31, ultimo comma, d.P.R. 380/01, attribuisce al
giudice penale che pronunzi condanna per la esecuzione di opere edilizie in
assenza di titolo abilitativo, ovvero in totale difformità o con variazioni
essenziali rispetto al permesso rilasciato, il potere di ordinare la demolizione
delle opere stesse, se ancora non sia stata altrimenti eseguita,
L'ordine de quo costituisce atto dovuto e non si pone in rapporto alternativo
con l'ordine di demolizione eventualmente già impartito dalla P.A. ( Cass.
11/5/05, Morelli; Cass. 29/9/05, Gambino ) e va qualificato come sanzione
amministrativa e non come pena accessoria e colpisce il l'opera abusivamente
realizzata, in quanto tale, non rilevando l'appartenenza di essa al soggetto
contro il quale si procede o a terzi estranei al processo.
In merito a quanto contestato con l'ulteriore motivo di impugnazione si osserva,
contrariamente alla contestazione mossa dalla difesa della prevenuta, che non
sussiste contraddizione alcuna nell'accordare il beneficio di cui all'art. 175
c.p.p. e determinare la pena nella misura inflitta, peraltro quasi al limite del
minimo edittale, perché la concessione di tal beneficio non contrasta sulla
quantificazione della sanzione, come determinata dal giudice di merito.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
Cosi deciso in Roma l'8/6/2010.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 22 Giu. 2010
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