AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/09/2010 (Ud. 28/04/2010), Sentenza n. 32941
DIRITTO DELLE ACQUE - Qualificazione e gestione delle acque - Aste fontanili
- Artt. 94, 115, 134 e 144, D. Lgs. n. 152/2006 - Art. 41, D.Lgs. n. 152/1999 -
Art. 96 R.D. n. 523/1904 - Art. 1, D.P.R. n. 238/1999. La qualificazione di
tutte le acque come appartenenti al demanio pubblico, salvo limitatissime
eccezioni ribadita dal D.P.R. 18 febbraio 1999, n. 238, art. 1, è stata da
ultimo confermata dal D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. art. 144. Ne consegue che
anche alle aste fontanili resta ancora applicabile il R.D. 25 luglio 1904, n.
523, art. 96, non abrogato dal D.Lgs. n. 152 del 2006, che anzi lo richiama
espressamente all'art. 115, sostanzialmente riproducente il D.Lgs. n. 152 del
1999, art. 41 e che prevede comunque il divieto di copertura di qualunque corso
d'acqua che non sia imposta da ragioni di tutela della pubblica incolumità. Né è
possibile trarre argomento decisivo contro tale conclusione dal fatto della
depenalizzazione della fattispecie penale relativa alle acque potabili di cui al
D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 94, ad opera dell'art. 134 del medesimo decreto,
che renderebbe incompatibile la persistenza del reato in esame relativamente a
quelle non potabili, in considerazione comunque del particolare rilievo
economico delle aste fontanili soprattutto nelle regioni del nord", che porta ad
escluderne l'inclusione in categorie a tutela minore. (conferma, sentenza
27.4.2009 della Corte di appello di Milano) Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Comune
Milano in proc. Monetti ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
08/09/2010 (Ud. 28/04/2010), Sentenza n. 32941
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Responsabilità della P. A. nei confronti dei
privati - Qualificazione - Responsabilità risarcitoria - Presupposti - Colpa
dell'amministrazione - Onere della prova - Artt. 2043, 2727 e 2729 cod. civ..
Si qualifica la responsabilità della pubblica Amministrazione nei confronti
dei privati per l'adozione di provvedimenti illegittimi, come responsabilità
aquiliana (extracontrattuale da fatto illecito), allorquando - in assenza di una
causa di giustificazione - venga arrecato un danno ad una posizione soggettiva
riconosciuta dall'ordinamento meritevole di tutela, indipendentemente dalla
qualificazione della stessa in termini di diritto soggettivo o di mero interesse
legittimo, il danneggiato può invocare in suo favore l'applicazione dell'art.
2043 cod. civ.. Pertanto, ai fini della responsabilità risarcitoria, non è
sufficiente il mero dato oggettivo dell'illegittimità del provvedimento, ma deve
sussistere altresì la colpa, non del funzionario agente, bensì
dell'Amministrazione come apparato, da intendersi come violazione delle regole
di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione, alle quali
l'esercizio della funzione amministrativa deve ispirarsi e che si pongono come
limiti esterni alla discrezionalità. L'onere della prova incombe, al riguardo,
sul privato che si pretende danneggiato. (Corte Cass. Sez. Un. Civ. 22/07/1999,
n. 500). Anche il Consiglio di Stato, ha qualificato la responsabilità della
P.A. come extracontrattuale, con tutto ciò che ne consegue anche in tema di
prova dell'elemento soggettivo (C. Stato sez. IV, 29/09/2005, n. 5204; sez. IV,
26/04/2006, n. 2288), dovendo ritenersi consentita, nei confini dello schema e
della disciplina della responsabilità aquiliana, la utilizzazione, per la
verifica dell'elemento soggettivo, delle presunzioni semplici di cui agli artt.
2727 e 2729 cod. civ. (C. Stato, sez. IV, 6/07/2004, n. 5012). In tale ottica il
privato danneggiato, ancorché onerato della dimostrazione della colpa
dell'amministrazione, risulta agevolato dalla possibilità di offrire al giudice
elementi indiziari, quali la gravità della violazione, il carattere vincolato
dell'azione amministrativa e l'univocità della normativa di riferimento. Così
che, acquisiti gli indici rivelatori della colpa, spetta all'amministrazione
l'allegazione degli elementi ascrivibili allo schema dell'errore scusabile e al
giudice apprezzarne e liberamente valutarne l'idoneità ad attestare o a
escludere la colpevolezza (C. Stato, sez. IV, 10/08/2004, n. 5500). È stato
altresì affermato che "ferma restando la permanente difficoltà di individuare un
quid pluris rispetto alla stessa illegittimità dell'atto, la colpa
dell'Amministrazione deve essere valutata tenendo conto dei vizi che inficiano
il provvedimento, della gravità delle violazioni imputabili all'Amministrazione,
anche alla luce del potere discrezionale concretamente esercitato, delle
condizioni concrete, dell'apporto eventualmente dato dai privati al
procedimento" (C. Stato, sez. IV, 12/01/2005, n. 43; 11/10/2006, n. 6059).
(conferma, sentenza 27.4.2009 della Corte di appello di Milano) Pres. Lupo, Est.
Fiale, Ric. Comune Milano in proc. Monetti ed altro. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE, Sez. III, 08/09/2010 (Ud. 28/04/2010), Sentenza n. 32941
ASSOCIAZIONI E COMITATI - Risarcimento del danno riconosciuto alla parte
civile - Associazioni di protezione ambientale riconosciute ai sensi della L. n.
349/1986 - Privati costituitisi parti civili - Riconoscimento del risarcimento
danno - Limiti. In materia di risarcimento del danno riconosciuto alla parte
civile, va evidenziato che l'ambiente naturale costituisce un bene pubblico di
rango costituzionale, la cui lesione fa sorgere il diritto al risarcimento del
derivato danno anche non patrimoniale pure per le associazioni di protezione
ambientale riconosciute ai sensi della legge 8.6.1986, n. 349, sia come titolari
di un diritto della personalità connesso al perseguimento delle loro finalità
statutarie, sia come enti esponenziali del diritto assoluto dell'ambiente (Cass.
pen., sez. III, 16.9.2008, n. 35393). Mentre, ai privati costituitisi parti
civili, invece, il diritto al risarcimento risulta riconosciuto per la
situazione di stabile collegamento con la zona interessata dalla autorizzata
edificazione e per la lesione dei valori urbanistici della stessa. (conferma,
sentenza 27.4.2009 della Corte di appello di Milano) Pres. Lupo, Est. Fiale,
Ric. Comune Milano in proc. Monetti ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE,
Sez. III, 08/09/2010 (Ud. 28/04/2010), Sentenza n. 32941
www.AmbienteDiritto.it©
UDIENZA del 28.4.2010
SENTENZA N. 815
REG. GENERALE N.39863/09
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. Ernesto Lupo
Presidente
Dott. Alfredo M. Lombardi
Consigliere
Dott. Aldo Fiale
Consigliere rel.
Dott. Luigi Marini
Consigliere
Dott. Giulio Sarno
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da:
COMUNE di MILANO quale responsabile civile nel procedimento contro
1. Monetti Sebastiano, nato il
xx.x.xxxx
2. Monetti Federica, nata il xx.xx.xxxx
- avverso la sentenza 27.4.2009 della Corte di appello di Milano
- Visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso
- Udita, in camera di consiglio, la relazione fatta dal Consigliere dr. Aldo
FIALE
- Udite le richieste del Pubblico Ministero, dr. Giovanni D'ANGELO, il quale ha
chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso
- Udito, per i cittadini privati costituiti parti civili, I'Avv.to Francesco
FRASCA
- Udito il difensore del responsabile civile, Aw.to Antonello MANDARANO, il
quale ha chiesto l'accoglimento del ricorso
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 27.4.2009, confermava la
sentenza 21.6.2007 del G.I.P. del Tribunale di quella città, che aveva affermato
la responsabilità penale:
a) di Monetti Sebastiano e Monetti Federica in ordine ai reati di cui:
- all'art. 44, lett. b), D.P.R. n. 380/2001 [per avere - il primo nella qualità
di rappresentante legale della cooperativa "SANAI", proprietaria del suolo e
committente, e la seconda quale progettista e direttore dei lavori - posto in
essere attività edificatorie autorizzate con permesso di costruire in variante
del 14.1.2004, da considerarsi illegittimo perché fondato su una
rappresentazione dello stato dei luoghi diversa da quella effettiva - acc. in
Milano, il 15.3.2005];
- agli artt. 632 e 639 cod. pen., in relaz. agli artt.: 96, lett. c), g), h),
R.D. n. 523/1904; 133, lett. a), e), f), g) R.D. 8.5.1904, n. 368; 41 D.Lgs. n.
152/1999 [per avere realizzato lo spostamento dell'asta del fontanile Facchetti,
con conseguente modifica del regime di scorrimento delle acque, nonché proceduto
alla non consentita tombinatura dei fontanili Facchetti e Canabagno]
b) del solo Monetti Sebastiano anche in ordine al delitto di cui:
- all'art. 483 cod. pen. [per avere falsamente attestato, in un atto notarile di
asservimento dell'area di proprietà della cooperativa presentato al Comune di
Milano al fine di ottenere l'anzidetto permesso di costruire in variante, che
l'area in questione si estendeva ad alcuni specifici mappali, mentre quelli
erano in realtà occupati dai fontanili Facchetti e Canabagno, non computabili
nel calcolo del rapporto plano-volumetrico di edificazione]
e li aveva condannati alle pene ritenute di giustizia ed al risarcimento, in
solido tra loro e con il responsabile civile Comune di Milano, del danno in
favore delle parti civili costituite "Legambiente Onlus", Pedroli Lanfranco,
Ravani Maria Giovanna, Alberti Carlo Celeste, Dal Pozzo Catia Maria, Russo
Lorenzo e Servida Maria Cristina, rimettendo la liquidazione alla competente
sede civile.
In particolare, la responsabilità civile del Comune di Milano veniva affermata
per avere quell'Amministrazione omesso di esercitare tutte le cautele atte a
prevenire l'illegittimo rilascio del permesso di costruire in variante del
14.1.2004, dovendo ritenersi che il dirigente del Servizio concessioni edilizie
(architetto Achille Rossi), in una situazione di conoscenza pregressa, da parte
del suo ufficio, di artificiose modifiche apportate allo stato dei luoghi ed al
regime delle acque, avesse pretermesso i controlli per lui doverosi, pur potendo
evincersi una situazione di illegalità dai documenti catastali e da quelli
allegati alla richiesta del titolo abilitativo.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso soltanto il responsabile civile Comune
di Milano ed ha eccepito che:
- l'Amministrazione comunale non aveva avuto alcuna responsabilità nella
realizzazione delle opere in questione, essendo stata indotta a rilasciare il
permesso di costruire in variante (di cui si contesta la legittimità) attraverso
artifizi e raggiri posti in essere dagli imputati.
Lo stesso titolo abilitativo rilasciato, del resto, impone la completa
riapertura dei fontanili interrati ed il mantenimento delle costruzioni ad una
distanza di rispetto di almeno 4 metri da detti corsi d'acqua.
E' vero che non viene prescritto il ripristino dell'alveo originario del
fontanile Facchetti e che viene consentita l'edificazione su una porzione di
terreno originariamente occupata da quell'alveo, ora spostato di qualche metro,
ma, mentre esistono forti limitazioni normative alla tombinatura dei fontanili,
nessuna norma invece vieterebbe in radice il parziale spostamento del loro corso
e la possibilità di edificare nel rispetto delle distanze di legge;
- non può ritenersi che l'edificazione sia stata autorizzata parzialmente su
suolo demaniale, perché la pubblicità delle acque, sancita dalla legge n.
36/1994, non comporta in alcun modo l'automatica pubblicità delle aree sulle
quali le stesse acque scorrono;
- quanto alle distanze delle costruzioni dai corsi d'acqua, non sarebbero
applicabili le più restrittive disposizioni del R.D. n. 523/1904 (il cui art.
96, lett. f, prevede una distanza minima di 10 metri dal piede degli argini da
osservare nelle nuove costruzioni, salvo che le discipline locali non
stabiliscano una distanza diversa), bensì le disposizioni dell'art. 133 del R.D.
n. 368/1904, riguardanti i corsi d'acqua, naturali o artificiali, pertinenti
alla bonificazione dei terreni, quali sono appunto i fontanili in questione (ove
viene prescritta, per i fabbricati, una distanza di metri da 4 a 10, secondo
l'importanza del corso d'acqua);
- la condanna al risarcimento del danno sarebbe stata pronunciata senza che sia
stata accertata la responsabilità penale dei soggetti che, per conto del Comune,
hanno predisposto ed emesso il permesso di costruire ritenuto illegittimo.
Il dirigente comunale che ha rilasciato l'incriminato permesso di costruire in
variante (l'architetto Achille Rossi) non è stato giudicato nel presente
procedimento (essendo stata stralciata la sua posizione per nullità del rinvio a
giudizio) ed è stato quindi instaurato nei suoi confronti autonomo procedimento
per il reato di cui all' art. 323 cod. pen., in esito al quale egli "ben
potrebbe essere assolto".
Il T.a.r. Lombardia, inoltre, sia pure in sede cautelare, ha confermato
l'efficacia del provvedimento ritenuto illegittimo in sede penale.
L'Amministrazione comunale, pertanto, sarebbe stata "condannata a risarcire i
danni asseritamente derivati non da un reato commesso da un proprio dipendente
(che qui non è stato accertato), ma derivati dalla sua attività amministrativa
ordinaria, per avere interpretato la normativa sui fontanili in modo difforme
dal giudice penale";
- in mancanza di un reato riferibile direttamente alla pubblica amministrazione,
l'azione di risarcimento non è attratta nella sfera di giurisdizione del giudice
penale, ma doveva essere sottoposta al giudice amministrativo, dotato di
giurisdizione esclusiva in materia urbanistica, ex art. 7 della legge n.
205/2000, anche con riferimento agli eventuali profili risarcitoti connessi;
- non sarebbe stata presa in considerazione la necessità di dimostrare
l'esistenza di un danno risarcibile e, nella specie, le opere realizzate prima
del sequestro dei cantieri sarebbero state poi demolite, mentre i lavori oggetto
del permesso di costruire rilasciato nel 2004 nqn sarebbero mai iniziati.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere rigettato, perché infondato.
1. Il gravame ha per oggetto una domanda di risarcimento danni, introdotta nel
giudizio penale (da un'associazione ambientalista riconosciuta e da alcuni
privati cittadini interessati) - quale conseguenza del rilascio di un
illegittimo permesso di costruire in variante - nei confronti dei titolari ed
attuatori del suddetto titolo edilizio, nonché dei Comune pii Milano per
responsabilità solidale dell'amministrazione.
2. Nella vicenda in esame risultano accertati dai giudici del merito:
- le intervenute attività, poste in essere dagli imputati, di modifica e
deviazione degli argini dei fontanili, di copertura dei corsi d'acqua e di
tombinatura contra legem e non autorizzati dall'autorità amministrativa;
- la artificiosa rappresentazione dei luoghi nelle asseverazioni e nei progetti
allegati alla domanda di permesso di costruire in variante, nella quale era
stato:
a) alterato il computo delle distanze da mantenersi a tutela dei corsi d'acqua come effettivamente esistenti e non come artificiosamente modificati;
b) scientemente omesso lo scorporo dalla superficie fondiaria complessiva di quella riguardante gli alvei dei fontanili, inficiandosi così il computo della volumetria edificabile;
- la importanza determinante, a fronte della questione riferita alla demanialità
o meno del terreno costituito dagli alvei dei due fontanili, della abusività
della tombinatura dei due corsi d'acqua e dello spostamento del fontanile
Facchetti, in violazione dei vincoli idrogeologici esistenti, nonché del regime
di inedificabilità assoluta delle superfici interessate dai due fontanili e di
quelle destinate alla loro salvaguardia;
- la circostanza che il rilasciato permesso di costruire in variante non ha
previsto il ripristino dell'alveo originario del fontanile Facchetti e ha
consentito l'edificazione su uno. porzione li terreno originariamente occupata
da quell'alveo.
3. Il regime giuridico dei due fontanili è stato già delineato da questa III
Sezione nera sentenza 20 giugno 2007, n. 24239 (riferita agli illeciti
contestati a Monetti Sebastiano in connessione con il rilascio della prima
concessione edilizia).
In quella sentenza è stata affermata la infondatezza della tesi difensiva
sviluppata in relazione alla contesta violazione dell'art. 96 del R,D. n. 523
del 1904, che già si fondava "sul dato, secondo cui - a seguito dell'abrogazione
ad opera del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 175, lett. u) - della legge 5
gennaio 1994, n. 36, [che, qualificando, all'art. 1 - comma 1, come pubbliche
tutte le acque superficiali e sotterranee, rendeva applicabile anche alle aste
fontanili (canali di bonifica e irrigazione) la normativa di cui al R.D. 25
luglio 1904 n. 523, art. 96, lett. c), f) e g), la cui violazione era sanzionata
penalmente a norma del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, art. 41, in relazione alla
legge 20 mano 1965, n. 2248, art. 374] sarebbe scomparsa dalla disciplina
vigente dal 2006 una tutela particolare anche penale per le aste fontanili".
Al riguardo questa Corte ha viceversa rilevato testualmente che:
"la qualificazione di tutte le acque come appartenenti al demanio pubblico,
salvo limitatissime eccezioni, ribadita dal D.P.R. 18 febbraio 1999, n. 238,
art. 1, è stata da ultimo confermata dal D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. art.
144.
Ne consegue che anche alle aste fontanili resta ancora applicabile il R.D. 25
luglio 1904, n. 523, art. 96, non abrogato dal D.Lgs. n. 152 del 2006, che anzi
lo richiama espressamente all'art. 115, sostanzialmente riproducente il D.Lgs.
n. 152 del 1999, art. 41 e che prevede comunque il divieto di copertura di
qualunque corso d'acqua che non sia imposta da ragioni di tutela della pubblica
incolumità.
Né è possibile trarre argomento decisivo contro tale conclusione dal fatto della
depenalizzazione della fattispecie penale relativa alle acque potabili di cui al
D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 94, ad opera dell'art. 134 del medesimo decreto,
che renderebbe incompatibile la persistenza del reato in esame relativamente a
quelle non potabili, in considerazione comunque del particolare rilievo
economico delle aste fontanili soprattutto nelle regioni del nord", che porta ad
escluderne l'inclusione in categorie a tutela minore.
4. Quanto all'affermata responsabilità civile del Comune di Milano, va ricordato
che le Sezioni Unite civili di questa Corte Suprema - con la sentenza 22 luglio
1999, n. 500 - hanno qualificato la responsabilità della pubblica
Amministrazione, nei confronti dei privati, per l'adozione di provvedimenti
illegittimi, come responsabilità aquiliana (extracontrattuale da fatto
illecito), affermando che, allorquando - in assenza di una causa di
giustificazione - venga arrecato un danno ad una posizione soggettiva
riconosciuta dall'ordinamento meritevole di tutela, indipendentemente dalla
qualificazione della stessa in termini di diritto soggettivo o di mero interesse
legittimo, il danneggiato può invocare in suo favore l'applicazione dell'art.
2043 cod. civ.
Le Sezioni Unite hanno quindi precisato che, ai fini della responsabilità
risarcitoria, non è sufficiente il mero dato oggettivo dell'illegittimità del
provvedimento, ma deve sussistere altresì la colpa, non del funzionario agente,
bensì dell'Amministrazione come apparato, da intendersi come violazione delle
regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione, alle quali
l'esercizio della funzione amministrativa deve ispirarsi e che si pongono come
limiti esterni alla discrezionalità. L'onere della prova incombe, al riguardo,
sul privato che si pretende danneggiato.
Anche il Consiglio di Stato, con molteplici pronunzie, ha qualificato la
responsabilità della P.A. come extracontrattuale, con tutto ciò che ne consegue
anche in tema di prova dell'elemento soggettivo (vedi, ad esempio, C. Stato:
sez. IV, 29 settembre 2005, n. 5204; sez. IV, 26 aprile 2006, n. 2288), dovendo
ritenersi consentita, nei confini dello schema e della disciplina della
responsabilità aquiliana, la utilizzazione, per la verifica dell'elemento
soggettivo, delle presunzioni semplici di cui agli artt. 2727 e 2729 cod. civ.
(così C. Stato, sez. IV, 6 luglio 2004, n. 5012).
In tale ottica il privato danneggiato, ancorché onerato della dimostrazione
della colpa dell'amministrazione, risulta agevolato dalla possibilità di offrire
al giudice elementi indiziari, quali la gravità della violazione, il carattere
vincolato dell'azione amministrativa e l'univocità della normativa di
riferimento. Così che, acquisiti gli indici rivelatori della colpa, spetta
all'amministrazione l'allegazione degli elementi ascrivibili allo schema
dell'errore scusabile e al giudice apprezzarne e liberamente valutarne
l'idoneità ad attestare o a escludere la colpevolezza (vedi, ex multis,
C. Stato, sez. IV, 10 agosto 2004, n. 5500).
È stato altresì affermato che "ferma restando la permanente difficoltà di
individuare un quid pluris rispetto alla stessa illegittimità dell'atto,
la colpa dell'Amministrazione deve essere valutata tenendo conto dei vizi che
inficiano il provvedimento, della gravità delle violazioni imputabili
all'Amministrazione, anche alla luce del potere discrezionale concretamente
esercitato, delle condizioni concrete, dell'apporto eventualmente dato dai
privati al procedimento" (vedi C. Stato, sez. IV: 12 gennaio 2005, n. 43; 11
ottobre 2006, n. 6059).
4.1 Tenuto conto dell'anzidetta evoluzione giurisprudenziale, questo Collegio
rileva che, nella fattispecie in esame:
- in relazione all'originaria concessione edilizia del 14.5.2002 (della quale il
successivo permesso di costruire del 14.1.2004 costituisce variante),
l'Amministrazione, in data 13.8.2002, aveva già ordinato la sospensione dei
lavori, considerandoli autorizzati in base ad asseverazioni e progetti
contrastanti con la realtà dei luoghi;
- si imponeva, dunque, la necessità di esaminare con particolare scrupolo il
progetto di variante che, ponendosi in contrasto con le indicazioni allegate
alla precedente concessione edilizia, presumibilmente avrebbe potuto raffigurare
una situazione dei luoghi ancora una volta mendace;
- il dovere di particolare attenzione discendeva altresì dalla circostanza che
l'approvazione della variante avrebbe avuto effetti sostanzialmente sananti a
fronte del precedente ordine di sospensione dei lavori;
- con il concesso provvedimento in variante non è stato imposto l'integrale
ripristino della situazione dei luoghi, che doveva costituire il fondamento per
l'autorizzazione del progettato intervento edificatorio.
In una situazione siffatta si configura l'irrilevanza - ai fini risarcitori -
dell'eventuale condanna penale del funzionario Rossi, mentre risulta
razionalmente affermata l'esistenza degli indici rivelatori della colpa connessa
alla individuazione della responsabilità aquilana.
5. Quanto al risarcimento del danno riconosciuto alla parte civile "Legambiente
Onlus", va evidenziato che l'ambiente naturale costituisce un bene pubblico di
rango costituzionale, la cui lesione fa sorgere il diritto al risarcimento del
derivato danno anche non patrimoniale pure per le associazioni di protezione
ambientale riconosciute ai sensi della legge 8.6.1986, n. 349, sia come titolari
di un diritto della personalità connesso al perseguimento delle loro finalità
statutarie, sia come enti esponenziali del diritto assoluto dell'ambiente (vedi
Cass. pen., sez. III, 16.9.2008, n. 35393).
Ai privati costituitisi parti civili, invece, il diritto al risarcimento risulta
riconosciuto per la situazione di stabile collegamento con la zona interessata
dalla autorizzata edificazione e per la lesione dei valori urbanistici della
stessa: elementi questi non contestati nell'atto di gravame.
6. Al rigetto del ricorso segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle
spese del procedimento; mentre la natura delle proposte questioni di diritto
giustifica la compensazione delle spese della parte civile.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt. 575, 615 e 616 c.p.p.,
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Compensa le spese della parte
civile.
ROMA, 28.4.20 1 0
DEPOSITATA IN CANCELLERIA l'8 sett. 2010
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it
AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata
registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562