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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/09/2010 (Ud. 28/04/2010), Sentenza n. 32947


DIRITTO URBANISTICO - Titolo abilitativo alternativo - Denunzia di inizio attività (DIA) - Esecuzione di interventi sostanzialmente difformi - Regime sanzionatorio - Artt. 22 c. 1 e 2, 37, c 6° e 44, lett. a), T.U.E. n. 380/2001. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 dell'art. 22 del T.U. n. 380/2001 - in cui la DIA si pone come titolo abilitativo esclusivo (non alternativo, cioè, al permesso di costruire) - la mancanza della denunzia di inizio dell'attività o la difformità delle opere eseguite rispetto alla DIA effettivamente presentata non comportano l'applicazione di sanzioni penali ma sono sanzionate soltanto in via amministrativa (art. 37, 6° comma, del T.U.E. n. 380/2001). Dovendo ritenersi, però, che sia comunque punibile ai sensi dell'art. 44, lett. a), del T.U.E. n. 380/2001 - pure se preceduta da rituale denuncia d'inizio - l'esecuzione di interventi sostanzialmente difformi da quanto stabilito da strumenti urbanistici e regolamenti edilizi. Nei casi previsti dal 3° comma, dell'art. 22 del T.U.E. n. 380/2001, invece - in cui la DIA si pone come alternativa al permesso di costruire - (ai sensi del comma 2 bis del successivo art. 44) l'assenza sia del permesso di costruire sia della denunzia di inizio dell'attività ovvero la totale difformità delle opere eseguite rispetto alla DIA effettivamente presentata integrano il reato di cui al successivo art. 44, lett. b) [Cass. Sez. V, 26.4.2005, Giordano; Cass. Sez. III, 9/03/2006, n. 8303; Cass. 26/01/2004, n. 2579, Tollon]. Non trova comunque sanzione penale la difformità parziale (Cass. Sez. III, 20.1.2009, n.9894, Tarallo e Cass. 12.11.2004, n.44248, Croattini). (annulla senza rinvio, sentenza n. 519/2008 TRIBUNALE di PADOVA, del 17/07/2009) Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Piva. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/09/2010 (Ud. 28/04/2010), Sentenza n. 32947


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UDIENZA del 28.4.2010

SENTENZA N. 841

REG. GENERALE N.43118/09


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:


Dott. ERNESTO LUPO                                - Presidente
        ALFREDO MARIA LOMBARDI             - Consigliere
        ALDO FIALE                                       - Rel. Consigliere
        LUIGI MARINI                                     - Consigliere
        GIULIO SARNO                                  - Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da:
1) PIVA EDOARDO N. IL xx.ad.xxxx
- avverso la sentenza n. 519/2008 TRIBUNALE di PADOVA, del 17/07/2009
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/04/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE
- Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Giovanni D'Angelo che ha concluso per il rigetto del ricorso
- Udito il difensore Avv.to Mario Giantin, il quale ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

 
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Il Tribunale monocratico di Padova, con sentenza del 17.7.2009, dichiarava non doversi procedere, per maturata prescrizione, nei confronti di Piva Edoardo, in ordine al reato di cui:
- all'art. 44, lett. a), D.P.R. n. 380/2001 [per avere realizzato - quale committente e direttore dei lavori - un intervento di ristrutturazione edilizia di un fabbricato parzialmente difforme (stante un incremento volumetrico di circa 6 mc.) dalla presentata denuncia di inizio dell'attività - acc. in Padova, vicolo Selvatico Estense, il 28.9.2005].


Il Tribunale qualificava nel senso anzidetto l'originaria imputazione di "difformità totale", formulata ai sensi della left_ b) dell'art. 44 del D.P.R. n. 380/2001, rilevando che l'intervento ritualmente assentito interessava una cubatura complessiva di mc. 1106,12, mentre la difformità riscontrata aveva comportato un aumento modestissimo (per soli 6 mc. circa) di detti volumi.


Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Piva, il quale ha eccepito la inconfigurabilità del fatto come reato, sul presupposto che l'ordinamento non prevede l'applicazione di sanzioni penali nell'ipotesi di difformità parziale dalla DIA ritualmente presentata.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Il ricorso è fondato e merita accoglimento.


Nella fattispecie in esame, l'intervento di ristrutturazione complessivamente eseguito, assoggettato in via ordinaria a permesso di costruire, si poteva realizzare (a scelta dell'interessato) anche in base a semplice denunzia di inizio attività, ai sensi dell'art. 22, 3° comma - lett. a), del D.P.R. n. 380/2001.


E' stata ritualmente presentata la DIA prevista dal 3° comma dell'art. 22 del D.P.R. n. 380/2001, che non è istituto ontologicamente diverso da quello disciplinato dai due commi precedenti e differisce da esso soltanto in relazione agli interventi assoggettabili (alternativamente) alla procedura.


Diverso, invece, è il connesso regime sanzionatorio, poiché:


a) Nei casi previsti dai commi 1 e 2 dell'art. 22 del T.U. n. 380/2001 - in cui la DIA si pone come titolo abilitativo esclusivo (non alternativo, cioè, al permesso di costruire) - la mancanza della denunzia di inizio dell'attività o la difformità delle opere eseguite rispetto alla DIA effettivamente presentata non comportano l'applicazione di sanzioni penali ma sono sanzionate soltanto in via amministrativa (art. 37, 6° comma, del T.U. n. 380/2001).

 

Dovendo ritenersi, però, che sia comunque punibile ai sensi dell'art. 44, lett. a), del T.U. n. 380/2001 - pure se preceduta da rituale denuncia d'inizio - l'esecuzione di interventi sostanzialmente difformi da quanto stabilito da strumenti urbanistici e regolamenti edilizi.


b) Nei casi previsti dal 3° comma, dell'art. 22 del T.U. n. 380/2001, invece - in cui la DIA si pone come alternativa al permesso di costruire - (ai sensi del comma 2 bis del successivo art. 44) l'assenza sia del permesso di costruire sia della denunzia di inizio dell'attività ovvero la totale difformità delle opere eseguite rispetto alla DIA effettivamente presentata integrano il reato di cui al successivo art. 44, lett. b) [vedi Cass.: Sez. V, 26.4.2005, Giordano; Sez. III: 9 marzo 2006, n. 8303; 26 gennaio 2004, n. 2579, Tollon].


Non trova comunque sanzione penale la difformità parziale (vedi Cass. Sez. III, 20.1.2009, n.9894, Tarallo e 12.11.2004, n.44248, Croattini).


Nella vicenda che ci occupa razionalmente il giudice del merito ha ravvisato la difformità soltanto parziale (stante l'oggettiva esiguità della difformità riscontrata), sicché essa non ha rilevanza penale.


P.Q.M.


la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt. 607, 615 e 620 c.p.p.,
annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.


ROMA, 28.4.2010

DEPOSITATA IN CANCELLERIA l'8 sett. 2010



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