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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/09/2010 (Cc. 28/04/2010), Sentenza n. 32955
DIRITTO URBANISTICO - Lottizzazione abusiva - Responsabilità del venditore e
dell’acquirente - Ignoranza incolpevole - Esclusione - Fattispecie: concessioni
edilizie per edifici riuniti in borghetti agricoli ed atelier per artisti e
cambio della destinazione di zona. In tema di lottizzazione abusiva, il
venditore non può predisporre l’alienazione degli immobili in una situazione
produttrice di alterazione o immutazione circa la programmata destinazione della
zona in cui gli stessi sono situati ed i soggetti che acquistano devono essere
cauti e diligenti nell’acquisire conoscenza delle previsioni urbanistiche e
pianificatorie di zona. Il compratore che omette di acquisire ogni prudente
informazione circa la legittimità dell'acquisto si pone colposamente in una
situazione di inconsapevolezza che fornisce, comunque, un determinarne
contributo causale all‘attività illecita del venditore. Nella specie, il G.I.P.
ed il Tribunale del riesame hanno ritenuto che le costruzioni poste in essere,
sebbene autorizzate come borgo agricolo e villaggio per artisti previsto dal
P.R.G. - mancando ogni presupposto diretto, connesso e dipendente dal processo
di coltivazione agricola dei terreni e viceversa integrando un complesso
residenziale completamente avulso da tale processo - hanno conferito un assetto
urbanistico differente alla porzione di territorio preso in esame, in violazione
agli strumenti pianificatori, concretizzando sostanzialmente un cambio della
destinazione di zona, definitivamente trasformata da agricola in residenziale.
(conferma, ordinanza 29.12.2008 del Tribunale di Roma) Pres. Lupo, Est. Fiale,
Ric. Kanchan. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/09/2010 (Cc.
28/04/2010), Sentenza n. 32955
DIRITTO URBANISTICO - Reato di lottizzazione abusiva - Natura e
configurazione - Rilevanza giuridica della condotta dell'acquirente e del
sub-acquirente. Il reato di lottizzazione abusiva nella molteplicità di
forme che esso può assumere in concreto, può essere posto in essere da una
pluralità di soggetti, i quali, in base ai principi che regolano il concorso di
persone nel reato, possono partecipare alla commissione del fatto con condotte
anche eterogenee e diverse da quella strettamente costruttiva, purché ciascuno
di essi apporti un contributo causale alla verificazione dell'illecito (sia pure
svolgendo ruoli diversi ovvero intervenendo in fasi circoscritte della condotta
illecita complessiva) e senza che vi sia alcuna necessità di un accordo
preventivo. Sicché, la lottizzazione abusiva c.d. negoziale ha carattere
generalmente plurisoggettivo, poiché in essa normalmente confluiscono condotte
convergenti verso un'operazione unitaria caratterizzata dal nesso causale che
lega i comportamenti dei vari partecipi diretti a condizionare la riserva
pubblica di programmazione territoriale. La condotta dell'acquirente, in
particolare, non configura un evento imprevisto ed imprevedibile per il
venditore, perché anzi inserisce un determinante contributo causale alla
concreta attuazione del disegno criminoso di quello [vedi Cass., Sez. Unite,
27.3.1992, n. 4708, ric. Fogliari] e, per la cooperazione dell'acquirente nel
reato, non sono necessari un previo concerto o un'azione concordata con il
venditore, essendo sufficiente, al contrario, una semplice adesione al disegno
criminoso da quegli concepito, posta in essere anche attraverso la violazione
(deliberatamente o per trascuratezza) di specifici doveri di informazione e
conoscenza che costituiscono diretta esplicazione dei doveri di solidarietà
sociale di cui all'art. 2 della Costituzione [Corte Costituzionale nella
sentenza n. 364/1988]. L'acquirente, dunque, non può sicuramente considerarsi,
solo per tale sua qualità, "terzo estraneo" al reato di lottizzazione abusiva,
ben potendo egli tuttavia, benché compartecipe al medesimo accadimento
materiale, dimostrare di avere agito in buona fede, senza rendersi conto cioè -
pur avendo adoperato la necessaria diligenza nell'adempimento degli anzidetti
doveri di informazione e conoscenza - di partecipare ad un'operazione di
illecita lottizzazione. Quando, invece, l'acquirente sia consapevole
dell'abusività dell'intervento - o avrebbe potuto esserlo spiegando la normale
diligenza - la sua condotta si lega con intimo nesso causale a quella del
venditore ed in tal modo le rispettive azioni, apparentemente distinte, si
collegano tra loro e determinano la formazione di una fattispecie unitaria ed
indivisibile, diretta in modo convergente al conseguimento del risultato
lottizzatorio. Le posizioni, dunque, sono separabili se risulti provata la
malafede dei venditori, che, traendo in inganno gli acquirenti, li convincono
della legittimità delle operazioni. Neppure l'acquisto del sub-acquirente può
essere considerato legittimo con valutazione aprioristica limitata alla
sussistenza di detta sola qualità, allorché si consideri che l'utilizzazione
delle modalità dell'acquisto successivo ben potrebbe costituire un sistema
elusivo, surrettiziamente finalizzato a vanificare le disposizioni legislative
in materia di lottizzazione negoziale. (conferma, ordinanza 29.12.2008 del
Tribunale di Roma) Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Kanchan. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE, Sez. III, 08/09/2010 (Cc. 28/04/2010), Sentenza n. 32955
DIRITTO URBANISTICO - Lottizzazione abusiva - Reato a consumazione
alternativa - Elementi - Art. 42, 4° c., c.p.. Il reato di lottizzazione
abusiva è a consumazione alternativa, potendo realizzarsi sia per il difetto di
autorizzazione sia per il contrasto con le prescrizioni della legge o degli
strumenti urbanistici, risulta ad evidenza contraddittorio escludere (alla
stessa stregua di quanto pacificamente ritenuto per la contravvenzione di
esecuzione di lavori in assenza o in totale difformità dalla concessione
edilizia) che la contravvenzione medesima, sia negoziale sia materiale, possa
essere commessa per colpa [Cass., Sez. III: 13.10.2004, n. 39916, Lamedica ed
altri]. Deve ribadirsi, pertanto, che non è ravvisabile alcuna eccezione al
principio generale stabilito per le contravvenzioni dall'art. 42, 4° comma, cod.
pen.. Va ricordato inoltre, che, qualora si ritenesse che il piano regolatore
generale abbia natura di strumento normativo ovvero di atto amministrativo
generale sostanzialmente normativo, si determinerebbe una presunzione legale di
conoscenza ed il dovere legale di conoscenza esclude, per definizione, la
possibilità di invocare l'ignoranza incolpevole. (conferma, ordinanza 29.12.2008
del Tribunale di Roma) Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Kanchan. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/09/2010 (Cc. 28/04/2010), Sentenza n. 32955
DIRITTO URBANISTICO - DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro preventivo -
Oggetto e finalità - Persona estranea al reato - Art. c.1°, 321 c.p.p..
Oggetto del sequestro preventivo di cui al primo comma dell'art. 321 c.p.p. può
essere qualsiasi bene - a chiunque appartenente e, quindi, anche a persona
estranea al reato - purché esso sia, anche indirettamente, collegato al reato e,
ove lasciato in libera disponibilità, idoneo a costituire pericolo di
aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione
della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti [Cass.: n. 37033/2006,
n. 24685/2005, n. 38728/2004, n. 1246/2003, n. 29797/2001, n. 4496/1999, n.
1565/1997, n. 156/1993, n. 2296/1992]. La persistente disponibilità dei beni
comporta, dunque, perduranti effetti lesivi dell'equilibrio urbanistico ed
ambientale e non costituisce "un elemento neutro sotto il profilo dell'offensività"
(Cass. Sezioni Unite sentenza n. 12878/2003). In relazione alle misure di
cautela reale deve ritenersi preclusa ogni valutazione sulla sussistenza degli
indizi di colpevolezza e sulla gravità degli stessi [Cass., Sez. Unite,
25.3.1993, n. 4] e la eventuale carenza dell'elemento soggettivo del reato può
essere valutata soltanto allorquando emerga ictu oculi in modo
macroscopico ed evidente e si riverberi sulla componente materiale, incidendo
sulla configurabilità stessa del reato. Pertanto, in specie, alla stregua di
detto principio il Tribunale non era tenuto a verificare la sussistenza di
situazioni di "buona fede" che non risultassero immediatamente evidenti.
(conferma, ordinanza 29.12.2008 del Tribunale di Roma) Pres. Lupo, Est. Fiale,
Ric. Kanchan. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/09/2010 (Cc.
28/04/2010), Sentenza n. 32955
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UDIENZA del 28.4.2010
SENTENZA N. 673
REG. GENERALE N.44622/09
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. Ernesto Lupo
Presidente
Dott. Alfredo M. Lombardi
Consigliere
Dott. Aldo Fiale
Consigliere rel.
Dott. Luigi Marini
Consigliere
Dott. Giulio Sarno
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
KANCHAN Araya, nata il 17.4.1966
- avverso l'ordinanza 29.12.2008 del Tribunale di Roma
- Visti gli atti, la ordinanza impugnata ed il ricorso
- Udita, in camera di consiglio, la relazione fatta dal Consigliere dr. Aldo
FIALE
- Udite le richieste del Pubblico Ministero, dr. Giovanni D'ANGELO, il quale ha
chiesto l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata
FATTO E DIRITTO
Il Tribunale di Roma - con ordinanza del 29.12.2008 (depositata l'8.1.2009) -
rigettava l'istanza di riesame proposta nell'interesse di Kanchan Araya avverso
il decreto 20.10.2008 con cui il G.T.P. del Tribunale di Tivoli aveva disposto
il sequestro preventivo di alcuni villini facenti parte del c.d. "borghetto n.
14" sito in agro del Comune di Riano, adottando tale misura di cautela reale in
relazione agli ipotizzati reati di cui:
a) agli artt. 30 e 44, lett. c), D.P.R. n. 380/2001, per avere - quale sub
acquirente - concorso nella lottizzazione abusiva di un'area ubicata in Comune
di Riano (Roma). Ciò in quanto - su area ricadente nella zona E) [agricola]
regolata dall'art. 34 delle NTA della variante di aggiornamento del PRG per la
salvaguardia del territorio, approvata dalla Regione Lazio con DGR n. 5842 del
14/12/1999, nella quale é consentita la sola edificazione correlata all'attività
agricola dei suoli ed allo sviluppo delle imprese agricole e dove e altresì
prevista, a specifiche e tassative condizioni, la possibilità di accorpamento
della cubatura in "borghetti agricoli" o "atelier d'artista" - veniva effettuata
la realizzazione di costruzioni che, sebbene qualificate nei titoli abilitativi
come borgo agricolo previsto dal PRG, mancavano di ogni presupposto diretto,
connesso e dipendente dal processo di coltivazione agricola dei terreni,
configurandosi, al contrario, come un complesso residenziale completamente
avulso da tale processo, sicché veniva in tal modo conferito al territorio un
assetto urbanistico differente da quello pianificato, in violazione agli
strumenti pianificatori, determinandosi una definitiva trasformazione dell'area
da agricola a residenziale;
b) all'art. 44, left. b) D.P.R. n. 380\2001, perché gli interventi dianzi
descritti venivano eseguiti in assenza del possesso del prescritto permesso di
costruire o di altro valido titolo abilitativo, stante l'illegittimità di quello
rilasciato (intervento lottizzatorio ultimato tra il 2006 ed il 6.12.2007).
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell'anzidetta indagata
(acquirente di due unità immobiliari facenti parte del "borghetto agricolo n.
14"), il quale ha eccepito che:
- la Kanchan, quale mera acquirente degli immobili, sarebbe "estranea al reato
di lottizzazione" ed avrebbe agito "in assoluta buona fede", avendo fatto
razionale affidamento nella concessione edilizia rilasciata e nella
professionalità del notaio stipulante gli atti di vendita;
- non sarebbe ravvisabile il preteso "periculum in mora", in relazione
all'art. 321, 1° comma, c.p.p., perché non potrebbe ipotizzarsi alcun pericolo
"concreto ed attuale" di aggravamento delle conseguenze dannose del reato
(tenuto anche conto di quanto argomentato dalle Sezioni Unite penali della Corte
di Cassazione con la sentenza 20.3.2003, n. 12878).
°*****°*****°
Il ricorso deve essere rigettato, perché infondato.
1. Gli aspetti essenziali della vicenda
1.1 La vicenda che ci occupa si inquadra nella complessiva realizzazione, in
territorio agricolo del Comune di Riano, di 16 "borghi rurali" composti da circa
100 villini, alcuni dei quali "a schiera".
In detto territorio sono state rilasciate concessioni edilizie per edifici
riuniti in borghetti agricoli ed atelier per artisti, che dovevano essere
connessi allo sviluppo agricolo dell'agro romano; risultano realizzati, invece,
fabbricati residenziali in nessun modo ricollegabili all'attività agricola ed
allo sviluppo agricolo anzidetto, poi venduti a soggetti non addetti
all'agricoltura.
Quanto al c.d. "borghetto n. 14 (borgo agricolo e villaggio per artisti)", sono
state costruite n. 9 ville a schiera e risultano accatastati, con atto del
16.7.2007, n. 9 unità abitative di categoria A7 ed i relativi locali C6:
immobili venduti a soggetti non addetti all'agricoltura.
Gli edifici, alla data dell' 11.2.2008, risultavano "in fase di rifinitura" ed
erano ancora da realizzare tutte le opere inerenti la viabilità, le strade
interne di smistamento, le recinzioni di divisione dei vari fabbricati e gli
impianti di illuminazione esterna.
Gli edifici medesimi sono stati concepiti per essere adibiti a villini
residenziali; essi sono stati localizzati in ambito ben delineato ed è stato
predisposto un sistema viario che disimpegna in modo autonomo le singole unità
immobiliari. Nella tipologia edilizia non vi è alcuno spazio destinato ad
attività agricola, che possa far presupporre un qualsiasi rapporto di chi vi
abita con detta attività legittimante l'edificazione medesima.
Sebbene sia stato stipulato atto d'obbligo di vincolo del terreno, le vendite
effettuate riguardano i singoli villini ed una limitata area rispettivamente
circostante, con scorporo di fatto di tali ridotte estensioni territoriali
compravendute da quelle necessarie per legittimare l'edificazione della
residenza agricola, senza il rispetto del lotto minimo e del rapporto
plano-volumetrico connesso all'indice fondiario.
1.2 Alla stregua degli elementi di fatti dianzi compendiati, il G.I.P. ed il
Tribunale del riesame hanno ritenuto che le costruzioni poste in essere, sebbene
autorizzate come borgo agricolo e villaggio per artisti previsto dal P.R.G. -
mancando ogni presupposto diretto, connesso e dipendente dal processo di
coltivazione agricola dei terreni e viceversa integrando un complesso
residenziale completamente avulso da tale processo - hanno conferito un assetto
urbanistico differente alla porzione di territorio preso in esame, in violazione
agli strumenti pianificatori, concretizzando sostanzialmente un cambio della
destinazione di zona, definitivamente trasformata da agricola in residenziale.
1.3 Per quanto riguarda, poi, le singole responsabilità, il Tribunale per il
riesame ha osservato che:
- era nota e chiara a venditori ed acquirenti la destinazione agricola dell'area
interessata dagli interventi edificatori;
- tutti i soggetti coinvolti, anche i sub-acquirenti, avevano la possibilità di
verificare tale destinazione attraverso il semplice esame del certificato di
destinazione urbanistica ed è impensabile che, anche chi sia completamente
ignorante in materia, possa ritenersi in buona fede allorquando vada ad
acquistare una villa o un appartamento in un'area classificata come destinata ad
usi prevalentemente agricoli. Nel caso in esame, peraltro, la stessa
individuazione degli insediamenti come "borghetti agricoli" e "atelier
d'artista" avrebbe dovuto indurre sospetti negli acquirenti.
1.4 Nel presente procedimento la ricorrente non contesta la configurabilità del
"fumus" del reato di lottizzazione abusiva.
2. I possibili soggetti attivi nel reato di lottizzazione abusiva
Il reato di lottizzazione abusiva - secondo concorde interpretazione
giurisprudenziale - nella molteplicità di forme che esso può assumere in
concreto, può essere posto in essere da una pluralità di soggetti, i quali, in
base ai principi che regolano il concorso di persone nel reato, possono
partecipare alla commissione del fatto con condotte anche eterogenee e diverse
da quella strettamente costruttiva, purché ciascuno di essi apporti un
contributo causale alla verificazione dell'illecito (sia pure svolgendo ruoli
diversi ovvero intervenendo in fasi circoscritte della condotta illecita
complessiva) e senza che vi sia alcuna necessità di un accordo preventivo.
La lottizzazione abusiva negoziale - in particolare - ha carattere generalmente
plurisoggettivo, poiché in essa normalmente confluiscono condotte convergenti
verso un'operazione unitaria caratterizzata dal nesso causale che lega i
comportamenti dei vari partecipi diretti a condizionare la riserva pubblica di
programmazione territoriale.
La condotta dell'acquirente, in particolare, non configura un evento imprevisto
ed imprevedibile per il venditore, perché anzi inserisce un determinante
contributo causale alla concreta attuazione del disegno criminoso di quello
[vedi Cass., Sez. Unite, 27.3.1992, n. 4708, ric. Fogliari] e, per la
cooperazione dell'acquirente nel reato, non sono necessari un previo concerto o
un'azione concordata con il venditore, essendo sufficiente, al contrario, una
semplice adesione al disegno criminoso da quegli concepito, posta in essere
anche attraverso la violazione (deliberatamente o per trascuratezza) di
specifici doveri di informazione e conoscenza che costituiscono diretta
esplicazione dei doveri di solidarietà sociale di cui all'art. 2 della
Costituzione [vedi, sul punto, le argomentazioni svolte dalla Corte
Costituzionale nella sentenza n. 364/1988, ove viene evidenziato che la
Costituzione richiede dai singoli soggetti la massima costante tensione ai fini
del rispetto degli interessi dell'altrui persona umana ed è per la violazione di
questo impegno di solidarietà sociale che la stessa Costituzione chiama a
rispondere penalmente anche chi lede tali interessi non conoscendone
positivamente la tutela giuridica].
L'acquirente, dunque, non può sicuramente considerarsi, solo per tale sua
qualità, "terzo estraneo" al reato di lottizzazione abusiva, ben potendo egli
tuttavia, benché compartecipe al medesimo accadimento materiale, dimostrare di
avere agito in buona fede, senza rendersi conto cioè - pur avendo adoperato la
necessaria diligenza nell'adempimento degli anzidetti doveri di informazione e
conoscenza - di partecipare ad un'operazione di illecita lottizzazione.
Quando, invece, l'acquirente sia consapevole dell'abusività dell'intervento - o
avrebbe potuto esserlo spiegando la normale diligenza - la sua condotta si lega
con intimo nesso causale a quella del venditore ed in tal modo le rispettive
azioni, apparentemente distinte, si collegano tra loro e determinano la
formazione di una fattispecie unitaria ed indivisibile, diretta in modo
convergente al conseguimento del risultato lottizzatorio.
Le posizioni, dunque, sono separabili se risulti provata la malafede dei
venditori, che, traendo in inganno gli acquirenti, li convincono della
legittimità delle operazioni [vedi Cass., Sez. II: 22.5.1990, Oranges e
26.1.1998, Cusimano].
Neppure l'acquisto del sub-acquirente può essere considerato legittimo con
valutazione aprioristica limitata alla sussistenza di detta sola qualità,
allorché si consideri che l'utilizzazione delle modalità dell'acquisto
successivo ben potrebbe costituire un sistema elusivo, surrettiziamente
finalizzato a vanificare le disposizioni legislative in materia di lottizzazione
negoziale [vedi Cass., Sez. III, 8.11.2000, Petracchi].
3. L'elemento soggettivo della contravvenzione di lottizzazione abusiva.
Le Sezioni Unite di questa Corte Suprema - con la sentenza del 3.2.1990, ric.
Cancilleri - avevano affermato che il reato di lottizzazione abusiva si
configura come una contravvenzione di natura esclusivamente dolosa, "per la cui
sussistenza é necessario che l'evento sia previsto e voluto dal reo, quale
conseguenza della propria condotta cosciente e volontaria diretta a limitare e
condizionare, con ostacoli di fatto o di diritto, la riserva pubblica di
programmazione territoriale".
Tale interpretazione, però, è ormai definitivamente superata da plurime
successive sentenze di questa III Sezione con argomentazioni alle quali (per
economia di esposizione) si rinvia e che il Collegio pienamente condivide.
In dette decisioni è stato in conclusione rilevato che, dopo che le Sezioni
Unite - con la sentenza 28.11.2001, Salvini - hanno riconosciuto (in perfetta
aderenza, del resto, al testuale dettato normativo) che il reato di
lottizzazione abusiva è a consumazione alternativa, potendo realizzarsi sia per
il difetto di autorizzazione sia per il contrasto con le prescrizioni della
legge o degli strumenti urbanistici, risulta ad evidenza contraddittorio
escludere (alla stessa stregua di quanto pacificamente ritenuto per la
contravvenzione di esecuzione di lavori in assenza o in totale difformità dalla
concessione edilizia) che la contravvenzione medesima, sia negoziale sia
materiale, possa essere commessa per colpa [vedi Cass., Sez. III: 13.10.2004, n.
39916, Lamedica ed altri; 11.5.2005, Stilli ed altri; 10.1.2008, Zortea;
5.3.2008, n. 9982, Quattrone; 26.6.2008, Belloi ed altri].
Deve ribadirsi, pertanto, che non è ravvisabile alcuna eccezione al principio
generale stabilito per le contravvenzioni dall'art. 42, 4° comma, cod. pen.
Il venditore, come si è detto, non può predispone l'alienazione degli immobili
in una situazione produttrice di alterazione o immutazione circa la programmata
destinazione della zona in cui gli stessi sono situati ed i soggetti che
acquistano devono essere cauti e diligenti nell'acquisire conoscenza delle
previsioni urbanistiche e pianificatone di zona: "Il compratore che omette di
acquisire ogni prudente informazione circa la legittimità dell'acquisto si pone
colposamente in una situazione di inconsapevolezza che fornisce, comunque, un
determinante contributo causale all'attività illecita del venditore" [così
testualmente Cass., Sez. III, 26.6.2008, Belloi ed altri].
Va ricordato inoltre, al riguardo, che, qualora si ritenesse che il piano
regolatore generale abbia natura di strumento normativo ovvero di atto
amministrativo generale sostanzialmente normativo, si determinerebbe una
presunzione legale di conoscenza ed il dovere legale di conoscenza esclude, per
definizione, la possibilità di invocare l'ignoranza incolpevole.
Nel caso in questione - comunque - il Tribunale del riesame non ha ravvisato
(allo stato) la buona fede della acquirente.
4. Il contestato pericolo di aggravamento o protrazione delle conseguenze del
reato (art. 321, 1° comma, c.p.p.)
La vicenda che ci occupa appare inerire ad un imponente fenomeno speculativo che
ha un forte impatto sul territorio, sotto il profilo dell'assetto urbanistico di
esso, in quanto pregiudica le autonome scelte della programmazione edificatoria
e condiziona la pubblica Amministrazione nell'esecuzione delle opere di
urbanizzazione primaria e secondaria.
In raffronto agli anzidetti beni tutelati e suscettibili di compromissione deve
essere valutata - conseguentemente - la situazione di pericolo di aggravamento o
di protrazione delle conseguenze del reato, che l'adozione del sequestro
preventivo é finalizzata ad impedire.
Secondo la giurisprudenza assolutamente prevalente di questa Corte Suprema,
oggetto del sequestro preventivo di cui al primo comma dell'art. 321 c.p.p. può
essere qualsiasi bene - a chiunque appartenente e, quindi, anche a persona
estranea al reato - purché esso sia, anche indirettamente, collegato al reato e,
ove lasciato in libera disponibilità, idoneo a costituire pericolo di
aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione
della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti [vedi Cass.: n.
37033/2006, n. 24685/2005, n. 38728/2004, n. 1246/2003, n. 29797/2001, n.
4496/1999, n. 1565/1997, n. 156/1993, n. 2296/1992].
Nella specie - tenuto conto dei criteri direttivi generali enunciati dalle
Sezioni Unite di questa Corte Suprema con la sentenza 29.1.2003, n. 2, Innocenti
- risulta adeguatamente e razionalmente evidenziata la concretezza ed attualità
della compromissione dei beni giuridici protetti, poiché il godimento e la
disponibilità attuale degli immobili implica una effettiva ulteriore lesione
degli interessi tutelati in quanto:
- appare evidente l'aggravamento del c.d. carico urbanistico (sotto i profili
del necessario adeguamento dell'urbanizzazione primaria e secondaria),
costituendo ogni singolo villino parte di un complesso edilizio residenziale
realizzato ex novo, che va integrato con l'aggregato urbano preesistente;
- a fronte di un insediamento non più agricolo ma residenziale, si impone il
rispetto dei diversi e maggiori standards correlati alle residenze
dall'art. 3 del D.M. n. 1444/1968 e la esigenza di reperimento delle relative
aree da parte dell'Amministrazione comunale;
- si pone, per il Comune, la necessità di provvedere ad una nuova complessiva
organizzazione del proprio territorio (da attuarsi, in sede di ripianificazione,
con il coordinamento delle varie destinazioni d'uso, in tutte le loro possibili
relazioni, e con l'assegnazione ad ogni singola destinazione d'uso di
determinate qualità e quantità di servizi).
Inoltre nel borghetto in oggetto gli edifici, alla data dell' 11.2.2008,
risultavano "in fase di rifinitura" ed erano ancora da realizzare tutte le opere
inerenti la viabilità, le strade interne di smistamento, le recinzioni di
divisione dei vari fabbricati e gli impianti di illuminazione esterna.
La persistente disponibilità dei beni comporta, dunque, perduranti effetti
lesivi dell'equilibrio urbanistico ed ambientale e non costituisce "un elemento
neutro sotto il profilo dell'offensività" nel senso illustrato dalle Sezioni
Unite con la sentenza n. 12878/2003.
In relazione alle misure di cautela reale deve ritenersi preclusa ogni
valutazione sulla sussistenza degli indizi di colpevolezza e sulla gravità degli
stessi [vedi Cass., Sez. Unite, 25.3.1993, n. 4] e la eventuale carenza
dell'elemento soggettivo del reato può essere valutata soltanto allorquando
emerga ictu oculi in modo macroscopico ed evidente e si riverberi sulla
componente materiale, incidendo sulla configurabilità stessa del reato.
Alla stregua di detto principio il Tribunale - tenuto conto dei limiti della
cognizione ad esso demandata nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto il
riesame di provvedimenti di sequestro [vedi Cass., Sez. Unite, 29.1.1997, ric.
P.M. in proc. Bassi] - non era tenuto a verificare la sussistenza di situazioni
di "buona fede" che non risultassero immediatamente evidenti.
Nella specie comunque, come già si è evidenziato, la pretesa buona fede della
ricorrente non é stata affermata e, dalle prospettazioni difensive, non é
immediatamente deducibile una condizione di ignoranza incolpevole circa la
corretta destinazione urbanistica degli immobili da lei acquistati.
5. L'ulteriore approfondimento e la compiuta verifica spettano ovviamente ai
giudici del merito ma, allo stato, a fronte dei prospettati elementi, della cui
sufficienza in sede cautelare non può dubitarsi, le contrarie argomentazioni
della ricorrente non valgono ad escludere la configurabilità del "fumus"
delle contravvenzioni contestate ed il ravvisato "periculum in mora".
Al rigetto del ricorso segue la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 127 e 325 c.p.p.,
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di
consiglio del 28.4.2010
DEPOSITATA IN CANCELLERIA l'8 sett. 2010
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
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1974-9562