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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 30/09/2010 (Cc. 14.7.2010), Sentenza n. 35391
DIRITTO URBANISTICO - Reati urbanistici - Titolo edilizio illegittimo -
Assenza di permesso di costruire - Configurabilità del reato - Sfera riservata
alla Pubblica Amministrazione - Sindacato del giudice penale - Artt. 44, lett.
b); 94 e 95 del T.U. n. 380/2001. In materia di reati urbanistici, può
configurarsi, anche in presenza di un titolo edilizio illegittimo il reato di
esecuzione di lavori edilizi in assenza di permesso di costruire. Sicché, la non
conformità dell'atto amministrativo alla normativa che ne regola l'emanazione,
alle disposizioni legislative statali e regionali in materia
urbanistico-edilizia ed alle previsioni degli strumenti urbanistici, può essere
rilevata se l'atto medesimo sia illecito, cioè frutto di attività criminosa, ed
a prescindere da eventuali collusioni dolose del soggetto privato interessato
con organi dell'amministrazione. Infine, il sindacato del giudice penale è
possibile tanto nelle ipotesi in cui l'emanazione dell'atto sia espressamente
vietata in mancanza delle condizioni previste dalla legge quanto in quelle di
mancato rispetto delle norme che regolano l'esercizio del potere. Quindi, anche
nell'accertamento dei profili di illegittimità sostanziale di un titolo
abilitativo edilizio, il giudice penale, procede ad una identificazione in
concreto della fattispecie sanzionata e non incide, con indebita ingerenza,
sulla sfera riservata alla Pubblica Amministrazione, poiché esercita un potere
che trova fondamento e giustificazione nella stessa previsione normativa
incriminatrice. (conferma Tribunale di Teramo, ordinanza del 2.7.2009) Pres.
Altieri, Est. Fiale, Ric. Di Domenico ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE,
Sez. III, 30/09/2010 (Cc. 14.7.2010), Sentenza n. 35391
DIRITTO URBANISTICO - Difformità dell'opera edilizia - Previsioni normative
statali, regionali o a prescrizioni degli strumenti urbanistici - Verifica del
giudice penale - Obbligo. Il giudice penale, nel valutare la sussistenza o
meno della liceità di un intervento edilizio, deve verificarne la conformità a
tutti i parametri di legalità fissati dalla legge, dai regolamenti edilizi,
dagli strumenti urbanistici e dal titolo abilitativo edificatorio (Cass., Sez.
Un., 28.11.2001, Salvini). Deve escludersi infatti che - qualora sussista
difformità dell'opera edilizia rispetto a previsioni normative statali o
regionali ovvero a prescrizioni degli strumenti urbanistici - il giudice debba
comunque concludere per la mancanza di illiceità penale qualora sia stata
rilasciata concessione edilizia o permesso di costruire, in quanto detti
provvedimenti non sono idonei a definire esaurientemente lo statuto urbanistico
ed edilizio dell'opera realizzanda. Pertanto, nel caso di accertata difformità
da disposizioni legislative o regolamentari, ovvero dalle prescrizioni degli
strumenti urbanistici, non si configura una non consentita "disapplicazione"
riconducibile all'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E), da
parte del giudice penale, dell'atto amministrativo concessorio (Cass., Sez. Un.,
12.11.1993, Borgia), in quanto lo stesso giudice, qualora come presupposto o
elemento costitutivo di una fattispecie di reato sia previsto un atto
amministrativo ovvero l'autorizzazione del comportamento del privato da parte di
un organo pubblico, non deve limitarsi a verificare l'esistenza ontologica
dell'atto o provvedimento amministrativo, ma deve verificare l'integrazione o
meno della fattispecie penale, "in vista dell'interesse sostanziale che tale
fattispecie assume a tutela, nella quale gli elementi di natura extrapenale
convergono organicamente, assumendo un significato descrittivo" (Cass. Sez. VI,
18.3.1998, n. 3396, Calisse ed altro). (conferma Tribunale di Teramo, ordinanza
del 2.7.2009) Pres. Altieri, Est. Fiale, Ric. Di Domenico ed altri. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 30/09/2010 (Cc. 14.7.2010), Sentenza n. 35391
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UDIENZA del 14.7.2010
SENTENZA N. 1083
REG. GENERALE N.37470/09
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli lll.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. ENRICO ALTIERI
- Presidente
Dott. MARIO GENTILE
- Consigliere
Dott. ALDO FIALE
- Rel. Consigliere
Dott. GUICLA IMMACOLATA MULLIRI
- Consigliere
Dott. GIULIO SARNO
- Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) DI DOMENICO ALFONSO N. IL xx/xx/xxxx
2) LUCIANI DESOLINA N. IL xx/ad/xxxx
3) PEPE ANGELO N. IL xx/xx/xxxx
4) DI DOMENICO LUIGI N. IL xx/xx/xxxxx
- avverso l'ordinanza n. 26/2009 TRIB. LIBERTA' di TERAMO, del 02/07/2009
- sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE;
- sentite le conclusioni del PG
Dott. Gabriele Mazzotta il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
- Udito il difensore Avv.to Gabriele Rapali, il quale ha chiesto l'accoglimento
del ricorso.
FATTO E DIRITTO
Il Tribunale di Teramo, con ordinanza del 2.7.2009, rigettava l'istanza di
riesame proposta nell'interesse di Di Domenico Alfonso, Luciani Desolina, Pepe
Angelo e Di Domestico Luigi avverso il provvedimento 10.6.2009 con cui il G.I.P.
di quel Tribunale - in relazione agli ipotizzati reati di cui agli artt.: 44,
lett. b); 94 e 95 del T.U. n. 380/2001 - aveva disposto il sequestro preventivo
di un fabbricato in corso di edificazione in Alba Adriatica, per il quale era
stata ritenuta l'insussistenza di titoli abilitativi legittimi e comunque la
realizzazione in totale difformità dagli ottenuti permessi di costruire.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore degli indagati, il quale
ha eccepito:
- la carenza del potere del giudice penale di censurare la legittimità del
permesso di costruire, surrogandosi in tal modo all'organo amministrativo
competente ed al giudice amministrativo;
- la carenza dei presupposti di legge legittimanti l'imposizione della misura di cautela reale, in quanto sarebbero state eseguite opere di "ristrutturazione" ritualmente autorizzate con il permesso di costruire n. 427 del 6.2.2007 e con l'approvata variante in corso d'opera n. 221 del 12.3.2008. Detta ristrutturazione sarebbe conforme alle previsioni dell'art. 22 delle norme tecniche di attuazione del vigente P.R.G. del Comune di Alba Adriatica e non contrastante con le prescrizioni poste dall'art. 9 del D.M. n. 1444/1968 in tema di distanze tra fabbricati.
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Il ricorso deve essere rigettato, poiché infondato.
1. In punto di fatto deve premettersi che:
- con il permesso di costruire n. 427 del 6.2.2007 è stato autorizzato un
intervento di "completamento e parziale demolizione" di un edificio
residenziale, che prevedeva anche taluni ampliamenti dello stesso. Quale
conseguenza dei previsti ampliamenti derivavano variazioni delle distanze dai
confini e da un fabbricato antistante;
- con la variante in corso d'opera n. 221 del 12.3.2008 é stata autorizzata la
ricostruzione dell'edificio previa demolizione integrale. Tale ricostruzione,
però, è stata realizzata variando la sagoma, la volumetria ed il numero dei
piani.
Le nuove distanze, inoltre, sono di mt. 1,50 dal confine e di mt. 3 dal
fabbricato adiacente, mentre le distanze precedenti erano di mt. 3 dal confine e
di mt. 4,50 dal fabbricato.
Ciò, nella prospettiva accusatoria, integrerebbe violazione dell'art. 9 del D.M.
n. 1444/1968, che fissa in 10 mt. la distanza minima tra pareti finestrate di
edifici antistanti, nonché dell'art. 22 delle NTA del vigente PRG, che prescrive
una distanza di 5 mt. dai confini;
- i predetti titoli abilitativi edilizi sarebbero stati rilasciati in base ad
elaborati progettuali "artificiosamente redatti";
- assume la difesa che l'intervento realizzato sarebbe consentito dall'art. 22
delle NTA del vigente PRG del Comune di Alba Adriatica, che, nell'area in
oggetto (insistente in zona di recupero urbano e qualificata "area non
periferica di adeguamento e ristrutturazione della struttura urbana: SUAR di
tipo "A"), ammette interventi di conservazione dello stato di fatto, risanamento
igienico-sanitario, ristrutturazione edilizia, sopraelevazione, ampliamento,
sostituzione edilizia, considerando altresì ammissibile il cumulo degli
interventi anzidetti nei limiti dei parametri e degli indici specificamente
prescritti per ciascuna tipologia.
2. Tanto premesso - in relazione al primo motivo di gravame - va ribadito il
principio secondo il quale il giudice penale, nel valutare la sussistenza o meno
della liceità di un intervento edilizio, deve verificarne la conformità a tutti
i parametri di legalità fissati dalla legge, dai regolamenti edilizi, dagli
strumenti urbanistici e dal titolo abilitativo edificatorio (vedi Cass., Sez.
Un., 28.11.2001, Salvini). Deve escludersi infatti che - qualora sussista
difformità dell'opera edilizia rispetto a previsioni normative statali o
regionali ovvero a prescrizioni degli strumenti urbanistici - il giudice debba
comunque concludere per la mancanza di illiceità penale qualora sia stata
rilasciata concessione edilizia o permesso di costruire, in quanto detti
provvedimenti non sono idonei a definire esaurientemente lo statuto urbanistico
ed edilizio dell'opera realizzanda.
Nel caso di accertata difformità da disposizioni legislative o regolamentari,
ovvero dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici, non si configura una non
consentita "disapplicazione" riconducibile all'art. 5 della legge 20 marzo 1865,
n. 2248, allegato E), da parte del giudice penale, dell'atto amministrativo
concessorio (vedi Cass., Sez. Un., 12.11.1993, Borgia), in quanto lo stesso
giudice, qualora come presupposto o elemento costitutivo di una fattispecie di
reato sia previsto un atto amministrativo ovvero l'autorizzazione del
comportamento del privato da parte di un organo pubblico, non deve limitarsi a
verificare l'esistenza ontologica dell'atto o provvedimento amministrativo, ma
deve verificare l'integrazione o meno della fattispecie penale, "in vista
dell'interesse sostanziale che tale fattispecie assume a tutela, nella quale gli
elementi di natura extrapenale convergono organicamente, assumendo un
significato descrittivo" (vedi Cass.: Sez. Un., 28.11.2001, Salvini; nonché Sez.
VI, 18.3.1998, n. 3396, Calisse ed altro).
Il giudice penale, quindi, anche nell'accertamento dei profili di illegittimità
sostanziale di un titolo abilitativo edilizio, procede ad una identificazione in
concreto della fattispecie sanzionata e non incide, con indebita ingerenza,
sulla sfera riservata alla Pubblica Amministrazione, poiché esercita un potere
che trova fondamento e giustificazione nella stessa previsione normativa
incriminatrice.
Punto fermo è, dunque, che il reato di esecuzione di lavori edilizi in assenza
di permesso di costruire può ravvisarsi anche in presenza di un titolo edilizio
illegittimo (si vedano le ampie argomentazioni svolte in proposito da questa
Sezione con la sentenza 21.3.2006, ric. Di Mauro ed altro, che il Collegio
integralmente condivide).
La non-conformità dell'atto amministrativo alla normativa che ne regola
l'emanazione, alle disposizioni legislative statali e regionali in materia
urbanistico-edilizia ed alle previsioni degli strumenti urbanistici può essere
rilevata non soltanto se l'atto medesimo sia illecito, cioè frutto di attività
criminosa, ed a prescindere da eventuali collusioni dolose del soggetto privato
interessato con organi dell'amministrazione. Il sindacato del giudice penale, al
contrario, è possibile tanto nelle ipotesi in cui l'emanazione dell'atto sia
espressamente vietata in mancanza delle condizioni previste dalla legge quanto
in quelle di mancato rispetto delle norme che regolano l'esercizio del potere.
3. Nella fattispecie in esame, comunque, l'elemento risolutivo va rinvenuto nel
fatto che il Tribunale di Teramo - valutando specificamente le prospettazioni
difensive - non ha evidenziato soltanto la sussistenza di un sostanzioso "fumus"
di illegittimità dei permessi di costruire, rilasciati anche in base ad
elaborati progettuali "artificiosamente redatti", ma ha puntualmente dato
altresì conto della intervenuta realizzazione di opere completamente difformi da
quelle autorizzate è ciò, allo stato, assume aspetto determinante per il rigetto
del ricorso.
Su quest'ultimo punto non si rinvengono contestazioni ed in sede di procedimento
incidentale è inutile discettare sulla eventuale possibilità di assentire opere
edilizie che comunque non sono state in concreto autorizzate.
L'ulteriore approfondimento e la compiuta verifica spettano ai giudici del
merito ma, allo stato, a fronte dei prospettati elementi di segno positivo,
della cui sufficienza in sede cautelare non può dubitarsi, le contrarie
affermazioni dei ricorrenti non valgono certo ad escludere la configurabilità
del "fumus" dei reati ipotizzati.
4. Al rigetto del ricorso segue la condanna al pagamento delle spese del
procedimento.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli arti. 127 e 325 c.p.p.,
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in ROMA, nella camera di consiglio del 14.7.2010
DEPOSITATA IN CANCELLERIA 30 sett. 2010
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