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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 4/10/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza n. 35540
RIFIUTI - Gestione di discarica abusiva - Accumulo del limo per anni -
Mancanza di un progetto di destinazione e del progressivo reimpiego - Deposito
incontrollato - Artt. 186 e 256, c.3° d.lgs. n.152/2006. Ai sensi dell’art.
186 D. L.vo n. 152/2006, l'accumulo del limo per anni, senza un progetto di
destinazione e senza il progressivo reimpiego contrasta con la lettera e le
finalità della legge e comporta un deposito incontrollato non soggetto ad alcuna
procedura di destinazione e di regolarizzazione. (conferma, sentenza del
4/6/2009, TRIBUNALE DI PORDENONE) Pres. Onorato, Est. Marini, Ric. Tonon.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 4/10/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza n.
35540
RIFIUTI - Concetto di rifiuto di sottoprodotto e di materia prima secondaria
- Art.183 e All. D) D.Lgs. n.152/2006 - Direttiva 2006/12/CE. La disciplina
introdotta dall'art.183 e dall'allegato D) del D.Lgs. 3 aprile 2006, n.152, in
conformità ai principi comunitari in materia, fornisce una chiara distinzione
tra il concetto di rifiuto e quelli di sottoprodotto e di materia prima
secondaria, così che si versa in materia di rifiuti, e non di sottoprodotti,
nella ipotesi di materiale che non risulti con certezza destinato all'impiego
diretto da parte dell'impresa senza dover ricorrere ad ulteriori attività di
trasformazione preliminare (Corte di Giustizia delle Comunita' Europee, sentenza
11/11/2004, causa C-457/02, Niselli e Cass. Sez. III, 10/11/2006 sentenza n..
37303, Nataloni). (conferma, sentenza del 4/6/2009, TRIBUNALE DI PORDENONE)
Pres. Onorato, Est. Marini, Ric. Tonon. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
4/10/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza n. 35540
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UDIENZA del 29.4.2010
SENTENZA N. 858
REG. GENERALE N.458735/2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli ill.mi Sigg.:
Dott. Onorato Pierluigi Presidente
Dott. Teresi Alfredo Consigliere
Dott. Lombardi Alfredo Maria Consigliere
Dott. Marini Luigi Consigliere est.
Dott. Gazzara Santi Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- Sul ricorso proposto da: TONON GIOVANNI, nato a San Fior ixx.ad.xxxx
- Avverso la sentenza emessa in data 4 Giugno 2009 dal TRIBUNALE DI PORDENONE,
che lo ha condannato alla pena di 6.000,00 euro di ammenda in relazione al reato
previsto dall'art.256, comma terzo del d.lgs. n.152 del 2006. Reato ritenuto con
permanenza fino alla decisione di primo grado.
- Sentita la relazione effettuata dal Consigliere LUIGI MARINI
- Udito il Pubblico Ministero nella persona del CONS. GIUSEPPE VOLPE, che ha
concluso per il rigetto del ricorso.
RILEVA
Il Sig. Tonon, quale legale rappresentante della "General Beton Triveneto Spa",
è stato tratto a giudizio per rispondere del reato previsto dal terzo comma
dell'art.256 d.lgs. n.152 del 2006 per avere realizzato e gestito una discarica
abusiva di limo, rifiuto prodotto dall'attività di lavaggio di inerti, in
particolare accumulando il limo per un periodo di circa dieci anni fino a
raggiungere una quantità di circa 88.600 metri cubi di materiale, come accertato
in occasione del sopralluogo del 16 maggio 2006.
La sentenza impugnata ha ritenuto accertato, in fatto, che la società
amministrata dall'imputato avesse acquisito nel 1988 la cava Ceolini, situata in
Roveredo in Piano (PN), e che, essendo scaduta la concessione per l'attività
estrattiva, la società avesse proseguito nell'attività di lavaggio degli inerti
provenienti da una cava adiacente gestita dalla società medesima; che a partire
dall'anno 2000, cessata anche l'attività della seconda cava, la società avesse
continuato a svolgere attività di lavaggio di inerti, e dunque a depositare in
località Roveredo in Piano materiali conferiti da terzi e materiali provenienti
da altri luoghi in cui la società stessa operava attività estrattive; che il
limo cosi ottenuto venisse accumulato in località Roveredo e, dopo una fase
iniziale in cui veniva ceduto a terzi, fosse conservato per essere in futuro
destinato al recupero della cava in conformità alla richiesta autorizzazione;
che nelle more della definizione di tale procedura la società avesse ottenuto
un'autorizzazione edilizia "in precario" per il deposito dei limi rilasciata nel
dicembre 2006 e prorogata nel dicembre 2006; che, come riferito dal
professionista che aveva curato la presentazione del progetto, il recupero della
cava, per come previsto anche alla luce delle modifiche del Piano Regolatore
Generale approvato nel 2005, avrebbe richiesto circa 110.000 metri cubi di limo
da mescolare a terra vegetale.
A fronte di questa ricostruzione dei fatti, il Tribunale ha ritenuto che:
a) il limo accumulato dalla società senza essere nella sostanza destinato ad usi
commerciali (le modestissime vendite effettuate in un primo tempo risultano
minime e non rilevanti ai fini penali) costituisca rifiuto;
b) che le condotte anteriori all'anno 2000, consistenti nel lavaggio del
materiale estratto dalla cava confinante gestita dalla società amministrata dal
Sig. Tonon, non integrino reato in quanto escluse dalla disciplina sui rifiuti a
mente dell'art.185, lett.d) del d,lgs. n.152 del 2006 (rifiuti risultanti dallo
sfruttamento delle cave) e dell'interpretazione che di questa norma ha dato la
Corte di Cassazione;
c) che le condotte successive all'anno 2000 e consistenti nel trattamento di
materiali non provenienti da cava, ma da scavi da alvei dei fiumi, ricadono
nella disciplina in terra di rifiuti;
d) ad esse non può applicarsi, infatti, la disciplina in materia di terre e
rocce da scavo (art.8, lett.f-bis del d.lgs. n.22 del 1997 e, quindi, art.186
del d.lgs. n.152 del 2006);
e) né può applicarsi la disciplina sui "sottoprodotti" (art.186, lett.n del
d.lgs. n.152 del 2006) in quanto la futura utilizzazione dei limi risulta
indeterminata e del tutto eventuale: la società ha continuato ad accumulare ogni
anno migliaia di metri cubi di limo anche dopo che il piano particolareggiato
del 1998 non ebbe seguito, così che il materiale a rimasto privo di qualsiasi
concreta destinazione per almeno sette anni, e cioè fino al progetto del 2005,
che deve considerarsi anch'esso di risultato incerto se è vero che ancora
nell'anno 2009 non ha avuto alcuna definizione;
f) le autorizzazioni "in precario"
rilasciate dal Comune nel 2005 e nel 2006 possono sanare la violazione edilizia,
ma non regolarizzare la gestione dei rifiuti;
g) la gestione dei rifiuti come sopra ricostruita non comporta la formazione e
gestione di una "discarica" ai sensi della lett.d) dell'art.256 del d.lgs. n.152
del 2006 in quanto, al di là del dato letterale dell'art.2 del d.lgs. n.36 del
2003, deve rilevarsi che la società non ha posto in essere nessuna di quelle
condotte (predisposizione dell'area; organizzazione gestionale) richieste dalla
giurisprudenza per qualificare il concetto di "discarica";
h) si è in presenza, dunque, di una condotta di deposito continuato e
incontrollato di rifiuti non pericolosi all'interno dell'area produttiva gestita
dalla società, condotta riconducibile alla previsione del secondo comma
dell'art.256 citato.
Avverso tale decisione il Sig. Tonon propone ricorso tramite il proprio
Difensore.
Il ricorrente sottolinea in punto di fatto, quale premessa ai motivi di ricorso,
che sia per la cava di Porcia sia per la cava di Roveredo i P.R.G. in corso di
emanazione di entrambi i comuni interessati prevedono il recupero paesaggistico
e funzionale delle aree e che in questa prospettiva il Comune di Roveredo aveva
autorizzato lo stoccaggio del limo; sottolinea, inoltre, che le due
amministrazioni comunali e l'amministrazione provinciale nel corso degli anni
hanno prospettato soluzioni diverse per il recupero delle aree di cava, con la
conseguenza che la società "General Beton" ha avviato tramite l'arc. Durante più
di uno studio e più progetti, tutti richiedenti l'impiego di quantità di limo
maggiori di quelle depositate in sito.
Rilevato che il Tribunale ha nella sostanza aderito alla ricostruzione dei fatti
prospettata dall'arc. Durante e confortata dalla documentazione in atti, il
ricorrente censura le conclusioni cui il Tribunale stesso è giunto.
In particolare, il ricorrente lamenta vizio di motivazione, per
contraddittorietà, illogicità e travisamento dei fatti, ai sensi dell'art.606,
lett.e) c.p.p.. Appare, infatti, contraddittorio e illogico affermare, da un
lato, che la società ha "abbandonato" il limo (pag.3 della sentenza), cosi da
escludersi la riconducibilità del materiale alla disciplina dei sottoprodotti, e
poco dopo affermare che la società intendeva utilizzare il limo per le attività
di recupero ambientale senza ricorrere ad alcuna trasformazione preliminare dei
materiali stessi. Sussiste, poi, una ulteriore contraddizione: dopo avere
affermato che a partire dal 1998, epoca dell'abbandono del progetto di recupero
previsto dal P.R.G., il limo venne depositato e accumulato senza alcuna
destinazione certa, secondo la stessa sentenza (pagg.1 e 2) risulta accertato
che il materiale veniva conservato in vista dell'impiego nel riempimento della
cava di Roveredo e nei lavori di terrazzamento.
Inoltre, il Tribunale incorre nel vizio di travisamento della prova allorché
ritiene che la destinazione del limo al reimpiego fosse meramente eventuale e
incerta; sia le dichiarazioni testimoniali sia la produzione documentale (si
veda, tra l'altro, l'autorizzazione provvisoria rilasciata dal Comune)
depongono, invece, in senso nettamente contrario.
Infine, deve osservarsi che la stessa Corte di cassazione (sentenza n.5315,
udienza 11 ottobre 2006) ha affermato che il limo destinato al reimpiego nel
recupero della cava stessa rappresenta "sottoprodotto".
Con memoria depositata in data 7 aprile 2010 il ricorrente ha confermato i
motivi già presentati e si soffermato sulle conseguenze che deriverebbero da un
ordine di rimozione del limo.
OSSERVA
La Corte ritiene che le difficoltà prospettate dal ricorrente con riferimento
alle decisioni che l'ente pubblico competente è chiamato ad adottare sul
versante urbanistico non possano avere rilievo decisivo al fine di valutare la
qualificazione giuridica dei fatti che gli sono contestati. Tale considerazione
comporta che non sussistono rapporti diretti tra la decisione odierna della
Corte e la destinazione che il limo accumulato potrà conoscere in futuro, posto
che tale destinazione dovrà essere in concreto valutata alla luce delle
determinazioni dell'ente territoriale e delle scelte che esso compirà alla luce
della situazione di fatto che si verrò a determinare.
Sgombrato così il campo da argomenti che vanno ricondotti alla sfera del "fatto"
e non possono trovare ingresso in sede di giudizio di legittimità, la Corte
rileva che correttamente il giudice di merito ha escluso che a partire dall'anno
2000 le condotte contestate al Sig. Tonon siano riconducibili alla gestione
della cava, come invece avveniva in precedenza con conseguente applicazione
della disposizione contenuta nella lett.d) dell'art.185, ed affermato che a
partire da tale data si a in presenza di sfruttamento di materiale del fiume e
di formazione di limo, che costituisce rifiuto (si veda, Terza Sezione Penale,
sentenza n.10711 del 28 gennaio - 11 marzo 2009, Pecetti, 243108) ed a
qualificabile come sottoprodotto soltanto in presenza di specifiche condizioni,
nella specie non sussistenti.
Sul punto deve richiamarsi, poi, la costante giurisprudenza di questa Sezione
(per tutte si rinvia alla sentenza n.. 37303 del 04/10/2006 - 10/11/2006,
Nataloni (rv. 235076), secondo cui la disciplina introdotta dall'art.183 e
dall'allegato D) del D.Lgs. 3 aprile 2006, n.152, in conformita' ai principi
comunitari in materia, fornisce una chiara distinzione tra il concetto di
rifiuto e quelli di sottoprodotto e di materia prima secondaria, così che si
versa in materia di rifiuti, e non di sottoprodotti, nella ipotesi di materiale
che non risulti con certezza destinato all'impiego diretto da parte dell'impresa
senza dover ricorrere ad ulteriori attività di trasformazione preliminare; nella
motivazione della citata sentenza si evidenzia, tra l'altro, la rilevanza in
materia della Direttiva 2006/12/CE del 5 aprile 2006, in G.U. 27 aprile 2006, L.
114, nonché di Corte di Giustizia delle Comunita' Europee, sentenza 11 novembre
2004, causa C-457/02, Niselli.
Ora, al fine di applicare tale principio al caso in esame la Corte ritiene si
debba guardare alla disposizione contenuta nel comma ottavo dell'art.186 del
decreto legislativo citato. Si afferma in tale disposizione che qualora si
intenda procedere al riutilizzo del materiale da scavo, destinandolo ad
ulteriori attività senza procedere alla sua trasformazione, il privato dovrà
inoltrare una specifica, all'autorità competente (si veda il comma settimo) e
che, nell'ipotesi in cui non sia possibile procedere ad un immediato reimpiego
dei materiali, "il riutilizzo dovrà avvenire entro sei mesi dall'avvenuto
deposito, salvo proroga su istanza motivata dell'interessato".
Ritiene la Corte che tale disposizione fornisca un rilevante principio
interpretativo cui attenersi anche in questa sede. Ed infatti, se può convenirsi
con il ricorrente che una volta accumulata una ingente quantità di limo si possa
porre il problema di destinarla in conformità anche alle decisioni che l'ente
territoriale deve assumere in materia di pianificazione urbanistica, non vie
dubbio che a far data dall'anno 2000 lo stesso ricorrente ha proceduto, come
accertato dalla sentenza di merito, ad accumulare il materiale senza procedere
ad una sua destinazione a reimpiego immediato e, anzi, lo abbia sistematicamente
conservato in loco ben oltre il termine di sei mesi cui si e fatto cenno.
L'accumulo del limo per anni, senza un progetto di destinazione e senza il
progressivo reimpiego contrasta con la lettera e le finalità della legge e ha
comportato un deposito incontrollato non soggetto ad alcuna procedura di
destinazione e di regolarizzazione.
Sulla base di tali considerazioni la Corte ritiene di dover respingere il
ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
presente grado di giudizio, ai sensi dell'art.616 c.p.p..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Cosi deciso in Roma il 29 Aprile
2010
DEPOSITATA IN CANCELLERIA 4 Ott. 2010
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