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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 4/10/2010 (Ud. 20.5.2010), Sentenza n. 35546
DIRITTO URBANISTICO - Opera abusiva - Demolizione con ripristino dell'assetto
territoriale e/o mantenimento in essere per prevalenti interessi pubblici - Art.
31 del T.U.E. n. 380/2001 (e già l'art. 7 L. n. 47/1985). Ai sensi dell’art.
31 del T.U.E., D.P.R. n. 380/2001, regge un criterio generale di preminenza
dell'interesse al ripristino dell'assetto territoriale violato, derogabile
soltanto in presenza di fondate ragioni, con riferimento alle quali la
deliberazione consiliare di mantenimento dell'opera abusiva deve essere
motivata. Mentre, infatti, l'art. 15 della legge n. 10/1977 prevedeva il ricorso
alla demolizione solo qualora l'opera non fosse idonea ad essere utilizzata per
fini pubblici, già con l'art. 7 della legge n. 47/1985 è stato previsto che sia
disposta sempre la demolizione "salvo che con deliberazione consiliare non si
dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici". (Dich. inamm. il ricorso
avverso sentenza n. 1739/2008 CORTE APPELLO di ROMA, del 22/01/2009) Pres.
Onorato, Est. Fiale, Ric. Baldoni. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
4/10/2010 (Ud. 22.5.2010), Sentenza n. 35546
DIRITTO URBANISTICO - Abusivismo - Ordine di demolizione impartito dal giudice
penale - Funzione autonoma ripristinatoria - Art. 31, c. 9, T.U.E. n. 380/2001 -
Art. 44, lett. b), D.P.R. n. 380/2001. L'ordine di demolizione impartito dal
giudice penale ai sensi dell'art. 31, comma 9, del T.U.E. n. 380/2001,
assolvendo ad un'autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso, ha
natura di provvedimento accessorio rispetto alla condanna principale e
costituisce esplicitazione di un potere sanzionatorio, non residuale o
sostitutivo ma svincolato rispetto a quelli dell'autorità amministrativa,
attribuito dalla legge al giudice penale (Cass., Sez. Unite, 24.7.1996, n. 15,
ric. PM in proc. Monterisi). Sicché, deve ritenersi definitivamente superata, in
materia urbanistica, "la visione di un giudice supplente dell'Amministrazione
pubblica". Lo stesso territorio costituisce l'oggetto della tutela posta dalla
normativa penale urbanistica ed a tale tutela sostanziale si riconnette
l'attribuzione al giudice del potere di disporre provvedimenti ripristinatori
specifici qualora perduri la situazione offensiva dell'interesse protetto dalla
norma penale. (Dich. inamm. il ricorso avverso sentenza n. 1739/2008 CORTE
APPELLO di ROMA, del 22/01/2009) Pres. Onorato, Est. Fiale, Ric. Baldoni.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 4/10/2010 (Ud. 22.5.2010), Sentenza n.
35546
DIRITTO URBANISTICO - Acquisizione gratuita dell'opera abusiva al patrimonio
disponibile del Comune - Demolizione a spese del responsabile dell'abuso -
Ordinanza del dirigente o responsabile dell'ufficio tecnico comunale -
Presupposti - Art. 31, 3° e 5° c., D.P.R. n. 380/2001. L'acquisizione
gratuita dell'opera abusiva al patrimonio disponibile del Comune, ai sensi
dell'art. 31, 3° comma, del D.P.R. n. 380/2001, non è incompatibile con l'ordine
di demolizione emesso dal giudice penale. Infatti, nella prima parte del comma 5
dello stesso articolo, si stabilisce che l'opera acquisita al patrimonio
comunale deve essere demolita con ordinanza del dirigente o responsabile
dell'ufficio tecnico comunale, a spese del responsabile dell'abuso. Si avrebbe
incompatibilità soltanto se, con deliberazione consiliare, a norma della seconda
parte dello stesso comma 5, si fosse statuito di non dovere demolire l'opera
acquisita. Il destinatario di tale ordine non potrà ottemperarvi soltanto se il
Consiglio comunale abbia già ravvisato (ovvero sia sul punto di deliberare)
l'esistenza di prevalenti interessi pubblici al mantenimento delle opere
abusive. Invece ove il Consiglio comunale non abbia deliberato il mantenimento
dell'opera, il procedimento sanzionatorio amministrativo (per le opere
realizzate in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con
variazioni essenziali) ha come sbocco unico ed obbligato la demolizione a spese
del responsabile dell'abuso. (Dich. inamm. il ricorso avverso sentenza n.
1739/2008 CORTE APPELLO di ROMA, del 22/01/2009) Pres. Onorato, Est. Fiale, Ric.
Baldoni. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 4/10/2010 (Ud. 22.5.2010),
Sentenza n. 35546
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UDIENZA del 20.5.2010
SENTENZA N. 1029
REG. GENERALE N.30502/2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. PIERLUIGI ONORATO
- Presidente
Dott. AGOSTINO CORDOVA
- Consigliere
Dott. ALDO FIALE
- Rel. Consigliere
Dott. AMEDEO FRANCO
- Consigliere
Dott. LUIGI MARINI
- Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) BALDONI LUCIANA N. IL ad/xx/xxxx
- avverso la sentenza n. 1739/2008 CORTE APPELLO di ROMA, del 22/01/2009
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/05/2010 la relazione fatta dal Consigliere
Dott. ALDO FIALE
- Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Vincenzo Geraci che ha
concluso per la declaratiora di inammissibilità del ricorso;
- Udito il difensore Avv. Maria Antonella Maicaro, sostituto processuale
dell'avv.to Lucio De Priamo, la quale ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 22.1.2009, confermava la sentenza
14.5.2007 del Tribunale monocratico di quella città, che aveva affermato la
responsabilità penale di Baldoni Luciana in ordine ai reati di cui:
- all'art. 44, lett. b), D.P.R. n. 380/2001 (per avere realizzato, in assenza
del prescritto permesso di costruire, un fabbricato in duplice elevazione su una
superficie di mq. 11 x 11 -- acc. in Roma, via Alpette, dal 7.12.2004 al
12.1.2005);
- agli artt. 64, 65, 71 e 72 D.P.R. n. 380/2001;
- all'art. 349 cpv. cod. pen. (per avere, in qualità di custode, violato i
sigilli apposti al manufatto abusivo il 7.12.2004 - acc. il 12.1.2005)
e, riconosciute circostanze attenuanti generiche prevalenti sull'aggravante
contestata per il delitto, ritenuta la continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen.,
la aveva condannata alla pena complessiva di mesi 4, giorni 20 di reclusione ed
euro 240,00 di multa, con ordine di demolizione delle opere abusive e
concessione dei doppi benefici.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la Baldoni, la quale ha eccepito la
illegittimità del disposto ordine di demolizione, poiché la costruzione abusiva
ed il terreno in cui sorge sarebbero diventati di proprietà del Comune, a norma
dell'art. 31, 3 comma, del D.P.R. n. 380/2001, ed il giudice penale non potrebbe
compromettere le ulteriori scelte discrezionali dell'Amministrazione comunale
(demolizione di ufficio o utilizzazione a fini pubblici).
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché manifestamente
infondato.
1. L'art. 31 del T.U. n. 380/2001 (e già l'art. 7 della legge n. 47/1985) - per
le opere realizzate in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o
con variazioni essenziali - ha previsto un regime sanzionatorio amministrativo,
che si articola secondo il seguente schema generale:
- il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, rilevata la
violazione, deve obbligatoriamente ingiungere al proprietario e al responsabile
dell'abuso la rimozione o la demolizione dell'opera abusiva, che dovrà essere
eseguita a spese dei soggetti responsabili;
- se il responsabile dell'abuso non
provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di
90 giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella
necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di
opere analoghe a quelle abusive, sono acquisiti di diritto e gratuitamente al
patrimonio del Comune;
- l'opera abusiva acquisita deve essere poi demolita, con ordinanza del
dirigente o responsabile dell'ufficio tecnico comunale, a spese dei responsabili
dell'abuso;
- eccezionalmente, però, la demolizione può essere evitata in presenza di
prevalenti interessi pubblici alla conservazione del manufatto - riconosciuti e
dichiarati con deliberazione del Consiglio comunale - purché ciò non contrasti
con rilevanti interessi urbanistici o ambientali.
Dal sistema dianzi delineato si evince la sussistenza di un criterio generale di
preminenza dell'interesse al ripristino dell'assetto territoriale violato,
derogabile soltanto in presenza di fondate ragioni, con riferimento alle quali
la deliberazione consiliare di mantenimento dell'opera abusiva deve essere
motivata. Mentre, infatti, l'art. 15 della legge n. 10/1977 prevedeva il ricorso
alla demolizione solo qualora l'opera non fosse idonea ad essere utilizzata per
fini pubblici, già con l'art. 7 della legge n. 47/1985 è stato previsto che sia
disposta sempre la demolizione "salvo che con deliberazione consiliare non si
dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici".
2. L'ordine di demolizione impartito dal giudice penale ai sensi dell'art. 31,
comma 9, del T.U. n. 380/2001, assolvendo ad un'autonoma funzione
ripristinatoria del bene giuridico leso, ha natura di provvedimento accessorio
rispetto alla condanna principale e costituisce esplicitazione di un potere
sanzionatorio, non residuale o sostitutivo ma svincolato rispetto a quelli
dell'autorità amministrativa, attribuito dalla legge al giudice penale (vedi
Cass., Sez. Unite, 24.7.1996, n. 15, ric. PM in proc. Monterisi; nonché Cass.,
Sez. III, 12.12.2006, De Rosa).
Deve ritenersi definitivamente superata, infatti, in materia urbanistica, "la
visione di un giudice supplente dell'Amministrazione pubblica". Lo stesso
territorio costituisce l'oggetto della tutela posta dalla normativa penale
urbanistica ed a tale tutela sostanziale si riconnette l'attribuzione al giudice
del potere di disporre provvedimenti ripristinatori specifici qualora perduri la
situazione offensiva dell'interesse protetto dalla norma penale.
3. L'acquisizione gratuita dell'opera abusiva al patrimonio disponibile del
Comune, ai sensi dell'art. 31, 3° comma, del D.P.R. n. 380/2001, non è
incompatibile con l'ordine di demolizione emesso dal giudice penale; infatti,
nella prima parte del comma 5 dello stesso articolo, si stabilisce che l'opera
acquisita al patrimonio comunale deve essere demolita con ordinanza del
dirigente o responsabile dell'ufficio tecnico comunale, a spese del responsabile
dell'abuso.
Si avrebbe incompatibilità soltanto se, con deliberazione consiliare, a norma
della seconda parte dello stesso comma 5, si fosse statuito di non dovere
demolire l'opera acquisita [vedi Cass., Sez. III: 31.1.2008, n. 4962, P.G. in
proc. Mancini e altri; 23.1.2007, n. 1904, Turianelli; 29.11.2005, n. 43294,
Gambino ed altro; 13.10.2005, n. 37120, Morelli; 20.5.2004, n. 23647, Moscato ed
altro, 30.9.2003, n. 37120, Bommarito ed altro; 20.1,2003, n. 2406, Gugliandolo;
7.11.2002, n. 37222, Clemente; 17.12.2001, Musumeci ed altra; 29.12.2000, n.
3489, P.M. in proc. Mosca].
Si é già rilevato che l'acquisizione gratuita, in via amministrativa, è
finalizzata essenzialmente alla demolizione, per cui non si ravvisa alcun
contrasto con l'ordine demolitorio impartito dal giudice penale, che persegue lo
stesso obiettivo: il destinatario di tale ordine non potrà ottemperarvi soltanto
se il Consiglio comunale abbia già ravvisato (ovvero sia sul punto di
deliberare) l'esistenza di prevalenti interessi pubblici al mantenimento delle
opere abusive.
Ove il Consiglio comunale non abbia deliberato - invece - il mantenimento
dell'opera, il procedimento sanzionatorio amministrativo (per le opere
realizzate in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con
variazioni essenziali) ha come sbocco unico ed obbligato la demolizione a spese
del responsabile dell'abuso. Non si comprende, dunque, perché il condannato non
possa chiedere al Comune (divenuto frattanto proprietario) l'autorizzazione a
procedere ad una ineludibile demolizione a proprie cura e spese ovvero perché,
indipendentemente dalla proposizione o dalla sorte di una richiesta siffatta,
l'autorità giudiziaria non possa provvedere a quella demolizione che
autonomamente ha disposto, a spese del condannato.
4. Nella fattispecie in esame, non risulta che il Consiglio comunale di Roma
abbia escluso (ex art. 31, 5 comma, del TU. n. 380/2001) la necessità di
procedere alla demolizione dell'immobile abusivo in oggetto, ovvero abbia
ravvisato l'esistenza di prevalenti interessi pubblici al suo mantenimento.
5. La inammissibilità del ricorso non consente il formarsi di un valido rapporto
di impugnazione, per cui non può tenersi conto della prescrizione dei reati
contravvenzionali venuta a scadere il 12.7.2009, cioè in epoca successiva alla
pronuncia della sentenza impugnata ed alla presentazione del gravame (vedi
Cass., Sez. Unite, 21.12.2000, n. 32, ric. De Luca).
6. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e
rilevato che non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto
il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità", alla declaratoria della stessa segue, a norma dell'art. 616
c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento di una
somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione
dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p.,
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di euro mille/00 in favore della
Cassa delle ammende.
ROMA, 20.5.2010
DEPOSITATA IN CANCELLERIA 4 ott. 2010
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