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CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 6/10/2010 (Cc. 2/07/2010), Sentenza n. 35801


INQUINAMENTO - Impianti di smaltimento fumi e polveri - Sequestro preventivo - Esigenze cautelari riferibili ai rischi alla salute dei dipendenti e degli abitanti del territorio limitrofo - Salvaguardia dell'attuale livello occupazionale - Art. 104 bis disp. att. c.p.p. - Art. 2, c. 9, lett. b), L. n. 94/2009. A seguito dell'entrata in vigore dell'art. 104 bis disp. att. c.p.p., inserito nel codice di rito dall'art. 2, comma 9, lett. b), legge 15 luglio 2009, n. 94, in forza del quale "nel caso in cui il sequestro preventivo abbia per oggetto aziende, società ovvero beni di cui sia necessario assicurare l'amministrazione (...) l'autorità giudiziaria, nomina un amministratore giudiziario (...)" nulla osta al fatto che l'attività produttiva continui anche in pendenza di un provvedimento di sequestro preventivo che abbia ad oggetto beni per i quali si ponga un'esigenza di utile gestione. (conferma ordinanza del 22.12.2009 del Tribunale del riesame di Trento), Pres. Onorato, Est. Amoroso, Ric. PM in proc. Spandre ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 6/10/2010 (Cc. 2/07/2010), Sentenza n. 35801

INQUINAMENTO - Sequestro stabilimento inquinante - Prosecuzione dell’attività - Nomina di un amministratore - Poteri che competono al custode - Art. 104 bis disp. atto c.p.p.. Se di norma i poteri che competono al custode sono attinenti alla mera custodia a fini conservativi delle cose in sequestro, la cui disponibilità è opportuno che sia sottratta alla persona sottoposta alle indagini, nulla vieta - ed anzi ora l'art. 104 bis disp. Att. c.p.p. espressamente consente - che nella sfera dei poteri del custode rientri anche l'amministrazione dei beni in sequestro, con esercizio di poteri di vera e propria gestione. Ciò in realtà poteva già desumersi dall’art. 259 c.p.p., applicabile anche al sequestro preventivo ma dopo l’introduzione dell’ari. 104 bis disp. att. c.p.p. deve ritenersi certamente consentito al g.i.p. nel decreto di sequestro preventivo di tenere conto anche di altre esigenze, come quelle produttive ed occupazionali nell' esercizio di una sua scelta discrezionale, e di procedere alla nomina di un amministratore del compendio aziendale sequestrato. Va quindi ribadito che è possibile la nomina di un amministratore dei beni sottoposti a sequestro preventivo perché dia anche corso agli adempimenti necessari a ripristinare Io stato antecedente alla condotta illecita (Cass., sez. III, 9/06/2010, n. 22028). (conferma ordinanza del 22.12.2009 del Tribunale del riesame di Trento), Pres. Onorato, Est. Amoroso, Ric. PM in proc. Spandre ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 6/10/2010 (Cc. 2/07/2010), Sentenza n. 35801

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro preventivo o probatorio - Ricorso per cassazione - Presupposti - Autonomo motivo di ricorso - Limiti - Art. 606, c.1°, lett. e), cod. proc. Pen.. Il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice. Quindi è soltanto la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di una motivazione meramente apparente, in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, ma non l'illogicità manifesta, che può denunciarsi in sede di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di ricorso di cui all'art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen. (Cass., sez. VI, 20/02/2009, n. 7472; Cass., sez. VI, 4/06/2003, n. 24250). (conferma ordinanza del 22.12.2009 del Tribunale del riesame di Trento), Pres. Onorato, Est. Amoroso, Ric. PM in proc. Spandre ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 6/10/2010 (Cc. 2/07/2010), Sentenza n. 35801


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UDIENZA del 2.7.2010

SENTENZA N. 1032

REG. GENERALE N.9848/2010


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale


Composta dagli ill.mi signori Magistrati:

dott. Pierluigi Onorato
I . dott. Alfredo Teresi
2. dott. Amedeo Franco
3. dott. Giovanni Amoroso
4. dott. Silvio Amoresano


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


- sul ricorso proposto dal Procurato della Repubblica presso il Tribunale di Trento nel procedimento penale a carico di SPANDRE Emilio, LEALI Dario, BORTOLOTTI Matteo, TRENTIN Alessandro, DENTI Daniele, MONTELEONE Benedetto, LONATI Laura, TRECCAN I Monica;
- avverso l'ordinanza del 22.12.2009 del Tribunale del riesame di Trento;
- Udita la relazione fatta in pubblica udienza dal Consigliere Giovanni Amoroso;
- Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale dott. Alfredo Montagna, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
- Udito per gli indagati l'avv. Luciano Butti che ha concluso per il rigetto del ricorso;

 

la Corte osserva:


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


1. In data 18.11.2009 il pubblico ministero chiedeva che il giudice per le indagini preliminari disponesse il sequestro preventivo dello stabilimento della Acciaieria Valsugana s.p.a. sito in Borgo Valsugana per i fatti addebitati a:
1) SPANDRE Emilio, dal 21.10.2005 direttore e institore dello stabilimento della Acciaieria Valsugana s.p.a. (già Siderurgica Trentina s.p.a. fino all'agosto 2005), sito in Borgo Valsugana in via Puisle 4;
2) LEALI Dario, amministratore unico della Acciaieria Valsugana s.p.a.
3) BORTOLOTTI Matteo, responsabile Servizio di Prevenzione e
Protezione dai rischi dello stabilimento di Borgo Valsugana della Acciaieria Valsugana s.p.a. dall'anno 2004;
4) TRENTIN Alessandro, responsabile di produzione dello stabilimento di Borgo Valsugana della Acciaieria Valsugana s.p.a., incaricato della supervisione e organizzazione delle varie fasi di lavoro, dalla ricezione delle materie prime alla fase di carico, affinazione, colaggio dell'acciaio;
5) DENTI Daniele, in qualità di chimico responsabile dell'Ufficio indagini ambientali del laboratorio di Chemiricerche s.r.l. avente sede in Mazzano (BS)
6) MONTELEONE Benedetto, in qualità di tecnico addetto all'Ufficio indagini ambientali della Chemiricerche s.r.l. avente sede in Mazzano (BS);
7) LONATI Laura, in qualità di tecnico addetto all'Ufficio indagini ambientali della Chemiricerche s.r.l. avente sede in Mazzano (BS);
8) TRECCANI Monica, in qualità di tecnico dipendente del laboratorio Chemiricerche s.r.l. avente sede in Mazzano (BS);


tutti indagati per i seguenti reati:


(A) LEALI, SPANDRE, BORTOLOTTI, TRENTIN, DENTI, MONTELEONE LONATI
reato p. e p. dagli am. 110, 674,2° comma c.p., 16, 2° comma del digs. n. 59/2005, 279, 2° comma, d.lgs.152 del 2006, 25 del Dpr 203188 per avere, nelle qualità sopra specificate, in concorso fra loro e in concorso e/o cooperazione con altri, in violazione dei doveri e con il mancato esercizio dei poteri propri e inerenti )posizione
rivestita in relazione alle cariche ed incarichi ricevuti ed esercitati nell'ambito della società Acciaieria Valsugana s.p.a. (già Siderurgica Trentina s.p.a.), cagionato o comunque non impedito emissioni moleste e imbrattanti di gas, fumi e polveri con concentrazione di inquinanti in valori superiori ai limiti di legge;
(A1) LEALI, SPANDRE, BORTOLOTTI, TRENTIN
reato p.p. dagli artt. 110, 113, 81 commi 1° e 2°, 674 c.p., 16 1° comma, d.lgs. 18 febbraio 2005 n. 59 per avere, in concorso o cooperazione fra loro, nelle qualità sopra specificate, in violazione dei doveri e/o c on il mancato esercizio dei poteri propri e inerenti alla posizione rivestita in relazione alle cariche ed incarichi ricevuti ed esercitati nell'ambito della società Acciaieria Valsugana s.p.a. (già Siderurgica Trentina s.p. a.), nell'esercizio dello stabilimento di produzione dell'acciaio sito in Borgo Valsugana in via Puisle, cagionato emissioni moleste e imbrattanti di fumi, gas e polveri in assenza di autorizzazione;
(A2) LEALI, SPANDRE, BORTOLOTTI, DENTI, LONATI e MONTELEONE
reato previsto e punito dagli artt. 81, comma 2, 110 e 481 o alternativamente 484 c.p., perché, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro, essendo l'Acciaieria Valsugana s.p.a. obbligata per legge a notificare all'Agenzia Provinciale per la Protezione dell'Ambiente di Trento i dati analitici relativi agli autocontrolli effettuati sulle emissioni dei camini installati presso lo stabilimento di Borgo Valsugana, scrivevano false indicazioni, ovvero il laboratorio Chemiricerche, nell'esercizio di un servizio di pubblica necessità, su indicazione e richiesta dell'Acciaieria Valsugana s.p.a. attestava falsamente in certificati fatti di cui l'atto era destinato a provare la verità;
(B) LEALI, SPANDRE, BORTOLOTTI, TRENTIN
reato p.p. dagli artt. 110 c.p., 16, 1° comma d.lgs. 18 febbraio 2005 n. 59 perché, in concorso fra loro, nelle qualità descritte, effettuavano senza autorizzazione tre diversi scarichi di acque reflue industriali prodotte nello stabilimento di produzione dell'acciaio sito in Via Puisle a Borgo Valsugana;
(C) LEALI, SPANDRE, BORTOLOTTI, TRENTIN
reato p.p. dagli artt. 110, 113 c.p., 64 comma 1 (in relazione all'art. 63 e punto 2.2 dell'allegato IV) del d.lgs. 81/08, come modificato dal d.lgs.106/09 (per il periodo precedente il 20.08.2009, data di abrogazione del D.P.R. 303/56, - articoli 20 e 21 D.P.R. 303 del 19 marzo 1956), per avere, in concorso o cooperazione fra loro, nelle rispettive qualità descritte sopra, mediante omissioni di comportamenti doverosi volti a ridurre lo sviluppo e la diffusione delle emissioni nell'ambiente di lavoro ed in particolare mediante omissione di una adeguata valutazione dei rischi esistenti, permesso o comunque non impedito che i dipendenti addetti allo stabilimento della Acciaieria Valsugana s.p.a. sito in Via Puisle a Borgo Valsugana svolgessero le loro mansioni in un luogo di lavoro non conforme a requisiti di cui all'art. 63 commi 1, 2 e 3 D. Lgs. 81/08.
(D) SPANDRE e TRENTIN
reato previsto e punito dagli artt. 110 c.p. e 256, comma 1 letto B) e comma 5, d.lgs. 152/06, perché, in concorso tra loro, in mancanza della prescritta autorizzazione, presso lo stabilimento della Acciaieria Valsugana s.p.a., ubicato in Borgo Valsugana (TN) in via Puisle n. 4 effettuavano attività di smaltimento di rifiuti speciali pericolosi
(E) TRECCANI e BORTOLOTTI
reato previsto e punito dagli artt. 110, 483 c.p. e 258, comma 4, d.lgs. 152/06, perché, in concorso tra loro, Monica TRECCANI, in qualità di tecnico dipendente del laboratorio Chemiricerche, avente sede in Molinetto di Mezzano (BS) - via L. da Vinci n. 12, e BORTOLOTT1 Matteo, in qualità di responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione dai rischi dello stabilimento dell'Acciaieria Valsugana s.p.a., ubicato in Borgo Valsugana (TN) - via Puisle n. 4, predisponevano un rapporto di prova. contenente false informazioni sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti gestiti dall'Acciaieria Valsugana s.p.a..


2. In . data 30.11.2009 il giudice per le indagini preliminari emetteva decreto con cui disponeva il sequestro preventivo dello stabilimento della Acciaieria Valsugana s.p.a. sito in Borgo Valsugana, permettendo la prosecuzione dell'attività industriale e nominando custode l'Ing. Benedetti Alberto, che veniva autorizzato a gestire l'industria in modo da contenere le emissioni nei limiti di legge. Nel disporre il sequestro preventivo dello stabilimento dell'Acciaieria Valsugana spa il GIP ha nominato quale custode l'ing. Benedetti Alberto, ravvisando l'opportunità di non impedire totalmente l'attività produttiva, in attesa della messa a norma degli impianti di smaltimento fumi e polveri, onde salvaguardare l'attuale livello occupazionale.

3. In data 5.12.2009 la difesa di LEALI, SPANDRE, BORTOLOTTI, TRENTIN impugnavano il provvedimento di sequestro preventivo avanti il Tribunale del riesame, chiedendone la revoca.
In data 15.1.2.2009 il Tribunale del riesame di Trento con ordinanza depositata il 17.12.2009 disponeva il rigetto della richiesta di riesame.


4. In data 7.12.2009 il Pubblico Ministero appellava il provvedimento di sequestro preventivo emesso dal G.i.p.. In particolare il P .M. evidenzia il fatto che non fosse stato assegnato al custode un preciso programma degli interventi con apposizione di vincolanti prescrizioni e di un termine per dar loro attuazione.


Il Tribunale del riesame di Trento in funzione di giudice di appello con ordinanza del 22 dicembre 2009 rigettava l'appello del P.M..


5. Avverso questa pronuncia il P.M. propone ricorso per cassazione con un unico motivo.


MOTIVI DELLA DECISIONE


1. Con il ricorso, articolato in un unico motivo, il P.M. ricorrente ritiene violato il disposto degli artt. 321, comma 1 c.p.p., 104 e 104 bis disp. atto c.p.p..


Nel decreto di sequestro preventivo di data 30.11.2009 il G.i.p. riconosceva che emergevano gravi ed evidenti esigenze cautelari riferibili ai rischi che il protrarsi della conduzione di Acciaieria Valsugana induceva non solo all'ambiente, ma anche alla salute dei dipendenti e degli abitanti del territorio limitrofo.


Pur ritenuta la attualità del periculum di reiterazione dei reati per cui si procedeva, il g.i.p. però aggiungeva che sussiste l'opportunità di non impedire totalmente l'attività produttiva, in attesa che gli impianti di smaltimento fumi e polveri venissero portati a norma, al fine di salvaguardare l'attuale livello occupazionale: esigenza quest'ultima conseguibile con la nomina di un custode idoneo a gestire e portare avanti il processo produttivo nel rispetto dei parametri normativi ed autorizzatori in tema di emissioni.


Per soddisfare tale esigenza il G.i.p. con il proprio decreto del 30.11.09 disponeva si il sequestro preventivo dello stabilimento ma permetteva la prosecuzione dell'attività industriale, nominando un custode che veniva autorizzato a gestire l'industria in modo da contenere le emissioni nei limiti di legge.


Ciò premesso, osserva il P.M. ricorrente che la decisione del Tribunale del riesame di Trento non può essere condivisa poiché essa contraddice la finalità del sequestro preventivo per come previsto e disciplinato dall'art. 321 c.p.p. e cioè la finalità di impedire che la libera disponibilità delle cose possa agevolare o aggravare le conseguenze del reato, ovvero agevolare la commissione di altri reati.


L'ordinanza impugnata - sottolinea il P.M. ricorrente - viola l'art. 321 c.p.p. poiché, da un lato, interviene a distanza di una sola settimana da quella con cui era rigettata la richiesta di dissequestro della difesa e nella assenza di elementi che modifichino le conclusioni tratte in quella sede sul profilo del periculum in mora e, dall'altro lato, permette la prosecuzione della attività industriale, con ciò negando l'attualità del periculum stesso.


2. Il ricorso è infondato.


Come ha esattamente ha osservato il tribunale a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 104 bis disp. att. c.p.p., inserito nel codice di rito dall'art. 2, comma 9, lett. b), legge 15 luglio 2009, n. 94, in forza del quale "nel caso in cui il sequestro preventivo abbia per oggetto aziende, società ovvero beni di cui sia necessario assicurare l'amministrazione (...) l'autorità giudiziaria, nomina un amministratore giudiziario (...)" nulla osta al fatto che l'attività produttiva continui anche in pendenza di un provvedimento di sequestro preventivo che abbia ad oggetto beni per i quali si ponga un'esigenza di utile gestione.


Se di norma quindi i poteri che competono al custode sono attinenti alla mera custodia a fini conservativi delle cose in sequestro, la cui disponibilità è opportuno che. sia sottratta alla persona sottoposta alle indagini, nulla vieta - ed anzi ora l'art. 104 bis disp. atto c.p.p. espressamente consente - che nella sfera dei poteri del custode rientri anche l'amministrazione dei beni in sequestro, con esercizio di poteri di vera e propria gestione.


Ciò in realtà poteva già desumersi dall'art. 259 c.p.p., applicabile anche al sequestro preventivo (Cass., sez. un., 18 maggio 1994 - 3 dicembre 1994, n. 9); cfr. altresì Cass., sez. II, 6 maggio 2009 - 5 giugno 2009, n. 23572, che ha affermato che rientrano nella competenza del g.i.p., in quanto "autorità giudiziaria" che ha disposto il sequestro la nomina del custode per l'amministrazione dei beni sottoposti a sequestro preventivo e la determinazione delle modalità di esecuzione del medesimo.

Ma dopo l'introduzione dell'art. 104 bis cit. deve ritenersi certamente consentito al g.i.p. nel decreto di sequestro preventivo di tenere conto anche di altre esigenze, come quelle produttive ed occupazionali, nell' esercizio di una sua scelta discrezionale, e di procedere alla nomina di un amministratore del compendio aziendale sequestrato.


Va quindi ribadito - come già affermato da questa con riferimento a quest'ultima disposizione (cfr. Cass., sez. III, 29 aprile 2010 9 giugno 2010, n. 22028) - che è possibile la nomina di un amministratore dei beni sottoposti a sequestro preventivo perché dia anche corso agli adempimenti necessari a ripristinare Io stato antecedente alla condotta illecita.


3. Inammissibili sono poi i profili di merito della censura mossa dal P.M. ricorrente all'ordinanza impugnata e riguardanti la compatibilità in concreto della nomina dell'amministratore giudiziario - e quindi della prosecuzione dell'attività produttiva - con la situazione di pericolo posta a fondamento del sequestro preventivo, atteso che con il ricorso per cassazione ex art. 325 c.p.p. contro le ordinanze emesse a norma degli artt. 322-bis e 324 è deducibile solo il vizio di violazione di legge. La giurisprudenza di questa corte (Cass. sez. un., 29 maggio 2008 - 26 giugno 2008, n. 25932; Cass., sez. V, 13 ottobre 2009 - I I novembre 2009, n. 43068) ha affermato in proposito che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in indicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice.


Quindi è soltanto la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di una motivazione meramente apparente, in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, ma non l'illogicità manifesta, che può denunciarsi in sede di Iegittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di ricorso di cui all'art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen. (Cass., sez. VI, 21 gennaio 2009 - 20 febbraio 2009, n. 7472; Cass., sez. VI, 4 aprile 2003 - 4 giugno 2003, n. 24250).


4. Pertanto il ricorso va rigettato.


PER QUESTI MOTIVI


la Corte rigetta il ricorso del pubblico ministero.


Così deciso in Roma, 2 luglio 2010

DEPOSITATA IN CANCELLERIA 6 Ott. 2010



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