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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 7/10/2010 (Ud. 22/07/2010), Sentenza n. 35945
RIFIUTI - BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Attività imprenditoriale inquinante
- Nozione di titolare di impresa o responsabile di ente - Reato di abbandono di
rifiuti - Configurabilità - Art 51, 2° c., d.lgs. n. 22/1997 (ora art. 256, 2°
c., d.lgs. n. 152/2006) - continuità normativa - Fattispecie: discarica abusiva
di lavorazione di agrumi (cd pastazzo) con deturpazione ed alterazione dei
luoghi sottoposti a vincolo paesaggistico (art. 734 c.p.). Ai fini della
configurabilità del reato di abbandono di rifiuti cui all'art. 51, comma
secondo, d.lgs. n. 22 del 1997 - ora art. 256, comma secondo, d.lgs. n. 152 del
2006, in continuità normativa - per titolare di impresa o responsabile di ente
non deve intendersi solo il soggetto formalmente titolare dell'attività ma anche
colui che eserciti di fatto l'attività imprenditoriale inquinante. Nella specie:
il ricorrente è stato sorpreso mentre operava l'attività dello scarico dei
rifiuti in un fiume, ciò assicurando la riferibilità all'imputato di tale azione
ed assicurando che egli è stato chiamato a rispondere direttamente della sua
condotta. L'imputato ha dedotto di essere solo un operario, ma non ha indicato
alle dipendenze di chi lavorasse sicché l'obiezione difensiva mossa è stata
ritenuta generica ed inidonea dai giudici di merito. (dichiara inammissibile il
ricorso avverso sentenza del 5.10.2009 della Corte d'appello di Messina) Pres.
Onorato, Est. Amoroso, Ric. Aronica. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
7/10/2010 (Ud. 22/07/2010), Sentenza n. 35945
RIFIUTI - Discarica abusiva - Realizzazione - Presupposti. La
realizzazione di una discarica può effettuarsi attraverso il vero e proprio
allestimento dell'area con il compimento delle opere occorrenti a tal fine o,
anche, con il ripetitivo accumulo nello stesso luogo di sostanze oggettivamente
destinate all'abbandono con trasformazione, sia pure tendenziale, del sito,
degradato dalla presenza dei rifiuti. (dichiara inammissibile il ricorso avverso
sentenza del 5.10.2009 della Corte d'appello di Messina) Pres. Onorato, Est.
Amoroso, Ric. Aronica. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 7/10/2010 (Ud.
22/07/2010), Sentenza n. 35945
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Giudizio di cassazione - Censura sull'entità
della pena - Nuova valutazione della congruità della pena - Inammissibilità -
Artt. 132 e 133 c.p.. Quando, la graduazione della pena, anche rispetto agli
aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed
attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale la
esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati
negli artt. 132 e 133 c.p. (Cass., sez. VI, 5 dicembre 1991, Lazzari); ne
consegue che è inammissibile la censura che nel giudizio di cassazione miri ad
una nuova valutazione della congruità della pena. (dichiara inammissibile il
ricorso avverso sentenza del 5.10.2009 della Corte d'appello di Messina) Pres.
Onorato, Est. Amoroso, Ric. Aronica. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
7/10/2010 (Ud. 22/07/2010), Sentenza n. 35945
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UDIENZA del 2.7.2010
SENTENZA N. 1313
REG. GENERALE N.60258/2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli ill.mi signori
Magistrati:
dott. Pierluigi Onorato
1. dott. Alfredo Teresi
2. dott. Amedeo Franco
3. dott. Giovanni Amoroso
4. dott. Silvio Amoresano
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da Aronica Agostino, n. Barcellona Pozzo di Gotto il xx.ad.xxxx
avverso la sentenza del 5.10.2009 della Corte d'appello di Messina
- Udita la relazione fatta in pubblica udienza dal Consigliere Giovanni Amoroso;
- Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale dott. Alfredo Montagna
che ha concluso per l'annullamento senza rinvio;
la Corte osserva:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza del 29.11.2007 il Giudice monocratico del Tribunale di
Barcellona F.G., ha ritenuto ARONICA Agostino responsabile del reato di cui
all'art. 51 comma 3 d.lgs. n. 22/1997 per avere realizzato una discarica abusiva
nella quale depositava resti di lavorazione di agrumi (cd pastazzo) per una
quantità di 10.000 Kg circa, nonché per avere deturpato e alterato luoghi
sottoposti a vincolo paesaggistico (art. 734 c.p.).
Per tali fatti l'imputato è stato condannato alla pena di mesi cinque di arresto
ed curo undicimila di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali.
2. Proposto appello da parte dell'imputato, la Corte d'appello di Messina con
sentenza del 5 ottobre 2009, in parziale riforma della sentenza di primo gado,
dichiarava non doversi procedere nei confronti dell'imputato in ordine al reato
di cui al capo B) perché estinto per prescrizione. Rideterminava la pena in
ordine al reato di cui al capo A , e qualificato il fatto ai sensi dell'art 51,
comma secondo, lett. A, D.Lvo 5/2/1997 n° 22, in mesi tre di arresto ed €
10000,00 di ammenda. Confermava nel resto la pronuncia impugnata.
3. Avverso questa pronuncia l'imputato propone ricorso per cassazione con due
motivi con cui denuncia il travisamento dei fatti e delle prove operato dai
giudici del merito in ordine alla fondamentale circostanza che il ricorrente non
era titolare di impresa o responsabile di ente ed il mancato contenimento della
pena inflitta nella pena minima.
4. Il ricorso è inammissibile.
Le censure mosse alla sentenza impugnata sono essenzialmente di fatto e come
tale sono inammissibili in sede di legittimità.
Correttamente la Corte d'appello ha osservato che la realizzazione di una
discarica può effettuarsi attraverso il vero e proprio allestimento dell' area
con il compimento delle opere occorrenti a tal fine o, anche , con il ripetitivo
accumulo nello stesso luogo di sostanze oggettivamente destinate all'abbandono
con trasformazione, sia pure tendenziale, del sito, degradato dalla presenza dei
rifiuti. Nel caso di specie, poi, l'assenza di caratteristiche quantitative e di
sistematicità porta a ritenere che il comportamento dell'imputato debba essere
sussunto nella fattispecie di cui all'art. 51 comma 2 d.lgs. 5 febbraio 1997 n.
22, in quanto effettuato occasionalmente ed in misura limitata.
Nella specie deve in particolare considerarsi che le modalità della discarica
dei rifiuti e il notevole quantitativo di questi (10.000 kg di residui della
lavorazione degli agrumi) mostrano che si trattava di attività di impresa.
Il ricorrente è stato sorpreso mentre operava l'attività dello scarico dei
rifiuti nel fiume; ciò assicura la riferibilità all'imputato di tale azione ed
assicura che egli è stato chiamato a rispondere direttamente della sua condotta.
E' vero che l'imputato ha dedotto di essere solo un operario, ma non ha indicato
alle dipendenze di chi lavorasse sicché l'obiezione difensiva mossa è stata
giustamente ritenuta generica ed inidonea dai giudici di merito.
E' sufficiente considerare infatti che, ai fini della configurabilità del reato
di abbandono di rifiuti cui all'art. 51, comma secondo, d.lgs. n. 22 del 1997 -
ora art. 256, comma secondo, d.lgs. n. 152 del 2006, in continuità normativa -
per titolare di impresa o responsabile di ente non deve intendersi solo il
soggetto formalmente titolare dell'attività ma anche colui che eserciti di fatto
l'attività imprenditoriale inquinante.
Inammissibile è poi la censura sull'entità della pena.
Infatti la graduazione della pena, anche rispetto agli aumenti ed alle
diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella
discrezionalità del giudice di merito, il quale la esercita, così come per
fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133
c.p. (Cass., sez. VI, 5 dicembre 1991, Lazzari); ne consegue che è inammissibile
la censura che nel giudizio di cassazione miri ad una nuova valutazione della
congruità della pena.
5. Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile.
Tenuto poi conto della sentenza 13 giugno 2000 n. 186 della Corte costituzionale
e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la
parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell'inammissibilità medesima
consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento
nonché quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in euro 1.000,00
PER QUESTI MOTIVI
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 2 luglio 2010
DEPOSITATA IN CANCELLERIA 7 Ott. 2010
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