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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/10/2010 (Ud. 2/07/2010), Sentenza n. 37195
RIFIUTI - Inerti derivanti da demolizione di edifici o da scavi di strade -
Deposito - Disciplina vigente - Codice CER 17.00.00 - Art. 51 cc. 1 e 2 D.L.vo
n.22/97 - Art.6 D.L.vo n.22/97 (oggi art.183 D.L.vo n.152/2006). Il deposito
di rifiuti derivanti da demolizioni edili, per essere lecito, deve essere
temporaneo ed effettuato sul posto. La non assimilazione degli inerti derivanti
da demolizione di edifici o da scavi di strade alle terre e rocce da scavo è
stata ribadita con il decreto legislativo n.156 del 2006 (cfr. Cass. pen. sez.3
n.103 del 15.1.2008-Pagliaroli). Pertanto gli inerti provenienti da demolizioni
o da scavi di manti stradali erano e continuano ad essere considerati rifiuti
speciali anche in base al decreto legislativo n.152 del 2006, trattandosi di
materiale espressamente qualificato come rifiuto dalla legge, del quale il
detentore ha l'obbligo di disfarsi avviandolo o al recupero o allo smaltimento
(codice CER 17.00.00). Infine, i residui delle attività di demolizione edile non
costituiscono rifiuti speciali se sono destinati ad essere certamente
riutilizzati. (Dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza del 2.10.2007
del Tribunale di Milano) Pres. Onorato, Est. Amoresano, Ric. Persegoni. CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/10/2010 (Ud. 2/07/2010), Sentenza n. 37195
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Giudicato sostanziale - Atto di impugnazione
invalido ex art.591, c.p.p. - Eccezioni - Effetti e preclusioni - art.606 c. 3,
c.p.p.. L'intervenuta formazione del giudicato sostanziale derivante dalla
proposizione di un atto di impugnazione invalido perché contrassegnato da uno
dei vizi indicati dalla legge (art.591 comma 1, con eccezione della rinuncia ad
un valido atto di impugnazione, e art.606 comma 3), precluda ogni possibilità
sia di far valere una causa di non punibilità precedentemente maturata sia di
rilevarla d'ufficio. L'intrinseca incapacità dell'atto invalido di accedere
davanti al giudice dell'impugnazione viene a tradursi in una vera e propria
absolutio ab instantia, derivante da precise sequenze procedimentali, che
siano in grado di assegnare alle cause estintive già maturate una loro
effettività sul piano giuridico, divenendo altrimenti fatti storicamente
verificatisi, ma giuridicamente indifferenti per essersi già formato il
giudicato sostanziale". (Dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza del
2.10.2007 del Tribunale di Milano) Pres. Onorato, Est. Amoresano, Ric. Persegoni.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/10/2010 (Ud. 2/07/2010), Sentenza n.
37195
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Interpretazione delle prove - Valutazione dei
passaggi processuali - Criteri. Nella valutazione dei passaggi attraverso i
quali si sviluppa la possibilità di verificare se i risultati
dell'interpretazione delle prove siano effettivamente corrispondenti alle
acquisizioni risultanti dagli atti del processo, è necessario accertare se siano
state applicate le regole della logica, le massime di comune esperienza e i
criteri legali dettati in tema di valutazione delle prove, in modo da fornire la
giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza
di altre. (Dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza del 2.10.2007 del
Tribunale di Milano) Pres. Onorato, Est. Amoresano, Ric. Persegoni. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/10/2010 (Ud. 2/07/2010), Sentenza n. 37195
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UDIENZA del 2.7.2010
SENTENZA N. 1310
REG. GENERALE N.5233/2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.
Dott. Pierluigi Onorato
Presidente
Dott. Alfredo Teresi
Consigliere
Dott. Amedeo Franco
Consigliere
Dott. Giovanni Amoroso
Consigliere
Dott. Silvio Amoresano
Consigliere - Rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da:
1) Persegoni Giuliana nata il xx.ad.xxxx
- avverso la sentenza del 2.10.2007 del Tribunale di Milano
- sentita la relazione fatta dal Consigliere Silvio Amoresano
- sentite le conclusioni del P.G.,dr. Alfredo Montagna, che ha chiesto
dichiararsi inammissibile il ricorso
OSSERVA
1) Con sentenza del 2.10.2007 il Tribunale di Milano, in composizione
monocratica, condannava Persegoni Rosaria, previo riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche, alla pena di euro 6.000,00 di ammenda per il
reato di cui all'art.51 commi 1 e 2 lett.a) D.L.vo 22/97 perchè, in qualità di
Amministratore Unico della Ditta "Lavori stradali srl, faceva scaricare e
depositare in modo incontrollato, per la realizzazione di strade interne
all'area di cantiere edile sito in via Guido Rossa, una quantità considerevole
di terra mista con rifiuti inerti provenienti da demolizione (codice CER
17.00.00)".
Assumeva il Tribunale che, attraverso l'istruttoria dibattimentale, era emerso
che personale del Corpo forestale dello Stato e dell'Ufficio ecologia dei Comune
di Buccinasco avevano constatato, a seguito di segnalazione, la realizzazione
nell'area del cantiere edile di una serie di strade rialzate di circa mt. 1,5
sul piano di campagna, con riporto di terra mista ed in parte con rifiuti inerti
provenienti da demolizioni e che la ditta che eseguiva i lavori di costruzione
nell'area di villette a schiera aveva presentato una DIA per i primi lavori di
accantieramento.
Riteneva il Tribunale che non fosse revocabile in dubbio, che l'imputata, nella
sua qualità di amministratore unico della 'Lavori stradali srl", avesse fatto
scaricare e depositare nell'area di cantiere il materiale di cui all'imputazione
per eseguire una serie di strade (o piste) per una lunghezza di circa 800 metri.
Era, altresì, certo che il materiale depositato non era stato sottoposto ad
alcun trattamento e che parte di esso era certamente destinato allo smaltimento.
Tanto premesso, riteneva il Tribunale che i materiali residuati dall'attività di
demolizione edilizia conservassero la natura di rifiuti fino al completamento
delle operazioni di recupero (anche attività di separazione e cernita). Né
d'altra parte, avuto riguardo alla disciplina vigente al momento dei fatti
(art.14 D.L.138/2002, conv,.in L.178/02), poteva ritenersi che il materiale
scaricato e utilizzato fosse direttamente riutilizzabile senza pregiudizio per
l'ambiente. Né certamente poteva parlarsi di deposito temporaneo, provenendo il
materiale da altri cantieri. E neppure di deposito preliminare o di messa in
riserva (di qui l'irrilevanza della prodotta autorizzazione, peraltro non ancora
integrata dalle comunicazioni preventive) non essendo stato il materiale
scaricato in vista delle future operazioni di separazione frantumazione, ma per
realizzare quanto meno la pista necessaria per collocare il frantoio.
2) Propone ricorso per cassazione l'imputato per violazione di legge in
relazione all'art. 51 commi 1 e 2 D.L.vo 22/97 con riferimento alla nozione di
rifiuto prevista all'epoca dall'art.6 (oggi sostituito dall'art.183 D.L.vo
152/2006).
Dopo una premessa in fatto, deduce che il Tribunale non ha valutato
adeguatamente la produzione documentale e le testimonianze. In forza
dell'autorizzazione della Provincia di Milano la società era autorizzata alla
frantumazione dei materiali derivanti dall'attività di demolizione presso i
cantieri in cui necessitava l'utilizzo di detti materiali. Il deposito
temporaneo del materiale da frantumarsi fu preliminare e funzionale alla
realizzazione delle prime strade di cantiere per posizionare il frantoio. Tutto
il materiale trasportato fu effettivamente impiegato nel cantiere.
Contraddittoriamente la motivazione, dopo aver dato atto dell'esistenza
dell'autorizzazione per l'attività di frantumazione, non ne ha tratto la
conseguenza che il materiale presente in loco prima della frantumazione non
costituiva rifiuto ed è incorsa nella violazione dell'art.6 D.L.vo 22/97. Come
chiarito anche dalla S.C. i residui delle attività di demolizione edile non
costituiscono rifiuti speciali se sono destinati ad essere certamente
riutilizzati. Non risulta pertanto integrato il reato di cui al l' art.51
contestato.
Con il secondo motivo denuncia la violazione di legge in relazione all'art.43
c.p.
Stante la difficoltà di distinzione tra rifiuto e materie prime secondarie, è
certamente invocabile la buona fede.
3) Il ricorso è inammissibile perché vengono proposte doglianze infondate e
attinenti al merito della decisione impugnata.
Le censure sollevate dal ricorrente non tengono conto che il controllo demandato
alla Corte di legittimità va esercitato sulla coordinazione delle proposizioni e
dei passaggi attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del
provvedimento impugnato, senza la possibilità di verificare se i risultati
dell'interpretazione delle prove siano effettivamente corrispondenti alle
acquisizioni risultanti dagli atti del processo.
E' necessario cioè accertare se nell'interpretazione delle risultanze
processuali siano state applicate le regole della logica, le massime di comune
esperienza e i criteri legali dettati in tema di valutazione delle prove, in
modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate
conclusioni a preferenza di altre (cfr.ex multis Cass.pen.sez.1 RV214567).
3.1) Il Tribunale, con motivazione congrua, adeguata e priva di erronea
applicazione della legge penale, ha valutato compiutamente il materiale
probatorio ed ha ritenuto configurabile il reato contestato in quanto il
deposito di rifiuti derivanti da demolizioni edili, per essere lecito, deve
essere temporaneo ed effettuato sul posto. Secondo la giurisprudenza di questa
Corte gli inerti provenienti da demolizioni e costruzioni non sono assimilabili
alle terre e rocce da scavo, perché previsti come rifiuti speciali dall'art.7
comma 3 lett.b) del decreto Ronchi e vanno distinti dai rifiuti pericolosi
provenienti da attività di scavo. Questi ultimi, ossia i rifiuti provenienti
dalle attività di scavo, erano esclusi dalla disciplina sui rifiuti alle
condizioni stabilite con l'art.1 comma 17-19 della legge 21 dicembre 2001 n.443,
che interpretava autenticamente sia il comma 3 lett.b) dell'art.7 del decreto
Ronchi, che l'art.8 lett.f) bis del menzionato decreto, lettera inserita con
l'art.10 comma 1 legge 23 marzo 2001 n.93. La non assimilazione degli inerti
derivanti da demolizione di edifici o da scavi di strade alle terre e rocce da
scavo è stata ribadita con il decreto legislativo n.156 del 2006 (cfr. Cass. pen.
sez.3 n.103 del 15.1.2008-Pagliaroli).
Pertanto gli inerti provenienti da demolizioni o da scavi di manti stradali
erano e continuano ad essere considerati rifiuti speciali anche in base al
decreto legislativo n.152 del 2006, trattandosi di materiale espressamente
qualificato come rifiuto dalla legge, del quale il detentore ha l'obbligo di
disfarsi avviandolo o al recupero o allo smaltimento (codice CER 17.00.00).
3.2) Quanto alla autorizzazione ha correttamente rilevato il Tribunale, da un
lato che essa, non era stata, in quel momento, ancora integrata dalle
comunicazioni -obbligatoriamente preventive- che avrebbero legato l'attività del
frantoio mobile (e dunque degli scarichi) alla specifica area" e, dall'altro,
che, sulla base delle risultanze processuali, il materiale non era stato
scaricato in vista delle operazioni di separazione e frantumazione "ma per
realizzare quanto meno la pista necessaria per collocare adeguatamente il
frantoio; gli scarichi dunque non sono avvenuti per la successiva attività, ma
per un utilizzo immediato contra legem".
3.3) La manifesta infondatezza del ricorso impedisce poi la declaratoria della
prescrizione maturata dopo la emissione della sentenza impugnata.
Questa Corte si é pronunciata più volte sul tema anche a sezioni unite (per
ultimo sent.n.23428/2005-Bracale). Operando una sintesi delle precedenti
decisioni (cfr.sez.un.30.6.1999, Piepoli; sez.un. 22.11.2000, De Luca), tale
sentenza ha enunciato il condivisibile principio che l'intervenuta formazione
del giudicato sostanziale derivante dalla proposizione di un atto di
impugnazione invalido perché contrassegnato da uno dei vizi indicati dalla legge
(art.591 comma 1, con eccezione della rinuncia ad un valido atto di
impugnazione, e art.606 comma 3), precluda ogni possibilità sia di far valere
una causa di non punibilità precedentemente maturata sia di rilevarla d'ufficio.
L'intrinseca incapacità dell'atto invalido di accedere davanti al giudice
dell'impugnazione viene a tradursi in una vera e propria absolutio ab
instantia, derivante da precise sequenze procedimentali, che siano in grado
di assegnare alle cause estintive già maturate una loro effettività sul piano
giuridico, divenendo altrimenti fatti storicamente verificatisi, ma
giuridicamente indifferenti per essersi già formato il giudicato sostanziale".
3.4) Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi
atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità,
al versamento a favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria, che
pare congruo determinare in euro 1.000,00, ai sensi dell'art.616 c.p.p..
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di euro 1.000,00 in favore della
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 2 luglio 2010
DEPOSITATA IN CANCELLERIA 19 Ott. 2010
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