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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 12/11/2010 (Cc. 6 ott. 2010) Sentenza n. 40075
DIRITTO URBANISTICO - CAVE E TORBIERE - Attività di apertura e di
coltivazione di una cava - Autorizzazione e controllo - Competenza - Manufatti
edilizi connessi con il ciclo produttivo - Natura precaria - Permesso di
costruire - Esclusione - Manufatti edilizi con durevole trasformazione del
territorio - Permesso di costruire - Necessità - Art.10 T.U.E. n.380/2001.
L'attività di apertura e di coltivazione di una cava, pur comportando la
trasformazione del territorio, non è subordinata al controllo edilizio comunale.
La compatibilità della coltivazione della cava con gli interessi urbanistici è
oggetto di accertamento da parte della Regione al momento del rilascio della
autorizzazione per lo sfruttamento dei giacimenti che stabilisce, di solito,
l'obbligo di successiva restituzione del luogo allo stato precedente. Tale
obbligo non rende tutte le opere realizzate nella cava di natura precaria o,
comunque, non assoggettate al regime del permesso di costruire e su tale tema
necessita fare una distinzione. Pertanto, non richiedono il permesso di
costruire i manufatti edilizi non destinati a durare nel tempo, ma ad essere
rimossi dopo il momentaneo uso e le attività di trasformazione del sito di
natura contingente. Sicché, gli interventi che non hanno le ricordate
caratteristiche, anche se connesse con il ciclo produttivo della attività
estrattiva, devono svolgersi nel rispetto dei piani di settore e delle norme
urbanistiche e richiedono il permesso di costruire, a sensi dell'art.10 TU
n.380/2001, se determinano una durevole trasformazione del territorio (Cass.
Sez.3 sentenza n° 18546/2010). (conferma ordinanza n. 8/2010 TRIB. LIBERTA' di
SONDRIO, del 19/03/2010) Pres. Squassoni Est. Squassoni Ric. PM in proc.
Bartolini. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 12/11/2010 (Cc. 6 ott. 2010)
Sentenza n. 40075
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UDIENZA del 06.10.2010
SENTENZA N. 1237
REG. GENERALE N.13856/2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. CLAUDIA SQUASSONI
- Rel. Presidente
Dott. MARIO GENTILE
- Consigliere
Dott. AMEDEO FRANCO
- Consigliere
Dott. GIOVANNI AMOROSO
- Consigliere
Dott. ELISABETTA ROSI
- Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PMT PRESSO TRIBUNALE DI SONDRIO nei confronti di:
1) BA. GI. N. IL ad/xx/xxxx
- avverso l'ordinanza n. 8/2010 TRIB. LIBERTA' di SONDRIO, del 19/03/2010
- sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CLAUDIA SQASSONI;
- sentite le conclusioni del PG Dott. Montagna Alfredo che ha concluso per
l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
- Uditi difensori Avv. Muffatti Antonio;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ordinanza 19 marzo 2010, il Tribunale di Sondrio ha revocato il decreto di
sequestro preventivo che gravava su di una area adibita a cava e sulla quale era
installato un impianto mobile di frantumazione e realizzati muri che la pubblica
accusa ha ritenuto abusivi.
Per giungere a tale conclusione, i Giudici hanno rilevato che l'impianto aveva
ottenuto nello more del procedimento una autorizzazione regionale in variante
che non doveva essere integrata dal permesso di costruire per le seguenti
ragioni.
Trattasi di strutture per attività produttive che non comportavano una
trasformazione permanente del territorio e, pertanto, non costituivano nuove
opere a sensi dell'art.3 punto C3 TU 380/2001 e non necessitavano di permesso di
costruire; erano considerate dalla Legge Regionale Lombardia (art. 27 L.12/2005)
"strutture temporanee di cantiere", che non richiedevano titolo abilitativo;
avevano, inoltre, natura provvisoria (in quanto erano smantellare e
riposizionate con il proseguire della coltivazione) e dovevano essere rimosse ad
attività estrattiva conclusa.
Tale situazione - hanno concluso i Giudici - fa venire meno il periculum in
mora e non sussistono i presupposti per la applicazione dell'art.321 c.2 cpp
dal momento che l'area non è confiscabile.
Per l'annullamento della ordinanza, ha proposto ricorso per Cassazione il
Procuratore della Repubblica deducendo difetto di motivazione e violazione di
legge sulla non necessità del permesso di costruire, in particolare, rilevando:
- che, dal testo del provvedimento, non è chiaro se le opere in esame non
richiedevano il permesso di costruire perché era sufficiente la autorizzazione
regionale o perché erano di natura provvisoria;
- che a sensi dell'art.35 Legge Regione Lombardia 14/1998, l'autorizzazione è
solo il presupposto per il rilascio del permesso di costruire di competenza
comunale : la norma definisce, anche, quali opere siano da considerarsi di
pertinenza della cava (tra le quali non sono annoverate quelle per cui è
procedimento);
- che è erronea la interpretazione dell'art.3 TU 380/2001 perché l'impianto di
frantumazione, per la sua entità, comporta una trasformazione permanente del
suolo.
Inoltre, il ricorrente censura la motivazione sulla mancanza di esigenze
cautelari perché collegata solo all'ipotesi dell'art.321 c.2 cpp.
L'indagato ha presentato una memoria per contrastare gli assunti dell'atto di
ricorso.
*******************
L'attività di apertura e di coltivazione di una cava, pur comportando la
trasformazione del territorio, non è subordinata al controllo edilizio comunale;
la compatibilità della coltivazione della cava con gli interessi urbanistici è
oggetto di accertamento da parte della Regione al momento del rilascio della
autorizzazione per lo sfruttamento dei giacimenti che stabilisce, di solito,
l'obbligo di successiva restituzione del luogo allo stato precedente.
Tale obbligo non rende tutte le opere realizzate nella cava di natura precaria
o, comunque, non assoggettate al regime del permesso di costruire e su tale tema
necessita fare una distinzione.
Non richiedono il permesso di costruire i manufatti edilizi non destinati a
durare nel tempo, ma ad essere rimossi dopo il momentaneo uso e le attività di
trasformazione del sito di natura contingente.
Gli interventi che non hanno le ricordate caratteristiche, anche se connesse con
il ciclo produttivo della attività estrattiva, devono svolgersi nel rispetto dei
piani di settore e delle norme urbanistiche e richiedono il permesso di
costruire, a sensi dell'art.10 TU 380/2001, se determinano una durevole
trasformazione del territorio (ex plurimis Cass. Sez.3 sentenza n°
18546/2010).
Sul punto, è appena il caso di rilevare che richiedono il permesso di costruire
le attività di edificazione e quelle di modifica dello stato del suolo per
adattarlo ad un impegno diverso da quello che gli è proprio per la sua
condizione naturale o per qualificazione giuridica.
Ora i Giudici hanno rilevato che i muri destinati a formare i piazzali di
sostegno dello impianto sono continuamente smantellati e riposizionati con il
progredire della attività di coltivazione ( e su questa ricostruzione fattuale,
nel ricorso non sono proposte censure): consegue che tali interventi hanno
natura precaria e saranno definitivamente rimossi con ripristino del luogo ad
attività estrattiva conclusa.
Pertanto, tali opere non necessitavano di previo permesso di costruire.
L'impatto dello impianto di frantumazione (la cui installazione è attualmente
autorizzata) con l'ambiente è stato valutato in modo positivo dalla Regione al
momento del rilascio della relativa autorizzazione e determina una alterazione
del suolo utilizzato come cava che è insita nella attività estrattiva.
Consegue che (impregiudicata la valutazione sulla sussistenza del reato commesso
fino al rilascio della su ricordata autorizzazione) il proseguire della attività
della cava non determina un aggravamento nel tempo o un incremento in intensità
della lesione del bene protetto come correttamente rilevato dal Tribunale.
In base a tale considerazione, la Corte rileva che la conclusione sulla
insussistenza del periculum in mora è condivisibile (pur con l'inconferente
richiamo all'art.321 c.2 cpp).
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Roma, 6 ottobre 2010
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 12 Nov. 2010
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