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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 18/11/2010 (Ud. 21/10/2010), Sentenza n. 40860
RIFIUTI - Materiali di risulta di costruzioni e demolizioni - Disciplina sui
rifiuti - Applicabilità - Presupposti - All. A, art. 6, c. 1 lett. a) d.Lgs.
22/1997 ora d. Lgs. n. 152/2006. I materiali di risulta di costruzioni e
demolizioni [categoria espressamente incluse nell'allegato A di cui all'art. 6,
comma 1 lett. a) d.Lgs. 22/1997 ora d. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152] rientrano
nella nozione generale dei rifiuti, trattandosi di cose oggettivamente destinate
all'abbandono, a nulla rilevando l'intenzione di riutilizzo da parte del
detentore, la cui facoltà di recupero è condizionata a precisi adempimenti, in
mancanza dei quali materiali in questione vanno considerati, comunque, cose di
cui il detentore ha l'obbligo di disfarsi. (conferma sentenza del Tribunale di
Napoli in Ischia in data 4.06.2009) Pres. Ferrua, Est. Teresi, Ric. Di Costanzo.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 18/11/2010 (Ud. 21/10/2010), Sentenza
n. 40860
RIFIUTI - Movimentazione dei rifiuti effettuato in via eccezionale - Reato di
trasporto illecito - Mezzi propri non autorizzati - Iscrizione all'Albo
nazionale - Art. 256, c. 1°, D. Lgs. n. 152/2006. In tema di gestione dei
rifiuti, integra il reato di trasporto illecito [oggi disciplinato dall'art.
256, comma primo, d. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152] la movimentazione dei rifiuti
che, pur avendo avuto inizio in area private, sia obiettivamente finalizzata al
loro trasporto all'esterno a tale area, non essendo applicabile in questo caso
la norma derogatoria di cui all'art. 193, comma 9, del citato decreto che
sottrae alla disciplina dei rifiuti esclusivamente il trasporto in area private
a condizione che lo stesso sia finalizzato ad una diversa sistemazione dei
rifiuti all'interno delle predette area ed in quanto i rifiuti medesimi non
siano destinati all'esterno [Cassazione Sezione III n. 5312/2008]. Ne consegue
che il trasporto di tali rifiuti, anche se prodotti nell'esercizio della
medesima attività d'impresa, richiede l'iscrizione all'Albo nazionale di cui 30
del decreto n. 22/1997 stante che, integra il reato di cui all'art. 256. comma
primo, d. Lgs. n. 152 del 2006, il trasporto di rifiuti propri non pericolosi,
sebbene effettuato in via eccezionale, nel caso in cui il produttore, non
avvalendosi della prestazioni di imprese esercenti servizi di smaltimento
regolarmente autorizzate ed iscritte all'Albo nazionale dei gestori ambientali,
abbia utilizzato mezzi propri non autorizzati (Cassazione Sezione III n.
8300/2010). (conferma sentenza del Tribunale di Napoli in Ischia in data
4.06.2009) Pres. Ferrua, Est. Teresi, Ric. Di Costanzo. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE, Sez. III, 18/11/2010 (Ud. 21/10/2010), Sentenza n. 40860
RIFIUTI - Materiali provenienti da demolizione edilizia - Riutilizzo -
Presupposti - Cd. test di cessione - Fattispecie: trasferimento non autorizzato
di rifiuti de loco ad locum - D.M. 5/02/1998 - Artt. 33 e 51 , c. 1°, lett. a)
D.Lgs. n. 22/1997 - D. Lgs. n. 152/2006. I materiali provenienti da
demolizione edilizia sono rifiuti speciali non pericolosi e possono essere
riutilizzati nello stesso od in diverso ciclo produttivo - ad esempio nelle
opere di riempimento previo preventive "test di cessione" degli stessi, in
conformità al D.M. 5 febbraio 1998, in modo da non recare pregiudizio
all'ambiente; in assenza del menzionato test ogni recupero dei materiali
cosiddetti risulta integra la contravvenzione di cui all'art. 51 , comma primo,
lett. a) del D.Lgs. n. 22 del 1997. [Cassazione Sezione III n. 30127/2004]. In
fatto, a stato accertato, che rifiuti non pericolosi sono stati trasportati,
dall’autista dipendente della ditta, da un cantiere della ditta presso un
terreno appartenente allo stesso titolare sito in altro luogo ove riversarli in
una scarpata su rifiuti dello stesso tipo già depositati. Il che esclude la
finalità di riutilizzo o di recupero, nonché la cosiddetta messa in riserva,
regolamentata dal DM 5 febbraio 1998, sottoposta a procedura semplificata ex
art. 33 del D.Lgs. n. 22 del 1997, [che avrebbe comportato, nella specie,
operazioni di raccolta in cantiere di materiale proveniente da demolizione, non
destinata ad alcun riutilizzo (Cassazione Sezione III n. 21576/2004) denotando
l’esercizio di attività di smaltimento. Si trattava, cioè, di un non autorizzato
trasferimento di rifiuti de loco ad locum, idonea a rendere configurabile il
reato contestato, non essendo necessario menzionare una condotta di smaltimento,
peraltro, poi, effettivamente concretatasi. (conferma sentenza del Tribunale di
Napoli in Ischia in data 4.06.2009) Pres. Ferrua, Est. Teresi, Ric. Di Costanzo.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 18/11/2010 (Ud. 21/10/2010), Sentenza
n. 40860
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Principio di necessaria correlazione tra
sentenza e accusa contestata - Nozione strutturale di fatto - Potere del giudice
e diritto alla difesa - Art. 521 c.p.p.. Non s'incorre nella violazione
dell'obbligo della correlazione tra sentenza e accusa contestata, quando il
fatto storico addebitato rimanga identico con riferimento al triplice elemento
della condotta, dell'evento e dell'elemento psicologico dell'autore. Dovendo la
nozione strutturale di fatto, contenuta nella disposizione di cui all'art. 521
c.p.p., essere collegata a quella funzionale, fondata sull'esigenza di reprimere
solo le effettive lesioni del diritto di difesa, il principio di necessaria
correlazione tra accusa contestata, oggetto di un potere del PM, e decisione
giurisdizionale, oggetto del potere del giudice, risponde all'esigenza di
evitare che l'imputato sia condannato per un fatto rispetto al quale non abbia
potuto adeguatamente difendersi (cfr. Cassazione Sezione IV, n. 41663/2005;
Sezione III n. 19118/2008). (conferma sentenza del Tribunale di Napoli in Ischia
in data 4.06.2009) Pres. Ferrua, Est. Teresi, Ric. Di Costanzo. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 18/11/2010 (Ud. 21/10/2010), Sentenza n. 40860
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UDIENZA del 21.10.2010
SENTENZA N. 1608
REG. GENERALE N.4374/2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli M.mi Signori:
dott. Giuliana. Ferrua
Presidente
1. dott. Alfredo Teresi
Consigliere rel.
2. dott. Amedeo Franco
Consigliere
3. dott. Silvio Amoresano
Consigliere
4. dott. Giulio Sarno
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sui ricorsi proposti da Di Co. Ge., nato a Barano d'Ischia il 20.03.1962, e da
Bu. Au., nato a Ischia il 6.02.1953;
- avverso la sentenza del Tribunale di Napoli in Ischia in data 4.06.2009 che li
ha condannati alla pena dell'ammenda per il reato di cui all'art. 51, comma 1
lett.a) del d. Lgs. n. 22/1997;
- Visti gli atti, la sentenza denunziata e i ricorsi;
- Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere dott. Alfredo Teresi;
- Sentito il PM nella persona del PG, dott. Giuseppina Fodaroni, che ha chiesto
dichiararsi inammissibili i ricorsi;
- Sentito il difensore dei ricorrenti, avv. Filippo Di Costanzo, che ha chiesto
l'accoglimento dei ricorsi;
osserva
Con sentenza in data 4.06.2009 il Tribunale di Napoli in Ischia condannava Di
Co. Ge. e Bu. Au. alla pena dell'ammenda per avere [Di Ge., quale proprietario
dell'automezzo targato Fl xxx e titolare di una ditta edile, nonché committente
del trasporto, e Bu., quale conducente dell'automezzo] trasportato col suddetto
automezzo, in mancanza della prescritta iscrizione nell'albo nazionale delle
imprese esercenti servizi di smaltimento dei rifiuti di cui all'art. 30 del
medesimo decreto, rifiuti costituiti da materiali edili di risulta che
stoccavano in un suolo di proprietà di Di Costanzo.
Le fasi del trasporto dei materiali e del loro riversamento in un vallone erano
state seguite da finanzieri che avevano costatato the nel sito di scarico
esisteva altro materiale dello stesso tipo di quello trasportato.
Proponevano ricorsi per cassazione gli imputati denunciando violazione di legge;
mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione
• sulla ritenuta configurabilita del reato perché il materiale era stato
trasportato da un cantiere edile gestito dalla ditta Di Co. fino al deposito di
proprietà del predetto per il successivo riutilizzo. Trattandosi di rifiuto
prodotto nell'esercizio della medesima attivita d'impresa, e non da terzi, non
occorreva l'iscrizione all'albo nazionale per le imprese esercenti servizi di
smaltimento rifiuti. Inoltre "relativamente allo stoccaggio avvenuto nel
cantiere la motivazione risultava contraddittoria" perché i rifiuti stoccati
erano stati successivamente smaltiti presso una ditta specializzata. Né era
normativamente previsto riutilizzo nello stesso cantiere, anche se doveva
ritenersi che il trasporto era avvenuto nell'ambito dello stesso cantiere della
ditta edile essendo il deposito parte integrante del cantiere dove era stata
eseguita la demolizione;
• in ordine alla dedotta divergenza tra accusa e sentenza poiché l'espressione
del capo d'imputazione "poi stoccavano in un'area sita in località Pallarino di
proprietà Di Co." "non costituiva contestazione di reato" dovendo essere usata,
per potere pervenire alla condanna, la locuzione "smaltivano". Conseguentemente
la violazione del diritto di difesa rendeva nulla la sentenza;
• sull'esclusione di una fattispecie di messa in riserva dei rifiuti, sottoposta
alla procedura semplificata di cui all'art. 33 del d. lgs. n. 22/1977 per la
quale non è necessaria l'autorizzazione, ma a sufficiente la tenuta dei registri
di carico e scarico e delle bolle di trasporto;
• sull'omessa declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, maturatasi
prima della sentenza di condanna, ovvero perché non potevano essere computati
nei periodi di sospensione del decorso della prescrizione i rinvii disposti per
l'astensione del difensore ed anche per la citazione dei testimoni che non erano
comparsi.
Gli imputati eccepivano, infine, la nullità della sentenza perche emessa in un
procedimento incardinato con un decreto di citazione a giudizio viziato di
nullità insanabile, giacché a sua volta emesso a seguito di decreto penale di
condanna nullo per indeterminatezza dell'oggetto stante che la pena risultava
stabilita per tali Tammaro e Autiero, sicché essi non erano stati posti in
condizione di esercitare pienamente il loro diritto di difesa.
Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile con
le conseguenze di legge.
L'eccezione di nullità della sentenza non è puntuale perche il decreto penale di
condanna, emesso in data 13.07.2005, non è affetto da vizi, come asserito in
ricorso, stante che indica esattamente i nomi degli imputati e le pene irrogate
dal GIP, sicche è irrilevante che nella richiesta di emissione del decreto
avanzata dal PM fossero stati inseriti anche nominativi di persone estranee al
reato, limitatamente alle pene da infliggere.
L'errore a stato superato dal decreto penale di condanna che ha autonomamente
determinato le pene con specifico riferimento agli imputati del presente
processo.
Né è puntuale l'altra eccezione di mancanza di correlazione tra accusa e
sentenza.
Non s'incorre nella violazione dell'obbligo della correlazione tra sentenza e
accusa contestata, quando il fatto storico addebitato rimanga identico con
riferimento al triplice elemento della condotta, dell'evento e dell'elemento
psicologico dell'autore.
Dovendo la nozione strutturale di fatto, contenuta nella disposizione di cui
all'art. 521 c.p.p., essere collegata a quella funzionale, fondata sull'esigenza
di reprimere solo le effettive lesioni del diritto di difesa, il principio di
necessaria correlazione tra accusa contestata, oggetto di un potere del PM, e
decisione giurisdizionale, oggetto del potere del giudice, risponde all'esigenza
di evitare che l'imputato sia condannato per un fatto rispetto al quale non
abbia potuto adeguatamente difendersi [cfr. Cassazione Sezione IV, n.
41663/2005; Sezione III n. 19118/2008, RV. 239873}.
Nel caso in esame, il tribunale non ha introdotto un fatto diverso, ma ha
fondato la decisione sullo stesso fatto (minutamente descritto nell'imputazione)
ritenendo che integrasse l'ipotesi di trasporto illecito di rifiuti non
pericolosi, come chiaramente enunciato nell'imputazione con la specificazione
che i materiali edili di risulta venivano stoccati in una località diversa dal
cantiere edile da cui erano stati prelevati.
Si trattava, cioè, di un non autorizzato trasferimento di rifiuti de loco ad
locum, idonea a rendere configurabile il reato contestato, non essendo
necessario menzionare una condotta di smaltimento, peraltro, poi, effettivamente
concretatasi, come ammesso in ricorso.
E' anche erronea la censura di omessa declaratoria di estinzione del reato per
prescrizione.
Il reato a stato accertato in data 8.02.2005.
Al termine massimo di prescrizione vanno sommati i tempi di sospensione del
processo per rinvii del dibattimento disposti su richiesta della difesa [e non
già per l'impossibilità di svolgere incombenti istruttori, come asserito in
ricorso] calcolati in un anno, mesi 4 giorni 22, sicché alla data della
pronuncia della sentenza la prescrizione non si era maturata.
Nel resto, i ricorsi, di contenuto identico, propongono censure disorganiche,
ripetitive e contraddittorie contestando la ricostruzione fattuale operata dal
giudice e muovendo erronee argomentazioni giuridiche.
In fatto, a stato accertato, con motivazione incensurabile, che rifiuti non
pericolosi sono stati trasportati, dal Bu., autista dipendente della ditta Di
Co., da un cantiere della ditta presso un terreno appartenente allo stesso Di
Co. e sito in località Pallarino ove sono stati riversati in una scarpata su
rifiuti dello stesso tipo già depositati in loco; il che esclude la segnalata
finalità di riutilizzo o di recupero, nonché la cosiddetta messa in riserva,
regolamentata dal DM 5 febbraio 1998, sottoposta a procedura semplificata ex
art. 33 del citato decreto, [che avrebbe comportato, nella specie, operazioni di
raccolta in cantiere di materiale proveniente da demolizione, non destinata ad
alcun riutilizzo; cfr. Cassazione Sezione III n. 21576/2004 RV. 228720] e denota
esercizio di attività di smaltimento [peraltro ammessa dai ricorrenti, secondo
cui il materiale trasportato "è stato successivamente consegnato ad una ditta
specializzata per lo smaltimento dopo essere stata analizzata", ma non oggetto
di contestazione].
I materiali di risulta di costruzioni e demolizioni [categoria espressamente
incluse nell'allegato A di cui all'art. 6, comma 1 lett. a) d.Lgs. 22/1997]
rientrano nella nozione generale dei rifiuti, trattandosi di cose oggettivamente
destinate all'abbandono, a nulla rilevando l'intenzione di riutilizzo da parte
del detentore, la cui facoltà di recupero è condizionata a precisi adempimenti,
in mancanza dei quali materiali in questione vanno considerati, comunque, cose
di cui il detentore ha l'obbligo di disfarsi
[Cassazione Sezione III n. 30127/2004, RV. 229467: "I materiali provenienti da
demolizione edilizia sono rifiuti speciali non pericolosi e possono essere
riutilizzati nello stesso od in diverso ciclo produttivo - ad esempio nelle
opere di riempimento previo preventive "test di cessione" degli stessi, in
conformità al D.M. 5 febbraio 1998, in modo da non recare pregiudizio
all'ambiente; in assenza del menzionato test ogni recupero dei materiali
cosiddetti risulta integra la contravvenzione di cui all'art. 51 , comma primo,
lett. a) del D.Lgs. n. 22 del 1997].
Ciò premesso, va osservato che, "in tema di gestione dei rifiuti, integra il
reato di trasporto illecito [oggi disciplinato dall'art. 256, comma primo, d.
Lgs. 3 aprile 2006 n. 152] la movimentazione dei rifiuti che, pur avendo avuto
inizio in area private, sia obiettivamente finalizzata al loro trasporto
all'esterno a tale area, non essendo applicabile in questo caso la norma
derogatoria di cui all'art. 193, comma 9, del citato decreto che sottrae alla
disciplina dei rifiuti esclusivamente il trasporto in area private a condizione
che lo stesso sia finalizzato ad una diversa sistemazione dei rifiuti
all'interno delle predette area ed in quanto i rifiuti medesimi non siano
destinati all'esterno" [Cassazione Sezione III
n. 5312/2008, RV. 239055].
Ne consegue che il trasporto di tali rifiuti, anche se prodotti nell'esercizio
della medesima attività d'impresa, richiede l'iscrizione all'Albo nazionale di
cui 30 del decreto n. 22/1997 stante che "Integra il reato di cui all'art. 256.
comma primo, d. Lgs. n. 152 del 2006 il trasporto di rifiuti propri non
pericolosi, sebbene effettuato in via eccezionale, nel caso in cui il
produttore, non avvalendosi della prestazioni di imprese esercenti servizi di
smaltimento regolarmente autorizzate ed iscritte all'Albo nazionale dei gestori
ambientali, abbia utilizzato mezzi propri non autorizzati" [Cassazione Sezione
III n. 8300/2010, RV 246334], circostanza neppure enunciata in ricorso.
PQM
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento
delle spese del procedimento e, ciascuno, al versamento alla cassa delle ammende
della somma di €. 1.000.
Cosi deciso in Roma nella pubblica udienza 21.10.2010.
DEPOSITATA CANCELLERIA il 18 Nov. 2010
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