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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/11/2010 (Ud. 21/10/2010), Sentenza n. 41016



RIFIUTI - Demolizione di edifici o scavi di strade - Assimilazione alle terre e rocce da scavo - Esclusione - Caratteristica di rifiuti speciali - Continuità normativa - Artt.7 c.3 lett.b) e 8 lett.f) bis D. L.vo n.22/1997 - Art.1 c. 17-19 L. n.443/2001 - Art.10 c.1 L. n.93/2001 - Decreto legislativo n.156/2006. I rifiuti provenienti dalle attività di scavo, erano esclusi dalla disciplina sui rifiuti alle condizioni stabilite con l'art.1 comma 17-19 della legge 21 dicembre 2001 n.443, che interpretava autenticamente sia il comma 3 lett.b) dell'art.7 del decreto Legislativo n.22/1997 (c.d. Ronchi), che l'art.8 lett.f) bis del menzionato decreto, lettera inserita con I'art.10 comma 1 legge 23 marzo 2001 n.93. La non assimilazione degli inerti derivanti da demolizione di edifici o da scavi di strade alle terre e rocce da scavo è stata ribadita con il decreto legislativo n.156 del 2006 (Cass. pen. sez.3 n.103 del 15.1.2008 Pagliaroli). Pertanto, gli inerti provenienti da demolizioni di edifici o da scavi di manti stradali erano e continuano ad essere considerati rifiuti speciali anche in base al decreto legislativo n.152 del 2006, trattandosi di materiale espressamente qualificato come rifiuto dalla legge, del quale il detentore ha l'obbligo di disfarsi avviandolo o al recupero o allo smaltimento. (conferma sentenza del 23.62009 del Tribunale di Milano) Pres. Ferrua, Est. Amoresano, Ric. Guadagnolo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/11/2010 (Ud. 21/10/2010), Sentenza n. 41016

RIFIUTI - Rifiuti speciali - Trattamenti ed operazioni di recupero - Disciplina applicabile - Cd. test di cessione - Art.14 D.L. n.138/2002, conv. L. n.178/2002 - Art.7 c.3°, D.L.gs n.22/1997, ora art.184, c.3° D.Lgs. n.152/2006. I rifiuti speciali previsti dall'art.7 comma terzo D.L.gs n.22 del 1997, ora art.184, comma terzo D.Lgs. n.152 del 2006, sono sottratti, in quanto rappresentati da una congerie di materiali di vario tipo necessitanti, prima del loro nuovo uso, di preventivi trattamenti ed operazioni di recupero (vagliatura, cernita, separazione, rimozione di eventuali sostanze inquinanti, recupero di metalli e composti metallici, frantumazione etc.) previste negli allegati al D.Lgs. n.22 del 1997, all'ambito di applicabilità delle deroghe di cui all'art.14 D.L. n.138 del 2002, conv. con la L.n.178 del 2002 (Cass. Sez. III, sentenza n.7465 del 15.1.2008). (conferma sentenza del 23.62009 del Tribunale di Milano) Pres. Ferrua, Est. Amoresano, Ric. Guadagnolo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/11/2010 (Ud. 21/10/2010), Sentenza n. 41016

RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Sottoprodotto - Regime autorizzatorio in deroga alla disciplina dei rifiuti - Presupposti - Qualificazioni a carattere oggettivo - Art.183, c.1°, lett.p) D. L.vo n.152/2006, come modif. dal D.L.vo n.4/2008. In tema di gestione dei rifiuti, tra le condizioni previste ai fini dell'applicabilità del regime autorizzatorio in deroga alla disciplina dei rifiuti contemplato per i sottoprodotti, è richiesto che le sostanze o i materiali non siano sottoposti ad operazioni di trasformazione preliminare (art.183, comma primo lett.p) D. L.vo 3 aprile 2006 n.152, come modif. dal D.L.vo 16.1.2008 n.4), in quanto tali operazioni fanno perdere al sottoprodotto la sua identità e sono necessarie per il successivo impiego in un processo produttivo o per il consumo (Cass. sez.3 (4.12.2007 dep. 7.4.2008), n.14323). Inoltre, ai fini della qualificazione di una sostanza o di un materiale quale sottoprodotto ai sensi dell'art.183 lett.p) D.L.gs.3 aprile 2006 n.152, come modificato dal D.L.gs. 16 gennaio 2008 n.4, le cinque condizioni previste dalla norma devono sussistere contestualmente (Cass. pen. sez.3, 28.1.2009, n.10711). Infine, il sottoprodotto deve, ovviamente, essere tale "oggettivamente" e non in base a valutazioni di carattere soggettivo. Sicché, ai sensi della normativa di cui al D.L.vo 152/2006, sono sottoprodotti le sostanze ed i materiali che soddisfino i seguenti criteri, requisiti e condizioni: a) siano originati da un processo non direttamente destinato alla loro produzione; b) il loro impiego sia certo fin dall'inizio ed integrale ed avvenga direttamente nel corso del processo di produzione o di utilizzazione preventivamente individuato e definito; c) soddisfino i requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli autorizzati per l'impianto dove sono destinati ad essere utilizzati; d) non debbano essere sottoposti a trattamenti preventivi per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità di cui al punto c); e) abbiano un valore economico di mercato. (conferma sentenza del 23.62009 del Tribunale di Milano) Pres. Ferrua, Est. Amoresano, Ric. Guadagnolo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/11/2010 (Ud. 21/10/2010), Sentenza n. 41016

DANNO AMBIENTALE - Condanna generica - C.d. giudizio di probabilità - Risarcimento in favore dell’ente locale - Elementi probatori - Onere della parte civile - Fattispecie: degrado dell’area, deterioramento dei luoghi e danneggiamento dell’immagine. La condanna generica al risarcimento del danno postula, per il suo accoglimento l'accertamento di un fatto da ritenersi, alla stregua di un giudizio di probabilità, anche solo potenzialmente produttivo di conseguenze dannose. Rimane, conseguentemente, l'onere della parte civile di dare la prova in sede civile della sussistenza, in concreto, del danno e del suo ammontare. Fattispecie: degrado dell’area relativa al deposito incontrollato di rifiuti non pericolosi ottenuti da demolizioni di manufatti stradali (con evidente impatto ambientale), deterioramento complessivo dei luoghi, danneggiamento dell’immagine dell’ente locale. (conferma sentenza del 23.62009 del Tribunale di Milano) Pres. Ferrua, Est. Amoresano, Ric. Guadagnolo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/11/2010 (Ud. 21/10/2010), Sentenza n. 41016


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UDIENZA del 21.10.2010

SENTENZA N.1590

REG. GENERALE N. 8595/2010


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale


Composta dagli Ill.mi Sigg.

Dott. Giuliana Ferrua                                       Presidente
Dott. Alfredo Teresi                                         Consigliere
Dott. Amedeo Franco                                      Consigliere
Dott. Silvio Amoresano                                    Consigliere - Rel.
Dott. Giulio Sarno                                           Consigliere

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da:
1) Guadagnolo Arturo nato il xx/ad/vxvx
- avverso la sentenza del 23.62009 del Tribunale di Milano
- sentita la relazione fatta dal Consigliere Silvio Amoresano
- sentite le conclusioni del P. G., dr. M.Giuseppina Fodaroli, che ha chiesto rigettarsi il ricorso
- sentito il difensore, avv. Aurora Spaccatrosi, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso


OSSERVA


1) Con sentenza del 23.6.2009 il Tribunale di Milano, in composizione monocratica, condannava Guadagnolo Arturo, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di euro 3.000,00 di ammenda per il reato di cui all'art.256 in relazione all'art.192 comma 1 D.L.vo n.152/2006 limitatamente alla condotta contestata relativa al deposito incontrollato di rifiuti non pericolosi; pena sospesa e non menzione.

Condannava, inoltre, il Guadagnolo al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separato giudizio, in favore della costituita parte civile, Comune di Pieve Emanuele.

Rilevava il Tribunale che, nel settembre 2005, nel Comune di Pieve iniziarono pressoché contemporaneamente lavori di ristrutturazione di carreggiate stradali e che per tale anno l'Amministrazione Comunale aveva previsto la realizzazione di un parcheggio in via Roma. Guadagnolo Arturo, quale responsabile dei servizi tenici territoriali del Comune, aveva deciso di utilizzare il materiale proveniente dalle demolizioni per il riempimento dell'area del realizzando parcheggio. In data 23 maggio 2006 il Corpo di Polizia Provinciale, mentre erano ancora in corso i lavori ed il trasporto dei materiali, procedeva al sequestro dell'area.

Dopo un ampio excursus in ordine alla normativa ed alla giurisprudenza in materia di rifiuti, riteneva il Tribunale che il materiale depositato nell'area fosse da considerare "rifiuto" e quindi fosse configurabile il reato contestato di deposito incontrollato di rifiuti.

2) Propone ricorso per cassazione il Guadagnolo a mezzo del difensore di fiducia e procuratore speciale.

Con il primo motivo denuncia la inosservanza ed erronea applicazione dell'art.2 c.p. Secondo la sentenza impugnata la fattispecie riguarda un arco temporale che va dall'inizio dell'esecuzione dei lavori nel settembre 2005 fino al sequestro dell'area avvenuto nel maggio 2006. In tale arco temporale al Decreto Ronchi (D.Lgs.n.22/97) è subentrato il D.Lgs.152/2006.

La nozione di "rifiuto" fornita dall'art.6 D.L.vo 22/97 (come interpretato autenticamente dall'art.14 D.L.138/02) era certamente diversa da quella fornita dal D.Lgs.n.156/2006 che ha introdotto le categorie, distinte dal rifiuto, del sottoprodotto e della materia prima secondaria. Secondo la stessa ricostruzione della sentenza impugnata il legislatore ha voluto restringere la categoria dei materiali residui non sottoposti alla disciplina dei rifiuti. Il Tribunale, però, non si è posto il problema della successione di norme penali ex art.2 c.p.

La condotta posta in essere dal Guadagnolo, che, secondo l'ipotesi accusatoria, avrebbe ordinato alle imprese di depositare le macerie dei manufatti stradali nell'area dell'edificando parcheggio, è certamente anteriore al settembre 2005 e quindi trova applicazione la definizione di rifiuto prevista dal combinato disposto dell'art.6 D.L.vo 22/96 e 14 D.L.138/2002 (le macerie ottenute da demolizioni di manufatti stradali immediatamente riutilizzate come riempimento, non potevano essere considerate rifiuto in mancanza di un reale pericolo per l'ambiente). Peraltro il materiale era stato riutilizzato senza alcuna operazione di recupero o trattamento preventivo. In ogni caso anche alla luce della normativa di cui al D.L.vo 152/2006 ricorrevano le condizioni di esclusione del materiale dal novero dei rifiuti, potendo le macerie utilizzate essere considerate sottoprodotto (indubbio valore economico, assenza di volontà di disfarsi del materiale, essendo certo il riutilizzo dello stesso fin dalla fase della produzione, esclusione di ogni pregiudizio per l'ambiente).

Con il secondo motivo denuncia la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, essendosi il Tribunale limitato ad affermare che il materiale in questione sia un rifiuto perché non assimilabile alla roccia da scavo.

Con il terzo motivo denuncia la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione al ritenuto deposito incontrollato del materiale. Tale materiale era stato ritenuto, secondo un giudizio di discrezionalità tecnica, immediatamente riutilizzabile senza alcuna operazione di recupero o trattamento, per cui rientrava certamente nella nozione di sottoprodotto di cui all'art.183 D.L.vo 152/06. Il Tribunale di Milano è incorso in errore, invertendo l'applicazione della norma. Ha inoltre erroneamente fatto riferimento ad aspetti estetico-ambientali scaturenti dalle operazioni e dalle modalità di riutilizzo del materiale.

Con il quarto motivo denuncia la inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all'elemento soggettivo del reato, ritenuto sussistente senza l'effettuazione di alcuna indagine. Risulta, invece, dagli atti che il ricorrente agiva nel convincimento della legittimità del riutilizzo del materiale. E lo stesso Tribunale ha escluso la responsabilità dei coimputati per aver agito in buona fede.

Con il quinto motivo denuncia la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla condanna al risarcimento del danno (se danno all'immagine vi è stato, questo è dovuto al prolungamento ad oltranza del blocco del cantiere).

3) Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

3.1) Il Tribunale ha accertato sulla base delle risultanze processuali (peraltro neppure espressamente contestate dal ricorrente) che vi era stato un accumulo continuo, nell'area poi sottoposta a sequestro, di una consistente quantità di blocchi di cemento, cordoli, asfalto stradale, manufatti in cemento armato, terra di sbancamento, e che tale materiale, proveniente dalla demolizione del manto stradale e di interi tratti di marciapiede, era stato depositato in maniera indifferenziata in assenza di ogni vagliatura o di trattamento di frantumazione.

3.1.1) L'art.7 comma 3 lett. b) D.L.vo n.22/97 considerava speciali "i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti pericolosi che derivano dalle attività di scavo". Tale disposizione è stata riprodotta negli stessi termini nell'art.184 comma 3 lett.b) D.L.vo 152/2006 che ha aggiunto espressamente l'inciso "fermo restando quanto disposto dall'art.186" (vale a dire le terre e rocce da cavo, anche di gallerie, ed i residui della lavorazione della pietra destinate all'effettivo utilizzo non costituiscono rifiuto...".

Come ha ricordato anche il Tribunale, secondo la giurisprudenza di questa Corte, gli inerti provenienti da demolizioni e costruzioni non sono assimilabili alle terre e rocce da scavo, perché previsti come rifiuti speciali dall'art.7 comma 3 lett.b) del decreto Ronchi e vanno distinti dai rifiuti pericolosi provenienti da attività di scavo.

Questi ultimi, ossia i rifiuti provenienti dalle attività di scavo, erano esclusi dalla disciplina sui rifiuti alle condizioni stabilite con l'art.1 comma 17-19 della legge 21 dicembre 2001 n.443, che interpretava autenticamente sia il comma 3 lett. b) dell'art.7 del decreto Ronchi, che l'art.8 lett.f) bis del menzionato decreto, lettera inserita con l'art.10 comma 1 legge 23 marzo 2001 n.93. La non assimilazione degli inerti derivanti da demolizione di edifici o da scavi di strade alle terre e rocce da scavo è stata ribadita con il decreto legislativo n.156 del 2006 (cfr. Cass. pen. sez.3 n.103 del 15.1.2008 Pagliaroli). Pertanto gli inerti provenienti da demolizioni di edifici o da scavi di manti stradali erano e continuano ad essere considerati rifiuti speciali anche in base al decreto legislativo n.152 del 2006, trattandosi di materiale espressamente qualificato come rifiuto dalla legge, del quale il detentore ha l'obbligo di disfarsi avviandolo o al recupero o allo smaltimento.

3.1.2) Secondo il ricorrente nel caso di specie troverebbe applicazione la definizione di rifiuto prevista dal combinato disposto di cui all'art.6 D.L.vo e 14 D.L. 138/2002, essendosi la condotta a lui contestata esaurita nella vigenza di tali disposizioni.

Tale tesi già sul piano fattuale è smentita dalle risultanze processuali. Come emerge dalla stessa contestazione e come il Tribunale ha accertato in modo inequivocabile, l'attività di demolizione e deposito incontrollato del materiale si protrasse fino al momento dell'intervento del Corpo di Polizia Provinciale in data 23 maggio 2006, che provvide a sequestrare l'area. Né certamente la condotta ascrivibile al Guadagnolo può essere retrodata a data anteriore al settembre 2005, quando cioè iniziarono i lavori. A parte il fatto che le disposizioni date dal ricorrente, prima dell'inizio dei lavori, di depositare le macerie dei manufatti stradali nell'area dell'edificando parcheggio, trovarono concreta attuazione fino al 23 maggio 2006 e quindi anche sotto la vigenza del D.L.vo 152/2006, egli continuativamente ribadì quella iniziale disposizione (senza mai revocarla) e, comunque, non fece alcunchè per dissociarsi dal perpetuarsi della condotta di illecito deposito del materiale; pur essendo, per il suo ruolo e per le funzioni concretamente svolte, il "dominus" dell'intervento. Ha sottolineato in proposito il Tribunale che tutta l'operazione era stata seguita dal Guadagnolo: la recinzione dell'area era stata messa su sua indicazione, le ditte appaltatrici ed egli stesso erano in possesso delle chiavi del lucchetto per accedere all'area, aveva dato personalmente le chiavi ai titolari delle ditte ed intratteneva direttamente i rapporti con loro, aveva dato l'incarico di portare il materiale proveniente dalle demolizioni, era direttore dei lavori per i cantieri appaltati (pag.24 sent.).

Ma la tesi difensiva è infondata anche in diritto.

Sia pure con riferimento ad una fattispecie relativa ai residui di attività di demolizione di edifici, questa sezione con la sentenza n.7465 del 15.1.2008 ha affermato il principio che i rifiuti speciali previsti dall'art.7 comma terzo D.L.gs n.22 del 1997, ora art.184, comma terzo D.Lgs. n.152 del 2006, sono sottratti, in quanto rappresentati da una congerie di materiali di vario tipo necessitanti, prima del loro nuovo uso, di preventivi trattamenti ed operazioni di recupero previste negli allegati al D.Lgs. n.22 del 1997, all'ambito di applicabilità delle deroghe di cui all'art.14 D.L. n.138 del 2002, conv,con la L.n.178 del 2002. Si afferma in motivazione: "La previsione derogatoria (a prescindere dalla questione della sua non compatibilità con la nozione comunitaria di rifiuto, così come interpretata dalla Corte di Giustizia, non è invocabile alla ipotesi che ci occupa. Secondo la ricordata norma, il rifiuto, che non nuoce allo ambiente e può essere utilizzato come materia prima secondaria in un processo produttivo, non è sottoposto alla normativa del D.Lgs. n. 22 del 1997; antecedente allo utilizzo, può essere praticato un trattamento che si diversifichi da una delle operazioni preliminari previste negli allegati al D.Lgs. Ora i rifiuti da demolizione di edifici presentano caratteristiche di disomogeneità in quanto sono rappresentati da una congerie di materiali di vario tipo che necessitano, prima del loro nuovo uso, di preventivi trattamenti (vagliatura, cernita, separazione, rimozione di eventuali sostanze inquinanti, recupero di metalli e composti metallici, frantumazione etc.); in particolare, i residui di attività di demolizione richiedono, prima del loro reimpiego, operazioni di recupero, previste negli allegati al D.Lgs. n. 22 del 1997 per cui sono disciplinati dalla normativa sui rifiuti anche con riferimento al ricordato art. 14 (questa conclusione esonera dallo affrontare la problematica della compatibilità della norma derogatoria con la disciplina comunitaria)".

3.1.3) Correttamente, poi il Tribunale ha escluso, alla luce della normativa di cui al D.L.vo 152/2006, che il materiale depositato potesse essere qualificato come sottoprodotto.
Sono sottoprodotti le sostanze ed i materiali che soddisfino i seguenti criteri, requisiti e condizioni: a) siano originati da un processo non direttamente destinato alla loro produzione; b) il loro impiego sia certo fin dall'inizio ed integrale ed avvenga direttamente nel corso del processo di produzione o di utilizzazione preventivamente individuato e definito; c) soddisfino i requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli autorizzati per l'impianto dove sono destinati ad essere utilizzati; d) non debbano essere sottoposti a trattamenti preventivi per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità di cui al punto c); e) abbiano un valore economico di mercato.

La giurisprudenza di questa Corte ha, innanzitutto, costantemente, ribadito che "in tema di gestione dei rifiuti, tra le condizioni previste ai fini dell'applicabilità del regime autorizzatorio in deroga alla disciplina dei rifiuti contemplato per i sottoprodotti, è richiesto che le sostanze o i materiali non siano sottoposti ad operazioni di trasformazione preliminare (art.183, comma primo lett.p) D. L.vo 3 aprile 2006 n.152, come modif. dal D.L.vo 16.1.2008 n.4), in quanto tali operazioni fanno perdere al sottoprodotto la sua identità e sono necessarie per il successivo impiego in un processo produttivo o per il consumo" (cfr. Cass.sez.3 n.14323 del 4.12.2007-dep. 7.4.2008). Ha inoltre evidenziato che "..ai fini della qualificazione di una sostanza o di un materiale quale sottoprodotto ai sensi dell'art.183 lett.p) d.L.gs.3 aprile 2006 n.152, come modificato dal D.L.gs. 16 gennaio 2008 n.4, le cinque condizioni previste dalla norma citata devono sussistere contestualmente" (cfr. Cass. pen. sez.3 n.10711 del 28.1.2009).

Il sottoprodotto deve, ovviamente, essere tale "oggettivamente" e non, come pretende il ricorrente, in base a valutazioni di carattere soggettivo (egli avrebbe ritenuto, secondo un giudizio di discrezionalità tecnica, immediatamente riutilizzabile quel materiale senza necessità di alcuna operazione di recupero o trattamento). Ed il Tribunale, ha correttamente evidenziato come non ricorressero minimamente i requisiti per parlare di sottoprodotto.

3.1.4) Quanto all'elemento soggettivo il ricorrente non può invocare una sorta di convincimento della legittimità del riutilizzo, che si risolverebbe, palesemente, in una non scusabile (tenuto conto tra l'altro del ruolo e delle competenze tecniche) ignoranza della legge penale.

3.2) In ordine alla condanna al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, il Tribunale ha ritenuto, in considerazione del degrado dell'area (le modalità di accumulo evidenziava un evidente impatto ambientale), un deterioramento complessivo dei luoghi, che si rifletteva, danneggiandola, sull'immagine dell'ente locale. Tale motivazione non è certamente illogica o contraddittoria.


La condanna generica al risarcimento del danno postula, invero, per il suo accoglimento l'accertamento di un fatto da ritenersi, alla stregua di un giudizio di probabilità, anche solo potenzialmente produttivo di conseguenze dannose.
Rimane, conseguentemente, l'onere della parte civile di dare la prova in sede civile della sussistenza, in concreto, del danno e del suo ammontare.

3.3) Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


P. Q. M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 21.10.2010

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 22 Nov. 2010



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