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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/11/2010 (Cc. 21/10/2010), Sentenza n. 41020
RIFIUTI - Abbandono o deposito incontrollato di rifiuti e gestione di
discarica abusiva - Proprietario del terreno in buona fede - Obbligo giuridico
di impedire l'evento - Esclusione - Obbligo di rimozione - Ordinanza comunale -
Necessità - Art. 256, cc. 2 o 3, d. lgs. n. 152/2006. L’obbligo giuridico di
eliminare i rifiuti in capo al proprietario del terreno che non abbia concorso
con gli autori materiali dell'abbandono, può sorgere solo a seguito di una
ordinanza comunale che gli ordini la rimozione dei rifiuti stessi e lo sgombero
dell'area nei limiti e nelle modalità previste dalla legge. Sicché, la
consapevolezza da parte del proprietario del fondo dell'abbandono sul medesimo
di rifiuti da parte di terzi non è sufficiente ad integrare il concorso nel
reato di cui all'art. 256, commi 2 o 3, d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (abbandono
o deposito incontrollato di rifiuti e gestione di discarica abusiva), atteso che
la condotta omissiva può dare luogo a ipotesi di responsabilità solo nel caso in
cui ricorrano gli estremi del comma secondo dell'art. 40 c.p., ovvero sussista
l'obbligo giuridico di impedire l'evento (Cass. Sez. III, 1/7/2002, Ponzio).
(annulla con rinvio al tribunale di Napoli ordinanza emessa il 3/11/2009 dal
tribunale del riesame di Napoli) Pres. Ferrua, Est. Franco, Ric. Gatto. CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/11/2010 (Cc. 21/10/2010), Sentenza n. 41020
RIFIUTI - Realizzazione e gestione di discarica abusiva - Reati di cui
all’art. 256, cc. 2 o 3, d. lgs. n. 152/2006 - Presupposti per la
configurabilità - Obbligo giuridico di impedire l'evento - Limiti - Art. 40,
2°c., cod. pen. - Giurisprudenza - Fattispecie: compravendita di un terreno.
I reati per la realizzazione e gestione di discarica abusiva non possono
configurarsi nel mero mantenimento della discarica o dello stoccaggio da altri
realizzati, pur in assenza di qualsiasi partecipazione attiva e in base alla
sola consapevolezza della loro esistenza. Non è sufficiente, pertanto, ad
integrare il reato di cui all’art. 256, commi 2 o 3, d. lgs. 3 aprile 2006, n.
152 la mera consapevolezza da parte del possessore di un fondo del fenomeno di
abbandono sul medesimo di rifiuti da parte di terzi senza che risulti accertato
il concorso, a qualsiasi titolo, del predetto possessore del fondo con gli
autori del fatto. Nel nostro sistema penale, una condotta omissiva può dar luogo
a responsabilità solo nel caso in cui ricorrano gli estremi dell'art. 40,
secondo comma, cod. pen., e cioè quando il soggetto abbia l'obbligo giuridico di
impedire l'evento (Cass. Sez. F., 13.8.2004, n. 44274, Preziosi). Sicché, non dà
luogo alla configurabilità dei reati in questione, la condotta di chi avendo la
disponibilità di un'area sulla quale altri abbiano abbandonato rifiuti si limiti
a non attivarsi perché questi ultimi vengano rimossi (Cass. Sez. III, 3.10.1997,
n. 8944, Gangemi). Anche, nel caso vi sia una compravendita di un terreno sul
quale erano già stati raccolti dal venditore rifiuti, il reato in questione non
può essere integrato, a carico del compratore, neanche sotto il profilo che,
trattandosi di reato permanente, esso debba essere addebitato a colui che, pur
non avendo concorso nell'attività di accumulazione di rifiuti, abbia acquistato
la proprietà del terreno ove gli stessi si trovino (Cass. Sez. I, 4.3.1999, n.
7241, Pirani). (annulla con rinvio al tribunale di Napoli ordinanza emessa il
3/11/2009 dal tribunale del riesame di Napoli) Pres. Ferrua, Est. Franco, Ric.
Gatto. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/11/2010 (Cc. 21/10/2010),
Sentenza n. 41020
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti abusiva - Destinatario della norma penale -
Gestore dell'impianto e proprietario del terreno - Profili e limiti di
responsabilità. In tema di rifiuti, destinatario della norma penale che
punisce la realizzazione e gestione di discarica abusiva è il gestore
dell'impianto di raccolta e non il proprietario del terreno sul quale si attua
lo smaltimento di rifiuti speciali non autorizzato, il quale può concorrere come
estraneo nel reato proprio commesso dal gestore solo quando il concorso esterno
materiale (cogestione di fatto) o morale (istigazione, rafforzamento,
agevolazione) si realizzi con condotta commissiva, ovvero con condotta omissiva
- in linea teorica - ma sempre che il «non agere» si innesti in uno
specifico obbligo giuridico di impedire l'evento. (annulla con rinvio al
tribunale di Napoli ordinanza emessa il 3/11/2009 dal tribunale del riesame di
Napoli) Pres. Ferrua, Est. Franco, Ric. Gatto. CORTE DI CASSAZIONE PENALE,
Sez. III, 22/11/2010 (Cc. 21/10/2010), Sentenza n. 41020
RIFIUTI - Discarica abusiva e nuovo acquirente del terreno - Tribunale del
riesame - Verifiche - Nozione di buona fede e del periculum in mora
- Fattispecie. Anche in materia ambientale, la buona fede deve essere
valutata in relazione non allo stato dell'area bensì alla attività criminosa,
consistente nella condotta commissiva di abbandono dei rifiuti. Mentre il
periculum in mora che deve essere presente consiste nella concreta ed
attuale possibilità che il ricorrente continui a reiterare l'attività criminosa
contestata, ossia che continui ad abbandonare in modo incontrollato rifiuti sul
terreno, e non già nella possibilità che non tolga i rifiuti esistenti, non
avendone allo stato l'obbligo. Nella specie il tribunale del riesame è caduto
nell'errore di ritenere che il ricorrente, in quanto acquirente del terreno,
avesse un obbligo giuridico di eliminare i rifiuti ivi depositati prima
dell'acquisto o comunque depositati senza il suo concorso. (annulla con rinvio
al tribunale di Napoli ordinanza emessa il 3/11/2009 dal tribunale del riesame
di Napoli) Pres. Ferrua, Est. Franco, Ric. Gatto. CORTE DI CASSAZIONE PENALE,
Sez. III, 22/11/2010 (Cc. 21/10/2010), Sentenza n. 41020
RIFIUTI - Discarica senza autorizzazione e gestione di una discarica non
autorizzata - Configurabilità dei reati. In tema di gestione dei rifiuti,
per configurare il più grave reato di realizzazione di una discarica senza
autorizzazione occorre l'allestimento di un'area con l'effettuazione di opere,
quali spianamento del terreno, apertura di accessi, sistemazione, perimetrazione
o recinzione, mentre per potersi configurare la diversa ipotesi di gestione di
una discarica non autorizzata occorre che sussista una organizzazione, anche se
rudimentale, di persone e cose diretta al funzionamento della medesima (Cass.
Sez. F., 2.8.2007, n. 33252, Setzu; Cass. Sez. III, 2/7/2004, Pastorino; Cass.
Sez. III, 11.4.1997, n. 4013, Vasco). (annulla con rinvio al tribunale di Napoli
ordinanza emessa il 3/11/2009 dal tribunale del riesame di Napoli) Pres. Ferrua,
Est. Franco, Ric. Gatto. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/11/2010 (Cc.
21/10/2010), Sentenza n. 41020
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Misura cautelare reale - Disposizione e
mantenimento - Tribunale del riesame - Elementi probatori e diritti
costituzionali - Valutazione e verifiche - fumus del reato e
periculum in mora. Il tribunale del riesame, per espletare il
ruolo di garanzia dei diritti costituzionali che la legge gli demanda, non può
avere riguardo solo alla astratta configurabilità del reato, ma deve prendere in
considerazione e valutare, in modo puntuale e coerente, tutte le risultanze
processuali, e quindi non solo gli elementi probatori offerti dalla pubblica
accusa, ma anche le confutazioni e gli elementi offerti dagli indagati che
possano avere influenza sulla configurabilità e sulla sussistenza del fumus
del reato contestato (Cass., Sez. I, 9/12/2003, n. 1885/04, Cantoni; Cass.,
Sez. III, 16.3.2006 n. 17751; Cass., Sez. II, 23/3/2006, Cappello; Cass., Sez.
III, 8.11.2006, Pulcini; Cass., Sez. III, 9/1/2007, Sgadari; Cass., Sez. IV,
29.1.2007, 10979, Veronese; Cass., Sez. V, 15.7.2008, n. 37695, Cecchi; Cass.,
Sez. I, 11.5.2007, n. 21736, Citarella; Cass., Sez. IV, 21.5.2008, n. 23944, Di
Fulvio; Cass., Sez. II, 2.10.2008, n. 2808/09, Bedino; Cass., Sez. III,
11.6.2009, Musico; Cass., Sez. III, 12.1.2010, Turco; Cass., Sez. III,
24.2.2010, Normando; Cass., Sez. III, 11.3.2010, D'Orazio; Cass., Sez. III,
20.5.2010, Bindi; Cass., Sez. III, 6.10.2010, Kronenberg-Widmer). In
conclusione, per disporre e mantenere la misura cautelare reale, con conseguente
compromissione del diritto costituzionalmente tutelato, occorre che vi sia la
prova del fumus del reato ipotizzato, sia perché il sindacato del
tribunale del riesame non può limitarsi alla mera verifica della astratta
possibilità di ricondurre il fatto contestato alla fattispecie di reato
ipotizzata, ma deve appunto verificare la concreta sussistenza del fumus
del reato e del periculum in mora. (annulla con rinvio al tribunale di
Napoli ordinanza emessa il 3/11/2009 dal tribunale del riesame di Napoli) Pres.
Ferrua, Est. Franco, Ric. Gatto. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
22/11/2010 (Cc. 21/10/2010), Sentenza n. 41020
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UDIENZA del 21.10.2010
SENTENZA N.1330
REG. GENERALE N. 1690/2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
1. Dott.ssa Giuliana Ferrua Presidente
2. Dott. Alfredo Teresi Consigliere
3. Dott. Amedeo Franco Consigliere (est.)
4. Dott. Silvio Amoresano Consigliere
5. Dott. Giulio Sarno Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da Gatto Antonino, quale legale rappresentante della GAM
spa;
- avverso l'ordinanza emessa il 3 novembre 2009 dal tribunale del riesame di
Napoli;
- udita nella udienza in camera di consiglio del 21 ottobre 2010 la relazione
fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
- udito il Pubblico Ministero in persona Sostituto Procuratore Generale dott.ssa
Maria Giuseppina Fodaroni, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
- udito il difensore avv. Luca Marafioti;
Svolgimento del processo
Il tribunale del riesame di Napoli, con l'ordinanza in epigrafe, confermò il
decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP collegiale di Napoli in data
17-21.9.2009, avente ad oggetto un'area sita in Avellino di proprietà della spa
GAM in riferimento al reato di cui all'art. 256 d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152,
essendo stato detto sito adibito a deposito incontrollato di rifiuti, costituiti
in gran parte da materiali edili di risulta, oltre che da scarti metallici,
pneumatici, prodotti farmaceutici, ed altro.
L'indagato propone ricorso per cassazione deducendo:
1) nullità del decreto di sequestro per violazione dell'art. 321, in relazione
all'art. 125, comma 3, cod. proc. pen. e vizio di motivazione sul punto. Lamenta
che il tribunale del riesame non ha risposto al motivo di riesame con cui aveva
eccepito che il Gip collegiale aveva omesso di esaminare una serie di elementi a
favore della difesa, pur acquisiti nel procedimento. Sul punto il tribunale del
riesame si è limitato ad affermare apoditticamente che il provvedimento del Gip
aveva dato conto della sussistenza dei presupposti del provvedimento ablatorio.
2) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla omessa valutazione
in concreto del fumus del reato, in quanto il tribunale del riesame si è
limitato a verificare la configurabilità del reato su un piano di astrattezza
senza valutare l'esistenza del fumus in concreto. Lamenta che il
tribunale non ha motivato in particolare sulla mancata piena disponibilità
dell'area da parte della GAM; sulla eccezione che i materiali erano stati
depositati sul posto prima che la GAM acquistasse il terreno; sul contenzioso
tuttora in corso con il curatore fallimentare perché l'area non era stata
lasciata nella piena disponibilità della GAM. Nemmeno è stata esaminata
l'eccezione che il reato non era configurabile nemmeno in astratto perché la
giurisprudenza esclude la punibilità del proprietario di un terreno sul quale
altri, senza una sua condotta attiva, abbiano depositato rifiuti o realizzato
una discarica. Il tribunale ha anche omesso di rilevare che dalle stesse reali
condizioni del terreno emergeva che si trattava all'evidenza di una area
industriale semidismessa e non di area adibita a deposito materiali edili.
3) violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla
valutazione in concreto del periculum in mora, dal momento che lo stesso
tribunale del riesame ha dato atto che la spa GAM aveva dimostrato la piena
disponibilità a procedere alla rimozione dei rifiuti ed al recupero del sito,
aveva presentato un piano per i lavori di bonifica ed era in attesa della
autorizzazione comunale.
4) violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla
mancanza delle condizioni di applicabilità del sequestro preventivo perché il
trasferimento del terreno dalla procedura concorsuale alla GAM aveva prodotto un
autonomo titolo di proprietà, avulso dalle vicende inerenti ai precedenti
proprietari, escludendo quindi qualsiasi rapporto di pertinenzialità tra l'area
sequestrata e il reato precedentemente realizzato. Tutt'al più poteva essere
ordinata dal comune una ordinanza per la rimozione dei rifiuti.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato.
Innanzi tutto, il tribunale del riesame ha preliminarmente affermato che il suo
sindacato non potrebbe investire la concreta fondatezza dell'accusa ma dovrebbe
limitarsi alla verifica della astratta possibilità di ricondurre il fatto
contestato alla fattispecie di reato ipotizzata dall'organo dell'accusa, sicché
l'annullamento della misura cautelare sarebbe possibile solo laddove risulti
ictu oculi la difformità tra fatto contestato e reato ipotizzato. In altre
parole, secondo il tribunale del riesame, la sussistenza del fumus
dovrebbe essere accertata solo su un piano di astrattezza, nell'ambito delle
indicazioni di fatto offerte dal pubblico ministero e sotto il profilo della
congruità degli elementi rappresentati dall'accusa, che non potrebbero essere
censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le reali
risultanze processuali, ma che andrebbero valutati così come proposti dal
pubblico ministero.
Si tratta di affermazioni erronee sia perché, per disporre e mantenere la misura
cautelare reale, con conseguente compromissione del diritto costituzionalmente
tutelato, occorre che vi sia la prova del fumus del reato ipotizzato, sia perché
il sindacato del tribunale del riesame non può limitarsi alla mera verifica
della astratta possibilità di ricondurre il fatto contestato alla fattispecie di
reato ipotizzata, ma deve appunto verificare la concreta sussistenza del
fumus del reato e del periculum in mora.
Ed infatti, il diverso principio seguito dal tribunale del riesame, che pure a
volte era stato affermato in passato da una parte della giurisprudenza sulla
base di una non completa considerazione di una decisione delle Sezioni Unite
(20.11.1996, n. 23/97, Bassi), è stato però disatteso innumerevoli volte dalla
giurisprudenza più recente, alla quale questo Collegio aderisce, secondo cui il
tribunale del riesame, per espletare il ruolo di garanzia dei diritti
costituzionali che la legge gli demanda, non può avere riguardo solo alla
astratta configurabilità del reato, ma deve prendere in considerazione e
valutare, in modo puntuale e coerente, tutte le risultanze processuali, e quindi
non solo gli elementi probatori offerti dalla pubblica accusa, ma anche le
confutazioni e gli elementi offerti dagli indagati che possano avere influenza
sulla configurabilità e sulla sussistenza del fumus del reato contestato (cfr.,
ex plurimis, Sez. I, 9 dicembre 2003, n. 1885/04, Cantoni, m. 227.498; Sez.
III, 16.3.2006 n. 17751; Sez. II, 23 marzo 2006, Cappello, m. 234197; Sez. III,
8.11.2006, Pulcini; Sez. III, 9 gennaio 2007, Sgadari; Sez. IV, 29.1.2007,
10979, Veronese, m. 236193; Sez. V, 15.7.2008, n. 37695, Cecchi, m. 241632; Sez.
I, 11.5.2007, n. 21736, Citarella, m. 236474; Sez. IV, 21.5.2008, n. 23944, Di
Fulvio, m. 240521; Sez. II, 2.10.2008, n. 2808/09, Bedino, m. 242650; Sez. III,
11.6.2009, Musico; Sez. III, 12.1.2010, Turco; Sez. III, 24.2.2010, Normando;
Sez. III, 11.3.2010, D'Orazio; Sez. III, 20.5.2010, Bindi; Sez. III, 6.10.2010,
Kronenberg-Widmer).
Nella specie, quindi, il tribunale del riesame ha eluso il suo compito
istituzionale di controllo «in concreto» del provvedimento impugnato, il che
integra una violazione dell'obbligo di motivazione, nonché un rifiuto di
provvedere, derivante da una erronea interpretazione delle proprie funzioni e
dalla conseguente elusione del ruolo di garanzia caratterizzante la speciale
istanza di secondo grado costituita dal riesame delle misure cautelari (cfr.
Sez. II; 22.5.1997, n. 3513, Acampora, m. 208078).
Il tribunale del riesame ha infatti omesso di verificare «in concreto» la
legittimità del provvedimento di sequestro e soprattutto di valutare gli
elementi a discarico e le argomentazioni svolte dalla difesa, con le quali si
era tra l'altro eccepito che era mancata la piena disponibilità dell'area
sequestrata da parte della società GAM; che i materiali classificati come
rifiuti erano stati collocati nel sito in epoca antecedente all'acquisto
dell'area da parte della GAM; che vi era un contenzioso tuttora in corso con il
curatore fallimentare, in quanto l'area non era stata rilasciata nella piena
disponibilità della spa GAM.
Il tribunale del riesame non poteva astenersi dal valutare queste eccezioni
difensive nemmeno ai fini di una valutazione astratta sulla sussistenza del
fumus, perché, secondo la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte,
la consapevolezza da parte del proprietario del fondo dell'abbandono sul
medesimo di rifiuti da parte di terzi non è sufficiente ad integrare il concorso
nel reato di cui all'art. 256, commi 2 o 3, d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152
(abbandono o deposito incontrollato di rifiuti e gestione di discarica abusiva),
atteso che la condotta omissiva può dare luogo a ipotesi di responsabilità solo
nel caso in cui ricorrano gli estremi del comma secondo dell'art. 40 c.p.,
ovvero sussista l'obbligo giuridico di impedire l'evento (Sez. III, 1 ° luglio
2002, Ponzio, m. 222.420). Analogamente, si è affermato che destinatario della
norma penale che punisce la realizzazione e gestione di discarica abusiva è il
gestore dell'impianto di raccolta e non il proprietario del terreno sul quale si
attua lo smaltimento di rifiuti speciali non autorizzato, il quale può
concorrere come estraneo nel reato proprio commesso dal gestore solo quando il
concorso esterno materiale (cogestione di fatto) o morale (istigazione,
rafforzamento, agevolazione) si realizzi con condotta commissiva, ovvero con
condotta omissiva - in linea teorica - ma sempre che il «non agere» si
innesti in uno specifico obbligo giuridico di impedire l'evento (Sez. I, 17
novembre 1995, Insinna, m. 203332), e che anche in materia ambientale un dato
comportamento omissivo acquista il connotato dell'antigiuridicità solamente in
funzione di una norma che imponga al soggetto di attivarsi per impedire l'evento
naturalistico di lesione dell'interesse tutelato (nella specie si è escluso il
reato nella condotta del proprietario di un terreno che aveva omesso di impedire
che sul proprio fondo terzi realizzassero una discarica) (Sez. III, 18 dicembre
1991, Sacchetto, m. 189149).
I reati in questione non possono quindi consistere nel mero mantenimento della
discarica o dello stoccaggio da altri realizzati, pur in assenza di qualsiasi
partecipazione attiva e in base alla sola consapevolezza della loro esistenza.
Non è sufficiente, pertanto, ad integrare il reato di cui alla contestazione la
mera consapevolezza da parte del possessore di un fondo del fenomeno di
abbandono sul medesimo di rifiuti da parte di terzi senza che risulti accertato
il concorso, a qualsiasi titolo, del predetto possessore del fondo con gli
autori del fatto. Nel nostro sistema penale, infatti, una condotta omissiva può
dar luogo a responsabilità solo nel caso in cui ricorrano gli estremi dell'art.
40, secondo comma, cod. pen., e cioè quando il soggetto abbia l'obbligo
giuridico di impedire l'evento (Sez. F., 13.8.2004, n. 44274, Preziosi, m.
230173).
Sulla base di questi principi si è affermato che non dà luogo alla
configurabilità dei reati in questione la condotta di chi, «avendo la
disponibilità di un'area sulla quale altri abbiano abbandonato rifiuti, si
limiti a non attivarsi perché questi ultimi vengano rimossi» (Sez. III,
3.10.1997, n. 8944, Gangemi, m. 208624); e che «la compravendita di un terreno
sul quale erano già stati raccolti dal venditore rifiuti nocivi non può
integrare, a carico del compratore, il reato in questione, neanche sotto il
profilo che, trattandosi di reato permanente, esso debba essere addebitato a
colui che, pur non essendo concorso nell'attività di accumulazione di rifiuti,
abbia acquistato la proprietà del terreno ove gli stessi si trovino» (Sez. I,
4.3.1999, n. 7241, Pirani, m. 213699).
Il tribunale del riesame ha pertanto omesso di valutare e ricostruire l'esatta
cornice fattuale della vicenda, ed in particolare di esaminare le eccezioni
difensive relative all'assunto che l'area in questione era stata acquistata poco
prima del sequestro; che sulla stessa esisteva un contenzioso col curatore; che
si trattava di una area industriale dismessa e non già di area adibita a
deposito di materiale edile; che la totalità dei rifiuti erano riconducibili
alle attività lavorative industriali svolte in loco o erano presenti sull'area
da tempo anteriore all'acquisto, come emergeva dal loro stato.
La motivazione della ordinanza impugnata è assente, o meramente apparente, anche
in ordine alla sussistenza in concreto del periculum in mora. L'ordinanza
innanzitutto afferma che è irrilevante la questione sulla dedotta buona fede del
ricorrente perché la misura cautelare reale colpisce il bene a prescindere da
considerazioni di natura soggettiva relative all'autore del reato. La
motivazione è apparente perché se l'eventuale buona fede dell'autore materiale
del reato può essere irrilevante ai fini della misura cautelare, essa invece è
sicuramente rilevante ai fini di valutare il concreto pericolo di reiterazione
della condotta criminosa quando - come sostiene la difesa - essa è invocata da
chi abbia acquistato il terreno sul quale già esistevano i rifiuti e non abbia
concorso con gli autori del reato.
L'ordinanza impugnata afferma anche che deve escludersi la buona fede
dell'odierno ricorrente in considerazione del degrado dell'area, dell'accumulo
incontrollato di rifiuti prodotti ed abbandonati da terzi, senza che rilevi in
senso contrario il contenzioso in atti con le ditte abusivamente operanti sul
posto. Sotto questo profilo la motivazione è viziata da errore di diritto perché
ricollega esplicitamente la buona all'effettivo stato dell'area acquistata,
mentre la buona fede deve essere valutata in relazione non allo stato dell'area
bensì alla attività criminosa, consistente nella condotta commissiva di
abbandono dei rifiuti.
Sembra evidente che il tribunale del riesame sia caduto nell'errore di ritenere
che il ricorrente, in quanto acquirente del terreno, avesse un obbligo giuridico
di eliminare i rifiuti ivi depositati prima dell'acquisto o comunque depositati
senza il suo concorso. Sulla esistenza di tale obbligo manca qualsiasi
motivazione mentre lo stesso, come dianzi rilevato, non può farsi discendere
dalle disposizioni legislative richiamate nella ordinanza impugnata. Un obbligo
giuridico di eliminare i rifiuti in capo al proprietario del terreno che non
abbia concorso con gli autori materiali dell'abbandono, infatti, può sorgere
solo a seguito di una ordinanza comunale che gli ordini la rimozione dei rifiuti
stessi e lo sgombero dell'area nei limiti e nelle modalità previste dalla legge.
L'ordinanza impugnata, inoltre, ha ritenuto che la intenzione del ricorrente di
procedere alla bonifica dell'area, dimostrata attivandosi mediante la
presentazione di un progetto di recupero ambientale del sito, sarebbe
irrilevante a fini della valutazione del periculum in mora perché il
detto piano di bonifica non è stato ancora autorizzato. Anche questa
affermazione è frutto di un errore di diritto perché si basa sull'idea che il
periculum in mora sia costituito dalla possibilità che il ricorrente non
sgombri l'area dai rifiuti ivi esistenti. Al contrario, nella specie, stante il
reato contestato, il periculum in mora che deve essere presente consiste
nella concreta ed attuale possibilità che il ricorrente continui a reiterare
l'attività criminosa contestata, ossia che continui ad abbandonare in modo
incontrollato rifiuti sul terreno, e non già nella possibilità che non tolga i
rifiuti esistenti, non avendone allo stato l'obbligo.
Per completezza deve osservarsi che l'ordinanza impugnata sembrerebbe anche
accennare ad un sequestro finalizzato ad una confisca obbligatoria del sito. Sul
punto la motivazione è assolutamente mancante perché la confisca può essere
disposta solo per il reato di realizzazione o gestione di discarica abusiva di
cui al comma 3 dell'art. 256, reato che non solo non risulta contestato ma che
sulla esistenza del cui fumus manca qualsiasi motivazione. Va invero
ricordato che, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, che per
potersi configurare il più grave reato di realizzazione di una discarica senza
autorizzazione occorre l'allestimento di un'area con l'effettuazione di opere,
quali spianamento del terreno, apertura di accessi, sistemazione, perimetrazione
o recinzione, mentre per potersi configurare la diversa ipotesi di gestione di
una discarica non autorizzata occorre che sussista una organizzazione, anche se
rudimentale, di persone e cose diretta al funzionamento della medesima (Sez. F.,
2.8.2007, n. 33252, Setzu, m. 237582; Sez. III, 2 luglio 2004, Pastorino, m.
229.624; Sez. III, 11.4.1997, n. 4013, Vasco, m. 207613).
L'ordinanza impugnata deve dunque essere annullata con rinvio al tribunale di
Napoli per nuovo esame.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
annulla la sentenza impugnata con rinvio al tribunale di Napoli per nuovo esame.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 21 ottobre
2010.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 22 Nov. 2010
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1974-9562