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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 29/11/2010, Sentenza n. 42163



DIRITTO URBANISTICO - Pertinenza urbanistica - Nozione - Ampliamento di un edificio - Conducibilitą alla nozione di pertinenza - Esclusione. La nozione di "pertinenza urbanistica" ha peculiarita' sue proprie, che la distinguono da quella civilistica: deve trattarsi, invero, di un'opera - che abbia comunque una propria individualita' fisica ed una propria conformazione strutturale e non sia parte integrante o costitutiva di altro fabbricato - preordinata ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale, funzionalmente ed oggettivamente inserita al servizio dello stesso, sfornita di un autonomo valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o comunque dotata di un volume minimo tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche dell'edificio principale, una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell'immobile cui accede. La relazione con la costruzione preesistente deve essere, in ogni caso, non di integrazione ma "di servizio", allo scopo di renderne piu' agevole e funzionale l'uso (carattere di strumentalita' funzionale), sicche' non puo' ricondursi alla nozione in esame l'ampliamento di un edificio che per la relazione di connessione fisica, costituisce parte di esso quale elemento che attiene all'essenza dell'immobile e lo completa affinche' soddisfi ai bisogni cui e' destinato (Cass., Sez. 3: 29.5.2007, Rossi; 11.5.2005, Grida; 17.1.2003, Chiappatone. Nello stesso senso anche C. Stato, Sez. 5, 22.10.2007, n. 5515). (dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza della Corte di Appello di Roma n. 4332/2008) Pres. Marzano, Est. Massafra, Ric. D.M.M.N. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 29/11/2010, Sentenza n. 42163


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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDI Alfredo Maria                                  - Presidente
Dott. CORDOVA Agostino                                         - Consigliere
Dott. FIALE Aldo                                                      -  Consigliere rel.
Dott. MARINI Luigi                                                    - Consigliere
Dott. GAZZARA Santi                                               - Consigliere

ha pronunciato la seguente:


SENTENZA


sul ricorso proposto da:

1) FA. RO., N. IL (Omissis);
- avverso la sentenza n. 4332/2008 CORTE APPELLO di ROMA, del 12/11/2008;
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/10/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE;
- Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Passacantando Guglielmo, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilita' del ricorso;
- Udito il difensore avv. Berardi Piergiorgio, il quale ha chiesto l'accoglimento del ricorso.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 12.11.2008, in parziale riforma della sentenza 27.3.2007 del Tribunale monocratico di Tivoli, ribadiva l'affermazione della responsabilita' penale di Fa. Ro. in ordine ai reati di cui:

- al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, lettera c), (per avere realizzato in assenza del prescritto permesso di costruire, in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, lavori di ampliamento di un fabbricato in duplice elevazione - acc. in (Omissis), con opere in corso di esecuzione il (Omissis));

- al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181 (per avere eseguito i lavori anzidetti in assenza della prescritta autorizzazione dell'autorita' preposta alla tutela del vincolo paesaggistico);

- al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 65, 71 e 72;

e, con le gia' riconosciute circostanze attenuanti generiche, essendo stata ritenuta la continuazione tra tutti i reati ex articolo 81 cpv. c.p., determinava la pena complessiva in giorni 15 di arresto ed euro 2.500,00 di ammenda, confermando la concessione del beneficio della sospensione condizionale ed il disposto ordine di demolizione delle opere abusive.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Fa. , il quale ha eccepito:

- violazione di legge quanto alla avvenuta celebrazione in contumacia nel giudizio di appello, assumendo che il processo sarebbe stato illegittimamente celebrato in sua assenza, pur avendo egli provato un impedimento assoluto a comparire in quanto ricoverato presso la "Casa di cura riabilitativa (Omissis)";

- l'insussistenza della contravvenzione di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, sul presupposto che gli ampliamenti abusivi sarebbero stati effettuati nel (Omissis), epoca in cui non esisteva ancora il vincolo paesaggistico derivante dalla istituzione della "Riserva naturale (Omissis)", avvenuta con la Legge Regionale n. 29 del 1997;

- la incongrua esclusione della condonabilita' delle opere ai sensi del Decreto Legge n. 269 del 2003, articolo 32, poiche' le stesse sarebbero state ultimate anteriormente al (Omissis) ed in zona che all'epoca non era assoggettata a vincolo paesaggistico;

- l'erroneo disconoscimento, da parte dei giudici del merito, della natura pertinenziale delle opere realizzate;

- la prescrizione dei reati.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perche' manifestamente infondato.

1. Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte Suprema, il legittimo impedimento a comparire dell'imputato, ai sensi dell'articolo 420 ter c.p.p., deve essere attuale ed assoluto, la relativa prova deve essere fornita dall'interessato ed il giudice, nel valutare tale prova secondo il proprio libero convincimento, ben puo' disattendere la prognosi contenuta in un certificato medico senza ricorrere a nuovi accertamenti ed avvalendosi di comuni regole di esperienza o di conoscenze mediche di base.

Nella fattispecie in esame la difesa ebbe a produrre certificazione della "Casa di cura riabilitativa (Omissis)" attestante che il Fa. era stato ivi ricoverato, la stessa mattina in cui veniva celebrato il giudizio di appello, per cure riabilitative, in quanto sofferente (a seguito di incidente stradale subito nel precedente mese di luglio) di "mielopatia cervicale con instabilita' vertebrale e limitazioni scapolo-omerali e del collo" e la Corte territoriale ha dato ragione del suo convincimento di non-assolutezza di un impedimento siffatto con motivazione adeguata, corretta ed immune da vizi logici e giuridici, tenuto conto della natura dell'infermita' attestata, tra l'altro non riferibile ad una situazione non dominabile dall'imputato e a lui non ascrivibile.

Questa Corte, del resto, ha gia' affermato che il ricovero ospedaliero dell'imputato non comporta di per se' che sussista "uno stato di infermita' in atto tale da richiedere controlli e cure e l'impossibilita' di anticipata dismissione" ed ancor piu' che detta infermita' determini quella impossibilita' di comparire che la legge richiede per il rinvio dell'udienza (vedi Cass.: Sez. 3, 9.4.1998, n. 4279; Sez. 6, 18.3.1994, n. 3387).

Assolutamente legittima appare, conseguentemente, l'adottata dichiarazione di contumacia.

2. L'epoca di ultimazione delle opere abusive (che erano ancora in corso alla data dell'accertamento del (Omissis)) ha costituito oggetto di approfondito accertamento da parte dei giudici dei merito e le censure concernenti asserite carenze argomentative sui singoli passaggi della ricostruzione fattuale dell'episodio (nella specie rivolte a fissare l'ultimazione dei lavori in epoca diversa ed anteriore) non sono proponibili nel giudizio di legittimita', quando la struttura razionale della decisione sia sorretta, come nella specie, da logico e coerente apparato argomentativo e il ricorrente si limiti sostanzialmente a sollecitare la rilettura del quadro probatorio, alla stregua di una diversa ricostruzione del fatto, e, con essa, il riesame nel merito della sentenza impugnata.

Si verte pertanto, nella specie, in ipotesi di opere non suscettibili di sanatoria ai sensi del Decreto Legge n. 269 del 2003, articolo 32, poiche' si tratta di consistenti ampliamenti realizzati successivamente al (Omissis), termine massimo previsto dalla legge per il riconoscimento della sanatoria.

3. Questa Corte Suprema ha costantemente affermato che la nozione di "pertinenza urbanistica" ha peculiarita' sue proprie, che la distinguono da quella civilistica: deve trattarsi, invero, di un'opera - che abbia comunque una propria individualita' fisica ed una propria conformazione strutturale e non sia parte integrante o costitutiva di altro fabbricato - preordinata ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale, funzionalmente ed oggettivamente inserita al servizio dello stesso, sfornita di un autonomo valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o comunque dotata di un volume minimo tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche dell'edificio principale, una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell'immobile cui accede.

La relazione con la costruzione preesistente deve essere, in ogni caso, non di integrazione ma "di servizio", allo scopo di renderne piu' agevole e funzionale l'uso (carattere di strumentalita' funzionale), sicche' non puo' ricondursi alla nozione in esame l'ampliamento di un edificio che - come nella vicenda che ci occupa - per la relazione di connessione fisica, costituisce parte di esso quale elemento che attiene all'essenza dell'immobile e lo completa affinche' soddisfi ai bisogni cui e' destinato (Vedi, tra le decisioni recenti, Cass., Sez. 3: 29.5.2007, Rossi; 11.5.2005, Grida; 17.1.2003, Chiappatone. Nello stesso senso vedi pure C. Stato, Sez. 5, 22.10.2007, n. 5515).

4. La inammissibilita' del ricorso, dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione, sicche' non puo' tenersi conto della prescrizione dei reati scaduta (il (Omissis)) in epoca successiva alla pronuncia della sentenza impugnata ed alla presentazione del ricorso (vedi Cass., Sez. Unite, 21.12.2000, n. 32, ric. De Luca).

5. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che, nella specie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita'", alla declaratoria della stessa segue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonche' quello del versamento di una somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00.


P.Q.M.


La Corte Suprema di Cassazione, visti gli articoli 607, 615 e 616 c.p.p., dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro mille,00 in favore della cassa delle ammende.


DEPOSITATA IN CANCELLERIA Il 29 Nov. 2010



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