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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/12/2010 (Ud. 5/11/2010), Sentenza n. 44979
RIFIUTI - Scarti di origine animale - Configurazione come sottoprodotti e non
come rifiuti - Presupposti - Artt. 256, 183, c. 1, lett. n) D.L.vo n. 152/2006 -
Reg. CE 1774/02. Gli scarti di origine animali sono sottratti
all'applicazione della normativa in materia di rifiuti e sono esclusivamente
soggetti al Regolamento CE n. 1774/2002, solo se sono effettivamente
qualificabili come sottoprodotti, ai sensi del d. Igs. n. 152 del 2006, art.
183, comma 1, lett. n), mentre in ogni altro caso in cui il produttore se ne sia
disfatto per destinarli allo smaltimento restano soggetti alla disciplina del
Testo Unico in materia ambientale. (conferma sentenza n. 127/2008 TRIB. di
Catania SEZ .DIST. di GIARRE, del 20/11/2008) Pres. Teresi, Est. Rosi, Ric.
Valastro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/12/2010 (Ud. 5/11/2010),
Sentenza n. 44979
RIFIUTI - Sottoprodotti di origine animale - Disciplina applicabile - Testo
Unico in materia ambientale e profili sanitari e di polizia veterinaria -
Trasporto e smaltimento dei rifiuti provenienti da attività di macellazione,
senza la prescritta autorizzazione - Contenuto del tubo digerente definito
"fertilizzante organico” - Profili sanitari e di polizia veterinaria - Artt.
256, 183, c. 1, lett. n) D.L.vo n. 152/2006 - Reg. CE 1774/02 - D. Igs. n.
508/1992. Ai sensi del Regolamento CE n. 1774/2002 è stato adottato il
termine sottoprodotti di origine animale, abbandonando quello di rifiuti di
origine animale utilizzata nel d. Igs. n. 508 del 1992 e che ai sensi del d. Igs.
n.152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. n), si intendono per sottoprodotti i
materiali risultanti dal processo produttivo, che pur non costituendo l'oggetto
proprio del ciclo produttivo, scaturiscono da esso e sono destinati dai
produttore ad ulteriore impiego o al consumo (il riutilizzo, però, deve essere
certo, senza l'intervento di trasformazioni preliminari e senza pregiudizio per
l'ambiente). Inoltre, poiché la nozione di rifiuto e le espressioni che la
qualificano non possono essere interpretate in senso restrittivo, (Cass. Sez.3
sentenza n.8520/2002, Leuci), sono le esclusioni dall'ambito di applicazione
della disciplina generale sui rifiuti di determinate sostanze a dover essere
oggetto di interpretazione restrittiva. Da ciò deriva che il Regolamento CE n.
1774/2002 assicura solo una tutela sanitaria per le carogne e per i
sottoprodotti di origine animale e che resta ferma la disciplina sanitaria
dettata dal Regolamento n. 1774/2002 in materia di sottoprodotti di origine
animale non destinati al consumo umano, se e in quanto configurabili come
sottoprodotti e non come rifiuti, dovendosi intendere questa disciplina come
esaustiva ed autonoma in ordine al profilo sanitario. Pertanto, l'ambito di
operatività del Regolamento CE n.1774 del 2002 in tema di gestione di
sottoprodotti di origine animale e della normativa di cui al d. Igs. 3 aprile
2006, n. 152, in tema di gestione dei rifiuti, si verifica per le disposizioni
di settore relativo ai sottoprodotti di origine animale che regolano
esclusivamente i profili sanitari e di polizia veterinaria, mentre rimangono
escluse da tale disciplina le attività di gestione degli scarti, in quanto
rifiuti, per le quali permane l'operatività della disciplina generale in materia
(Cass. Sez.3, n. 12844 del 24/3/2009, De Angelis; Cass. Sez.3 sentenze
n.21095/2007, Guerrini; Cass. n. 21676/2007, Zanchin). (conferma sentenza n.
127/2008 TRIB. di Catania SEZ .DIST. di GIARRE, del 20/11/2008) Pres. Teresi,
Est. Rosi, Ric. Valastro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/12/2010 (Ud.
5/11/2010), Sentenza n. 44979
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. ALFREDO TERESI
- Presidente
Dott. MARIO GENTILE - Consigliere
Dott. AMEDEO FRANCO - Consigliere
Dott. LUIGI MARINI
- Consigliere
Dott. ELISABETTA ROSI
- Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) VALASTRO ORAZIO ANTONIO N. IL xx/xa/dxxx
2) PATANE' SALVATORE N. IL xx/ad/xxxx
3) PENNISI ROSARIO N. IL ax/dx/xxxx
- avverso la sentenza n. 127/2008 TRIB. SEZ .DIST. di GIARRE, del 20/11/2008
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/11/2010 la relazione fatta dal Consigliere
Dott. ELISABETTA ROSI
- Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Giuseppe Volpe che ha
concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 20/11/2008 il Tribunale di Catania, sezione distaccata di
Giarre ha condannato Valastro Orazio Antonino, Patanè Salvatore e Pennisi
Rosario (il primo, quale legale rappresentante della ditta Valastro carni s.r.l.
avente ad oggetto l'attività di macellazione animale; il secondo, quale
incaricato al trasporto e conduttore dell'autocarro targato ME 317411; il terzo
quale possessore del terreno sito in Linguaglossa), in relazione ai reati di cui
all'art. 256 del D.L. n. 152 del 2006 e art. 734 c.p., per avere effettuato il
trasporto e lo smaltimento dei rifiuti provenienti da attività di macellazione,
senza la prescritta autorizzazione, scaricando circa 3 metri cubi di resti
organici e del tubo digerente di bovini all'interno di un'area di proprietà di
Pennisi.
Gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione chiedendo l'annullamento
della sentenza per i seguenti motivi:
1. Violazione dell'art. 606, lett. b) c.p.p. in relazione al Regolamento CE n.
1774/02 ed erronea interpretazione della legge penale in relazione a norma
integrativa dei precetto penale.
La gravata sentenza avrebbe erroneamente applicato la normativa vigente in
materia di rifiuti, in particolare, nell'applicazione del Reg. CE 1774/02,
poiché ha ritenuto che le modalità di scarico ed il presunto abbandono del
materiale qualifichino lo stesso come rifiuto. Tale regolamento, immediatamente
operativo nel diritto interno secondo l'art. 189 del trattato CE, inserisce tra
i materiali che non si devono considerare come rifiuti il contenuto del tubo
digerente degli animali da allevamento erbivori (materiale di categoria 2)
materiale che può essere utilizzato sui terreni conformemente al Regolamento
stesso, in quanto non è necessario alcun tipo di trattamento di trasformazione,
trattandosi di erba e fieno non ancora digeriti. Il Giudice ha errato, pertanto,
nell'applicazione del Reg. CE 1774/02, poiché ha ritenuto che le modalità di
scarico ed il presunto abbandono del materiale qualifichino lo stesso come
rifiuto, se invece avesse fatto riferimento alla normativa europea avrebbe
constatato che il contenute del tubo digerente non necessita di particolari
trattamenti, anche perché al punto 38 dell'allegato I del Reg. CE 1774/02 il
contenuto del tubo digerente viene definito "fertilizzante organico".
La sentenza impugnata, inoltre, avrebbe posto un problema che non ha alcuna
rilevanza ai fini della sussistenza della violazione contestata, e cioè se detto
materiale potesse essere utilizzato come concime nel terreno ove venne
scaricato, mentre non può essere escluso che tale materiale potesse venire
utilizzato come concime in altri terreni coltivati di proprietà del coimputato
Pennisi.
2. Violazione dell'art. 606, comma 1, lett. e) c.p.p., per motivazione in parte
carente e in parte illogica.
La gravata sentenza avrebbe omesso, utilizzando una motivazione solo apparente,
di esaminare l'applicabilità al caso di specie della normativa comunitaria,
fosse anche per rifiutarne l'applicazione in funzione integrativa del precetto
penale, mentre ha presunto illogicamente la natura di rifiuto in base alle
modalità con le quali il materiale fu scaricato, utilizzando in maniera illogica
le dichiarazioni del teste verbalizzante pur essendo in possesso di un parere di
segno contrario espresso dal Tecnico dell'ASL locale, prodotto dalle difese.
3. Il ricorrente Patanè ha lamentato anche il diniego delle attenuanti generiche
e del beneficio della sospensione condizionale della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso sono infondati.
Il ricorso, che è stato limitato al solo capo della sentenza relativo alla
dichiarazione di responsabilità per l'ipotesi contravvenzionale di cui all'art.
256 D.Igs n.152 del 2006, non risulta puntuale, in quanto, con erronee
argomentazioni giuridiche ed in punto di fatto, censura la decisione che risulta
invece esente da vizi logico-giuridici, essendo stati specificamente indicati
gli elementi probatori emersi a carico degli imputati.
Con una recente decisione (Sez.3, n. 12844 del 24/3/2009, De Angelis, Rv.
243114) questa Corte ha già chiarito l'ambito di operatività del Regolamento CE
n.1774 del 2002 in tema di gestione di sottoprodotti di origine animale e della
normativa di cui al d. Igs. 3 aprile 2006, n. 152, in tema di gestione dei
rifiuti, precisando che le disposizioni di settore relativo ai sottoprodotti di
origine animale regolano esclusivamente i profili sanitari e di polizia
veterinaria, mentre rimangono escluse da tale disciplina le attività di gestione
degli scarti, in quanto rifiuti, per le quali permane l'operatività della
disciplina generale in materia (Sez.3 sentenze n.21095/2007, Guerrini, Rv.236744;
n. 21676/2007, Zanchin, Rv. 236703).
E' stato osservato, che con il Regolamento CE n. 1774/2002 è stato adottato il
termine sottoprodotti di origine animale, abbandonando quello di rifiuti di
origine animale utilizzata nel d. Igs. n. 508 del 1992 e che, secondo la
giurisprudenza comunitaria e ai sensi del d. Igs. n.152 del 2006, art. 183,
comma 1, lett. n), si intendono per sottoprodotti i materiali risultanti dal
processo produttivo, che pur non costituendo l'oggetto proprio del ciclo
produttivo, scaturiscono da esso e sono destinati dai produttore ad ulteriore
impiego o al consumo (il riutilizzo, però, deve essere certo, senza l'intervento
di trasformazioni preliminari e senza pregiudizio per l'ambiente).
D'altra parte, poiché la nozione di rifiuto e le espressioni che la qualificano
non possono essere interpretate in senso restrittivo, come peraltro
reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez.3
sentenza n. 8520/2002, Leuci, RV 221273), sono le esclusioni dall'ambito di
applicazione della disciplina generale sui rifiuti di determinate sostanze a
dover essere oggetto di interpretazione restrittiva.
Da ciò deriva che il Regolamento CE n. 1774/2002 assicura solo una tutela
sanitaria per le carogne e per i sottoprodotti di origine animale e che resta
ferma la disciplina sanitaria dettata dal Regolamento n. 1774/2002 in materia di
sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano, se e in quanto
configurabili come sottoprodotti e non come rifiuti, dovendosi intendere questa
disciplina come esaustiva ed autonoma in ordine al profilo sanitario.
In conclusione, gli scarti di origine animali sono sottratti all'applicazione
della normativa in materia di rifiuti e sono esclusivamente soggetti al
Regolamento CE n. 1774/2002, solo se sono effettivamente qualificabili come
sottoprodotti, ai sensi del d. Igs. n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett.
n), mentre in ogni altro caso in cui il produttore se ne sia disfatto per
destinarli allo smaltimento restano soggetti alla disciplina del Testo Unico in
materia ambientale.
Alla luce degli enunciati principi di diritto, la sentenza impugnata ha
correttamente ravvisato i reati contestati, essendo emerso dalle risultanze
ampiamente riportate nel provvedimento, che gli imputati, in assenza delle
prescritte autorizzazioni, hanno concorso nel trasporto non autorizzato, oltre
che di tubi digerenti bovini, anche di resti organici animali macellati e li
hanno scaricati in un terreno già coperto di rifiuti, sicché detti scarti
esattamente sono stati qualificati come rifiuti, in quanto il produttore degli
stessi se ne era per l'appunto disfatto.
Quanto alla mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e
della mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della
pena, lamentati dal ricorrente Patanè, si evidenzia che nessuna motivazione
viene data sul punto nella parte motiva della sentenza impugnata perché tali
benefici non risultano richiesti al giudice di merito, il quale, pertanto non
aveva l'obbligo di motivare in relazione ad essi.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato ed al rigetto consegue la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento ex art. 616 c.p.p.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2010.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA Il 22 Dic. 2010
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