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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 04/02/2010 (Ud. 03/12/2009), Sentenza n. 4881
DIRITTO URBANISTICO - Obbligo del permesso di costruire - Finalità -
Interventi che incidono sull'assetto del territorio - Figura giuridica di
costruzione - Art. 20 lett. h) L. n. 47/1985 e 20 L. n. 64/1974 - Art. 20 L.R.
Sicilia n. 4/2003. La prescrizione dell'obbligo di munirsi del permesso di
costruire persegue le finalità di controllo del territorio e di corretto uso
dello stesso ai fini urbanistici e edilizi, sicché sono assoggettati al regime
di permesso di costruire gli interventi che incidono sull'assetto del
territorio. Pertanto, è irrilevante che i manufatti non siano costruiti in
muratura oppure che abbiano modesta consistenza o che non comportino incremento
del carico insediativo, se idonei a modificare lo stato dei luoghi. Pres.
Grassi, Est. Teresi, Ric. Milio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
04/02/2010 (Ud. 03/12/2009), Sentenza n. 4881
DIRITTO URBANISTICO - Opere precarie - Natura - Requisito della precarietà -
Destinazione dell'opera. In materia edilizia, il requisito della precarietà
non può essere collegato al carattere di stabilità temporanea, soggettivamente
attribuito alla costruzione, ma va individuato in relazione all'oggettiva e
intrinseca destinazione dell'opera stessa. Pres. Grassi, Est. Teresi, Ric.
Milio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 04/02/2010 (Ud. 03/12/2009),
Sentenza n. 4881
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Struttura motivazionale della sentenza d'appello
- 1° e 2° grado - Unico complesso corpo argomentativo. Le sentenze di primo
e secondo grado concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di
prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale
della sentenza d'appello si salda con quella precedente per formare un unico
complesso corpo argomentativo" [Cassazione Sezione I n. 8868/2000, Sangiorgi].
Pres. Grassi, Est. Teresi, Ric. Milio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
04/02/2010 (Ud. 03/12/2009), Sentenza n. 4881
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Inammissibilità del ricorso - Effetti - Cause
sopravvenute di estinzione del reato - Preclusione. L'inammissibilità del
ricorso, che preclude l'operatività di cause sopravvenute di estinzione del
reato (Cass. SU n. 32/2000, De Luca), comporta condanna al pagamento delle spese
processuali e al versamento alla cassa delle ammende di una somma determinata
equitativamente. Pres. Grassi, Est. Teresi, Ric. Milio. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE, Sez. III, 04/02/2010 (Ud. 03/12/2009), Sentenza n. 4881
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UDIENZA del 03.12.2009
SENTENZA N. 2179
REG. GENERALE N. 30762/2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori:
dott. Aldo Grassi
Presidente
1. dott. Ciro Petti
Consigliere
2. dott. Alfredo Teresi
Consigliere rel.
3. dott. Maria Silvia Sensini
Consigliere
4. dott. Santi Gazzara
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da Milio Antonio, nato a Calascibetta il x.xx.xxxx,
avverso la sentenza della Corte di Appello di Caltanissetta in data 16.06.2009
che ha confermato la condanna alla pena dell'arresto e dell'ammenda inflittagli
nel giudizio di primo grado per i reati di cui agli art. 20 lett. h) legge n.
47/1985 e 20 legge n. 64/1974;
- Visti gli atti, la sentenza denunziata e il ricorso;
- Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere dott. Alfredo Teresi;
- Sentito il PM nella persona del PG, dott. Tindari Baglione, che ha chiesto
dichiararsi inammissibile il ricorso;
osserva
Con sentenza 16.06,2009 la Corte di Appello di Caltanissetta confermava la
condanna alla pena dell'arresto e dell'ammenda inflitta nel giudizio di primo
grado a Milio Antonio quale colpevole di avere, in zona sismica e senza permesso
di costruire, realizzato un capannone, di metri 6.10 x 2.70, avente una
struttura di travi di legno coperta con tavolato, senza preavviso scritto al
Genio Civile e senza la direzione di un tecnico abilitato.
Proponeva ricorso per cassazione l'imputato denunciando "difetto di motivazione,
nullità per mancata enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene
non attendibili le prove contrarie".
Il teste geom. Cucci, dipendente del Genio civile, aveva dichiarato che l'opera
era precaria perché la struttura non era infissa al suolo, ma la corte
territoriale aveva dato credito al maresciallo Augusto, privo di competenze
tecniche, che aveva riferito il contrario, seppur ammettendo di non avere fatto
verifiche sul punto.
La richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale per accertare la
situazione di fatto era stata immotivatamente disattesa.
Il ricorrente denunciava pure violazione dell'art. 20 della legge regionale n.
4/2003 che consente, senza richiedere concessione o autorizzazione, la chiusura
di terrazze di collegamento oppure di terrazze non superiori a mq 50 e/o la
copertura di spazi interni con strutture precarie.
La norma andava applicata nel caso in esame avendo natura precaria l'opera
realizzata.
Chiedeva l'annullamento della sentenza.
Il primo motivo non è puntuale.
La prescrizione dell'obbligo di munirsi del permesso di costruire persegue le
finalità di controllo del territorio e di corretto uso dello stesso ai fini
urbanistici e edilizi, sicché sono assoggettati al regime di permesso di
costruire gli interventi che incidono sull'assetto del territorio, donde
l'infondatezza dei rilievi secondo cui l'esecuzione del manufatto de quo
era penalmente irrilevante rientrando, invece, lo stesso nella figura giuridica
di costruzione per la quale occorre il permesso di costruire, come per "tutti
quei manufatti che, comportando una trasformazione urbanistica e edilizia del
territorio comunale, modificano lo stato dei luoghi, in quanto destinati, almeno
potenzialmente a perdurare nel tempo" (Cass. Sez. III, 23.03.1994), sicché è
irrilevante che i manufatti non siano costruiti in muratura oppure che abbiano
modesta consistenza e ancora che non comportino incremento del carico
insediativo, se idonei a modificare lo stato dei luoghi.
Nel caso in esame, la Corte di Appello ha assolto l'obbligo della motivazione
spiegando esaurientemente le ragioni del proprio convincimento e ritenendo
infondati i rilievi secondo cui per l'esecuzione dell'opera non occorreva
permesso di costruire, trattandosi di un manufatto con struttura di legno e
tettoia in pannelli di eternit, esteso oltre 16 mq, e, quindi, di opera che ha
determinato immutazione duratura del territorio con carattere edilizio.
Rilevato che, quando "le sentenze di primo e secondo grado concordino
nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento
delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza d'appello
si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo
argomentativo" [Cassazione Sezione I n. 8868/2000, Sangiorgi, RV. 216906], va
puntualizzato che i giudici di merito hanno fondato il giudizio di colpevolezza
su dati obiettivi puntualmente richiamati, ritenendo, alla stregua delle
dichiarazioni testimoniali dei verbalizzanti e delle acquisizioni documentali,
che il capannone de quo, esteso circa 16 mq.; avente struttura portante in
legno, copertura in eternit e tamponatura con pannelli in lamiera zincata;
destinato a deposito di attrezzature e materiali edili; infisso al suolo [ciò
emergendo dai rilievi fotografici, donde l'irrilevanza dei divergenti
riferimenti testimoniali e della richiesta perizia], non aveva natura precaria.
Non è corretta, quindi, la censura difensiva perché, in materia edilizia, il
requisito della precarietà non può essere collegato al carattere di stabilità
temporanea, soggettivamente attribuito alla costruzione, ma va individuato in
relazione all'oggettiva e intrinseca destinazione dell'opera stessa.
Manifestamente infondato, poi, è l'assunto che la normativa regionale in tema di
chiusura di terrazze, di copertura di spazi interni con strutture precarie
attenga al caso in esame che riguarda l'esecuzione di un autonomo corpo di
fabbrica, qual è il capannone in questione, che non rientra tra le opere interne
cui si riferisce la suddetta normativa.
Ne consegue che il motivo in punto di affermazione di responsabilità, che si
fondano sulle stesse argomentazioni proposte in appello e puntualmente confutate
dal giudice del gravame, è assolutamente privo di fondamento.
L'inammissibilità del ricorso, che preclude l'operatività di cause sopravvenute
di estinzione del reato (Cass. SU n. 32/2000, De Luca), comporta condanna al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla cassa delle ammende di
una somma determinata equitativamente in E. 1.000.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento e al versamento alla cassa delle ammende della
somma di E.1.000.
Cosi deciso in Roma nella pubblica udienza del 3.12.2009.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 04/02/2010
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