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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 16/02/2010 (Ud. 14/01/2010), Sentenza n. 6266
RIFIUTI - Calcolo volumetrico dei rifiuti solidi - Criterio - Art.183 d.lgs.
n.152/2006 - D.lgs. n.22/1997. In tema di calcolo volumetrico di rifiuti ciò
che la legge individua è l'ingombro dei materiali abbandonati e non la quantità
di materia che li compone. Sicché, non può condividersi l'interpretazione
secondo la quale, per i rifiuti solidi il calcolo volumetrico dovrebbe essere
operato non tenendo conto degli spazi vuoti esistenti fra i diversi corpi, spazi
ovviamente irregolari e diversi a seconda dei materiali. Pres. Altieri, Est.
Marini, Ric. Bellini. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 16/02/2010 (Ud.
14/01/2010), Sentenza n. 6266
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Ricorso in sede di legittimità - Nuova
valutazione del risultato probatorio e ricostruzione del fatto e delle
responsabilità - Inammissibilità - Art.606, lett. e) c.p.p. - Art.8, c. 1°,
lett.b) L. n.46/2006. Il nuovo testo dell'art.606, lett. e) c.p.p. non
autorizza affatto il ricorso a fondare la richiesta di annullamento della
decisione di merito chiedendo al giudice di legittimità di ripercorrere l'intera
ricostruzione della vicenda oggetto di giudizio e di riesaminare gli elementi di
fatto posti a fondamento delle decisione. Tale impostazione é stata ribadita,
anche dopo la modifica della lett.e) dell'art.606 c.p.p. apportata dall'art.8,
comma primo, lett.b) della legge 20 febbraio 2006, n.46, dalle sentenze della
Cass. Sez. II, Penale, n.23419 del 23/05/-14/06/2007, PG in proc.Vignaroli e
Cass. Sez. I, Penale, n. 24667 del 15-21/06/2007, Musumeci, secondo le quali
l'esame di uno specifico materiale processuale non può mai comportare per la
Corte di legittimità una nuova valutazione del risultato probatorio e delle sue
ricadute in termini di ricostruzione del fatto e delle responsabilità. Pres.
Altieri, Est. Marini, Ric. Bellini. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
16/02/2010 (Ud. 14/01/2010), Sentenza n. 6266
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Giudizio di legittimità - Funzione - Corretta
applicazione della legge sostanziale e processuale - Ricostruzione dei fatti -
Esclusione. Il giudizio di legittimità rappresenta lo strumento di controllo
della corretta applicazione della legge sostanziale e processuale e non può
costituire un terzo grado di giudizio volto alla ricostruzione dei fatti oggetto
di contestazione. Pres. Altieri, Est. Marini, Ric. Bellini. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 16/02/2010 (Ud. 14/01/2010), Sentenza n. 6266
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Giudice di legittimità - Doglianze generiche -
Natura - Artt.581, c. 1°, lett.c) e 591, c. 1°, lett. c) c.p.p.. Si
considerano generici - con riferimento al disposto degli artt.581, comma primo,
lett.c) e 591, comma primo, lett. c) c.p.p. -, i motivi che ripropongono davanti
al giudice di legittimità le medesime doglianze presentate in sede di appello
avverso la sentenza di primo grado e che nella sostanza non tengono conto delle
ragioni che la Corte di appello ha posto a fondamento della decisione sui punti
contestati. Pres. Altieri, Est. Marini, Ric. Bellini. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE, Sez. III, 16/02/2010 (Ud. 14/01/2010), Sentenza n. 6266
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UDIENZA del 14.01.2010
SENTENZA N. 57
REG. GENERALE N. 28362/2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. Altieri Enrico
Presidente
Dott. Petti Ciro
Consigliere
Dott. Amoresano Silvio
Consigliere
Dott. Marini Luigi
Consigliere est.
Dott. Gazzara Santi
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: BELLINI MICHELE, nato a Roma il xx/xx/xxxx
- Avverso la sentenza emessa in data 10 Marzo 2009 dalla Corte di Appello di
Perugia, che ha confermato la sentenza emessa il 12 Luglio 2007 dal Tribunale di
Perugia, con cui è stato condannato alla pena di quattro mesi di arresto e
3.600,00 euro di ammenda per i reati previsti: a) dagli artt.51, comma secondo,
lett.b del d.lgs. 5 febbraio 1997, n.22 e 6, lett.m, n. e 14 primo comma del
medesimo decreto; b) dagli artt.51, comma primo, letta e 51, secondo comma, del
d.Lgs. 5 febbraio 1997, n.22.
Fatti accertati il 15 Luglio 2005.
- Sentita la relazione effettuata
dal Consigliere LUIGI MARINI
- Udito il Pubblico Ministero nella persona del CONS. FRANCESCO SALZANO, che ha
concluso per il rigetto del ricorso.
- Udito il Difensore, Avv. GIUSEPPE INNAMORATI, che ha concluso per
l'accoglimento del ricorso.
RILEVA
Il Sig.Bellini, quale legale rappresentante della società "Foto chimica S.r.l."
é stato condannato dal Tribunale di Perugia con sentenza del 12 Luglio 2007
perché ritenuto responsabile di illegale trattamento di materiale qualifica come
"rifiuto non pericoloso" e di materiale consistente in imballaggi, ed in
particolare perché ritenuto responsabile dei reati previsti: a) dagli artt.51,
comma secondo, lett.b del d.lgs. 5 febbraio 1997, n.22 e 6, lett.m, n. e 14
primo comma del medesimo decreto; b) dagli artt.51, comma primo, lett.a e 51,
secondo comma, del d.lgs. 5 febbraio 1997, n.22 (così riqualificata l'ipotesi di
reato oggetto di imputazione).
Il Tribunale per i materiali contestati al capo b) ha accolto la prospettazione
difensiva che escludeva la natura di rifiuto "pericoloso" e così riqualificato
il fatto originariamente rubricato dalla pubblica accusa ai sensi dell'art.51,
comma secondo, lett.b) del citato decreto legislativo, ora sostituito
dall'art.183 del d.lgs. n.152 del 2006).
Avverso tale decisione il Sig.Bellini ha proposto appello, lamentando: a)
l'assenza di prova certa circa il superamento dei limiti temporali e
quantitativi fissati dalla legge; b) l'assenza, quanto al reato contestato al
capo A, di consapevolezza circa il superamento per soli 3.000 litri, al momento
del controllo, del tetto previsto; c) la destinabilità dei contenitori sub B a
nuovo utilizzo, così escludendosi la natura di "rifiuto".
La Corte territoriale ha esaminato i singoli motivi e li ha ritenuti infondati,
per tale ragione confermando la sentenza di primo grado.
Ricorre il Sig.Bellini tramite il Difensore.
Con primo motivo lamenta violazione dell'art.606, lett.b) ed e) c.p.p. in
relazione all'art.52, primo comma del d.lgs. 5 febbraio 1997, n.22. Afferma il
ricorrente che i contenitori oggetto del capo B) della rubrica non costituivano
rifiuto e che, in ogni caso, l'incompleta tenuta dei registri di carico dei
rifiuti era all'epoca prevista dal comma secondo dell'art.52, comma secondo del
citato decreto legislativo, disposizione che fissava una sanzione
amministrativa. In secondo luogo, per i rifiuti non pericolosi è prevista per il
responsabile la possibilità di optare fra il criterio quantitativo e quello
temporale, così che, mancando la prova che i contenitori di plastica superassero
il tetto di 20 metri cubi previsto dalla legge, non sussistono i presupposti per
ritenere provata la violazione contestata.
Con secondo motivo lamenta violazione dell'art.606, lett.e) c.p.p. con
riferimento all'elemento oggettivo del reato contestato al capo B), mancando
ogni elemento che escluda la destinazione dei contenitori ad un futuro
riutilizzo.
Con terzo motivo, quanto al capo A), lamenta violazione dell'art.43 c.p.
con riferimento al mancato accertamento dell'esistenza dell'elemento soggettivo
del reato, avendo la Corte territoriale omesso di considerare la specifica
situazione personale (recentissimo decesso del padre, titolare dell'impresa) e
di esaminare i dati risultanti dal registro di carico e scarico che mostra nel
tempo limitatissimi superamenti del tetto di legge.
OSSERVA
Ritiene la Corte che il ricorso debba essere respinto nei termini di seguito
specificati.
1. La Corte rileva come i motivi secondo e terzo ripropongano in questa sede i
temi già affrontati in modo specifico dalla Corte di Appello e siano riproposti
con argomenti di fatto riconducibili a quanto esposto coi motivi di appello.
Trova così applicazione il costante orientamento di questa Corte secondo il
quale si considerano generici - con riferimento al disposto degli artt.581,
comma primo, lett.c) e 591, comma primo, lett. c) c.p.p. -, i motivi che
ripropongono davanti al giudice di legittimità le medesime doglianze presentate
in sede di appello avverso la sentenza di primo grado e che nella sostanza non
tengono conto delle ragioni che la Corte di appello ha posto a fondamento della
decisione sui punti contestati (cfr. Seconda Sezione Penale, sentenza 6 maggio
2003, Cucillo). Giova, poi ricordare, con riferimento alla censura concernente
l'elemento soggettivo del reato, che questa Corte ha già esaminato il tema della
responsabilità del titolare che subentra nella gestione dell'opificio e che
assume su di sé la responsabilità per il mancato rispetto del termine fissato
dalla legge o da altre fonti normative, in quel caso trimestrale, qualora non si
attivi immediatamente per porre rimedio alla violazione (sentenza n.1187 del
2007, Petrelli, rv 238549).
2. Per quanto concerne il primo motivo, si osserva che la questione se i
contenitori fossero destinati ad un successivo riutilizzo oppure allo
smaltimento quale "rifiuto" è stata affrontata dalla Corte di Appello, che ha
motivatamente optato per la seconda ipotesi con argomenti né illogici né
contrastanti con i dati processuali. Del resto, il ricorrente non ha fornito
prova documentale che supporti con certezza la sua tesi e non è possibile
introdurre in sede di legittimità questioni di fatto che siano state risolte dai
giudici di merito con motivazione immune da vizi logici, la giurisprudenza ha
fissato in ordine ai confini del giudizio di legittimità, con particolare
riferimento ai limiti che l'art.606 c.p.p. pone in tema di controllo sulla
valutazione del materiale probatorio attraverso le censure di carenza,
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
Osserva la Corte che il giudizio di
legittimità rappresenta lo strumento di controllo della corretta applicazione
della legge sostanziale e processuale e non può costituire un terzo grado di
giudizio volto alla ricostruzione dei fatti oggetto di contestazione. Si tratta
di principio affermato in modo condivisibile dalla sentenza delle Sezioni Unite
Penali, n.2120, del 23 novembre 1995-23 febbraio 1996, Fachini (rv 203767) e
quindi dalla più recente giurisprudenza (si vedano la sentenza della Seconda
Sezione Penale della Corte, 5 maggio-7 giugno 2006, n.19584, Capri ed altra, rv
233773, rv 233774, rv 233775, e la sentenza della Sesta Sezione Penale, 24
marzo-20 aprile 2006, n.14054, Strazzanti, rv 233454).
Una dimostrazione della sostanziale differenza esistente tra i due giudizi può
essere ricavata, tra l'altro, dalla motivazione della sentenza n.26 del 2007
della Corte costituzionale, che (punto 6.1), argomentando in ordine alla
modifica introdotta dalla legge n.46 del 2006 al potere di impugnazione del
pubblico ministero, afferma che la esclusione della possibilità di ricorso in
sede di appello costituisce una limitazione effettiva degli spazi di controllo
sulle decisioni giudiziali in quanto il giudizio avanti la Corte di cassazione é
"rimedio (che) non attinge comunque alla pienezza del riesame di merito,
consentito (invece) dall'appello".
Se, dunque, il controllo demandato
alla Corte di cassazione non ha "la pienezza del riesame di merito" che è
propria del controllo operato dalle corti di appello, ben si comprende come il
nuovo testo dell'art.606, lett. e) c.p.p. non autorizzi affatto il ricorso a
fondare la richiesta di annullamento della decisione di merito chiedendo al
giudice di legittimità di ripercorrere l'intera ricostruzione della vicenda
oggetto di giudizio e di riesaminare gli elementi di fatto posti a fondamento
delle decisione.
Tale impostazione é stata ribadita, anche dopo la modifica della lett.e)
dell'art.606 c.p.p. apportata dall'art.8, comma primo, lett.b) della legge 20
febbraio 2006, n.46, dalle sentenze della Seconda Sezione Penale, n.23419 del 23
maggio-14 giugno 2007, PG in proc.Vignaroli (rv 236893) e della Prima Sezione
Penale, n. 24667 del 15-21 giugno 2007, Musumeci (rv 237207), secondo le quali
l'esame di uno specifico materiale processuale non può mai comportare per la
Corte di legittimità una nuova valutazione del risultato probatorio e delle sue
ricadute in termini di ricostruzione del fatto e delle responsabilità.
3. Infine, sempre con riferimento al primo motivo di ricorso, che contesta il
superamento dei limiti, le decisioni di merito hanno accertato che all'epoca del
controllo risultavano superati sia il più ampio termine di un anno sia il tetto
quantitativo, così che risulta priva di rilevanza l'argomentazione circa la
natura alternativa dei due requisiti previsti dalla fattispecie incriminatrice
(sul punto si rinvia alle condivisibili motivazioni adottate da questa Sezione
con le sentenze n.39544 del 2006, Tresolat e altro, rv 235703 e 19883 del 2009,
Fabris, rv 234719).
Occorre, peraltro, precisare che non può condividersi l'interpretazione proposta
dal ricorrente secondo la quale per i rifiuti solidi il calcolo volumetrico
dovrebbe essere operato non tenendo conto degli spazi vuoti esistenti fra i
diversi corpi, spazi ovviamente irregolari e diversi a seconda dei materiali;
ciò che la legge individua è l'ingombro dei materiali abbandonati e non la
quantità di materia che li compone. La legge, dunque, fissa un tetto che nel
caso in esame risulta superato del 50%, e ciò impone anche sotto questo profilo
la conferma della decisione impugnata.
4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese del presente grado di giudizio, ai sensi dell'art.616 c.p.p.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Così deciso in Roma il 14 Gennaio 2010
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 16/02/2010
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