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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/03/2010 (Cc. 21/01/2010), Sentenza n. 9252
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Operazioni di smaltimento - Spandimento sul
suolo di materiali di risulta a fini di livellamento del terreno - Deposito
permanente - Art. 6, 1° c. lett. g), D. L.gs n. 22/97 - Art. 183, 1 c. lett. g),
D. Lgs n. 152/06 come sostituito dall'art. 2, c. 20, D. Lgs n. 4/2008. In
materia di gestione dei rifiuti, sia l'art. 6, primo comma lett. g), del D. Lgs
n. 22/97, che l’art. 183, primo comma lett. g), del D. Lgs n. 152/06, come
sostituito dall'art. 2, comma 20, del D. Lgs 16 gennaio 2008 n. 4, si limitano a
rinviare la definizione delle operazioni di smaltimento, alle descrizioni
contenute nell'allegato B dei rispettivi decreti (parte quarta per quello
vigente). Tra le operazioni di smaltimento descritte nell'allegato B, il cui
contenuto è rimasto immutato, alla lettera D12 é indicato il "deposito
permanente" dei rifiuti. Sicché, non vi è dubbio che, l'attività di spandimento
sul suolo dei materiali di risulta a fini di livellamento del terreno rientra
nella ipotesi di cui alla citata lettera D12 dell'allegato B, essendo
evidentemente destinata a rendere permanente il deposito dei rifiuti. Inoltre, è
appena il caso di rilevare sul punto che la previsione specifica contenuta nella
lettera D12 di una condotta che integra il deposito permanente ha carattere
meramente esemplificativo, come indicato dallo stesso disposto. (Conferma
sentenza dell’11.3.2008 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione
distaccata di Carinola) Pres. Grassi, Est. Lombardi, Ric. Ibello. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/03/2010 (Cc. 21/01/2010), Sentenza n. 9252
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UDIENZA del 21.1.2010
SENTENZA N. 138
REG. GENERALE N. 35186/2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli ill.mi Signori:
Dott. Aldo Grassi
Presidente
Ciro Petti
Consigliere
Alfredo Teresi
Alfredo Maria Lombardi
Silvio Amoresano
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Sul ricorso proposto dall'Avv. Domenico Grella, difensore di fiducia di Ibello
Giuseppe, n. a Santa Maria Capua Vetere il xx/xx/xxxx, avverso la sentenza in
data 11.3.2008 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione distaccata di
Carinola, con la quale venne condannato alla pena di E 10.000,00 di ammenda
quale colpevole del reato di cui all'art. 51, comma primo, del D. Lgs. n.,
22/97.
- Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
- Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria
Lombardi;
- Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Guglielmo
Passacantando, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione
distaccata di Carinola, ha affermato la colpevolezza di lbello Giuseppe in
ordine al reato di cui all'art. 51, comma primo, del D. Lgs. n. 22/97, come
sostituito dall'art. 256 del D. f,gs n. 152/06, a lui ascritto per avere
effettuato Io smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi, costituiti da
pezzi di muratura, tegole, cemento ed altri residui provenienti dalla
demolizione di un fabbricato, senza la prescritta autorizzazione.
E' stato accertato in punto di fatto che tale Di Bello Gennaro, titolare
dell'omonima ditta, aveva effettuato, per conto del Comune di Vairano, lavori di
demolizione di una palestra e successivamente aveva depositato i materiali di
risulta provenienti dall'attività di demolizione su un terreno sul quale la
ditta Ibello Giuseppe stava realizzando un parcheggio; che l'imputato aveva
provveduto a spianare il predetto materiale di risulta al fine di innalzare il
piano di campagna del suolo sul quale doveva essere realizzato il parcheggio.
Il giudice di merito ha affermato che il materiale di risulta di cui alla
contestazione costituisce rifiuto, secondo la classificazione contenuta
nell'allegato A al D. Lgs n. 22/97, codice CER 170700, e che l'attività posta in
essere dall'imputato integra, in ogni caso, un'ipotesi di smaltimento dei
predetti rifiuti.
Avverso la sentenza ha proposto appello il difensore dell'imputato e
l'impugnazione è stata trasmessa a questa Suprema Corte ai sensi dell'art. 568,
ultimo comma, c.p.p..
Con motivi aggiunti il difensore dell'imputato ha dedotto la intervenuta
prescrizione del reato, verificatasi anche prima dell'ordinanza con la quale la
Corte territoriale ha trasmesso gli atti in cassazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di gravame il ricorrente chiede l'assoluzione dell'imputato
perché il fatto non sussiste o perché il fatto non costituisce reato.
Si osserva che unico detentore dei rifiuti era la ditta Di Bello Giuseppe,
giudicato separatamente ed al quale era stata applicata la pena ai sensi
dell'art. 444 c.p.p., avendo proceduto alla esecuzione dei lavori di demolizione
da cui erano residuati i rifiuti ed al successivo trasporto e deposito degli
stessi su un altro terreno; che l'attività posta in essere dall'imputato, di
spianamento dei materiali depositati, di cui non si contesta sostanzialmente la
natura di rifiuto, dovendo i materiali essere sottoposti a test di cessione
prima del loro eventuale reimpiego, non può essere qualificata di smaltimento
dei rifiuti, non essendo riconducibile ad alcuna delle condotte previste
dall'art. 6 lett. g) del D. Lgs n. 22/97 e dall'allegato, cui la norma rinvia.
Con il secondo motivo di gravame si chiede l'assoluzione dell'imputato perché il
fatto non costituisce reato. Si deduce che il giudice di merito avrebbe dovuto
ritenere insussistente l'elemento psicologico del reato ai sensi dell'art. 47
c.p., avendo l'Ibello fatto affidamento sulla apparente legalità del contesto in
cui è stata posta in essere la condotta ascrittagli.
Con il terzo motivo si chiede l'assoluzione dell'imputato per carenza o
insufficienza di prove della sua colpevolezza.
Con il successivo motivo si chiede l'applicazione della pena nella misura del
minimo edittale, deducendosi la carenza di motivazione della sentenza in ordine
alla quantificazione della pena inflitta.
Con l'ultimo motivo, infine, si censura la mancata concessione del beneficio
della non menzione della condanna nel certificato del casellario, ricorrendone i
presupposti ai sensi dell'art. 175 c.p..
Il ricorso non è fondato.
Preliminarmente la Corte rileva che tuttora non si è verificata la prescrizione
del reato ascritto all' imputato.
Con decorrenza dalla data del fatto (10.5.2005), invero, tenuto della
sospensione del decorso del termine, per rinvio del dibattimento a seguito della
astensione del difensore dalle udienze, per il complessivo periodo di mesi
quattro e giorni ventotto, la prescrizione del reato verrebbe a verificarsi in
data 8.4.2010, ai sensi degli art. 157, primo comma n. 5), e 160 c.p. nella
formulazione previgente.
Osserva, poi, la Corte in ordine al primo motivo di gravame che, per quanto
riguarda la definizione delle operazioni di smaltimento dei rifiuti, sia l'art.
6, primo comma lett. g), del D. Lgs n. 22/97, vigente alla data del fatto, che
l'art. 183, primo comma lett. g), del D. Lgs n. 152/06, come sostituito
dall'art. 2, comma 20, del D. Lgs 16 gennaio 2008 n. 4, si limitano a rinviare
alle descrizioni contenute nell'allegato B dei rispettivi decreti (parte quarta
per quello vigente).
Tra le operazioni di smaltimento descritte nell'allegato B, il cui contenuto è
rimasto immutato, alla lettera D12 é indicato il "deposito permanente" dei
rifiuti.
Orbene, non vi è dubbio che l'attività di spandimento sul suolo dei materiali di
risulta a fini di livellamento del terreno posta in essere dall'imputato rientra
nella ipotesi di cui alla citata lettera D12 dell'allegato B, essendo
evidentemente destinata a rendere permanente il deposito dei rifiuti in
precedenza effettuato dalla ditta Di Bello.
E' appena il caso di rilevare sul punto che la previsione specifica contenuta
nella lettera D12 di una condotta che integra il deposito permanente ha
carattere meramente esemplificativo, come indicato dallo stesso disposto.
Il secondo motivo di gravame è inammissibile in quanto presuppone un
accertamento di fatto in ordine al'elemento psicologico del reato, non
consentito in sede di legittimità.
Inoltre la relativa questione non risulta essere stata proposta nella sede di
merito, sicché in ogni caso è inammissibile ai sensi dell'art. 606, ultimo
comma, c.p.p..
Peraltro, trattandosi di contravvenzione, il fatto è punibile anche a titolo di
colpa, mentre risulta evidente il mancato accertamento da parte dell'imputato
della natura di rifiuto dei materiali che ha provveduto a spandere sul suolo.
Il terzo motivo è inammissibile per la genericità assoluta della doglianza, che
peraltro è di merito. Egualmente di merito è il successivo motivo di gravame e,
perciò, inammissibile in sede di legittimità.
Peraltro, costituisce motivazione sufficiente in ordine alla quantificazione
della pena il riferimento ai criteri di cui all'art. 133 c.p., considerato che
nella specie è stata inflitta la pena pecuniaria, prevista alternativamente a
quella detentiva per le ipotesi di condotte connotate da maggiore gravità.
L'ultimo motivo è inammissibile, non essendo stata chiesta al giudice di merito
la concessione del beneficio della non menzione.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma nella pubblica
udienza dei 21.1.2010.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA 8 MAR. 2010
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