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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/03/2010 (Cc. 21/01/2010), Sentenza n. 9255
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Imposizione dei vincoli - Potere concorrente
dello Stato - Disciplina costituzionale del paesaggio - Art. 9 Cost. - Poteri
sostitutivi - Fattispecie: lavori di ampliamento di un fabbricato preesistente -
Artt. 82 del DPR n. 616/1977, 10, 34, 37, e 44 del DPR n. 380/2001 e 181 del D
Lgs n. 42/04 - L. n. 1497/1939. Anche a seguito della delega di funzioni da
parte dello Stato alle regioni in materia paesaggistica, di cui all'art. 82 del
DPR n. 616/1977, permane un potere concorrente dello Stato in ordine alla
imposizione dei vincoli. Invero, la sentenza 21.12.1985 n. 359 della Corte
Costituzionale ha espressamente affermato che l'art. 82 del DPR n. 616/1977 deve
essere interpretato, tenendo conto della disciplina costituzionale del paesaggio
quale è stabilita nell'art. 9 Cost.. Pertanto, alla luce del disposto di cui
all'art. 9, comma secondo, della Costituzione, ed ai sensi dell'art. 4 del DPR
n. 616/1977, lo Stato legittimamente esercita in materia paesaggistica poteri di
imposizione del vincolo in via sostitutiva delle regioni nel caso di inerzia
delle medesime. Conferma sentenza del 12.3.2009 della Corte di Appello di Lecce
e Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Francavilla Fontana, del
18.12.2007) Pres. Grassi, Est. Lombardi, Ric. Ligorio. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE, Sez. III, 09/03/2010 (Cc. 21/01/2010), Sentenza n. 9255
DIRITTO URBANISTICO - Zona sottoposta a vincolo - Lavori di ampliamento di un
fabbricato preesistente - Permesso di costruire - Necessità - Artt. 10, 34, 37,
e 44 del DPR n. 380/2001 e 181 del D Lgs n. 42/04. I lavori di ampliamento
di un fabbricato preesistente, in zona sottoposta a vincolo, riguardanti, nella
specie, un vano destinato a bagno (per una superficie di mq. 2,80), quando
comportino un aumento di volumetria, nonché modificazioni della sagoma e dei
prospetti del fabbricato preesistente, devono essere assentiti, anche, mediante
il permesso di costruire ai sensi dell'art. 10 del DPR n. 380/2001. (Conferma
sentenza del 12.3.2009 della Corte di Appello di Lecce e Tribunale di Brindisi,
sezione distaccata di Francavilla Fontana, del 18.12.2007) Pres. Grassi, Est.
Lombardi, Ric. Ligorio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/03/2010 (Cc.
21/01/2010), Sentenza n. 9255
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UDIENZA del 21.1.2010
SENTENZA N.141
REG. GENERALE N. 40021/2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli ill.mi Signori:
Aldo Grassi
Pres.
Ciro Petti
Cons.
Alfredo Teresi
Cons.
Alfredo Maria Lombardi
Cons.
Silvio Amoresano Cons.
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Sul ricorso proposto dall'Avv. Domenico D'Ippolito, difensore di fiducia di
Ligorio Rosa, n. a Ceglie Messapico l'xx/xx/xxxx, avverso la sentenza in data
12.3.2009 della Corte di Appello di Lecce, con la quale, a conferma di quella
del Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Francavilla Fontana, in data
18.12.2007, venne condannata alla pena di mesi uno di arresto ed € 4.000,00 di
ammenda, quale colpevole dei reati di cui all'art. 44 lett. c) del DPR n.
380/2001 e all'art. 181 del D. Lgs. n. 42/2004, unificati sotto il vincolo della
continuazione.
- Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
- Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria
Lombardi;
- Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Guglielmo
Passacantando, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
- Udito il difensore, Avv. Stefano Palma, in sostituzione dell'Avv. D'Ippolito,
che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Lecce ha confermato la
pronuncia di colpevolezza di Ligorio Rosa in ordine ai reati di cui agli art. 44
lett. c) del DPR n. 380/2001 e 181 del D. Lgs n. 42/2004, a lei ascritti per
avere eseguito, in zona sottoposta a vincolo, lavori di ampliamento di un
fabbricato preesistente per una superficie di mq. 2,80 riguardanti un vano
destinato a bagno, senza il permesso di costruire e senza l'autorizzazione della
amministrazione preposta alla tutela del vincolo.
La Ligorio aveva proceduto alla esecuzione dei lavori di cui alla contestazione
previa presentazione di una DIA per l'esecuzione di interventi di
ristrutturazione e di modifiche interne di un fabbricato preesistente.
La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l'appellante
aveva dedotto la illegittimità del D.M. 18.5.1999, con il quale è stato imposto
il vincolo paesaggistico sul centro abitato del Comune di Ceglie Messapico, per
carenza di potere dello Stato in materia, nonché l'ammissibilità dell'intervento
sulla base della DIA presentata.
Sul primo punto la sentenza ha osservato che, anche a seguito della delega di
funzioni da parte dello Stato alle regioni in materia paesaggistica, di cui al
DPR n. 616/77, permane un potere concorrente dello Stato in ordine alla
imposizione di vincoli e che, in ogni caso, la zona interessata dall'intervento
edilizio risultava vincolata anche ai sensi del P.U.T.T. della Regione Puglia,
che aveva individuato l'area in questione come "zona di notevole interesse
pubblico".
Sul secondo punto la sentenza ha osservato che i lavori eseguiti, avendo
comportato un aumento di volumetria, nonché modificazioni della sagoma e dei
prospetti del fabbricato preesistente, dovevano essere assentiti mediante il
permesso di costruire ai sensi dell'art. 10 del DPR n. 380/2001.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputata, che la
denuncia per violazione di legge.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un unico, articolato, mezzo di annullamento la ricorrente denuncia la
violazione ed errata applicazione degli art. 82 del DPR n. 616/1977, 10, 34, 37,
e 44 del DPR n. 380/2001, 181 del D Lgs n. 42/04.
In primo luogo la ricorrente ripropone l'eccezione di illegittimità del D.M.
18.5.1999 con il quale il centro storico del Comune di Ceglie Messapico era
stato dichiarato di notevole interesse pubblico ai sensi della legge 29 giugno
1939 n. 1497.
Si osserva che ai sensi dell'art. 82 del DPR n. 616/1977, vigente alla data
della emanazione del D.M. citato, erano state delegate alle regioni le funzioni
amministrative esercitate dagli organi centrali e periferici della Stato per la
protezione delle bellezze naturali; che la norma attribuiva al Ministro per i
beni culturali ed ambientali solo il potere di integrare gli elenchi delle
bellezze naturali approvate dalle regioni o di emettere provvedimenti inibitori
della esecuzione di lavori o la loro sospensione allorché rechino pregiudizio a
beni qualificabili come bellezze naturali, anche indipendentemente dalla
inclusione negli elenchi; che secondo la corretta interpretazione della norma di
cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 359/85, a seguito della delega
di funzioni è residuato a favore dello Stato, in materia paesaggistica, solo un
potere integrativo degli elenchi previsti dall'ente regionale ed inibitorio, con
esclusione della possibilità di esercitare funzioni impositive del vincolo in
via autonoma.
Sicché il predetto D.M. risulta illegittimo per carenza di potere dell'amministrazione statale che lo ha emesso.
Si deduce, poi, che l'affermazione secondo la quale il vincolo paesaggistico
risulterebbe in ogni caso esistente in base alla previsioni del P.U.T.T. della
regione Puglia è anche essa errata, non essendosi tenuto di quanto disposto
dalle N.T.A..
Si osserva che l'art. 5.02, comma 1, stabilisce espressamente che
l'autorizzazione non deve essere chiesta per i beni sottoposti a tutela dal
Piano che ricadano nei territori costruiti di cui all'art. 1.03; che l'immobile
oggetto dell'intervento edilizio è sito nel centro storico di Ceglie Messapico,
la cui area è tipizzata dallo strumento urbanistico vigente come zona omogenea
A, e cioè ricadente nell'ambito dei "territori costruiti" di cui all'art. 1.03,
con la conseguente esclusione del vincolo previsto dal P.U.T.T..
Si deduce, infine, con riferimento al reato di cui all'art. 44 del DPR n.
380/2001, che il modesto ampliamento del fabbricato preesistente, che aveva
interessato un vano destinato a stanza da bagno, senza che venisse modificata la
sagoma o il prospetto dell'edificio, ovvero il carico urbanistico, poteva essere
realizzato in base alla sola DIA e non richiedeva il rilascio del permesso di
costruire. Si osserva inoltre che, in ogni caso, considerata la scarsa
consistenza dell'aumento volumetrico, la difformità realizzata non può
qualificarsi essenziale.
Il ricorso non è fondato.
La sentenza impugnata ha correttamente affermato in punto di diritto che, anche
a seguito della delega di funzioni da parte dello Stato alle regioni in materia
paesaggistica, di cui all'art. 82 del DPR n. 616/1977, permane un potere
concorrente dello Stato in ordine alla imposizione dei vincoli. Invero la citata
sentenza 21.12.1985 n. 359 della Corte Costituzionale ha espressamente affermato
che l'art. 82 del DPR citato deve essere interpretato, tenendo conto della
disciplina costituzionale del paesaggio quale è stabilita nell'art. 9 Cost..
Questo erige il valore estetico-culturale riferito (anche) alla forma del
territorio a valore primario dell'ordinamento, e correlativamente impegna tutte
le pubbliche istituzioni, e particolarmente lo Stato e la Regione, a concorrere
alla tutela e alla promozione di quel valore.
E' stato quindi precisato dal giudice delle leggi a proposito della delega di
funzioni contenuta nella disposizione citata che la stessa è "caratterizzata
dalla conservazione allo Stato di poteri, che sono difficilmente riducibili,
secondo quanto si è già accennato, ai normali poteri del delegante come definiti
in via generale dalla legge n. 382 del 1975 (artt. 2 e 3) e dal D.P.R. n. 616
del 1977 (art. 4 u.c), ed anzi sono da ritenere - in considerazione della
sostanziale identità di oggetto e di contenuto che essi presentano rispetto ai
poteri delegati e dell'inutilità che la stessa specifica previsione da parte
dell'art. 82 D.P.R. n. 616 del 1977 rivestirebbe nel caso di loro coincidenza
con i normali poteri del delegante come sopra definiti - poteri concorrenti."
Ancor più chiaramente la successiva sentenza della Corte Costituzionale
27.6.1986 n. 153 ha affermato che "L'innegabile obbligatorietà della
formazione da parte della Regione degli strumenti urbanistici in funzione di
tutela paesistica entro il termine fissato dalla legge - almeno per il
territorio relativo alle zone protette ai sensi dell'art. 82, comma quinto, del
D.P.R n. 616 del 1977, aggiunto dall'art. 1 del D.L. n. 312 del 1985, quale
sostituito dall'art. 1 della legge n. 431 del 1985 - e la stessa sancita
obbligatorietà degli interventi statali previsti per la mancata formazione dei
detti strumenti inducono la Corte a interpretare l'implicito e pur improprio
riferimento, operato dall'art. 1-bis, comma secondo, suindicato, ai poteri
sostitutivi previsti per le funzioni regionali delegate dall'art. 4 del D.P.R n.
616 del 1977 (oltre che ai poteri inibitori previsti dall'art. 82 stesso
decreto) in un senso pregnante E cioè nel senso della attribuzione allo Stato
(in aggiunta ai poteri inibitori connessi al vincolo paesistico) di poteri
surrogatori comprensivi della adozione, in luogo della Regione rimasta inerte,
sempre per il territorio come sopra considerato, di piani paesistici, con il
contenuto previsto nella suindicata normativa che li riguarda, ovvero di altri
interventi, anche questi limitati alla specifica considerazione e tutela dei
valori paesistici ed ambientali."
Deve essere, quindi, affermato, in osservanza delle citate pronunce del giudice
delle leggi, che, in base ad una interpretazione costituzionalmente orientata
dell'art. 82 DPR n. 616/77, alla luce del disposto di cui all'art. 9, comma
secondo, della Costituzione, e, peraltro, ai sensi dell'art. 4 dello stesso DPR,
lo Stato legittimamente esercita in materia paesaggistica poteri di imposizione
del vincolo in via sostitutiva delle regioni nel caso di inerzia delle medesime.
Deve conseguentemente escludersi qualsiasi profilo di illegittimità del DM
18.5.1999, che ha imposto il vincolo paesaggistico sul centro storico del Comune
di Ceglie Messapico, essendo evidente l'esercizio da parte dello Stato di
funzioni surrogatorie della Regione, nell'inerzia dell'ente locale, cui fa
riferimento lo stesso provvedimento impositivo.
Il rigetto delle censure afferenti al DM citato rende superfluo l'esame delle
ulteriori argomentazioni della ricorrente a proposito delle previsioni del PUTT
della Regione Puglia, che peraltro non hanno formato oggetto di adeguata
disamina da parte del giudice di merito.
Anche le argomentazioni della ricorrente con le quali sostiene che, nel caso in
esame, l'intervento edilizio non era subordinato al rilascio del permesso di
costruire sono infondate e, peraltro, basate su deduzioni fattuali che risultano
in contrasto con l'accertamento di merito.
La sentenza, invero, al fine di affermare la illegittimità dell'intervento
effettuato mediante la presentazione di una DIA per l'esecuzione di lavori di
ristrutturazione, fa riferimento, oltre all'aumento volumetrico, anche a
modificazioni della sagoma e del prospetto dell'edificio, sicché ricorrono le
condizioni che, ai sensi dell'art. 10, primo comma lett. e), del DPR n.
380/2001, rendono necessaria la richiesta del permesso di costruire.
E', infine, inconferente il riferimento della ricorrente alla natura non
essenziale della difformità, riferendosi l'istituto alla esecuzione di lavori
assentiti mediante il permesso di costruire e non all'ipotesi di interventi
eseguiti in base a DIA, mentre, invece, avrebbero dovuto essere autorizzati
mediante il permesso di costruire.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. segue la condanna della ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma nella pubblica
udienza del 21.1.2010.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA 8 MAR. 2010
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