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 CORTE COSTITUZIONALE - 4 febbraio 2010, sentenza n. 29
 

DIRITTO DELLE ACQUE - Servizio idrico integrato - Determinazione della tariffa - Art. 117 Cost. - Tutela dell’ambiente e della concorrenza - Materie di competenza esclusiva dello Stato - L. r. Emilia Romagna n. 10/2008, art. 28, cc. 2 e 7 - Previsione di componenti tariffarie ulteriori rispetto alla normativa nazionale - Illegittimità costituzionale. Dall’interpretazione letterale e sistematica degli artt. 154, 155 e 161 del d.lgs. n. 152 del 2006 si desume che la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell’acqua è ascrivibile alla materia della tutela dell’ambiente e a quella della tutela della concorrenza, ambedue di competenza legislativa esclusiva dello Stato (cfr. sentenza Corte Cost. n. 246/2009). L’uniforme metodologia tariffaria, adottata con l’interposta legislazione statale, e la sua applicazione da parte delle Autorità d’àmbito è finalizzata, dunque, a preservare il bene giuridico “ambiente” dai rischi derivanti da una tutela non uniforme ed a garantire uno sviluppo concorrenziale del settore del servizio idrico integrato. Tali finalità non potrebbero essere realizzate se dovessero trovare applicazione normative regionali con le quali sia prevista la determinazione di oneri tariffari ulteriori o diversi. L’art. 28, commi 2 e 7, della legge della Regione Emilia-Romagna 30 giugno 2008, n. 10, nel prevedere una specifica componente di costo che prescinde da quanto stabilito dal decreto ministeriale di cui al comma 2 dell’art. 154 del d.lgs. n. 152/2006, è conseguentemente illegittima per violazione dell’art. 117, c. 2, lett. e) Cost. Pres. Amirante, Est. Gallo - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Emilia Romagna - CORTE COSTITUZIONALE - 4 febbraio 2010, n.29
 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

Composta dai signori:


- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rit SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandr CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 28, commi 2 e 7, della legge della Regione Emilia-Romagna 30 giugno 2008, n. 10 (Misure per il riordino territoriale, l’autoriforma dell’amministrazione e la razionalizzazione delle funzioni), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 29 agosto-2 settembre 2008, depositato in cancelleria il 4 settembre 2008 ed iscritto al n. 54 del registro ricorsi 2008.
Visto l’atto di costituzione della Regione Emilia-Romagna;
udito nell’udienza pubblica del 15 dicembre 2009 il Giudice relatore Franco Gallo;
uditi l’avvocato dello Stato Massimo Mari per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Maria Chiara Lista, Giandomenico Falcon e Luigi Manzi per la Regione Emilia-Romagna.

 
Ritenuto in fatto


1. – Con il ricorso n. 54 del 2008, notificato il 2 settembre 2008 e depositato il 4 settembre successivo, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 28, commi 2 e 7, della legge della Regione Emilia-Romagna 30 giugno 2008, n. 10 (Misure per il riordino territoriale, l’autoriforma dell’amministrazione e la razionalizzazione delle funzioni): quanto al comma 2, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), della Costituzione, in relazione agli artt. 154, commi 2 e 4, e 161, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia di ambiente); quanto al comma 7 del suddetto art. 28, in riferimento alla sola lettera e) del secondo comma dell’art. 117 Cost., in relazione ai citati artt. 154, commi 2 e 4, e 161, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006.


1.1. – Il ricorrente premette che l’art. 154 del d.lgs. n. 152 del 2006 stabilisce che: a) «il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio […] definisce con decreto le componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell’acqua […]» (comma 2); b) l’Autorità d’àmbito determina successivamente la tariffa stessa «al fine della predisposizione del Piano finanziario di cui all’art. 149, comma 1, lettera c)» (comma 4). Inoltre l’art. 161, comma 4, dello stesso decreto legislativo stabilisce che il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche (CO.VI.R.I.) predispone, con delibera, il metodo tariffario per la determinazione della tariffa di cui al citato art. 154. Tali norme statali − ad avviso della difesa erariale − riservano in modo inequivoco alla competenza dello Stato, oltre che la redazione del relativo piano economico e finanziario, anche la determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato, costituente «la base della tariffa» che, una volta determinata dall’Autorità d’àmbito, è posta «a base di gara per la scelta del gestore del servizio idrico integrato».


1.2. – Poste tali premesse in punto di diritto, il ricorrente osserva che il censurato comma 2 dell’art. 28 della legge regionale si pone in contrasto con le predette norme statali, in quanto prevede che la Regione, e non lo Stato, individui la «tariffa di riferimento», costituente il corrispettivo del servizio idrico integrato, e rediga il relativo piano economico ed il piano finanziario. Il rilevato contrasto – conclude, in proposito, la difesa erariale – comporta la violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di: a) tutela della concorrenza (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.), perché solo una tariffa di riferimento che sia uniforme su tutto il territorio nazionale, stabilendo un eguale presupposto di partecipazione alla gara per la scelta del gestore del servizio, è idonea a garantire un eguale criterio competitivo e, dunque, a promuovere la concorrenza “per il mercato”; b) tutela dell’ambiente (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.), perché solo la determinazione tramite lo Stato della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato garantisce «standard quantitativi e qualitativi della risorsa idrica» uniformi su tutto il territorio nazionale e finalizzati alla tutela dell’ambiente.


1.3. − Il ricorrente osserva, inoltre, che anche il denunciato comma 7 dell’art. 28 della legge reg. Emilia-Romagna n. 10 del 2008 si pone in contrasto con le citate disposizioni del d.lgs. n. 152 del 2006, in quanto stabilisce che, per l’esercizio delle funzioni previste dal medesimo articolo (e cioè le funzioni di: regolazione economica; regolazione dei servizi in raccordo con le Autonomie locali; redazione del piano economico e del piano finanziario; individuazione della tariffa di riferimento), «la Regione si avvale di una struttura organizzativa il cui costo di funzionamento è a carico delle tariffe dei servizi regolati nel limite di spesa fissato dalla Giunta regionale, sentita la Conferenza Regione-Autonomie locali, nonché di quanto introitato a titolo di sanzioni». Il rilevato contrasto – conclude la difesa erariale – comporta la violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.), perché, prevedendo una ulteriore componente di costo nella determinazione della tariffa per il servizio idrico integrato − determinazione riservata all’esclusiva competenza dello Stato e regolata mediante i citati parametri interposti − altera la concorrenza, «dando origine a meccanismi competitivi disomogenei sul territorio nazionale».


2.− Si è costituita la Regione Emilia-Romagna, limitandosi a chiedere che il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato. Con successiva memoria, la medesima Regione − dopo un’ampia esposizione del quadro normativo e della giurisprudenza costituzionale nel quale si inseriscono le disposizioni impugnate − denuncia l’erroneità dell’identificazione, operata dal ricorrente, tra il “metodo tariffario”, quale disciplinato dall’art. 161, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006, e la “tariffa di riferimento”, oggetto del censurato art. 28 della legge reg. Emilia-Romagna n. 10 del 2008. Secondo la resistente, infatti, il “metodo tariffario” e la “tariffa di riferimento” attengono a profili completamente diversi, perché il primo, predisposto dal CO.VI.RI, «rappresenta […] l’insieme dei criteri che consentono l’individuazione del costo complessivo del servizio» e ne individua le varie componenti (costi operativi, aliquote di ammortamento, etc.); la seconda esprime, invece, «il valore complessivo dei costi del servizio, calcolati in base ai criteri definiti nel metodo», valore che «costituisce la base per la determinazione della tariffa da applicare all’utenza, articolata per fasce di consumo e tipologia di utenze». In particolare, per la resistente, la “tariffa di riferimento” costituisce attuazione del “metodo tariffario” e definisce, a sua volta, la “tariffa reale” applicata dal gestore, quale risultante dalla tariffa di riferimento «divisa per i volumi di acqua che si prevede di erogare alle diverse tipologie di utenze».


2.1. – Da tali premesse, la Regione Emilia-Romagna desume, innanzitutto, l’insussistenza della denunciata violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. Per la resistente, infatti, il denunciato comma 2 dell’art. 28 non si riferisce al metodo tariffario, ma al «costo complessivo del servizio» e, pertanto, la Regione «non si è attribuita una competenza che spettava allo Stato in base al d.lgs. n. 152 del 2006», ma si è limitata ad esercitare una competenza mai esercitata prima dallo Stato, «data l’impossibilità di definire centralmente il costo complessivo del servizio idrico erogato nelle diverse zone». La Regione, cioè, avrebbe emanato la norma oggetto di censura in forza della propria potestà primaria in materia di servizi pubblici – materia in cui rientrerebbe l’individuazione della tariffa di riferimento –, al fine di evitare una determinazione tariffaria «frammentata», ad opera delle diverse Autorità d’àmbito territoriale ottimale (AATO), «accentrandola» a livello regionale. La resistente contesta, in particolare, l’assunto del ricorrente secondo cui sussisterebbe una «riserva statale sulla determinazione della tariffa di riferimento». Per la Regione, infatti, il d.lgs. n. 152 del 2006 attribuisce allo Stato solo la competenza a determinare le “componenti di costo” ed il “metodo tariffario”, ma non anche la “tariffa di riferimento”. Inoltre − argomenta ancora la Regione − la disposizione regionale censurata, proprio in quanto unifica a livello regionale le diverse tariffe di riferimento elaborate dalle varie Autorità d’àmbito, assicura una positiva omogeneità della tariffa stessa a livello regionale, cosí da: a) consentire «l’uniformità delle condizioni di mercato» ed il «coordinamento delle situazioni tariffarie necessariamente diverse nei diversi ambiti»; b) non pregiudicare in alcun modo, contrariamente a quanto affermato nel ricorso, l’affidamento del servizio secondo «uguali criteri di partecipazione competitiva [ed] all’esito di specifiche procedure di gara». Sotto il primo profilo, infatti, la «partecipazione competitiva» non potrebbe mai risolversi in una tariffa identica «posta ovunque a base della gara», perché la tariffa effettiva è pur sempre funzione delle caratteristiche specifiche delle zone da servire, delle componenti organizzative, della rete di distribuzioni e simili, con la conseguenza che il principio della «partecipazione competitiva» si riferisce necessariamente «alle condizioni di eguaglianza di fronte alla singola gara». Sotto il secondo profilo, la disposizione impugnata non sottrae l’affidamento del servizio «all’esito di specifiche procedure di gara», perché la determinazione da parte della Regione della tariffa di riferimento si applica a prescindere dalla forma e dalla modalità di affidamento del servizio e, pertanto, non attiene alla fase di tale affidamento. La Regione resistente afferma infine che, anche a ritenere desumibile dagli artt. 154 e 161 del d.lgs. n. 152 del 2006 una riserva di disciplina statale della tariffa di riferimento, «si tratterebbe di una norma che non tutela la concorrenza» e, dunque, non sarebbe idonea a vincolare l’esercizio della potestà legislativa regionale in materia di servizi pubblici locali.


2.2. − Anche la denunciata violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. risulterebbe, secondo la resistente, priva di fondamento, in considerazione dell’erroneità del presupposto da cui muove il ricorso. Secondo la Regione, infatti, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, la garanzia di «standard qualitativi e quantitativi della risorsa idrica» a presidio della tutela dell’ambiente viene assicurata dallo Stato non già attraverso la determinazione del costo complessivo del servizio, in base alla “tariffa di riferimento” (oggetto della normativa regionale censurata), ma attraverso l’individuazione delle sole componenti di costo e, quindi, esclusivamente in base al “metodo tariffario” di cui all’art. 161, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006.
Del resto − argomenta ancora la resistente −, anche nell’ipotesi in cui si volesse ricomprendere nel metodo tariffario la determinazione della tariffa di riferimento, sarebbe comunque arbitrario ricondurre l’art. 161, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006 alla materia della tutela dell’ambiente, «data la totale assenza di riferimenti alle esigenze ambientali nella norma statale». Infatti, risulterebbe evidente «l’estraneità dell’art. 161, co. 4, lett. a) alla materia dell’ambiente, perché la determinazione del costo complessivo del servizio avviene in applicazione di criteri già fissati e non può implicare la definizione di standard di tutela della risorsa idrica». Inoltre − afferma la Regione − la normativa censurata rientra nella materia dei servizi pubblici locali e, pertanto, costituisce il legittimo esercizio della potestà legislativa regionale.


2.3. − In relazione, infine, alla censura riguardante il comma 7 dell’art. 28 impugnato, la resistente ne deduce l’infondatezza, negando che la legge regionale «si discosti dai principi che ispirano la legge statale sul punto». Per la Regione, infatti, la censurata norma regionale – accentrando a livello regionale una parte delle funzioni in precedenza svolte a livello locale e, quindi, realizzando una maggiore uniformità ed un piú intenso coordinamento – avrebbe ottenuto vantaggi «in termini economici», derivanti dalla riduzione dei costi del sistema, ed avrebbe, perciò, rispettato la normativa statale, la quale stabilisce il principio secondo cui la tariffa deve coprire integralmente i costi delle funzioni pubbliche esercitate, compresi quelli di «funzionamento dell’assetto pubblico di regolazione». Pertanto − argomenta ancora la resistente −, è del tutto legittimo, secondo i princípi della legislazione statale e del diritto comunitario, che i costi di regolazione del servizio siano inglobati nella tariffa. Secondo la Regione, dunque, la disciplina censurata si traduce non in un costo aggiuntivo, ma in un risparmio di risorse rispetto al passato, per effetto dell’individuazione di un’unica struttura organizzativa regionale. In ogni caso − prosegue la resistente − risulta indimostrata l’affermazione del ricorrente secondo cui la disciplina del comma 7 dell’art. 28 darebbe «origine a meccanismi competitivi sul territorio nazionale», violando cosí la disciplina della tutela della concorrenza. Per la Regione, infatti, la circostanza che un minimo elemento di costo della tariffa sia imputabile alle spese di funzionamento della struttura regionale di supporto non altera, in sé, la concorrenza, perché non modifica la situazione di ciascun concorrente alle varie gare. Ancor piú radicalmente, la difesa della resistente afferma che, quand’anche la tariffa di riferimento comportasse un costo aggiuntivo, essa non avrebbe alcuna incidenza sulla tutela della concorrenza, perché «non esiste un unico mercato rilevante a livello nazionale ai fini delle concessioni di affidamento del servizio idrico, che sono invece assegnate su base delle Autorità d’ambito». Secondo la resistente, pertanto, la tutela della concorrenza non potrebbe mai essere violata, ove si consideri che l’imputazione dei costi alla tariffa non incide sulla possibilità che si sviluppi un mercato concorrenziale; al contrario, proprio la possibilità di stabilire un criterio oggettivo per quantificare la tariffa di riferimento a livello regionale consentirebbe che «(almeno) a questo livello i concorrenti si trovino di fronte a pari condizioni, prestabilite secondo un metodo oggettivo razionale e certo».


3. – Con memoria depositata in prossimità dell’udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri ha ribadito le argomentazioni sostenute nel ricorso, precisando, in particolare, che: a) v’è riserva statale in materia di determinazione delle componenti di costo della tariffa per il servizio idrico integrato; b) detta riserva è funzionale al «libero spiegarsi della concorrenza anche nel settore interessato» e si giustifica considerando che la “tariffa di riferimento” costituisce «la base della determinazione del corrispettivo del servizio, cioè della tariffa di competenza dell’AATO, posta a fondamento della procedura ad evidenza pubblica indetta per la individuazione del soggetto cui affidare la gestione del servizio idrico integrato»; c) la riserva in via esclusiva allo Stato della determinazione della tariffa di riferimento realizza «quella uniformità di trattamento e condizioni su tutto il territorio nazionale poste a tutela del trasparente confronto degli operatori economici nel mercato interno e comunitario», princípi, questi, non derogabili dal legislatore regionale; d) le istanze partecipative delle Regioni trovano adeguato contemperamento, nel sistema del d.lgs. n. 152 del 2006, nella fase procedimentale di determinazione della tariffa di riferimento, attraverso la partecipazione dell’ente locale alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano; e) come sottolineato anche dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (segnalazione AS446 del 21 febbraio 2008), la Regione Emilia-Romagna, nel provvedere autonomamente alla individuazione della tariffa di riferimento, ha «palesemente introdotto un metodo di determinazione autonomo delle tariffe di riferimento in materia di servizi idrici»; f) la disposizione regionale impugnata si pone in contrasto anche con l’art. 2, comma 38, della legge 24 dicembre 2007 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), la quale assegna alle Regioni − nell’esercizio delle rispettive prerogative costituzionali in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione integrata dei rifiuti e facendo espressamente salve le competenze del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in ottemperanza agli obblighi comunitari − il solo cómpito della rideterminazione degli àmbiti territoriali ottimali per la gestione dei medesimi servizi secondo i princípi dell’efficienza e della riduzione della spesa. Ribadito che la definizione delle componenti di costo della tariffa spetta solo allo Stato e che, pertanto, il comma 7 dell’art. 28 impugnato víola, anche sotto tale profilo, il principio della tutela della concorrenza, la difesa del ricorrente sottolinea che la disciplina impugnata si pone altresí in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., violando la riserva di competenza esclusiva dello Stato nella materia della tutela dell’ambiente. In proposito, la difesa erariale − attraverso un richiamo a numerose pronunce della Corte costituzionale − ribadisce il principio secondo cui le Regioni, anche nell’àmbito della disciplina ambientale di esclusiva competenza statale, possono perseguire, con proprie leggi, finalità costituenti «effetto marginale e indiretto dell’esercizio di una competenza propria», purché in coerenza con le finalità e gli obiettivi definiti dal legislatore statale, cui spetta disciplinare la tutela dell’ambiente. Ciò comporta − prosegue la difesa erariale − che la disciplina statale relativa alla tutela dell’ambiente «viene a funzionare come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza», salva la facoltà di queste ultime di adottare «norme di tutela ambientale piú elevata nell’esercizio di competenze, previste dalla Costituzione, che vengano a contatto con quella dell’ambiente». Alla luce di tali princípi − conclude l’Avvocatura dello Stato − la normativa regionale oggetto di impugnativa si pone in contrasto con la riserva statale che prevede l’esercizio di competenze proprie del Ministero dell’Ambiente nella determinazione della tariffa di riferimento e delle sue componenti di costo, riserva tesa a «garantire standard di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale e non derogabile dalla normativa regionale».


4. – La Regione resistente, in prossimità dell’udienza, ha depositato una memoria difensiva in replica alla memoria della difesa erariale, insistendo nella richiesta di rigetto del ricorso e ribadendo, in particolare, che: a) “componenti di costo”, “metodo tariffario” e “tariffa di riferimento” costituiscono tre diversi concetti; b) al CO.VI.RI. (come chiarito dall’art. 161 del d.lgs. n. 284 del 2006, quale sostituito dal comma 15 dell’art. 2 del d.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) compete solo, con il coinvolgimento delle Regioni, l’elaborazione del “metodo tariffario”, in precedenza attribuita alla abolita Autorità di vigilanza sulle risorse idriche; c) «anche qualora il riferimento al “metodo tariffario” si volesse intendere in senso letterale», il CO.VI.RI. si dovrebbe limitare a svolgere compiti di indirizzo e coordinamento tecnico e, quindi, a definire «uno schema-tipo, un metodo tariffario quadro, come tale non esaustivo dei compiti e delle componenti che spettano alla individuazione e alla regolazione del livello locale del servizio pubblico», con la conseguenza che non vi sarebbe, nella specie, «sovrapposizione tra la competenza statale e quella esercitata dalla Regione» nella determinazione della “tariffa di riferimento” del servizio idrico integrato, perché la Regione ha solo fatto uso del suo potere di «governance regionale dei servizi pubblici»; d) lo Stato non ha ancora dato attuazione al comma 2 dell’art. 154 del d.lgs. n. 284 del 2006, né attraverso l’indicazione ministeriale delle nuove componenti di costo, né attraverso l’aggiornamento del metodo normalizzato di cui al d.m. del 1° agosto 1996, ormai divenuto incompatibile con la disciplina comunitaria, cosí che, nella specie, «apparirebbe congruo applicare il principio […] secondo cui può rivendicare la propria competenza solo chi la ha effettivamente esercitata»; e) il livello adeguato in cui collocare la competenza a determinare le tariffe-tipo va individuato «consentendo alla Regione l’esercizio della necessaria competenza, pur nel contesto di criteri generali e linee guida definibili dal CO.VI.RI.», al duplice fine di evitare che, nello stesso territorio regionale, le singole Autorità d’àmbito applichino criteri diversi di computo delle tariffe e che il metodo tariffario tenga conto delle particolarità dei diversi territori; f) il censurato comma 2 dell’art. 28 attribuisce ad un unico centro regionale di regolazione il cómpito di quantificare la somma dei costi del servizio, evitando la frammentazione dei criteri adottati dalle singole AATO, e, pertanto, persegue gli obiettivi di coordinamento tipici della politica regionale dei servizi pubblici locali e della tutela delle risorse, senza provocare alcun effetto negativo per la tutela della concorrenza; g) le forti differenze tra territorio e territorio ostano all’individuazione di una tariffa di riferimento applicabile su tutto il territorio nazionale; h) l’ascrivibilità della disciplina della tariffa idrica alla prevalente competenza legislativa dello Stato in materia di tutela dell’ambiente e tutela della concorrenza (secondo quanto affermato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 246 del 2009), non comporta l’illegittimità costituzionale delle impugnate disposizioni della legge regionale, perché queste attuano, pur nell’esercizio di una propria competenza legislativa, i suddetti valori costituzionali della tutela dell’ambiente e tutela della concorrenza ed il ricorrente non ha fornito alcuna dimostrazione che dette disposizioni contrastino con gli obiettivi perseguíti dal legislatore statale o comunque incidano sul bilanciamento degli interessi riservato alla legge dello Stato.


Considerato in diritto


1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato in via principale i commi 2 e 7 dell’art. 28 della legge della Regione Emilia-Romagna 30 giugno 2008, n. 10 (Misure per il riordino territoriale, l’autoriforma dell’amministrazione e la razionalizzazione delle funzioni), deducendo: quanto al comma 2, la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), della Costituzione, in relazione, quali parametri interposti, agli artt. 154, commi 2 e 4, e 161, comma 4 [rectius: lettera a) di tale comma], del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia di ambiente); quanto al comma 7 dello stesso art. 28, la violazione della sola lettera e) del secondo comma dell’art. 117 Cost., in relazione agli stessi artt. 154, commi 2 e 4, e 161, comma 4 [rectius: lettera a) di tale comma], del d.lgs. n. 152 del 2006.


1.1. − Il comma 2 del citato art. 28 è censurato solo nella parte in cui prevede che «La Regione esercita le funzioni di regolazione economica e di regolazione dei servizi in raccordo con le Autonomie locali provvedendo, in particolare, […] alla individuazione della tariffa di riferimento ai fini della proposizione ai soggetti partecipanti alla forma di cooperazione di cui all’art. 30 della regolazione tariffaria. […]».
Le citate norme statali, assunte dal ricorrente quale parametro di riferimento quanto alla formazione della tariffa, stabiliscono che: a) «Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio […], tenuto conto della necessità di recuperare i costi ambientali anche secondo il principio “chi inquina paga”, definisce con decreto le componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell’acqua» (art. 154, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006); b) «L’Autorità d’ambito, al fine della predisposizione del Piano finanziario di cui all’articolo 149, comma 1, lettera c), determina la tariffa di base, nell’osservanza delle disposizioni contenute nel decreto di cui al comma 2, comunicandola […] al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio» (art. 154, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006); c) la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche, istituita presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, «predispone con delibera il metodo tariffario per la determinazione della tariffa di cui all’articolo 154 e le modalità di revisione periodica, e lo trasmette al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo adotta con proprio decreto sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano» (art. 161, comma 4, lettera a, del d.lgs. n. 152 del 2006).
Il ricorrente deduce che la disposizione impugnata contravviene alle predette norme statali, le quali, nello stabilire una riserva di legge dello Stato nella determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato, garantiscono: a) «uguali criteri di partecipazione competitiva su tutto il territorio nazionale» finalizzati a promuovere la concorrenza per il mercato; b) «standard quantitativi e qualitativi della risorsa idrica» uniformi su tutto il territorio nazionale finalizzati alla tutela dell’ambiente. Pertanto, la legge regionale violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), Cost., il quale assegna allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia, rispettivamente, di tutela della concorrenza (lettera e) e dell’ambiente (lettera s).


1.2. – Il comma 7 dell’art. 28 della citata legge reg. Emilia-Romagna n. 10 del 2008 dispone che, «Per l’esercizio delle funzioni previste» dal medesimo articolo 28 della legge regionale (e cioè: la regolazione economica e dei servizi in raccordo con le Autonomie locali; la redazione del piano economico e del piano finanziario di cui all’art. 149, comma 4, ed all’art. 203, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006; la individuazione della tariffa di riferimento; la costituzione di un sistema informativo con le Province e i Comuni; il potere sanzionatorio, ad eccezione di quello connesso alla violazione del contratto di servizio), «la Regione si avvale di una struttura organizzativa il cui costo di funzionamento è a carico delle tariffe dei servizi regolati nel limite di spesa fissato dalla Giunta regionale, sentita la Conferenza Regione-Autonomie locali, nonché di quanto introitato a titolo di sanzioni».
Il ricorrente deduce, in proposito, che la previsione di una ulteriore componente di costo nella determinazione della tariffa per il servizio idrico integrato − determinazione riservata, invece, alla competenza statale dalle citate norme interposte di cui agli artt. 154, commi 2 e 4, e 161, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006 − altera la concorrenza, «dando origine a meccanismi competitivi disomogenei sul territorio nazionale», e víola, pertanto, l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che assegna allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di tutela della concorrenza.


2. – Le questioni sono fondate.


2.1.− In ordine alla censura riferita al comma 2 del citato art. 28, va osservato che dall’interpretazione letterale e sistematica degli artt. 154, 155 e 161 del d.lgs. n. 152 del 2006 si desume che la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell’acqua è ascrivibile alla materia della tutela dell’ambiente e a quella della tutela della concorrenza, ambedue di competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Come ribadito da questa Corte con la sentenza n. 246 del 2009, «attraverso la determinazione della tariffa nell’àmbito territoriale ottimale, il legislatore statale ha fissato […] livelli uniformi di tutela dell’ambiente, perché ha inteso perseguire la finalità di garantire la tutela e l’uso, secondo criteri di solidarietà, delle risorse idriche, salvaguardando la vivibilità dell’ambiente e “le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale” e le altre finalità tipicamente ambientali individuate dagli artt. 144 (Tutela e uso delle risorse idriche), 145 (Equilibrio del bilancio idrico) e 146 (Risparmio idrico)» del d.lgs. n. 152 del 2006. Nella medesima pronuncia si è altresí rilevato che «la finalità della tutela dell’ambiente viene […] in rilievo anche in relazione alla scelta delle tipologie dei costi che la tariffa è diretta a recuperare», tra i quali il legislatore ha incluso espressamente quelli ambientali, da recuperare «anche secondo il principio “chi inquina paga”» (art. 154, comma 2).
Sotto altro − ma connesso − profilo, nella determinazione della tariffa viene poi in rilievo la materia della tutela della concorrenza; ciò in quanto «alla determinazione della tariffa provvede l’Autorità d’àmbito, al fine di ottenere un equilibrio economico-finanziario della gestione e di assicurare all’utenza efficienza ed affidabilità del servizio (art. 151, comma 2, lettere c, d, e). Tale fine è raggiunto determinando la tariffa secondo un meccanismo di price cap (artt. 151 e 154, comma 1), diretto ad evitare che il concessionario unico abusi della sua posizione dominante» (sentenza n. 246 del 2009, che richiama anche le sentenze n. 335 e n. 51 del 2008).
L’uniforme metodologia tariffaria, adottata con l’interposta legislazione statale, e la sua applicazione da parte delle Autorità d’àmbito è finalizzata, dunque, a preservare il bene giuridico “ambiente” dai rischi derivanti da una tutela non uniforme ed a garantire uno sviluppo concorrenziale del settore del servizio idrico integrato. Tali finalità non potrebbero essere realizzate se dovesse trovare applicazione la normativa censurata, la quale prevede – come si è visto – la determinazione di oneri tariffari ulteriori o diversi da parte della Regione resistente.
Né può accogliersi la tesi della Regione, secondo cui la “tariffa di riferimento” prevista dalle disposizioni censurate – limitandosi ad individuare nell’àmbito regionale il «valore complessivo dei costi del servizio, calcolati in base ai criteri definiti nel metodo» tariffario, ed avendo la funzione di costituire «la base per la determinazione della tariffa da applicare all’utenza» – non si identifica né con il “metodo tariffario” né con la “tariffa di base” (ambedue determinati in applicazione esclusivamente della normativa statale) e, pertanto, può essere disciplinata dalla legislazione regionale, in quanto rientrante nella sua competenza esclusiva in materia di servizi pubblici locali.
Tale tesi non è condivisibile, perché è indubbio che la disciplina censurata non opera in un àmbito estraneo alla normativa dello Stato – come sostiene la resistente – ma modifica il menzionato processo di determinazione tariffaria puntualmente delineato dal legislatore statale. Essa incide, in particolare, sulle attribuzioni dei soggetti preposti al servizio idrico integrato (Stato, CO.VI.RI. ed AATO), sottraendo parte della competenza ad essi riservata dagli artt. 154 e 161 del d.lgs. n. 152 del 2006, senza essere a ciò legittimata da alcuna normativa statale. Resta pertanto esclusa, anche sotto tale profilo, la competenza legislativa in materia di servizi pubblici locali rivendicata al riguardo dalla Regione.


2.2. − Analoghe considerazioni debbono essere svolte in relazione alla censura inerente al comma 7 del medesimo art. 28 e riguardante il computo, nella tariffa, del costo di funzionamento della struttura organizzativa della quale deve avvalersi la Regione Emilia-Romagna per esercitare varie funzioni attinenti al servizio idrico integrato.
Al riguardo, va ribadito che il legislatore statale, con la dettagliata disciplina della tariffa di tale servizio, persegue l’obiettivo – oltre che di tutelare l’ambiente – di applicare su tutto il territorio nazionale, a tutela della concorrenza, un uniforme regime tariffario. In particolare, l’art. 154, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006 elenca minutamente, a tal fine, gli elementi della tariffa, stabilendo che questa «costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere, dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell’Autorità d’ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio». Sempre allo stesso fine, il comma 2 dello stesso art. 154, evocato a parametro interposto, stabilisce – come pure si è visto – che «Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio […] definisce con decreto le componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell’acqua». Non v’è dubbio, perciò, che l’impugnata disposizione della legge regionale – nel prevedere una specifica componente di costo che prescinde da quanto stabilito dal suddetto decreto ministeriale di cui al citato comma 2 dell’art. 154 − attribuisce alla tariffa del servizio idrico della sola Regione Emilia-Romagna una struttura del tutto peculiare, potenzialmente idonea ad influire sulla domanda del servizio stesso, cosí da porla in contrasto con il parametro interposto e con la indicata ratio di garantire la concorrenza anche attraverso l’uniforme individuazione su tutto il territorio dello Stato delle componenti di costo della tariffa. La disposizione censurata víola, perciò, l’evocato art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.


PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE


dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 28, commi 2 e 7, della legge della Regione Emilia-Romagna 30 giugno 2008, n. 10 (Misure per il riordino territoriale, l’autoriforma dell’amministrazione e la razionalizzazione delle funzioni).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 gennaio 2010.


F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Franco GALLO, Redattore


Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere


Depositata in Cancelleria il 4 febbraio 2010.
 

 

 

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