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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
TAR ABRUZZO, L'Aquila, Sez. I - 11 febbraio 2010, n. 70
RIFIUTI - INQUINAMENTO - Art. 14 d.lgs. n. 22/97 (oggi art. 192 d.lgs. n.
152/2006) - Individuazione dei soggetti passivi tenuti al ripristino - Titolare
di funzioni di vigilanza e controllo sulla sicurezza degli impianti - Cessazione
medio tempore degli incarichi societari - Irrilevanza. Ai fini
dell’individuazione dei soggetti passivi tenuti al ripristino ambientale ex art.
14 d.lgs. n. 22/97 (oggi: art. 192 d.lgs. n. 152/2006), è indifferente la
circostanza che tali soggetti abbiano nel tempo a vario titolo perso il rapporto
giuridico o materiale sul territorio inquinato; in particolare, risulta
irrilevante che il titolare di funzioni qualificate di vigilanza e di controllo
sulla sicurezza degli impianti abbia medio tempore cessato dagli incarichi
societari che il medesimo ricopriva durante il periodo in cui i fatti inquinanti
si sono verificati. Pres. Perrelli, Est. Passoni - S.G. (avv.ti Di Mattia e
Manzi) c. Comune di L’Aquila (avv.ti De Nardis, Giuliani e Torelli) - TAR
ABRUZZO, L’Aquila, Sez. I - 11 febbraio 2010, n. 70
RIFIUTI - INQUINAMENTO - Art. 14 d.lgs. n. 22/97 (oggi art. 192 d.lgs. n.
152/2006) - Soggetto passivo dell’ordinanza di rimozione - Responsabilità -
Canoni processuali di cui agli artt. 2043 c.c. e 41 e 42 c.p. - Responsabilità
diversificata - Assoluzione in sede penale - Obbligo del soggetto di attivarsi
per la rimozione degli effetti inquinanti - Permanenza. Seppure il soggetto
passivo di ordinanze di rimozione e smaltimento di rifiuti ex ar.t 14 d.lgs. n.
22/97 (oggi: art. 192. d.lgs. n. 152/2006) deve aver concorso con dolo o colpa
al verificarsi dell’inquinamento, va puntualizzato che tale responsabilità
(sufficiente per incardinare l’obbligo di attivarsi per la bonifica dei luoghi)
non deve essere necessariamente comprovata secondo i canoni processuali ex artt.
2043 c.c. e 41-42 c.p., dovendosi invece richiedere che il destinatario
dell’ordine risulti comunque inserito e coinvolto nel contesto giuridico e
fattuale dell’evento inquinante, senza univoche esimenti dovute all’assoluta
estraneità ai fatti, ovvero alla comprovata diligenza nell’aver apprestato ogni
tentativo esigibile per scongiurare l’evento stesso. Il quadro delle
responsabilità rilevanti per la legittimazione passiva nell’ordinanza di
bonifica risulta quindi diversificata rispetto alle rigorose garanzie di difesa
dell’imputato nel processo penale, così che un’assoluzione in tale sede non
esclude l’obbligo del medesimo soggetto di attivarsi comunque per la rimozione
degli effetti inquinanti. Pres. Perrelli, Est. Passoni - S.G. (avv.ti Di Mattia
e Manzi) c. Comune di L’Aquila (avv.ti De Nardis, Giuliani e Torelli) - TAR
ABRUZZO, L’Aquila, Sez. I - 11 febbraio 2010, n. 70
N. 00070/2010 REG.SEN.
N. 00868/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
(SezionePrima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 868 del 2004, proposto da:
Sgambati Gaetano, rappresentato e difeso dagli avv. Francesca Di Mattia, Luigi
Manzi, con domicilio eletto presso Luca Avv. Bruno in L'Aquila, piazza della
Repubblica 17;
contro
Comune di L'Aquila, rappresentato e difeso dagli avv. Domenico De Nardis, Paola
Giuliani, Luciano Torelli, con domicilio eletto presso - Ufficio Legale Comune
in L'Aquila, piazza Palazzo 19;
nei confronti di
Fallimento Lares Tecno S.p.A., Sicietà Cozzi S.p.A.;
per l'annullamento
DELL’ORDINE DI MESSA IN SICUREZZA DEL SITO, DI RIMOZIONE, RECUPERO O SMALTIMENTO
DELLE SOSTANZE NOCIVE E RIFIUTI SPECIALI.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di L'Aquila;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16/12/2009 il dott. Paolo Passoni e
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
La vicenda contenziosa in odierna
decisione trova origine da una situazione di abbandono di rifiuti tossici e di
sostanze pericolose all’interno dell’azienda “Lares Tecno sp.a.” (in
liquidazione dal 2003 e poi dichiarata fallita il 4.3.04 dal Tribunale di
L’Aquila), situazione denunciata dal nominato Curatore alle autorità competenti
fin dal 24.3.04.
In particolare, il competente comando dei vigili del fuoco con fonogramma del
2.4.04 riferiva di aver riscontrato la fuoriuscita di sostanza corrosiva da un
serbatoio di stoccaggio all’interno dello stabilimento dismesso, mentre da
ulteriori verifiche effettuate dopo pochi giorni da parte dell’ARTA risultava la
presenza in loco di prodotti chimici, rifiuti speciali e speciali pericolosi in
contenitori in stato di abbandono e degrado. Quanto allo sversamento riscontrato
dai VVFF, i tecnici dell’ARTA rilevavano l’avvenuta raccolta del liquido
corrosivo, fermo restando che “da un primo esame visivo sembrava che si fosse
verificata la contaminazione del terreno circostante”.
Con nota del 15 luglio il curatore del fallimento precisava gli adempimenti
svolti fino a quel momento, riferendo altresì che all’ing. Sgambati (odierno
ricorrente) era stato conferito l’incarico di controllo in materia di infortuni
e di tutela dell’ambiente, in qualità di direttore dello Stabilimento dismesso
ed in funzione delle deleghe ricevute.
In tale contesto, il Comune di L’Aquila con nota del 26 luglio 2004 comunicava
(anche) all’ing. Sgambati l’avvio del procedimento ex art. 17 comma 3 del
Decreto legislativo 22/97, per la bonifica dell’area.
L’ing. Sgambati replicava ex adverso all’ente civico aquilano in data 2.8.04 di
non rivestire più la carica di direttore dello stabilimento, per intervenuto
pensionamento dal 30.6.03; egli puntualizzava altresì che la Lares Tecno era
regolarmente autorizzata al trattamento dei reflui e che per la messa in
sicurezza degli impianti si avvaleva della collaborazione continuativa di
tecnici specializzati.
Con ordinanza del 6.8.04 –tuttavia- il comune dell’Aquila adottava l’ordine di
bonifica con articolate prescrizioni conformative nei confronti (anche) dell’ex
direttore dello stabilimento, ritenendo ancora valide ed efficaci le deleghe
conferite all’ing. Sgambati.
Quest’ultimo insorge con il presente gravame, nel quale si sostiene che:
la contaminazione del territorio non sarebbe stata accertata, ma solo paventata,
e l’ordinanza sembrerebbe piuttosto rivolta ad addebitare a soggetti privati
quel completamento di indagini, al quale avrebbe dovuto invece attendere proprio
l’amministrazione intimata;
sarebbero stati imposti al ricorrente comportamenti che –per funzione o per
condizione- non sarebbe più in grado di adempiere, anche per l’impossibilità di
intervenire all’interno di un’area appartenente a società fallita;
in particolare, le deleghe a suo tempo conferite attenevano nella sostanza alla
“organizzazione e supervisione della sorveglianza degli impianti produttivi”
nell’ottica di un rilancio dell’impresa, così che l’intervenuto fallimento non
solo avrebbe determinato in modo irreversibile l’impossibilità di qualsiasi
rilancio, ma avrebbe altresì operato uno spossessamento dei beni del fallito,
vietando la prosecuzione dell’attività delegata;
in relazione a detto ultimo profilo, l’amministrazione comunale avrebbe così
erroneamente ritenuto l’ing. Sgambati il soggetto responsabile dello squilibrio
ambientale, pur non trovandosi egli nel possesso qualificato degli impianti;
il comune avrebbe a suo tempo sottovalutato l’importanza della notoria
situazione di crisi fin dal 2002 della società Lares, la cui presenza nella
realtà socio economica locale sarebbe stata di primo piano; infatti
l’interruzione del ciclo produttivo e l’ovvia mancanza di capacità di spesa per
la manutenzione degli impianti ormai dismessi avrebbero dovuto indurre
l’autorità civica a recepire tempestivamente tali segnali di allarme, al fine di
prevenire quegli effetti inquinanti che (quand’anche risultassero comprovati) il
comune medesimo avrebbe invece ingiustamente addebitato all’odierno ricorrente.
Si è costituito in giudizio il comune di L’Aquila che ha contrastato le avverse
pretese, mentre alla pubblica udienza del 16.12.09 la causa è stata trattenuta a
sentenza.
DIRITTO
Come meglio esposto in narrativa, l’ing. Sgambati rivestiva la qualifica di
direttore dello stabilimento della Lares Tecno Spa, poi dismesso a causa del
fallimento della società dichiarato il 4.3.2004 (con gravi problematiche di
inquinamento, derivanti dall’incuria manutentiva degli impianti in disuso). In
virtù di apposite deleghe, egli era stato incaricato dello svolgimento in loco
di tutte le funzioni di vigilanza e di controllo nonché di tutela dell’ambiente,
ed in tale qualità è risultato (fra gli altri) destinatario di ordinanza di
ripristino ambientale del 6.8.04, adottata dal Comune di L’Aquila ai sensi
dell’art. 14 comma 3 decreto legislativo 22/97.
Tale provvedimento è stato impugnato dall’ing. Sgambati, che ha sostenuto da una
parte la sua estraneità alla vicenda inquinante (anche per intervenuto
pensionamento dal 30 giugno 2003, data in cui dovevano intendersi decadute le
deleghe di cui sopra), e dall’altra l’assenza di accertamenti definitivi
sull’effettiva esistenza del danno ambientale addebitatogli.
Il ricorso è infondato.
L'art. 14, comma 3, del d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 introduce una sanzione
amministrativa di tipo reintegratorio, avente a contenuto l'obbligo di
rimozione, di recupero o di smaltimento e di ripristino a carico del
responsabile del fatto di discarica o immissione abusiva (a carico, cioè, di
"chiunque viola i divieti di abbandono e di deposito incontrollato di rifiuti
sul suolo"), in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o
personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a
titolo di dolo o di colpa.
Va pertanto in primo luogo chiarito che rimane ex se indifferente,
sull’individuazione dei soggetti passivi tenuti al ripristino ambientale, la
circostanza che tali soggetti abbiano nel tempo a vario titolo perso il rapporto
giuridico o materiale sul territorio inquinato; in particolare per ciò che qui
interessa, risulta irrilevante che il titolare di funzioni qualificate di
vigilanza e di controllo sulla sicurezza degli impianti abbia medio tempore
cessato dagli incarichi societari che il medesimo ricopriva durante il periodo
in cui i fatti inquinanti si sono verificati.
Nel caso di specie, l’ARTA nei propri rapporti (come ben precisato nella parte
motivazionale del provvedimento) ha riferito che l’evidente stato di degrado di
tutto il sito ex Lares Tecno rimane dovuto ad un intollerabile deficit
manutentivo, che si è perpetrato per anni.
Lo stesso ricorrente ha riconosciuto che fin dal 2002, anno in cui è iniziata la
crisi irreversibile della società ed in cui egli rivestiva pacificamente
l’incarico di direttore dello stabilimento, la situazione degli impianti, dei
serbatoi e delle tubazioni (al cui interno veicolavano prodotti chimici) si è
progressivamente aggravata sotto il profilo della sicurezza, sia per l’avvenuta
riduzione dell’attività produttiva (poi cessata nel marzo 2004), sia per la
mancanza di capacità di spesa nella manutenzione, tanto da imputare al Comune di
non aver avvertito il serio pericolo ambientale determinatosi con il progressivo
stato di decozione della società (circostanza che a tutto voler concedere si
atteggia comunque in modo neutro sull’obbligo del comune stesso di provvedere
–pur tardivamente- nei confronti dei responsabili, ivi compresi i soggetti
muniti di importanti incarichi sulla sicurezza al tempo in cui tale declino
gestionale è iniziato).
Anche l’imperiosa urgenza con cui la curatela –non appena insediatasi- ha
avvertito le autorità circa il degrado dello stabilimento (rifiuti pericolosi
stoccati in serbatoi e fusti privi di etichettatura, con tanto di protezioni
“danneggiate e corrose da micro perdite”) rende un’idea eloquente del fatto che
l’incuria manutentiva –in una situazione che dal 2002 restava caratterizzata da
un alto livello di allarme- risale a periodi ben anteriori alla data del 30
giugno 2003, giorno in cui l’ing. Sgarbati è andato in pensione.
Si palesano pertanto non convincenti le affermazioni del ricorrente sul presunto
ordine amministrativo in cui la società in liquidazione versava al momento del
suo pensionamento, poiché la regolare autorizzazione al trattamento dei reflui e
la presenza di tecnici per ogni emergenza non escludono affatto l’ipotesi di una
funzione di una sorveglianza apicale svolta al di sotto degli standard
richiesti, visto il risalente degrado ambientale della zona attestato dall’ARTA,
dai VVFF ed anche dalla Provincia, degrado peraltro aggravato –e non escluso-
dalla disponibilità di personale specializzato a disposizione dell’ing.
Sgambati.
Né appare plausibile che le deleghe conferite a quest’ultimo riguardassero una
tipologia di sorveglianza degli impianti produttivi da intendersi confinata alla
sola finalità di un rilancio dell’impresa, almeno in assenza di espliciti
richiami a tale singolare limitazione.
Può pertanto prescindersi dalla questione relativa alla “resistenza” o meno
delle deleghe a seguito del pensionamento del ricorrente, atteso che assumono a
tal fine sufficiente rilevanza i periodi di servizio pacificamente svolti dal
ricorrente medesimo, prima del suo collocamento a riposo.
Peraltro, seppure la giurisprudenza ha chiarito che il soggetto passivo di
ordinanze di tal fatta debba aver concorso con dolo o colpa al verificarsi
dell’inquinamento, va puntualizzato che tale responsabilità (sufficiente per
incardinare l’obbligo di attivarsi per la bonifica dei luoghi) non deve essere
necessariamente comprovata secondo i canoni processuali ex artt. 2043 c.c. e
41-42 c.p., dovendosi invece richiedere che il destinatario dell’ordine risulti
comunque inserito e coinvolto nel contesto giuridico e fattuale dell’evento
inquinante, senza univoche esimenti dovute all’assoluta estraneità ai fatti,
ovvero alla comprovata diligenza nell’aver apprestato ogni tentativo esigibile
per scongiurare l’evento stesso.
La stessa sentenza del giudice penale allegata agli atti di causa (n. 417 in
data 25 giugno 2005 del Tribunale di L’Aquila), con cui l’ing. Sgambati è stato
assolto dal reato ex art. 51 decreto legislativo 22/97, ha dato atto di un
quadro probatorio carente ed insufficiente per incardinare la responsabilità
penale dell’odierno ricorrente in relazione all’evento dello sversamento di
“cloruro rameico” dalle vasche di contenimento (non potendosi risalire con
certezza al dies a quo della negligenza manutentiva, dalla quale è poi scaturito
l’evento), fermo restando che dall’istruttoria dibattimentale è comunque emersa
la mancanza della messa in sicurezza degli impianti, pur se estranea
all’imputazione oggetto del giudizio.
Torna pertanto a ribadirsi che il quadro delle responsabilità rilevanti per la
legittimazione passiva nell’ordinanza di bonifica risulta diversificata rispetto
alle rigorose garanzie di difesa dell’imputato nel processo penale, così che
un’assoluzione in tale sede non esclude l’obbligo del medesimo soggetto di
attivarsi comunque per la rimozione degli effetti inquinanti.
Anche la doglianza circa il difetto di istruttoria in cui sarebbe incorsa
l’autorità civica non può trovare condivisione, poiché nel provvedimento
impugnato si è data ampia contezza circa gli esiti consultivi delle varie
autorità tecniche interpellate, esiti univoci che hanno evidenziato non solo lo
stato di pericolo connesso al precario livello di sicurezza degli impianti, ma
anche la concreta aggressione inquinante avvenuta con il noto sversamento della
sostanza chimica fuoriuscita dalle vasche, sversamento che -pur prontamente
raccolto dai VVFF- non può affatto condurre ad escludere l’avvenuta
contaminazione dell’ambiente, come autorevolmente precisato nei vari pareri
acquisiti nell’istruttoria. Né il Comune –prima di provvedere in merito- avrebbe
dovuto attendere ad oltranza dettagliati responsi sul grado di contaminazione
rimasta sul luogo, poiché la certezza del fatto inquinante rappresenta ex se
circostanza sufficiente ad attivare le doverose misure ricognitive e correttive
analiticamente indicate nel provvedimento impugnato.
In conclusione il ricorso non può trovare accoglimento.
Sussistono ragioni per compensare integralmente le spese di lite.
P.Q.M.
Respinge il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 16/12/2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Michele Perrelli, Presidente
Paolo Passoni, Consigliere, Estensore
Alberto Tramaglini, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/02/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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