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T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 23 giugno 2010 n. 15773


DIRITTO URBANISTICO - Lottizzazione negoziale - Elementi - Frazionamento e attribuzione ad una pluralità di soggetti - Destinazione a scopo edificatorio abusivo. Ai fini della configurazione di una lottizzazione cd. negoziale non è sufficiente che il terreno sia frazionato e venduto o comunque attribuito ad una pluralità di soggetti, in quanto la norma richiede un terzo requisito ossia la non equivocità - emergente anche da un solo indizio - della destinazione a scopo edificatorio abusivo sia del frazionamento che della vendita (cfr. Consiglio Stato, Sezione V, 20 ottobre 2004, n. 6810; T.A.R. Campania, Sezione VI, 20 gennaio 2005, n.261). Pres. D’Alessandro, Est. Russo - G.D.M. (avv. Molinaro) c. Comune di Giugliano in Campania (avv. Agliata) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. II - 23 giugno 2010, n. 15773
 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 15773/2010 REG.SEN.
N. 06776/2008 REG.RIC.


Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)


ha pronunciato la presente
 

SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 6776 del 2008, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Giacomo Di Maro, rappresentato e difeso dall'avv. Lorenzo Bruno Molinaro – subentrato in corso di causa all’originario difensore avv. Cosmo Pellegrino – con ultimo domicilio eletto in Napoli, presso la Segreteria del T.A.R.;


contro


Comune di Giugliano in Campania, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Giuliano Agliata, con domicilio eletto in Napoli, alla via G. Porzio – Centro Direzionale – Isola G/8;

per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia

- dell’ordinanza repressiva di lottizzazione abusiva n.126 del 14 agosto 2008;

- della disposizione dirigenziale n.116 del 2 luglio 2009, con cui è stata disposta l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale della particella n.904 del foglio n.80.

Visto il ricorso coi relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Giugliano in Campania;
Visti i motivi aggiunti;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 maggio 2010 il dott. Pierluigi Russo ed uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO


Con atto notificato in data 14 novembre 2008 e depositato il 13 dicembre seguente, il sig. Giacomo Di Maro ha premesso che, con atto di compravendita per notaio Lombardi (del 21.4.2005), ha acquistato la proprietà di un terreno sito nel Comune di Giugliano in Campania, località Rannola, identificato in catasto con la particella n.904 del foglio 80, avente una superficie di 906 mq., ricadente sotto il profilo urbanistico in zona E/1 agricola normale del vigente piano regolatore.

Con il gravame in trattazione il ricorrente ha impugnato l’ordinanza n.126 del 14 agosto 2008 con cui il competente dirigente comunale ha sanzionato, ai sensi dell’art.30 del D.P.R. n.380 del 2001, la lottizzazione abusiva asseritamente posta in essere sulla porzione di territorio ivi meglio specificata, in cui è inclusa anche la suddetta particella.

A sostegno della domanda giudiziale di annullamento del suddetto provvedimento ha dedotto i seguenti motivi di diritto :

1) Violazione dell’art.7 della legge n.241/1990 – ove lamenta l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento;

2) Violazione dell’art.30, comma 10, del D.P.R. n.380/2001 – stante l’inapplicabilità della misura repressiva ai frazionamenti immobiliari eseguiti nell’ambito di una donazione tra parenti in linea retta;

3) Violazione dell’art.30, comma 10, del D.P.R. n.380/2001 – Omessa considerazione di elementi essenziali – con cui rappresenta il conseguente vizio di difetto di d’istruttoria in relazione alla circostanza sopra evidenziata;

4) Violazione dell’art.30 del D.P.R. n.380/2001 – poiché l’amministrazione, oltre ad ordinare la sospensione di ogni opera edilizia e della presunta lottizzazione, ha altresì contestualmente disposto la demolizione dei manufatti realizzati, fuoriuscendo così dallo schema tipico della potestà esercitata ai sensi della richiamata previsione normativa del T.U. sull’edilizia;

5) Ulteriore violazione dell’art.30 del D.P.R. n.380/2001 – Eccesso di potere per sviamento – stante l’inerzia dell’ente proseguita per diversi anni e la buona fede degli aventi causa;

6) Violazione sotto altro profilo della norma già richiamata – Eccesso di potere – Sviamento – Difetto assoluto di motivazione – Erroneità nei presupposti – Illogicità – ove assume l’inesistenza dei presupposti della lottizzazione abusiva ed, in particolare, di elementi precisi ed univoci che evidenzino l’intento di asservire all’edificazione, per la prima volta, un’area non urbanizzata.

Si è costituito in resistenza il Comune di Giugliano in Campania, che ha controdedotto in merito alla censure prospettate, concludendo con richiesta di reiezione del gravame.

Con ricorso per motivi aggiunti l’instante ha poi esteso l’impugnazione al provvedimento, emesso in data 2 luglio 2009, con cui il dirigente del Servizio antiabusivismo edilizio del Comune di Giugliano in Campania ha disposto l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale della particella n.904, deducendo le seguenti censure:

1) Illegittimità derivata – che discenderebbe dall’invalidità dell’atto impugnato con il ricorso introduttivo;

2) Violazione dell’art.7 della legge n.241/1990 – ove si lamenta l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento anche in relazione all’ordinanza di acquisizione;

3) Violazione e falsa applicazione dell’art.31 del d.P.R. n.380/2001 – Carenza di potere – atteso che il provvedimento di acquisizione è stato emesso ai sensi del citato art.31 del T.U. sull’edilizia mentre l’ordinanza repressiva della presunta lottizzazione abusiva è stata adottata ai sensi dell’art.30 dello stesso d.P.R.

L’amministrazione resistente ha depositato memoria difensiva e documenti, insistendo nella richiesta di rigetto delle domande attoree.

Alla pubblica udienza del 27 maggio 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.


DIRITTO


1. Con il provvedimento oggetto del presente giudizio, il Comune di Giugliano in Campania ha ordinato a 20 soggetti – quali proprietari o alienanti degli immobili corrispondenti alle diverse particelle catastali, ivi specificate, del foglio di mappa n.80 – l’immediata sospensione della lottizzazione abusiva asseritamente posta in essere sulla suddetta porzione di territorio, che ricade sotto il profilo urbanistico in zona E/1 agricola normale del vigente piano regolatore. L’autorità emanante ha rilevato che tutta l’area ivi individuata è stata prima frazionata ed ha poi costituito oggetto di una serie di atti di trasferimento della titolarità, con l’esecuzione di vari manufatti edilizi abusivi, che avrebbero comportato una trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni a scopo edificatorio, integrando così la fattispecie sanzionata dall'articolo 30 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

Con il gravame in trattazione, il sig. Giacomo Di Maro – che ha acquistato dai sigg. Castrese Pennacchio (usufruttuario) e Domenico Pennacchio (nudo proprietario), con atto di compravendita per notaio Lombardi (del 21.4.2005), la proprietà del terreno identificato in catasto con la particella n.904 del foglio 80, avente una superficie di 906 mq. – ha contestato la legittimità del procedimento culminato nell’impugnata misura repressiva, per l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, per violazione sotto diversi profili dell’art.30 del d.P.R. n.380/2001 e per eccesso di potere, nelle figure sintomatiche dello sviamento, del difetto di motivazione e di istruttoria e per illogicità.

Il ricorso è infondato.

2. Giova premettere che l’articolo 30 del T.U. sull’edilizia – che riproduce le disposizioni contenute nel previgente articolo 18 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 – distingue due diverse ipotesi di lottizzazione abusiva a scopo edificatorio. La prima, cd. lottizzazione materiale o reale, ricorre “quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione”. La seconda, cd. formale, negoziale ovvero cartolare, si delinea “quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio”.

Va osservato che ai fini della configurazione di una lottizzazione cd. negoziale non è sufficiente che il terreno sia frazionato e venduto o comunque attribuito ad una pluralità di soggetti, in quanto la norma richiede un terzo requisito ossia la non equivocità della destinazione a scopo edificatorio abusivo sia del frazionamento che della vendita (cfr. Consiglio Stato, Sezione V, 20 ottobre 2004, n. 6810; T.A.R. Campania, Sezione VI, 20 gennaio 2005, n.261). È stato altresì precisato che, se è vero che in tema di lottizzazione abusiva per mezzo di frazionamento e vendita di terreno l'accertamento della fattispecie implica la ricostruzione di un quadro indiziario sulla scorta degli elementi suindicati, dalla quale sia possibile desumere in maniera non equivoca "la destinazione a scopo edificatorio" degli atti posti in essere dalle parti (Consiglio di Stato, Sezione V, 20 ottobre 2004, n. 6810), d'altra parte non è necessario che sia dimostrata l'esistenza di tutti gli indici rilevatori indicati nella citata norma, ma è sufficiente che lo scopo edificatorio emerga anche da un solo indizio (Consiglio di Stato, Sezione V, 14 maggio 2004, n. 3136 e 2 dicembre 2008, n.5930).

3. Venendo al caso in esame, ritiene il Collegio che il Comune di Giugliano in Campania ha fatto corretta applicazione dei richiamati principi, evidenziando come sulla suindicata porzione di territorio sono stati compiuti, nel corso degli anni, non solo il frazionamento di un più ampio fondo (la ex particella n.75 del foglio n.80, di 14.599 mq.) in più lotti e la compravendita di questi ultimi, ma anche realizzate attività materiali indubbiamente idonee ad attuare una trasformazione urbanistica ed edilizia in violazione delle prescrizioni del P.R.G. dirette a salvaguardare la destinazione agricola dell’area.

Il disegno lottizzatorio emerge chiaramente ove si considerino unitariamente, nel loro sviluppo cronologico, le circostanze fattuali poste a base dell’iter logico seguito dall’organo emanante, come esplicitate nell’atto in discussione e confermate dalla complessiva documentazione depositata in giudizio. Ed invero:

a) dopo il primo frazionamento dell’originario fondo (la suindicata particella n.75) in due nuove particelle di identica superficie (n.675 e n.676, ciascuna con una estensione di 7484 mq.), il sig. Castrese Pennacchio (nato il 24.1.1927) ha donato (con atto del 28.5.1993) la nuda proprietà delle stesse ai suoi due figli Antonio (la n..675) e Tommaso (la n.676);

b) dopo un ulteriore frazionamento (per quanto d’interesse nel presente giudizio, la particella n.676 ha dato origine a quelle individuate coi nn.903, 904, 905, 906, 907, 908 e 909), i sigg. Antonio e Tommaso Pennacchio hanno donato la nuda proprietà di alcune di queste ai propri congiunti (in particolare, con atto dell’1.3.2005, al sig. Domenico Pennacchio è stata trasferita la nuda proprietà dei lotti contrassegnati coi nn.904 e 908), fermo restando l’usufrutto in capo all’ascendente Castrese Pennacchio;

c) con successivi atti di compravendita stipulati in un breve arco temporale (dal 6.4.2005 al 19.5.2005), diversi lotti sono stati poi alienati a terzi (particelle n.895, 896, 897, 898, 903, 904);

d) dagli accertamenti compiuti dall’amministrazione comunale, risultano eseguite costruzioni abusive sulle particelle nn. 892, 896, 898, 899, 903, 904, 905, 907;

e) sulla base dei suindicati presupposti e tenuto conto delle dimensioni, della destinazione urbanistica, del numero e dell’ubicazione dei lotti, l’amministrazione ha quindi sanzionato la lottizzazione abusiva emettendo, in data 14.8.2008, l’ordinanza n.126 impugnata con il ricorso in trattazione.

Ad avviso del Collegio, tutte le suesposte circostanze, unitariamente intese, contrariamente all’assunto formulato dalla parte ricorrente, sono tali da evidenziare congruamente il disegno lottizzatorio abusivo non solo nella forma negoziale ma anche materiale. Sussistono, infatti, univoci indici rivelatori da cui emerge l’illecito scopo edificatorio, risultando accertato per tabulas che all’atto di suddivisione dell'area in lotti di dimensione inferiore al minimo prescritto dal P.R.G. è seguita, prima, la stipula di atti di trasferimento della loro proprietà a terzi e, successivamente, anche la costruzione in breve tempo di opere abusive destinate ad abitazione.

4. Contrariamente a quanto prospettato (con il secondo e terzo motivo), non è applicabile al caso in trattazione la previsione contenuta nel comma 10 dell’art.30 d.P.R. n.380/2001 – in base al quale le precedenti disposizioni non si applicano tra l’altro “alle divisioni ereditarie, alle donazioni fra coniugi e fra parenti in linea retta ed ai testamenti” – considerato che, come si è poc’anzi chiarito, dopo l’iniziale suddivisione all’interno dello stesso nucleo familiare, numerose particelle (ivi comprese la n.904) sono poi state trasferite a titolo oneroso a terzi con distinti contratti di compravendita; d’altra parte, la fattispecie non si limita all’ipotesi di mera lottizzazione cartolare, essendo stati realizzati numerosi manufatti abusivi (anche sul suolo individuato con la particella catastale appena richiamata).

5. Né vale obiettare (quarto motivo) che l’autorità emanante sarebbe fuoriuscita dallo schema tipico della potestà esercitata, ai sensi dell’art.30 del T.U. sull’edilizia, avendo non solo ordinato la sospensione di ogni opera edilizia e vietato di disporre dei suoli con atto tra vivi ma altresì contestualmente ingiunto la demolizione dei manufatti realizzati. Osserva, anzitutto, il Collegio che l’interesse pubblico volto ad assicurare la doverosità dell’attività ripristinatoria non è estraneo all’istituto in esame, stante anche il chiaro disposto dell’art.30, comma 8, del d.P.R. n.380/2001, laddove precisa che “[…]le aree lottizzate sono acquisite di diritto al patrimonio disponibile del comune il cui dirigente o responsabile del competente ufficio deve provvedere alla demolizione delle opere. In caso di inerzia si applicano le disposizioni concernenti i poteri sostitutivi di cui all'articolo 31, comma 8”. Va inoltre rilevato che la prescrizione in contestazione è inserita in un provvedimento che assume oggetto plurimo, non essendo preclusa l’evenienza – soprattutto nei casi, come quello in esame, caratterizzati da una consistente attività di abusiva trasformazione del territorio – di concentrare in un solo atto le esigenze di prevenzione e repressione, attraverso un’autonoma disposizione sanzionatoria nei confronti delle costruzioni realizzate senza titolo, con la diffida a demolirle entro il termine di 90 giorni previsto dall’art. 31 del d.P.R. n.380 del 2001. In definitiva, non si ravvisa una inedita commistione di provvedimenti sanzionatori nella riunione in un unico atto dei provvedimenti ex artt. 30 e 31 d.P.R. 380, in ragione della sussistenza del contenuto minimo essenziale di entrambi e del fatto che l’ingiunzione a demolire non può essere esclusa dalla pendenza del procedimento volto a reprimere una fattispecie lottizzatoria abusiva, rappresentando al contrario un quid pluris necessario nell’ipotesi di lottizzazione materiale con stadio avanzato di realizzazione di immobili abusivi.

6. Priva di pregio si rivela, inoltre, l’ulteriore doglianza (5° motivo) di difetto di motivazione circa l’interesse pubblico alla repressione dell’attività abusiva e la mancata comparazione con l’interesse privato sacrificato, in relazione al tempo decorso, atteso il carattere doveroso e vincolato della potestà esercitata, in presenza di tutti gli elementi integranti la fattispecie della lottizzazione abusiva, fermo restando che la tutela dei terzi acquirenti di buona fede, estranei all’illecito, può essere fatta valere in sede civile nei confronti dell’alienante.

7. Può procedersi ora all’esame della residua censura con cui si lamenta la violazione dell’art.7 della legge n.241/1990 per l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento.

Non ignora il Collegio che la giurisprudenza amministrativa ha evidenziato come il procedimento di verifica degli elementi che caratterizzano la lottizzazione abusiva, lungi dall'avere uno sbocco necessitato, richiede un accertamento complesso di circostanze di fatto, non contraddistinte da significati unidirezionali, basato su molteplici elementi, al quale i soggetti interessati possono, con le loro osservazioni critiche e deduzioni in punto di fatto, utilmente cooperare, facendo eventualmente anche rilevare circostanze ed elementi tali da indurre la p.a. stessa ad orientarsi diversamente (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V, 23 febbraio 2000, n. 948; 29 gennaio 2004, n. 296; 11 maggio 2004, n. 2953; T.A.R. Campania Napoli, Sezione IV, 10 novembre 2006 , n. 9458).

Il suesposto indirizzo va tuttavia rivisitato e precisato alla luce delle novità normative introdotte con la legge 11 febbraio 2005 n.15, avendo il legislatore inteso far prevalere gli aspetti sostanziali su quelli formali nelle ipotesi in cui le garanzie procedimentali non produrrebbero comunque alcun vantaggio, a causa della mancanza di un potere concreto di scelta da parte dell'amministrazione. E’ noto che l'art. 21 octies della L. n.241/1990, aggiunto dall'art. 14 della L. n.15/2005, ha espressamente sancito che "non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato" e che "il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato".

Orbene, nella fattispecie in esame, le circostanze di fatto poste a fondamento dell’azione amministrativa, come sopra descritte, non risultano contestate dalla parte ricorrente né questa ha dimostrato la concreta utilità della sua partecipazione, sicché la misura repressiva adottata assumeva carattere dovuto e contenuto vincolato in relazione ai presupposti acclarati. In definitiva, nella vicenda in esame una specifica comunicazione dell'avvio del procedimento era oggettivamente superflua poiché il contenuto dell'atto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

8. Come si è anticipato nella narrativa in fatto, con ricorso per motivi aggiunti l’instante ha esteso l’impugnazione all’atto, emesso in data 2 luglio 2009, con cui il dirigente del Servizio antiabusivismo edilizio del Comune di Giugliano in Campania ha dichiarato l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale della particella n.904, sulla quale è stato realizzato un fabbricato abusivo di tre piani (con una superficie di circa 130 mq. per piano).

Ad avviso del Collegio anche la nuova domanda impugnatoria è infondata.

8.1. Non sussiste, anzitutto, il vizio di invalidità derivata del provvedimento di acquisizione, visto che il ricorso introduttivo si è rivelato infondato alla luce di tutte le considerazioni che precedono.

8.2. Non merita accoglimento neppure l’ulteriore argomentazione difensiva che configura un’indebita commistione di procedimenti amministrativi, rilevando che il provvedimento di acquisizione è stato emesso ai sensi del citato art.31 del T.U. sull’edilizia mentre l’ordinanza repressiva della lottizzazione abusiva, posta a base dell’atto ablatorio, è stata adottata ai sensi dell’art.30 dello stesso d.P.R. n.380/2001. Sul punto vanno integralmente richiamate le osservazioni già svolte sopra (al capo 5.), ove si è rimarcato che l’ordinanza n.126/2008 costituisce un provvedimento ad oggetto plurimo, il quale contiene un’autonoma disposizione sanzionatoria nei confronti delle costruzioni realizzate senza titolo sui suoli ivi indicati, in virtù della quale è stato azionato il procedimento ex art. 31 del d.P.R. n.380/2001, con la diffida a demolire nei 90 giorni.

Va pertanto ribadito che, nel caso di specie, non si ravvisa alcuna illegittima commistione di provvedimenti sanzionatori nella riunione in un unico atto dei provvedimenti ex artt. 30 e 31 del citato d.P.R., in ragione della sussistenza del contenuto minimo essenziale di entrambi; né l’ingiunzione a demolire può essere preclusa dalla pendenza del procedimento volto a sanzionare la lottizzazione abusiva, rappresentando al contrario un quid pluris necessario nella ipotesi di lottizzazione materiale caratterizzate da uno stadio avanzato di realizzazione di immobili abusivi, come nel caso di specie.

8.3. Tutte le rassegnate considerazioni rendono recessiva l’ulteriore doglianza riferita all’omessa spedizione dell’avvio del procedimento culminato nell’avversata misura ablatoria, risultando incontestati i presupposti legittimanti l’adozione dell’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive, che si configura come atto dovuto, senza alcun contenuto discrezionale, avente natura meramente dichiarativa, subordinato unicamente all’accertamento dell’inottemperanza e del decorso del termine di legge fissato per la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi, che opera automaticamente con riguardo non solo all’opera abusiva ed all’area di sedime, ma anche alle pertinenze.

9. In conclusione, alla stregua di tutte le considerazioni fin qui svolte, il ricorso va respinto siccome infondato.

Le spese e gli onorari di causa seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania - Sezione Seconda – respinge il ricorso in epigrafe R.G. n.6776/2008.

Condanna la parte ricorrente a rimborsare al Comune di Giugliano in Campania le spese del presente giudizio, che liquida complessivamente in € 1.500,00 (euro millecinquecento/00); il contributo unificato resta a carico della parte soccombente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 27 maggio 2010 con l'intervento dei Magistrati:

Carlo D'Alessandro, Presidente
Anna Pappalardo, Consigliere
Pierluigi Russo, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/06/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
 


 



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