AmbienteDiritto.it
- Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati -
Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 8 aprile 2010 n. 1824
INQUINAMENTO - RIFIUTI - Requisizione di un’area per lo stoccaggio dei
rifiuti solidi urbani - Derequisizione - Presupposto - Cessazione dello stato di
necessità - Obbligo di ripristino dello stato originario dei luoghi - Esclusione
- Obbligo di far precedere la derequisizione dalla bonifica - Esclusione -
Responsabilità contrattuale dell’autorità beneficiaria della requisizione.
In base alla normativa vigente la derequisizione trova il suo unico presupposto
di legittimità nella cessazione dello stato necessitante valorizzato dalla
precedente requisizione, non essendo condizionata dall’assolvimento dell’obbligo
di ripristino dello stato originario dei luoghi (nella specie, bonifica delle
aree requisite inquinate dal percolato dei RSU ivi stoccati). Invero, tale
obbligo discende direttamente dalla legge in virtù della posizione di custode
assunta dall’autorità beneficiaria della requisizione e può dar luogo, in caso
di inosservanza, a distinta responsabilità contrattuale, ma giammai può influire
sulla legittimità del provvedimento di derequisizione, che deve essere emanato
senza indugio al cessare degli eventi necessitanti, per consentire al privato
inciso il riacquisto delle facoltà inerenti al diritto di proprietà. Ne consegue
che, nella specie, la derequisizione non deve necessariamente essere preceduta
dalla bonifica. Pres. Guida, Est. Dell’Olio - P.C. e altri (avv.ti Mazziotti e
Marzano) c. Comune di San Giorgio a Cremano (avv.ti Cicatiello e Carlino) e
altro (n.c.) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 8 aprile 2010, n. 1824
INQUINAMENTO - Bonifica - Obbligo - Disponibilità dell’area compromessa -
Irrilevanza - Condotta determinativa dell’inquinamento o del pericolo di
inquinamento - Trasferimento dell’immobile - Irrilevanza. L’obbligo di
bonifica prescinde dalla disponibilità dell’area compromessa e si collega
semplicemente alla condotta determinativa dell’inquinamento o del pericolo di
inquinamento: in altre parole, il responsabile del degrado è sempre tenuto a
ripristinare la precedente situazione ambientale, indipendentemente dal rapporto
giuridico sussistente in relazione al bene contaminato. Ne deriva che il
soggetto individuato come responsabile di attività inquinanti, giammai può
perdere tale qualità con il semplice trasferimento della detenzione
dell’immobile in altre mani (nella specie, trasferimento - a seguito di
derequisizione - dal Comune responsabile dell’inquinamento ai proprietari
dell’area, che era stata requisita dal medesimo comune per far fronte agli
interventi richiesti dall’emergenza ambientale in Campania). Pres. Guida, Est.
Dell’Olio - P.C. e altri (avv.ti Mazziotti e Marzano) c. Comune di San Giorgio a
Cremano (avv.ti Cicatiello e Carlino) e altro (n.c.) - TAR CAMPANIA, Napoli,
Sez. I - 8 aprile 2010, n. 1824
INQUINAMENTO - Bonifica - Obbligo - Responsabile dell’inquinamento -
Qualifica di proprietario o detentore del terreno inquinato - Interventi di
bonifica - Onere reale. L’obbligo di bonifica grava sull’effettivo
responsabile dell’inquinamento, mentre la mera qualifica di proprietario o
detentore del terreno inquinato non implica l’obbligo di effettuazione della
bonifica, e le autorità amministrative hanno il dovere di ricercare ed
individuare il responsabile dell’inquinamento, non potendo costringere il
titolare dell’area a porre in essere gli interventi necessari (cfr. Consiglio di
Stato, Sez. VI, 5 settembre 2005 n. 4525; TAR Lombardia Milano, Sez. IV, 2
aprile 2008 n. 791; TAR Campania Napoli, Sez. I, 12 dicembre 2005 n. 20141).
Tutt’al più il proprietario dell’area ha l’onere di eseguire gli interventi
ambientali al fine di evitare l’espropriazione del terreno, gravato ex lege da
onere reale e privilegio speciale (cfr. TAR Piemonte, Sez. I, 21 novembre 2008
n. 2928; TAR Toscana, Sez. II, 30 maggio 2008 n. 1541). Pres. Guida, Est.
Dell’Olio - P.C. e altri (avv.ti Mazziotti e Marzano) c. Comune di San Giorgio a
Cremano (avv.ti Cicatiello e Carlino) e altro (n.c.) - TAR CAMPANIA, Napoli,
Sez. I - 8 aprile 2010, n. 1824
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 01824/2010 REG.SEN.
N. 02775/2005 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 2775 del 2005, proposto da:
PIETRO COLUCCI, FRANCESCO COLUCCI, ISABELLA COLUCCI, NICOLA COLUCCI ed OLGA
FIASCHI, in qualità di eredi del Sig. Gaetano Colucci, tutti rappresentati e
difesi dagli Avv.ti Monica Mazziotti e Maria Giuseppina Marzano, ed
elettivamente domiciliati presso il primo difensore in Napoli alla Via Melisurgo
n. 4;
contro
- COMUNE DI SAN GIORGIO A CREMANO, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Lucia
Cicatiello ed Adele Carlino, con le quali è domiciliato per legge presso la
Segreteria di questo Tribunale in mancanza di domicilio eletto in Napoli;
- SINDACO DI SAN GIORGIO A CREMANO, nella qualità di Ufficiale di Governo, non
costituito in giudizio;
nei confronti di
M.I.T.A. S.p.A., non costituita in giudizio;
per l'annullamento
a) dell’ordinanza sindacale n. 8 del 17 gennaio 2005, con la quale il Comune di
San Giorgio a Cremano ha disposto la derequisizione dell’immobile sito in Via
Marchitti n. 2 “limitatamente alla parte non soggetta a sequestro giudiziario”;
b) di ogni atto presupposto, connesso, conseguente e/o consequenziale, comunque
lesivo degli interessi dei ricorrenti, ivi inclusi i verbali delle conferenze di
servizi del 3 dicembre 2004 e del 28 dicembre 2004, citati nell’ordinanza di cui
sopra;
e per la condanna dell’amministrazione intimata al risarcimento dei danni
conseguenti al dedotto comportamento illegittimo della pubblica autorità.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione resistente;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2009 il dott. Carlo
Dell'Olio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
I ricorrenti espongono di essere proprietari al 50% di un complesso immobiliare,
composto da edifici e da una vasta area scoperta, ubicato nel territorio
comunale di San Giorgio a Cremano alla Via Marchitti n. 2.
Tale complesso, nell’arco temporale compreso tra il 23 gennaio 2001 ed il 17
gennaio 2005, è stato interessato da svariate ordinanze sindacali di
requisizione in uso, tra loro consecutive, al fine di provvedere allo stoccaggio
temporaneo dei rifiuti solidi urbani del Comune di San Giorgio a Cremano.
Nel maggio 2002, con provvedimento del GIP, veniva posta sotto sequestro un’area
di circa 400 mq. all’interno dell’immobile in parola, a causa della riscontrata
presenza, in alcuni punti, di liquido presumibilmente assimilabile a percolato.
Infine, con ordinanza sindacale n. 8 del 17 gennaio 2005, sulla scorta di
relazione tecnica nella quale si attestava la non contaminazione del sito e
dell’assunto che la M.I.T.A. S.p.A., società affidataria dei servizi di igiene
ambientale, aveva portato a compimento “le operazioni di prelievo ed avvio allo
smaltimento dei rifiuti contenuti nei cassoni nel sito”, il Comune di San
Giorgio a Cremano disponeva la derequisizione del complesso immobiliare
limitatamente alla parte non sottoposta a sequestro giudiziario.
I ricorrenti insorgono avverso tale ordinanza e le risultanze delle conferenze
di servizi in essa confluite (meglio indicate in epigrafe), chiedendone
l’annullamento per i seguenti motivi:
1. violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge 20 marzo 1865 n.
2248; violazione e falsa applicazione degli artt. 8, 29 e 67 del r.d. 18 agosto
1940 n. 1941, contenente “norme per la disciplina delle requisizioni”, in
combinato disposto con l’art. 13 del d.lgs. n. 22/1997 e con il d.m. 25 ottobre
1999 n. 471; violazione dell’art. 97 della Costituzione; violazione degli
impegni assunti dalla p.a. requisente con l’ordinanza n. 11 del 23 gennaio 2001
e successive proroghe; violazione del principio del “neminem laedere” di cui
all’art. 2043 c.c.; violazione dell’obbligo di custodia; “culpa in vigilando”
della pubblica amministrazione;
2. violazione dell’art. 97 della Costituzione; violazione degli impegni assunti
dalla p.a. requirente con l’ordinanza n. 11 del 23 gennaio 2001 e successive
proroghe; violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997;
violazione del principio del “neminem laedere” di cui all’art. 2043 c.c.;
violazione dell’obbligo di custodia; “culpa in vigilando” della pubblica
amministrazione; carenza di istruttoria.
All’impugnativa viene aggiunta domanda di risarcimento dei danni conseguenti
all’asserito comportamento illegittimo dell’amministrazione comunale,
consistente nell’aver adottato la gravata ordinanza senza aver previamente
ripristinato l’originario stato dei luoghi, in termini sia strutturali che
ambientali.
Si è costituito con controricorso il Comune di San Giorgio a Cremano, eccependo
l’inammissibilità del ricorso per tardività e per difetto di giurisdizione, il
difetto di legittimazione passiva (con contestuale richiesta di integrazione del
contradditorio nei confronti di altri soggetti) e, nel merito, l’infondatezza
delle domande ex adverso spiegate.
Entrambe le parti costituite hanno depositato memorie difensive, nelle quali
controdeducono e ribadiscono le proprie rispettive ragioni.
Gli altri soggetti intimati non si sono costituiti.
Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’udienza pubblica del 7 ottobre
2009.
DIRITTO
1. In via preliminare, il Collegio deve pronunciarsi sull’eccezione di difetto
di giurisdizione formulata dalla difesa comunale.
Quest’ultima sostiene che l’odierna materia del contendere non si incentrerebbe
sulla asserita illegittimità dell’ordinanza di derequisizione, bensì su
un’azione di risarcimento di danni non connessi al predetto provvedimento, che
“al più deriverebbero dal fatto che durante il periodo della requisizione la
P.A. non avrebbe custodito diligentemente l’area requisita di proprietà dei
ricorrenti”, con conseguente devoluzione dell’intera controversia al giudice
ordinario.
L’eccezione deve essere disattesa.
1.1 Il Collegio rileva che l’odierno giudizio rientra a pieno titolo nell’ambito
della giurisdizione del giudice amministrativo, non solo perché sono impugnati,
mediante prospettazione di specifiche censure, atti amministrativi, ma anche
perché la domanda di risarcimento danni trae linfa dalla dedotta illegittimità
di tali atti, i quali, ad avviso di parte ricorrente, non potevano essere
emanati senza il previo espletamento della fase di ripristino dell’originario
stato dei luoghi.
1.2 La controversia risarcitoria è altresì attratta nella cognizione esclusiva
del giudice amministrativo siccome originata nell’ambito della complessiva
azione di gestione dei rifiuti, posta in essere con atti esplicativi
dell’esercizio di poteri pubblicistici.
1.3 Una volta acclarata la giurisdizione di questo Tribunale, il Collegio
ritiene di poter prescindere dallo scrutinio delle ulteriori eccezioni di rito
in quanto il ricorso si presenta infondato nel merito.
2. Il gravame poggia essenzialmente su due articolate censure, con cui parte
ricorrente tenta di infirmare l’ordinanza di derequisizione n. 8/2005 e le
connesse risultanze procedimentali.
2.1 Con la prima doglianza, viene dedotto che l’amministrazione comunale poteva
emettere l’ordinanza in parola solo dopo aver provveduto al ripristino dello
stato originario dei luoghi, alterato dal potenziale inquinamento del sito, come
confermato dal sequestro giudiziario intervenuto medio tempore, nonché dai danni
arrecati alle strutture ed impianti in esso ubicati; d’altronde, anche alla luce
dell’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 22/1997, “il Comune non poteva derequisire
l’area “tout court”, ma avrebbe dovuto prima provvedere alla bonifica del
suolo”.
Viene richiamata, al riguardo, una perizia di parte, nella quale sono descritte
in maniera analitica le singole anomalie riscontrate nella gestione e
manutenzione del sito.
Gli argomenti non hanno pregio.
Il Collegio osserva, in adesione alla specifica eccezione della difesa comunale,
che in base alla normativa vigente la derequisizione trova il suo unico
presupposto di legittimità nella cessazione dello stato necessitante valorizzato
dalla precedente requisizione, non essendo condizionata dall’assolvimento
dell’obbligo di ripristino dello stato originario dei luoghi.
Invero, tale obbligo discende direttamente dalla legge in virtù della posizione
di custode assunta dall’autorità beneficiaria della requisizione e può dar
luogo, in caso di inosservanza, a distinta responsabilità contrattuale, ma
giammai può influire sulla legittimità del provvedimento di derequisizione, che
deve essere emanato senza indugio al cessare degli eventi necessitanti, per
consentire al privato inciso il riacquisto delle facoltà inerenti al diritto di
proprietà. Altrimenti, si assisterebbe al paradosso che l’amministrazione
potrebbe giovarsi del mancato assolvimento dell’obbligo di custodia dei beni
requisiti al fine di poter perpetuare sine die l’efficacia del provvedimento di
requisizione in uso, per sua natura connotato dai caratteri dell’eccezionalità e
della temporaneità.
In altri termini, la legge reputa sufficiente per la derequisizione il solo
venir meno della situazione di necessità, rilevando l’eventuale cattiva
manutenzione del bene requisito esclusivamente ai fini della concorrente
responsabilità dell’amministrazione per violazione dell’obbligo di custodia.
Infine, a termini dell’art. 17 cit., l’obbligo di bonifica accompagna il
responsabile dell’inquinamento anche quando questi non gode o si è spogliato
della disponibilità del sito, con la conseguenza che non si comprende perché, in
base a tale disposizione, la fase di bonifica avrebbe dovuto necessariamente
precedere, nel caso specifico, quella della derequisizione.
2.2 Con la seconda doglianza, i ricorrenti intendono ribadire l’illegittimità
della gravata ordinanza “per la parte in cui il Comune tende a trasferire ad
altri il possesso di un’area che egli stesso ha inquinato”, accollando a costoro
la responsabilità per l’effettuazione degli interventi di bonifica e ripristino
ambientale imposti dall’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997.
La censura non merita condivisione.
Si ripete che l’obbligo di bonifica prescinde dalla disponibilità dell’area
compromessa e si collega semplicemente alla condotta determinativa
dell’inquinamento o del pericolo di inquinamento: in altre parole, il
responsabile del degrado è sempre tenuto a ripristinare la precedente situazione
ambientale, indipendentemente dal rapporto giuridico sussistente in relazione al
bene contaminato.
Ne deriva che il Comune di San Giorgio a Cremano, laddove eventualmente
individuato come soggetto responsabile di attività inquinanti a danno
dell’immobile in questione, giammai potrebbe perdere tale qualità con il
semplice trasferimento della detenzione dell’immobile stesso in altre mani, che
nel caso specifico coincidono con quelle dei proprietari.
Né questi ultimi, una volta entrati nella disponibilità del bene, potrebbero
acquistare la posizione di coobbligati del responsabile dell’inquinamento.
Infatti, condivisibile giurisprudenza ha puntualizzato che l’obbligo di bonifica
grava sull’effettivo responsabile dell’inquinamento, mentre la mera qualifica di
proprietario o detentore del terreno inquinato non implica l’obbligo di
effettuazione della bonifica, e le autorità amministrative hanno il dovere di
ricercare ed individuare il responsabile dell’inquinamento, non potendo
costringere il titolare dell’area a porre in essere gli interventi necessari
(cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 settembre 2005 n. 4525; TAR Lombardia
Milano, Sez. IV, 2 aprile 2008 n. 791; TAR Campania Napoli, Sez. I, 12 dicembre
2005 n. 20141).
Tutt’al più il proprietario dell’area avrebbe l’onere di eseguire gli interventi
ambientali al fine di evitare l’espropriazione del terreno, gravato ex lege da
onere reale e privilegio speciale (cfr. TAR Piemonte, Sez. I, 21 novembre 2008
n. 2928; TAR Toscana, Sez. II, 30 maggio 2008 n. 1541).
Sotto altro angolo visuale, si osserva che l’eventuale coinvolgimento nelle
attività di recupero ambientale del proprietario del sito contaminato è
contemplato direttamente dalla legge e prescinde dal trasferimento della
disponibilità del bene, potendo verificarsi anche prima ed indipendentemente
dalla formale derequisizione di quest’ultimo.
3. In definitiva, resistendo gli atti impugnati al corredo delle censure
prospettate in gravame, la domanda di annullamento degli stessi deve essere
rigettata per infondatezza.
4. Analoga sorte subisce la connessa domanda risarcitoria, non essendosi
profilata l’ingiustizia dei danni asseritamente subiti.
Il Collegio rileva, inoltre, che si presenta comunque carente la prova sia dell’an
dei danni: se imputabili o meno a pregressa attività di soggetti diversi dal
Comune intimato per la parte strutturale del complesso immobiliare (cfr.
relazione tecnica in atti dell’ing. Umberto Perillo dell’ottobre 1999 con
allegata documentazione fotografica), e se effettivamente sussistenti per quanto
riguarda il lamentato inquinamento ambientale, dedotto nella perizia di parte
ricorrente solo in via presuntiva; sia del quantum: è stata omessa la
quantificazione complessiva dei danni, nemmeno accennata in via di massima.
Né tanto meno il Tribunale, per sopperire all’evidenziato difetto di prova,
potrebbe disporre la consulenza tecnica d’ufficio richiesta dai ricorrenti,
giacché quest’ultima non configura un autonomo mezzo di prova, bensì uno
strumento di valutazione di prove già ritualmente acquisite agli atti del
giudizio (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 6 aprile 2006 n. 1802; Consiglio di
Stato, Sez. V, 18 gennaio 2006 n. 11; Consiglio di Stato, Sez. IV, 15 febbraio
2005 n. 478).
5. In conclusione, ribadite le suesposte considerazioni, l’odierno ricorso deve
essere in toto respinto.
Sussistono nondimeno giusti motivi, in virtù della peculiarità della vicenda
contenziosa, per compensare integralmente tra le parti le spese e gli onorari di
giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione Prima, respinge il
ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nelle camere di consiglio dei giorni 7 ottobre e 18
novembre 2009 con l'intervento dei Magistrati:
Antonio Guida, Presidente
Fabio Donadono, Consigliere
Carlo Dell'Olio, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/04/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
AmbienteDiritto.it
- Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati -
Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it