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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. III - 25 ottobre 2010 n. 21436
DIRITTO URBANISTICO - Condono degli abusi edilizi - Formazione del silenzio
assenso - Presupposti - Mero decorso del termine - Insufficienza. Il termine
legale per la formazione del silenzio-assenso in materia di condono degli abusi
edilizi presuppone che la domanda sia stata corredata dalla prescritta
documentazione, non sia infedele, sia stata interamente pagata l'oblazione e,
altresì e soprattutto, che l'opera sia stata ultimata nel termine di legge e non
sia in contrasto con i vincoli di inedificabilità di cui all'art. 33, l. 28
febbraio 1985, n. 47 (Consiglio Stato , sez. IV, 22 luglio 2010 , n. 4823;
Consiglio Stato , sez. IV, 30 giugno 2010 , n. 4174 ). Il semplice decorso del
termine per provvedere costituisce, pertanto, solo uno degli elementi necessari,
ma di per se non sufficiente, per il perfezionamento della fattispecie (T.A.R.
Puglia Lecce, sez. III, 03 marzo 2010 , n. 676). Pres. Romano, Est. Pisano -
C.D.M. (avv. Sarno) c. Comune di Portici (avv. Coppola) - TAR CAMPANIA,
Napoli, Sez. III - 25 ottobre 2010, n. 21436
DIRITTO URBANISTICO - Abusi edilizi - Decorso del tempo - Provvedimento
sanzionatorio - Motivazione rafforzata. In materia edilizia, non può
ammettersi che il mero decorso del tempo legittimi la conservazione di una
situazione di fatto abusiva (T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 08 luglio 2009,
n.1450; T.A.R. Sicilia Palermo, sez. III, 20 ottobre 2009, n.1665; T.A.R. Emilia
Romagna Bologna, sez. II, 07 luglio 2009 , n. 1053), , ponendosi, al più,
esclusivamente il problema di una motivazione “rafforzata” in ordine
all’adozione del provvedimento sanzionatorio che indichi il pubblico interesse,
evidentemente diverso da quello al ripristino della legalità, idoneo a
giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato (T.A.R. Campania
Napoli, sez. III, 18 settembre 2008 , n. 10345). Pres. Romano, Est. Pisano -
C.D.M. (avv. Sarno) c. Comune di Portici (avv. Coppola) - TAR CAMPANIA,
Napoli, Sez. III - 25 ottobre 2010, n. 21436
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 21436/2010 REG.SEN.
N. 02825/2009 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2825 del 2009, proposto da:
Ciro De Mato, rappresentato e difeso dall'avv. Sabino Sarno, con domicilio
eletto presso Vincenzo Loreto in Napoli, via Giordano Bruno N.169;
contro
Comune di Portici, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv.
Irene Coppola, con domicilio eletto unitamente alla predetta presso la
Segreteria del T.A.R.;
per l'annullamento
dell'atto emesso dal Dirigente di Settore del Comune di Portici prot.n. 2516/UT
del 06.05.2009, con cui si rigetta l'istanza prot.n. 23328/1108/UT del
27/02/1995, a firma del ricorrente, intesa ad ottenere concessione edilizia in
sanatoria per le opere realizzate alla via S.Cristofaro n. 54 al piano terra, e
si ingiunge la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi; di ogni
altro atto presupposto, connesso o consequenziale, comunque lesivo dei diritti
del ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Portici;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2010 la dott.ssa Ines Simona
Immacolata Pisano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe è stato impugnato- deducendosene l’illegittimità
sotto vari profili- il provvedimento con cui il Comune di Portici ha dichiarato
inammissibile l’istanza di condono edilizio relativa alla realizzazione di un
balcone, con apertura di porta finestra, realizzate alla via S.Cristofaro n. 54.
L’amministrazione si è costituita per avversare il ricorso ed alla pubblica
udienza del 7.10.2010 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Col primo motivo di ricorso si censura violazione dell'art. 10 bis della legge 7
agosto 1990, n. 241, introdotto dall'art. 6 della legge 11 febbraio 2005, n. 15,
per il fatto che l'U.T.C. di Portici non ha comunicato al ricorrente, prima
dell'adozione del provvedimento impugnato, i motivi che ostavano
all'accoglimento dell'istanza di condono edilizio, presentata il 27/02/1995 (prot.23328/108/UT),
ben 15 anni prima dell’emanazione del provvedimento impugnato.
In particolare, solo all’esito della richiesta effettuata in data 30.03.2009
dalla Procura della Repubblica circa l’esito dell’istanza di condono presentata
in relazione agli abusi effettuati in via Cristofaro 54 il Dirigente dell'U.T.C.
di Portici ha sollecitato l’effettuazione della necessaria istruttoria,
concludendo per il diniego dell’istanza, in considerazione della la proposta del
Responsabile del procedimento prot.2375/UT del 30.04.2009, senza tuttavia
comunicare al ricorrente le motivazioni ostative.
La censura non merita di essere condivisa.
L'omissione della comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento
dell'istanza del privato infatti non rileva, ai sensi dell'art. 21 octies comma
2, prima parte, l. n. 241 del 1990, laddove il provvedimento, adottato in
violazione delle norme sul procedimento o sulla forma degli atti, non possa
avere un contenuto diverso da quello in concreto adottato.
Tale disposizione, ad avviso della giurisprudenza, deve trovare applicazione
anche nei casi in cui l'attività dell'Amministrazione, pur essendo astrattamente
connotata da discrezionalità amministrativa o tecnica, in concreto risulti
vincolata per effetto di un « auto-vincolo » imposto dal'Amministrazione stessa
(T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 27 maggio 2009 , n. 2951).
Orbene, nel caso in esame il provvedimento emanato non poteva avere un contenuto
diverso da quello emanato, trattandosi di abuso commesso in zona vincolata
ancora in corso di realizzazione alla data del 31.12.1993 (v.sopralluogo
effettuato dalla Polizia Municipale in data 30.09.1994, in cui le opere non
risultavano ancora ultimate) e, oltretutto, oggetto di sentenza penale del
Tribunale di Napoli del 29.05.1996, passata in giudicato, in cui si è disposta
la demolizione di dette opere. Infondata è altresì la seconda censura, con cui
si deduce il difetto di motivazione del provvedimento impugnato: difatti, la
dichiarazione di inammissibilità del condono non è basata (soltanto)
sull’esistenza della suindicata sentenza penale – che ad avviso del ricorrente
non costituirebbe motivazione valida a fondare l’atto impugnato- ma sulla
circostanza dirimente che l’abuso realizzato non è comunque sanabile, in quanto
non ultimato entro la data del 31.12.1993 e realizzato in area vincolata.
Né può ritenersi che, nel caso in esame, il condono si sia perfezionato per
silenzio-assenso: ed invero, il termine legale per la formazione del
silenzio-assenso in materia di condono degli abusi edilizi presuppone che la
domanda sia stata corredata dalla prescritta documentazione, non sia infedele,
sia stata interamente pagata l'oblazione e, altresì e soprattutto, che l'opera
sia stata ultimata nel termine di legge e non sia in contrasto con i vincoli di
inedificabilità di cui all'art. 33, l. 28 febbraio 1985, n. 47 (Consiglio Stato
, sez. IV, 22 luglio 2010 , n. 4823; Consiglio Stato , sez. IV, 30 giugno 2010 ,
n. 4174 ). Il semplice decorso del termine per provvedere costituisce, pertanto,
solo uno degli elementi necessari, ma di per se non sufficiente, per il
perfezionamento della fattispecie (T.A.R. Puglia Lecce, sez. III, 03 marzo 2010
, n. 676).
Nel caso in esame, peraltro, trattandosi di vincolo realizzato in area
vincolata, il condono presupponeva il parere favorevole dell’autorità preposta
alla tutela del vincolo, richiesto (e non rilasciato) soltanto nel mese di
maggio 2006.
Deve, pertanto, ritenersi infondata anche la terza censura, analogamente alla
quarta, con cui si deduce che in relazione al lungo tempo decorso dalla data
della presentazione dell’istanza di condono il ricorrente vanterebbe un
affidamento al mantenimento dell’opera abusiva.
Il Collegio, infatti, condivide l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, in
materia edilizia, non può ammettersi che il mero decorso del tempo legittimi la
conservazione di una situazione di fatto abusiva (T.A.R. Lombardia Brescia, sez.
I, 08 luglio 2009, n.1450; T.A.R. Sicilia Palermo, sez. III, 20 ottobre 2009,
n.1665; T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. II, 07 luglio 2009 , n. 1053), ,
ponendosi, al più, esclusivamente il problema di una motivazione “rafforzata” in
ordine all’adozione del provvedimento sanzionatorio che indichi il pubblico
interesse, evidentemente diverso da quello al ripristino della legalità, idoneo
a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato (T.A.R. Campania
Napoli, sez. III, 18 settembre 2008 , n. 10345). Nel caso in questione,
tuttavia, l’onere di motivazione deve ritenersi assolto “in re ipsa”,
trattandosi, come già visto, di atto rispondente all’esigenza di tutelare non il
“mero ripristino della legalità”, bensì il valore sostanziale del rispetto del
territorio presupposti all’apposizione del vincolo.
Infine, è infondata, per mancanza di prova, anche la censura con cui il
ricorrente contesta la violazione della legge n.32 della legge n.47/85 in quanto
l’abuso di cui trattasi, di modestissime dimensioni, in realtà sarebbe ultimato
alla data del 31.12.1993.
Infatti, il verbale redatto e sottoscritto da agenti della Polizia comunale a
seguito di sopralluogo, attestante l'esistenza di manufatti abusivamente
realizzati su terreno di proprietà privata, costituisce atto pubblico,
fidefaciente fino a querela di falso ai sensi dell'art. 2700 c.c. delle
circostanze di fatto in esso acclarate (T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 02 marzo
2009 , n. 618), nè del resto il ricorrente ha allegato circostanze di fatto,
oltre che di diritto, tali da contrastare le risultanze dello stesso.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza)
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – sede di Napoli,
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
lo rigetta.
Condanna il ricorrente alle spese di lite, che si liquidano in euro 1000,00;
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 7 ottobre 2010 con
l'intervento dei magistrati:
Saverio Romano, Presidente
Paolo Carpentieri, Consigliere
Ines Simona Immacolata Pisano, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/10/2010
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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