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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. VI - 2 dicembre 2010 n. 26573
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Procedimento amministrativo - Accesso - Consiglieri
comunali - Art. 43, c. 2 d.lgs. n. 267/2000 - Ratio ed estensione - Differenza
rispetto al diritto di accesso ex artt. 10 del d. l.vo n. 267/2000 e 22 e ss. L.
n. 241/1990 - Onere di motivare la richiesta di accesso - Esclusione -
Consiglieri di minoranza. Ai sensi dell’art. 43, c. 2 del d.lgs. n.
267/2000, i consiglieri comunali hanno un non condizionato diritto di accesso a
tutti gli atti che possano essere d’utilità all'espletamento del loro mandato,
ciò anche al fine di permettere di valutare -con piena cognizione- la
correttezza e l'efficacia dell'operato dell'Amministrazione, nonché per
esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio, e per
promuovere le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo
elettorale locale. Il diritto di accesso loro riconosciuto ha infatti una ratio
diversa da quella che contraddistingue il diritto di accesso ai documenti
amministrativi ex articolo 10 del d. l.vo 18 agosto 2000, n. 267 ovvero ex art.
22 e ss. della legge 7 agosto 1990, n. 241: infatti, mentre in linea generale il
diritto di accesso è finalizzato a permettere ai singoli soggetti di conoscere
atti e documenti per la tutela delle proprie posizioni soggettive eventualmente
lese, quello riconosciuto ai consiglieri comunali è strettamente funzionale
all'esercizio del proprio mandato (Cons. Stato, n. 4855/2006) ai fini della
tutela degli interessi pubblici e si configura come peculiare espressione del
principio democratico dell'autonomia locale e della rappresentanza esponenziale
della collettività (Cons. Stato, n. 976/1994). Di conseguenza sul consigliere
comunale non può gravare alcun particolare onere di motivare le proprie
richieste di accesso, atteso che diversamente opinando sarebbe introdotta una
sorta di controllo dell’ente, attraverso i propri uffici, sull’esercizio del
mandato del consigliere comunale; dal termine "utili", contenuto nell’articolo
43 del d.l.vo 18 agosto 2000, n. 267, non può conseguire alcuna limitazione al
diritto di accesso dei consiglieri comunali, detto aggettivo garantendo in
realtà l’estensione di tale diritto di accesso a qualsiasi atto ravvisato utile
per l’esercizio del mandato”. Tali conclusioni vieppiù si appalesano stringenti
ove ad azionare l’istituto siano consiglieri di minoranza, cui i principi
fondanti delle democrazie e la legge (cfr., ad esempio, l’art. 44 del medesimo
Testo unico sugli Enti locali) attribuiscono compiti di controllo dell’operato
della maggioranza e, quindi, dell’esecutivo, qui inteso nella sua più larga
accezione di apparato politico ed apparato amministrativo, se pur, si intende,
da esplicarsi nel rispetto della legge, ovvero senza indebite incursioni in
ambiti riservati all’apparato amministrativo dalla legge stessa e senza porre in
essere atti e/o comportamenti qualificabili come abuso del diritto. Pres. Conti,
Est. Monaciliuni - G.B. e altro (avv.ti Della Corte e Della Corte) c. Comune di
Villa di Briano (avv. D’Angiolella) -
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. VI - 2 dicembre 2010, n. 26573
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Procedimento amministrativo - Accesso - Consiglieri
comunali - Natura riservata degli atti cui è richiesto l’accesso - Limitazione
all’accesso - Esclusione - Utilizzi impropri delle informazioni ottenute -
Illecito penale. Il diritto del consigliere comunale ad ottenere dall'ente
tutte le informazioni utili all'espletamento del mandato non incontra neppure
alcuna limitazione derivante dalla loro eventuale natura riservata, in quanto il
consigliere è vincolato al segreto d'ufficio (Cons. Stato, sez. V, 4 maggio
2004, n. 2716). Esclusa, quindi, la possibilità di diniego in ragione della
natura dei dati, l’accesso dovrà essere negato solo ove sia la legge a
precluderlo expressis verbis. Ciò nella precisazione che utilizzi impropri,
ovvero per finalità estranee a quelle per le quali si è potuto accedere ai dati
riservati, manipolazioni et similia costituiscono illecito penale ex art. 167
del d. l.vo 30 giugno 2003, n. 196, ed ai sensi delle diverse previsioni
inserite direttamente nel codice penale per sanzionare i c.d. computer's crimes
dalla l. 23 dicembre 1993, n. 547 recante “Modificazioni ed integrazioni alle
norme del codice penale e del codice di procedura penale in tema di criminalità
informatica”. Pres. Conti, Est. Monaciliuni - G.B. e altro (avv.ti Della Corte e
Della Corte) c. Comune di Villa di Briano (avv. D’Angiolella) -
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. VI - 2 dicembre 2010, n. 26573
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - RIFIUTI - Ruoli TARSU/TIA - Sottrazione all’accesso -
Inconfigurabilità - Natura di dati sensibili - Esclusione. I ruoli Tarsu/Tia
ed Ici non rientrano fra i documenti sottratti all’accesso dall’art. 24 della
legge sul procedimento, non costituendo essi documentazione interna ai singoli
procedimenti tributari (attività di accertamento) “per i quali restano ferme le
particolari norme che li regolano” (lettera b dell’art. 24). Né è a dirsi che
costituiscano dati sensibili, ancorchè anche tale qualificazione non ne
precluderebbe di per sé, sempre e comunque, l’accesso. Pres. Conti, Est.
Monaciliuni - G.B. e altro (avv.ti Della Corte e Della Corte) c. Comune di Villa
di Briano (avv. D’Angiolella)
- TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. VI - 2 dicembre 2010, n. 26573
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Procedimento amministrativo - Accesso - Rilascio di
documenti su supporto informatico a consiglieri comunali - Legittimità. In
presenza di dati non sensibili e, in una, dell’obbligo di riservatezza che
astringe i consiglieri comunali, non vi sono preclusioni al rilascio dei
documenti (nella specie: ruoli TARSU/TIA e ICI) su supporto magnetico, a mezzo
di modalità atte ad offrire adeguate garanzie di un loro corretto utilizzo,
sempre che, tuttavia, essi consiglieri -nel rispetto delle regole che presiedono
l’istituto dell’accesso- forniscano adeguata giustificazione delle ragioni a
sostegno dell’interesse tutelabile anche in ordine alla modalità prescelta: se
supporto informatico o cartaceo. Pres. Conti, Est. Monaciliuni - G.B. e altro
(avv.ti Della Corte e Della Corte) c. Comune di Villa di Briano (avv. D’Angiolella)
-
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. VI - 2 dicembre 2010, n. 26573
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 26573/2010 REG.SEN.
N. 05430/2010 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Ottava)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5430 del 2010, proposto da:
Giordano Bruno e Cantile Marcello, entrambi nella qualità di consiglieri
comunali del Comune di Villa di Briano (Ce), rappresentati e difesi, per mandati
a margine dell’atto introduttivo del giudizio, dagli avv.ti Francesco Della
Corte e Domenico Della Corte, con studio in detto Comune e pertanto, ex art. 25,
comma 1, cod. proc. amm., da intendersi, per gli atti e gli effetti del presente
ricorso, presso la segreteria di questo Tribunale, in Napoli, Piazza Municipio,
ancorchè richiesto che le comunicazioni relative al giudizio “siano effettuate
al fax 081/5043217 e/o all’indirizzo di posta elettronica: della
corte.domenico@alice.it”
contro
Comune di Villa di Briano (Ce), in persona del Sindaco e del Segretario p.t.,
rappresentati e difesi (l’amministrazione) dall’avv. Luigi Maria D’Angiolella,
con domicilio eletto in Napoli, viale Gramsci, n. 16
per l'annullamento
- del diniego opposto, con atti del 12 agosto 2010 e del 1^ settembre
successivo, alla richiesta di accesso da essi proposta con atto acquisito al
protocollo del Comune in data 23 luglio 2010, prot. n. 5789;
- di ogni altro atto e provvedimento preordinato, collegato, connesso e
conseguente;
nonché, per la dichiarazione del diritto dei ricorrenti all’accesso richiesto e
per l’emanazione del conseguente ordine nei confronti dell’amministrazione;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Villa di Briano e
l’allegata produzione;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2010 il dott.
Arcangelo Monaciliuni e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1- A mezzo del gravame in epigrafe, notificato il 24 settembre 2010 e depositato
il 12 ottobre successivo, i sig.ri Giordano Bruno e Cantile Marcello, entrambi
consiglieri comunali di minoranza del gruppo consiliare “Democrazia e Libertà”
del Comune di Villa di Briano (Ce), si dolgono degli atti sopraemarginati con i
quali il responsabile del servizio finanziario del Comune medesimo (con l’atto
dell’agosto 2010, indirizzato al segretario comunale e p.c. al Sindaco) ed il
segretario comunale (con il successivo atto del 1^ settembre 2010, che trasmette
ai richiedenti consiglieri l’atto dell’agosto, facendone implicitamente propri i
contenuti) hanno opposto un rifiuto alla loro richiesta di accedere a: “Copia
ruoli Tarsu/Tia anni 2007, 2008 e 2009; Copia ruoli ICI anni 2007, 2008 e 2009,
da rilasciarsi su supporto informatico al fine di rendere semplice ed agevole il
compito dell’ufficio”; istanza recante la specificazione che “detti documenti
venivano richiesti al fine di poter espletare al meglio le funzioni di
consiglieri comunali” e che “la richiesta è finalizzata solo al concreto
esercizio delle proprie funzioni e che in virtù delle funzioni che esplicano
sono tenuti alla riservatezza”.
L’atto che qui oggi è impugnato, dopo aver richiamato precedenti richieste
avanzate sempre dagli odierni ricorrenti, assume che i consiglieri comunali
possono prendere solo “visione presso l’ufficio degli elenchi dei contribuenti
iscritti a ruolo depurati dai dati sensibili soggetti a privacy per legge”,
senza peraltro chiarire quali avrebbero ad essere le depurazioni ad apportarsi.
1a- Nella prospettazione attorea invece la richiesta di rilascio degli elenchi,
in quanto formulata ex art. 43, comma 2, del d. l.vo 267 del 2000 e tesa
“all’espletamento dei fini generali connessi allo svolgimento del mandato,
nonché al controllo della macchina burocratica per il perseguimento dei fini
della collettività civica”, non poteva (e non potrebbe) essere disattesa, né
essere limitata in asserita presenza di dati sensibili “in quanto essi
consiglieri per la funzione ricoperta sono vincolati dal segreto”.
2- Il Comune di Villa di Briano si è costituito in giudizio per resistere alla
pretesa ed ha versato documentazione ed apposita memoria di replica agli assunti
attorei, previamente eccependo l’inammissibilità del ricorso sul presupposto
dell’asserita reiterazione della stessa istanza già in passato disattesa, ovvero
di impugnativa di un atto meramente confermativo dei precedenti in termini,
rimasti inoppugnati.
Quanto al merito, in memoria si specificano i contenuti della nota impugnata,
contestandosi in particolare la modalità del rilascio richiesto: su supporto
informatico (CD) che, rispetto al dato cartaceo, si presterebbe “a più facili
manipolazioni” e ad una più agevole divulgazione di dati e notizie
particolarmente delicate e “sensibili” (virgolettato in memoria) e sostenendosi
che non si è inteso negare l’accesso, ma soltanto individuarne le modalità più
confacenti per non aggravare inutilmente il lavoro degli uffici, all’uopo
richiamando anche la pronuncia di questo Tribunale, sezione quinta, n. 8436 del
19 maggio 2005 che “ha ritenuto legittimo il comportamento dell’ente che ha
disciplinato … le modalità cronologiche dell’esercizio del diritto di accesso”
(anche qui virgolettato in memoria).
3- Procedendo, va in primo luogo negato ingresso alla descritta eccezione.
Ed invero “è ammissibile reiterare l'istanza di accesso e pretendere riscontro
alla stessa in presenza di fatti nuovi, sopravvenuti o meno, non rappresentati
nell'originaria istanza o anche a fronte di una diversa prospettazione
dell'interesse giuridicamente rilevante, cioè della posizione legittimante
all'accesso: in tal caso, l'originario diniego, da intendere sempre rebus sic
stantibus, ancorché non ritualmente impugnato, non spiegherà alcun rilievo nella
successiva vicenda procedimentale e processuale” (Cons. Stato a. plen., 20
aprile 2006, n. 7, cui si è uniformata la giurisprudenza successiva fra cui, ex
multis, fra le ultime: Cons. Stato, sez. V, 2 febbraio 2010, n. 442; Tar
Sicilia, Catania, sezione seconda, 9 settembre 2010, n. 3635; Tar Lazio, Roma,
sezione terza, 2 marzo 2010, n. 3250).
Al riguardo è il caso di precisare che il principio è stato fissato
dall’adunanza plenaria chiamata a (ri)occuparsi della vexata quaestio della
natura giuridica del diritto di accesso, in relazione alla sua consistenza se di
diritto soggettivo o di interesse legittimo con le conseguenti refluenze, ovvero
nella sede in cui si è ritenuto “non utile” prender posizione sul punto per
soffermarsi invece sul carattere strumentale delle posizioni “caratterizzate per
il fatto di offrire poteri di natura procedimentali volti in senso strumentale
alla tutela di un interesse giuridicamente rilevante (diritti o interessi)” che
si riflette sulla relativa azione al fine di assicurare al tempo stesso,“ con un
giudizio a struttura impugnatoria”, la tutela dell’interesse e la certezza dei
rapporti amministrativi e delle posizioni giuridiche dei terzi controinteressati.
Ciò per significare che la genesi ed i contenuti del principio giurisprudenziale
impongono di valutare eccezioni aventi la descritta natura senza “formalismi
eccessivi”, ovvero secondo un parametro di "ragionevole proporzionalità" tra
mezzi impiegati e fini perseguiti (cfr., per il principio, se pur nelle diverse
condizioni ivi date, CEDU Corte europea dir. uomo, sez. I, 11 marzo 2009).
3a- Opzione ermeneutica che tanto più si impone nella fattispecie all’esame ove
l’attualità dell’interesse non è consumata, ma può dirsi dispiegarsi de die in
diem in costanza dell’espletamento del mandato avuto conferito dai cittadini.
3b- Orbene, facendo applicazione dei cennati principi, se pur vero che i
ricorrenti consiglieri hanno reiterato un istanza di accesso già avanzata il 21
gennaio ed il 10 maggio 2010, ancora vero che quella ultima rigettata, prodotta
il 23 luglio 2010, di cui qui oggi si tratta, per un verso è più contenuta
rispetto alle precedenti (richiedendo solo gli elenchi sopra indicati e non più
quelli delle liste elettorali e quelli di tutte le entrate a carattere
tributario) e per altro verso rende -a confutazione dei rilievi formulati in
precedenza- le precisazioni sopra riportate sulla natura dell’interesse fatto
valere e sull’obbligo del segreto che astringe essi consiglieri.
Il che è del tutto sufficiente a dar conto della preannunciata decisione del
Collegio di (dover) ritenere ammissibile il gravame, ritualmente proposto
avverso detta ultima istanza.
4- Prima di procedersi con l’esame del merito, sussistendone la necessità per
come già sopra emerge avuto conto delle specificazioni formulate in memoria
dall’amministrazione, deve farsi luogo a delle precisazioni in ordine all’ambito
di potestas che la legge riserva a questo giudice.
E’ noto che l’azione avverso il diniego dell’accesso, già regolata dall’art. 25
della legge n. 241 del 1990 ed oggi anche dall’art. 116 cod. proc. amm., pur
avendo, come già ricordato innanzi, natura impugnatoria quanto al modo e ai
termini di proposizione, quanto alla cognizione rimessa al giudice assume natura
di accertamento e di condanna stante la prevista pronuncia, in caso di
accoglimento del ricorso, di emanazione dell’ordine di esibizione dei documenti
richiesti.
Ciò comporta che, nel giudizio in materia di accesso agli atti amministrativi,
specificazioni e/o integrazioni della motivazione del diniego da parte
dell’amministrazione devono ritenersi senz’altro consentite poiché l’azione è
rivolta ad accertare l’esistenza del diritto alla luce dei parametri normativi,
indipendentemente dalla maggiore o minore correttezza delle ragioni addotte per
giustificarne il diniego (Cons. Stato, sezione quinta, 11 maggio 2004 n. 2966 e,
omisso medio, Tar Puglia, Bari, sezione prima, sentenza 4 novembre 2010, n.
3859), e comporta, in conseguenza, che la potestas iudicandi spazierà sulle
questioni concrete emerse dalla dialettica processuale, così rendendo effettivo
il comando della legge che, come pure già ricordato, affida al giudice il potere
di “ordinare l’esibizione dei documenti…….. dettando, ove occorra, le relative
modalità” (art. 116, comma 4, cod. proc. amm.).
5- Tanto premesso, può proseguirsi evidenziando come la materia del contendere
si collochi su più livelli rispondenti alle seguenti questioni che il Collegio è
chiamato a definire:
5a- se consiglieri comunali, per di più di minoranza, abbiano o meno una
posizione qualificata per accedere agli atti formati dall’amministrazione attiva
del proprio Comune e se l’accesso sia o meno condizionato e abbisognevole di
particolari giustificazioni per la sua ammissibilità;
5b- se la natura e la qualificazione di siffatti soggetti richiedenti possa
consentire l’accesso ad atti aventi natura riservata e, in definitiva, quali
limiti debbano ritenersi sussistenti ad esso accesso;
5c- se, in forza di legge, debba ritenersi precluso l’accesso ai ruoli Tarsu/Tia
e di quelli ICI a consiglieri comunali e se, sempre in forza di legge, ne sia
imposto il rilascio attraverso modalità predefinite con esclusione, nel caso,
dell’utilizzo del supporto informatico.
6- La prima questione è di agevole soluzione trovando immediata positiva
risposta nella legge e nella interpretazione operatane dalla giurisprudenza.
L’art. 43, comma 2, del d.l.vo 18/08/2000 n. 267 recita: “I consiglieri comunali
e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del
comune e della provincia, nonchè dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le
notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio
mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla
legge”.
Recente e condivisa pronuncia del Consiglio di Stato (sezione quinta, 17
settembre 2010, n. 6963) ha avuto modo di ribadire come “i consiglieri comunali
hanno un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere
d’utilità all'espletamento del loro mandato, ciò anche al fine di permettere di
valutare -con piena cognizione- la correttezza e l'efficacia dell'operato
dell'Amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni
di competenza del Consiglio, e per promuovere, anche nell'ambito del Consiglio
stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo
elettorale locale.
Il diritto di accesso loro riconosciuto ha infatti una ratio diversa da quella
che contraddistingue il diritto di accesso ai documenti amministrativi
riconosciuto alla generalità dei cittadini (ex articolo 10 del d. l.vo 18 agosto
2000, n. 267) ovvero a chiunque sia portatore di un "interesse diretto, concreto
e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata
al documento al quale è chiesto l'accesso" (ex art. 22 e ss. della legge 7
agosto 1990, n. 241): infatti, mentre in linea generale il diritto di accesso è
finalizzato a permettere ai singoli soggetti di conoscere atti e documenti per
la tutela delle proprie posizioni soggettive eventualmente lese, quello
riconosciuto ai consiglieri comunali è strettamente funzionale all'esercizio del
proprio mandato, alla verifica e al controllo del comportamento degli organi
istituzionali decisionali dell'ente locale (Cons. Stato, sezione quarta, 21
agosto 2006, n. 4855) ai fini della tutela degli interessi pubblici (piuttosto
che di quelli privati e personali) e si configura come peculiare espressione del
principio democratico dell'autonomia locale e della rappresentanza esponenziale
della collettività (Cons. Stato, sezione quinta, 8 settembre 1994, n. 976).
Di conseguenza sul consigliere comunale non può gravare alcun particolare onere
di motivare le proprie richieste di accesso, atteso che diversamente opinando
sarebbe introdotta una sorta di controllo dell’ente, attraverso i propri uffici,
sull’esercizio del mandato del consigliere comunale; dal termine "utili",
contenuto nell’articolo 43 del d.l.vo 18 agosto 2000, n. 267, non può conseguire
alcuna limitazione al diritto di accesso dei consiglieri comunali, detto
aggettivo garantendo in realtà l’estensione di tale diritto di accesso a
qualsiasi atto ravvisato utile per l’esercizio del mandato”.
Le riportate conclusioni del supremo consesso della giustizia amministrativa
vieppiù si appalesano stringenti ove ad azionare l’istituto siano consiglieri di
minoranza, cui i principi fondanti delle democrazie e la legge (cfr., ad
esempio, l’art. 44 del medesimo Testo unico sugli Enti locali) attribuiscono
compiti di controllo dell’operato della maggioranza e, quindi, dell’esecutivo,
qui inteso nella sua più larga accezione di apparato politico ed apparato
amministrativo, se pur, si intende, da esplicarsi nel rispetto della legge,
ovvero senza indebite incursioni in ambiti riservati all’apparato amministrativo
dalla legge stessa e senza porre in essere atti e/o comportamenti qualificabili
come abuso del diritto.
7- Ancora agevole è fornire risposta alla seconda questione, all’uopo
richiamando ancora le conclusioni di Cons. Stato n. 6963/2010 secondo cui:
“..Deve anche aggiungersi che il diritto del consigliere comunale ad ottenere
dall'ente tutte le informazioni utili all'espletamento del mandato non incontra
neppure alcuna limitazione derivante dalla loro eventuale natura riservata, in
quanto il consigliere è vincolato al segreto d'ufficio” (Cons. Stato, sez. V, 4
maggio 2004, n. 2716)”.
Esclusa, quindi, la possibilità di diniego in ragione della natura dei dati,
l’accesso potrà (recte: dovrà) essere negato solo ove sia la legge a precluderlo
expressis verbis. Ciò nella precisazione che utilizzi impropri, ovvero per
finalità estranee a quelle per le quali si è potuto accedere ai dati riservati
di cui qui nello specifico trattasi, manipolazioni et similia costituiscono
illecito penale ex art. 167 del codice in materia di protezione dei dati
personali, di cui al d. l.vo 30 giugno 2003, n. 196, ed ai sensi delle diverse
previsioni inserite direttamente nel codice penale per sanzionare i c.d.
computer's crimes dalla l. 23 dicembre 1993, n. 547 recante “Modificazioni ed
integrazioni alle norme del codice penale e del codice di procedura penale in
tema di criminalità informatica”.
8- Quanto alla terza questione, alla stregua di quanto fin qui argomentato e
concluso e di quanto si dirà di seguito, può affermarsi che:
- i consiglieri comunali hanno titolo all’accesso ai richiesti ruoli Tarsu/Tia
ed Ici;
- non vi sono preclusioni di legge al rilascio, ad essi consiglieri, degli
elenchi su supporto informatico e, nel contempo, non vi è un obbligo di rilascio
degli stessi con tale modalità, in luogo del cartaceo, ove non ne venga
adeguatamente giustificata la ragione da parte richiedente.
All’uopo osserva in primo luogo il Collegio che alcun dubbio sussiste sulla
riconducibilità, ai fini dell’accesso, dei richiesti ruoli Tarsu/Tia ed Ici su
supporto informatico alla nozione di documento amministrativo.
Ed invero, proprio la generalizzata diffusione degli strumenti informatici
presso i soggetti pubblici e privati ha condotto il legislatore dell’attuale
testo dell'art. 22 della l. 241 del 1990 a definire “documento amministrativo”,
in termini sostanzialmente consonanti rispetto a quanto a sua volta disposto
dall'art. 1 del Testo unico approvato con d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, "ogni
rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque
altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno
specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti
attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o
privatistica della loro disciplina sostanziale". Ed ha condotto, ancor prima
della sopravvenienza del Codice dell’amministrazione digitale, di cui di
seguito, già il legislatore penale ad utilizzare espressamente la locuzione di
“documento informatico” (cfr. in primis, l’art. 491 bis - Documenti informatici,
introdotto dalla già menzionata legge n. 547/1993).
Del resto, l’intera produzione normativa è stata ed è tuttora tesa ad equiparare
(recte: a privilegiare) la formazione della documentazione amministrativa (e non
solo) in via informatica rispetto alla tradizionale cartacea.
E’ ben noto, infatti, che reiterati interventi legislativi hanno consolidato
nell’ordinamento un compiuto “sistema” di disposizioni finalizzate al diffuso
utilizzo dell'informatica al fine di assicurare un più efficace esercizio delle
molteplici attività di competenza delle pubbliche amministrazioni.
Attraverso un percorso che può dirsi iniziato con il d.l.vo 12 febbraio 1993 n.
39 -seguito, fra la restante produzione, dall'art. 176 del d.l.vo 30 giugno 2003
n. 196 e dal d.l.vo 5 dicembre 2003 n. 343- si è pervenuti al d.l.vo 7 marzo
2005 n. 82, recante il cennato Codice dell'amministrazione digitale, cui ha
fatto ancora seguito una serie di interventi regolamentari tesi a conseguire
l’obiettivo di una piena “informatizzazione” dell’amministrazione e dei suoi
rapporti interni ed esterni.
Per quanto qui più rileva, merita di far cenno all'art. 1, lett. p) del Codice
che definisce documento informatico: la rappresentazione informatica di atti,
fatti o dati giuridicamente rilevanti, all’art. 9 (Partecipazione democratica
elettronica) ai cui sensi “Lo Stato favorisce ogni forma di uso delle nuove
tecnologie per promuovere una maggiore partecipazione dei cittadini, anche
residenti all'estero, al processo democratico e per facilitare l'esercizio dei
diritti politici e civili sia individuali che collettivi” ed all’intera III
Sezione che si occupa della organizzazione delle pubbliche amministrazioni.
8a- E merita ancora di essere ricordato che sia la produzione legislativa
precedente l’introduzione nell’ordinamento del Codice che quest’ultimo si sono
fatti carico delle modalità di formazione dei documenti informatici originali e
delle copie prevedendo, anche a mezzo di normativa attuativa di dettaglio, la
possibilità della validazione del supporto informatico rispetto all'originale
informatico o cartaceo ed ancora la possibilità di ricorrere ad una serie di
accorgimenti di tutela fra i quali, fra altri, la riproduzione su CD-rom in
formato PDF, non modificabile.
8b- Né, infine, alcun dubbio può sussistere riguardo al fatto che anche i Comuni
sono tenuti a privilegiare metodi informatici, stante anche l’espresso disposto
dall’art. 12 del Testo unico sugli enti locali, approvato con il d.l.vo 267 del
2000, e segnatamente dal suo art. 12 (Sistemi informativi e statistici) ai cui
sensi: “Gli enti locali esercitano i compiti conoscitivi e informativi
concernenti le loro funzioni in modo da assicurare, anche tramite sistemi
informativo-statistici automatizzati, la circolazione delle conoscenze e delle
informazioni fra le amministrazioni, per consentirne, quando prevista, la
fruizione su tutto il territorio nazionale” (comma 1).
9- Per definire compiutamente la terza questione sopra individuata occorre a
questo punto verificare se esistano o meno preclusioni di legge al pieno accesso
alla documentazione di che trattasi.
9a- Orbene, i ruoli richiesti non rientrano fra i documenti sottratti
all’accesso dall’art. 24 della legge sul procedimento, non costituendo essi
documentazione interna ai singoli procedimenti tributari (attività di
accertamento) “per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano”
(lettera b dell’art. 24).
9b- Né è a dirsi che costituiscano dati sensibili, ancorchè, è il caso di
precisare, anche tale qualificazione non ne precluderebbe di per sé, sempre e
comunque, l’accesso.
L’art. 4 del d. l.vo 30 giugno 2003, n. 196, recante il Codice in materia di
protezione dei dai personali, reca le seguenti definizioni:
b) “dato personale”, qualunque informazione relativa a persona fisica, persona
giuridica, ente od associazione, identificati o identificabili, anche
indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi
compreso un numero di identificazione personale;
c) “dati identificativi”, i dati personali che permettono l'identificazione
diretta dell'interessato;
d) “dati sensibili”, i dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed
etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni
politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a
carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali
idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.
9c- Come visivamente (reso) palese, i ruoli di cui si discute vanno fatti
rientrare nell’ambito dei dati personali e non invece di quelli sensibili,
potendo rientrare in tale ultima categoria (o anche in quella di specie di dati
supersensibili ex art. 60 del Codice) anche dati relativi a circostanze
personali o familiari, ma sempre che le stesse abbiano a poter essere comunque
ricondotte, se pur indirettamente, nell’ambito dei dati sensibili o
supersensibili (vedi, ad esempio, deleghe per iscrizioni ad associazioni
sindacali, esistenza di particolari ritenute assistenziali).
E del resto, per tagliar corto, avuto conto che il d.P.R. n. 507 del 1993 ed
d.l.vo 30-12-1992, n. 504 (recanti la disciplina del tributo Tarsu/Tia e
dell’imposta ICI) non recano previsioni specifiche su elenchi, pubblicità,
accesso, et similia, può ricordarsi che il d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600
recante “Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui
redditi”, cui in pacifica evidenza può quindi riferircisi, al suo art. 69
prevede la pubblicazione per un anno, sia presso l’ufficio delle imposte che
presso i Comuni, degli elenchi nominativi dei contribuenti, persone fisiche ed
esercenti imprese commerciali, arti e professioni, con specificazioni “se gli
accertamenti siano definitivi o in contestazione” e così via.
E, soprattutto, dispone che “nel predetto periodo e' ammessa la visione e
l'estrazione di copia degli elenchi nei modi e con i limiti stabiliti dalla
disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi di cui agli
articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive
modificazioni, dalla relativa normativa di attuazione, nonche' da specifiche
disposizioni di legge” (comma 6).
Previsione, quest’ultima recata dal comma 6, significativamente inserita con
d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito in l. 6 agosto 2008, n. 133 all’indomani
del provvedimento del Garante della Privacy del 6 maggio 2008, preceduto da
quello interinale dello stesso Garante del 30 aprile 2008, intervenuto -a
seguito della diffusione degli elenchi dei contribuenti sul sito Internet
dell’Agenzia delle Entrate e del convulso dibattito insorto fra chi in detta
modalità di diffusione vedeva riecheggiare precedenti storici da “colonna
infame” e chi ne sosteneva la legittimità in nome della trasparenza e della
funzione di prevenzione generale che veniva in tal modo assicurata- per sancire
l’illegittimità di tale modalità di diffusione “in assenza di normativa che
facultasse l’estrazione di copie da parte di chiunque”.
Ne consegue che, ferma la necessitata sussistenza dei presupposti necessari per
l’accesso, alcun ostacolo può esser frapposto al rilascio degli elenchi dei
contribuenti (e, quindi, degli elenchi di cui qui si sta trattando), avuto al
riguardo anche conto che giurisprudenza amministrativa risalente (Tar Lombardia,
9 gennaio 1981, n. 1), ancor prima delle modifica normativa, aveva concluso nel
senso che “L'art. 69 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, che prevede il deposito
degli elenchi dei contribuenti al fine di consentirne a chiunque la
consultazione, non preclude altre forme di pubblicità idonee a perseguire lo
scopo di pubblica utilità di una corretta informazione dei cittadini,
conformemente ad una delle finalità della riforma del settore, che si
prefiggeva, tra l'altro, una maggiore trasparenza del rapporto tributario
attraverso controlli svolti anche mediante più ampie forme partecipative”.
(Nella fattispecie, il comune aveva deliberato di far stampare opuscoli
contenenti l'elenco delle denunce dei redditi dei cittadini).
10- Acclarato quindi il diritto ad accedere ai ripetuti ruoli, quanto alle
relative modalità risulta a questo punto agevole concludere che, in presenza di
dati non sensibili e, in una, dell’obbligo di riservatezza che astringe i
consiglieri comunali, non vi sono preclusioni al rilascio (che non significa
evidentemente accesso direttoal sistema informativo, non richiesto e che avrebbe
fatto emergere profili di diversa natura: e soluzioni) degli elenchi su supporto
magnetico, a mezzo delle modalità innanzi descritte o di altre ancora atte ad
offrire adeguate garanzie di un loro (suo) corretto utilizzo, sempre che,
tuttavia, essi consiglieri -nel rispetto delle regole che presiedono l’istituto
dell’accesso- forniscano adeguata giustificazione delle ragioni a sostegno
dell’interesse tutelabile anche in ordine alla modalità prescelta: se supporto
informatico o cartaceo.
Al riguardo, invero, non vi è ragione di sottacere che le modalità di rilascio
individuate sub precedente punto 8a, o altre analoghe, non offrono garanzie
assolute di sicurezza, non apparendo, per quanto è dato conoscere senza
l’ausilio di esperti, potersi escludere possibili manipolazioni dello stesso
supporto, ovvero, più realisticamente, manipolazioni dopo aver trasferito i dati
stessi a mezzo delle diverse (e più o meno sofisticate) tecnologie esistenti,
così rendendosi possibile una incontrollata diffusione di dati anche alterati
lungo il percorso; nondimeno, tale consapevolezza non consente -all’amministrazione
attiva ed a questo giudice- di pervenire alla conclusione di doversi negare
l’accesso con tale modalità, ove adeguatamente giustificato: in presenza della
sopra ricordata normativa che sanziona detti interventi e, in una, degli
obblighi di riservatezza (sufficiente alla bisogna, ancorchè non si avesse a
rientrare in fattispecie coperte da segreto), la cui esistenza -ed è notazione
non secondaria quanto a refluenze in tema di responsabilità- è stata posta dai
soggetti richiedenti l’accesso di cui qui si discute a formale presupposto
dell’istanza.
E conclusione, sempre nelle descritte condizioni, a negarsi, vien da aggiungere,
anche poichè notorio che il grado di sofisticazione delle attuali tecnologie
consente di pervenire a detti risultati (o a similari) anche ove il rilascio
avvenga in formato cartaceo.
11- Occorre a questo punto tirare ulteriormente le fila e fare compiuta
applicazione di quanto fin qui argomentato e concluso.
Si è detto in premessa che l’accesso è stato negato ritenendosi possibile che i
consiglieri potessero prendere solo visione degli elenchi, peraltro depurati dai
dati sensibili, senza indicare quali essi fossero (nota del 12 agosto 2010), o,
più precisamente, come sostenuto nella precedente nota del 10 maggio 2010,
richiamata in quella dell’agosto, che “non è possibile fornire copie di ruoli
e/o elenchi che per loro natura sono muniti di dati sensibili soggetti a
privacy, come non è possibile fornire dati sensibili su supporti informatici
poiché i dati contenuti sui predetti supporti potrebbero essere alterati”.
Di tali conclusioni si è già fatta giustizia innanzi, qui aggiungendo ancora,
quanto all’indicato limite della sola visione, che in materia di accesso agli
atti amministrativi, ai sensi della l. 11 febbraio 2005 n. 15 , deve
ricomprendersi nel relativo diritto sia la visione che il rilascio di copia del
documento, attesa l’abrogazione della disposizione dettata dall’art. 24 comma 2
lettera d) nella formulazione originaria della l. n. 241/1990 “che fa ritenere
superata ogni possibilità di distinguere tra le due indicate modalità di
accesso” (Cons. Stato, sezione sesta, sentenza 19 ottobre 2009, n. 6393).
11a- Nel contempo va, tuttavia, rilevato che i richiedenti consiglieri comunali
hanno indicato la modalità su supporto informatico non per sovvenire a loro
esigenze, ma esclusivamente “al fine di rendere semplice ed agevole il compito
dell’ufficio”.
Lodevole proposito, che però non vincola l’amministrazione attiva, evidentemente
essa sola abilitata a valutare le proprie esigenze organizzative e funzionali,
soprattutto nella fattispecie in esame ove tale modalità di accesso era stata
sostanzialmente rimessa dai richiedenti alla stessa P.A..
In definitiva, quindi, in assenza di una istanza espressa e motivata da esigenze
proprie degli istanti di rilascio esclusivamente su supporto informatico, che,
ove in tali sensi formulata, avrebbe richiesto un sereno vaglio da parte
dell’amministrazione attiva, deve ritenersi quest’ultima facultata a far luogo,
per soddisfare la pretesa, a quante modalità in concreto ritenute opportune, nei
tempi ragionevolmente necessari per recare il minor aggravio possibile per gli
uffici.
Detta ultima statuizione (in linea con quelle recate dalla giurisprudenza del
Tribunale richiamata in memoria, che, pur riconoscendo la legittimità di seguire
un criterio cronologico, lì previsto dal regolamento comunale, ha dato nel
contempo ingresso all’ampio accesso ivi richiesto dai consiglieri comunali) si
appalesa idonea a fugare anche la ulteriore preoccupazione, esplicitata sempre
in memoria dall’attenta difesa dell’amministrazione, e, comunque, a contemperare
le diverse posizioni meritevoli di tutela.
11b- In conseguenza delle conclusioni raggiunte il ricorso deve essere accolto
e, per l’effetto, l’atto impugnato va annullato e va, nel contempo, ordinato
all’amministrazione attiva del Comune di Villa di Briano di consentire l’accesso
di cui alla richiesta dei consiglieri comunali qui vagliata: nella sua
interezza, sia pur attraverso le modalità di rilascio degli atti ritenuta più
confacente alle proprie necessità.
Le spese di giudizio possono essere compensate, avuto anche conto delle
composite conclusioni cui si è pervenuti.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie
e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato ed ordina
all’amministrazione attiva del Comune di Villa di Briano (Ce) di consentire il
richiesto accesso, nei possibili sensi e modi sopra indicati.
Compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2010 con
l'intervento dei magistrati:
Renzo Conti, Presidente
Arcangelo Monaciliuni, Consigliere, Estensore
Roberta Cicchese, Primo Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/12/2010
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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