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1974-9562
T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. II - 23 dicembre 2010 n. 28016
DIRITTO URBANISTICO - Permesso di costruire - Nozione di costruzione -
Realizzazione di opere murarie - Necessità - Esclusione - Trasformazione del
tessuto urbanistico edilizio. La nozione di costruzione, ai fini del
rilascio del permesso di costruire, si configura in presenza di opere che
attuino una trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, con perdurante
modifica dello stato dei luoghi, a prescindere dal fatto che essa avvenga
mediante realizzazione di opere murarie, essendo irrilevante che le opere siano
state realizzate in metallo, in laminati di plastica, in legno o altro
materiale, ove si sia in presenza di un’evidente trasformazione del tessuto
urbanistico ed edilizio e le opere siano preordinate a soddisfare esigenze non
precarie sotto il profilo funzionale (cfr. ex multis C.d.S., Sez. IV, N.
2705/2008 in tal senso anche Consiglio Stato, V, 13.6.2006, n.3490). Pres.
D’Alessandro, Est. Maiello - M.O. (avv. D’Alterio) c. Comune di Mugnano di
Napoli (avv.ti Contieri e Leone)
- TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. II - 23 dicembre 2010, n. 28016
DIRITTO URBANISTICO - Zone urbanizzate - Obbligo dello strumento attuativo -
Deroga - Dotazione di infrastrutture primarie e secondarie - Verifica
dell’intero comprensorio - Necessità - Ragioni. Il principio affermato dalla
giurisprudenza prevalente secondo il quale, ai fini del rilascio della
concessione edilizia, nelle zone già urbanizzate è consentito derogare
all’obbligo dello strumento attuativo (piano particolareggiato o piano di
lottizzazione convenzionata), può trovare applicazione solo nell’ipotesi, del
tutto eccezionale, che si sia già realizzata una situazione di fatto che da
quegli strumenti consenta con sicurezza di prescindere, in quanto risultano
oggettivamente non più necessari, essendo stato pienamente raggiunto il
risultato (id est: l’adeguata dotazione di infrastrutture, primarie e secondarie
previste dal piano regolatore) cui sono finalizzati. Tale situazione, del tutto
peculiare, deve essere accertata in riferimento all’intero contenuto previsto
dal piano regolatore generale. La stessa, cioè, deve concernere le
urbanizzazioni primarie e quelle secondarie in riferimento all’assetto
definitivo dell’intero ambito territoriale di riferimento. La verifica,
pertanto, non può essere limitata alle sole aree di contorno dell’edificio
progettato, ma deve riguardare l’intero comprensorio che dagli strumenti
attuativi dovrebbe essere pianificato. Ogni altra soluzione avrebbe
evidentemente il torto di trasformare lo strumento attuativo in un atto
sostanzialmente facoltativo, non più necessario ogniqualvolta, a causa di
precedenti abusi edilizi sanati, di preesistenti edificazioni ovvero del
rilascio di singole concessioni edilizie illegittime, il comprensorio abbia già
subito una qualche urbanizzazione, anche se la stessa non soddisfa pienamente le
indicazioni del piano regolatore (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, II, 15 marzo
2004 n. 2925; n°11664/2004). Pres. D’Alessandro, Est. Maiello - M.O. (avv. D’Alterio)
c. Comune di Mugnano di Napoli (avv.ti Contieri e Leone) -
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. II - 23 dicembre 2010, n. 28016
DIRITTO URBANISTICO - Abusi edilizi - Potere repressivo - Art. 31 d.P.R. n.
380/2001 - Apprezzamenti discrezionali - Esclusione - Sanabilità delle opere -
Onere di verifica - Insussistenza. Nello schema giuridico delineato
dall’art. 31 del d.p.r. 380/2001 non vi è spazio per apprezzamenti
discrezionali, atteso che l’esercizio del potere repressivo di un abuso edilizio
consistente nell’esecuzione di un’opera in assenza del titolo abilitativo
costituisce atto dovuto, per il quale è "in re ipsa" l’interesse pubblico alla
sua rimozione ( cfr. T.A.R. Campania, Sez. IV, 24 settembre 2002, n. 5556; 4
luglio 2001, n. 3071; Consiglio Stato, sez. IV, 27 aprile 2004, n. 2529). Una
volta accertata l'esecuzione di opere in assenza di concessione ovvero in
difformità totale dal titolo abilitativo, non costituisce, dunque, onere del
Comune verificare la sanabilità delle opere in sede di vigilanza sull'attività
edilizia (T.A.R. Campania, Sez. IV, 24 settembre 2002, n. 5556; T.A.R. Lazio,
sez. II ter, 21 giugno 1999, n. 1540). Pres. D’Alessandro, Est. Maiello - M.O.
(avv. D’Alterio) c. Comune di Mugnano di Napoli (avv.ti Contieri e Leone) -
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. II - 23 dicembre 2010, n. 28016
DIRITTO URBANISTICO - Abusi edilizi - Ingiunzione di demolizione - Indicazione
delle opere abusivamente realizzate - Sufficienza - Area di sedime - Successiva
specificazione in sede di acquisizione. Il contenuto essenziale
dell'ingiunzione di demolizione deve essere individuato in relazione alla
funzione tipica del provvedimento, che è quella di prescrivere la rimozione
delle opere abusive. Pertanto, ai fini della legittimità dell'atto è necessaria
e sufficiente l'analitica indicazione delle opere abusivamente realizzate in
modo da consentire al destinatario della sanzione di rimuoverle spontaneamente;
l'indicazione dell'area di sedime, quindi, non deve essere necessariamente
presente nell'ordinanza di demolizione ma può essere contenuta nel successivo
atto dichiarativo dell'acquisizione (cfr. ex multis T.A.R. Lazio Roma, sez. I,
09 febbraio 2010 , n. 1785). Pres. D’Alessandro, Est. Maiello - M.O. (avv. D’Alterio)
c. Comune di Mugnano di Napoli (avv.ti Contieri e Leone) -
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. II - 23 dicembre 2010, n. 28016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 28016/2010 REG.SEN.
N. 04768/2005 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4768 del 2005, integrato da motivi
aggiunti, proposto da:
Maisto Orazio, rappresentato e difeso dall'avv. Emanuele D'Alterio ed
elettivamente domiciliato presso lo studio del medesimo difensore in Napoli, al
viale Gramsci n.19;
contro
Comune di Mugnano di Napoli, in persona del legale rappresentante pro – tempore,
rappresentato e difeso dagli avv. Alfredo Contieri e Giovanni Leone ed
elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo difensore in Napoli,
viale A.Gramsci,14;
per l'annullamento
A) quanto al ricorso principale, dell’ordinanza di demolizione n. 11 prot.llo n.
4963 dell’01/04/2005;
B) quanto ai motivi aggiunti,
- dell’ordinanza di demolizione n. 70/2005 del 13.2.2006;
- del provvedimento di diniego comunicato con nota prot.llo 1554 del 22.1.2009;
- della nota prot.llo n. 4744 dell’8.3.2010;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Mugnano di Napoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 novembre 2010 il dott. Umberto
Maiello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il gravame principale, il ricorrente impugna l’ordinanza n. 11 prot.llo 4963
dell’1.4.2005, con cui il Comune di Mugnano di Napoli ha ingiunto la demolizione
di una struttura in ferro ampia mq. 80 ed alta ml. 3,50, realizzata senza alcun
titolo abilitativo.
Avverso il precitato atto il ricorrente ha articolato le seguenti censure:
1) il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo perché non indica l’area che
verrebbe acquisita di diritto, e gratuitamente, al patrimonio comunale;
2) il Comune intimato avrebbe eluso l’obbligo di cui all’art. 7 della legge n.
241/1990, omettendo di assicurare effettività alla prescritte garanzie di
partecipazione al procedimento;
3) il provvedimento impugnato non risulterebbe, infine, corredato di una
pertinente ed esaustiva motivazione.
Con atto depositato il 27.4.2006, il ricorrente ha integrato le originarie
doglianze, estendendo la proposta impugnazione anche all’ordinanza n. 2556 del
13.2006, spedita dal Comune di Mugnano a seguito dell’abusiva prosecuzione dei
lavori che consentivano, di fatto, il completamento dell’opera (come esplicitato
nella relazione istruttoria, la struttura realizzata è oggi ampia mq. 92,50
circa ed alta ml. 3,20, per un volume complessivo di 296 mc. E’ stata accertata
la chiusura perimetrale con vetri blindati, nonché la realizzazione di
tramezzature interne, impianti tecnologici, pavimentazione, controsoffittatura),
salvo che per la pitturazione degli interni.
Segnatamente, oltre a riproporre alcune censure già introdotte con il primo
mezzo di gravame (mancata indicazione dell’area che verrebbe acquisita di
diritto, e gratuitamente, al patrimonio comunale e difetto di motivazione), ha
contestato la violazione dell’art. 36 del d.p.r. 380/2001, atteso che, fin dal
22.7.2005, risulterebbe pendente una domanda di sanatoria.
Con ulteriori motivi depositati il 23.6.2009, il ricorrente ha attratto nel
fuoco della contestazione anche il provvedimento n. 19936 del 21.11.2005,
reiettivo della domanda di sanatoria, deducendo l’assenza di qualsivoglia
supporto di ordine argomentativo a sostegno dell’opposto diniego.
Con ordinanza istruttoria n. 690/09 del 10.11.2009 la Sezione ha disposto
incombenti istruttori a carico del Comune di Mugnano, rinnovando la suddetta
decisione interlocutoria con ordinanza n. 78 del 5.2.2010. Ad essa ha dato
riscontro l’Ente intimato con relazione n. 4744 dell’8.3.2010.
Avverso tale relazione, con ulteriori motivi aggiunti depositati il 25.5.2010,
il ricorrente deduce che:
1) la struttura realizzata è un’opera precaria, pertinenziale e destinata ad un
uso temporaneo;
2) l’area sarebbe già urbanizzata e dotata di tutte le opere di urbanizzazione;
Resiste in giudizio il Comune di Mugnano.
All’udienza del 25.11.2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso, come integrato dai motivi aggiunti, è infondato e, pertanto, va
respinto.
Giusta quanto anticipato nella narrativa in fatto, mette conto evidenziare che
il ricorrente ha realizzato senza alcun titolo abilitativo una struttura in
ferro ampia mq. 92,50 circa ed alta ml. 3,20, per un volume complessivo di 296
mc, chiusa perimetralmente con vetri blindati, ed oramai già dotata – per
effetto dell’abusiva prosecuzione dei lavori pervicacemente effettuata con
violazione dei sigilli –di tramezzature interne, impianti tecnologici,
pavimentazione e controsoffittatura.
La suddetta vicenda costituisce il punto di riferimento di diversi procedimenti
sanzionatori e di diniego di sanatoria, tutti confluiti – per effetto della
tempestiva articolazione di motivi aggiunti – nel rapporto controverso
sottoposto all’attenzione del Collegio.
In prospettiva metodologia appare utile soffermarsi, anzitutto, sul
provvedimento di diniego (determina prot.llo 1554 del 22.1.2009) con cui il
Comune di Mugnano ha respinto l’istanza di accertamento di conformità avanzata
dal ricorrente.
E ciò anche e soprattutto perché il provvedimento di diniego vale a suggellare,
in via definitiva, un contrasto effettivo e di ordine sostanziale delle opere
realizzate con il regime urbanistico di riferimento, sì da rendere – ove
confermato – dovute le misure sanzionatorie di tipo ripristinatorio adottate dal
Comune.
Tanto premesso, mette conto evidenziare che la reiezione dell’istanza di
sanatoria – giusta quanto si evince dagli esiti della svolta istruttoria - è
dovuta al fatto che l’area oggetto d’intervento è classificata nel vigente
P.R.G. come zona D3 (Insediamenti Produttivi P.I.P) ed il relativo regime
urbanistico (art. 21 delle n.a.) subordina ogni intervento alla preventiva
redazione ed approvazione di p.p.e., giammai approvati.
In ragione di quanto evidenziato, il Comune di Mugnano – registrato il suddetto
contrasto con il locale regime urbanistico - ha concluso con un atto di diniego
il procedimento di accertamento di conformità attivato dal ricorrente.
Le censure articolate avverso tale provvedimento con motivi aggiunti del
23.6.2009 e del 25.5.2010 sono manifestamente infondate.
Può ritenersi, anzitutto, superata la doglianza con cui parte ricorrente (nei
motivi aggiunti del 23.6.2009) lamenta l’insufficienza del corredo motivazionale
dell’avversato provvedimento di diniego, le cui ragioni giustificative devono
ritenersi ampiamente chiarite anche a seguito della relazione prodotta in
giudizio dal Comune di Mugnano, che costituisce un valido supporto argomentativo
idoneo ad integrare l’originario corredo motivazionale del provvedimento
impugnato.
Tanto in aderenza al nuovo schema normativo recepito all’art. 21 octies della
legge 241/1990, quale risultante dalla recente novella, che, com’è noto, ha
introdotto, in via di eccezione, una deroga al regime di annullabilità dell’atto
per vizi formali, inibendo la pronuncia di decisioni a contenuto demolitorio
qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo
contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto
adottato.
Prive di pregio si rivelano, poi, le residue doglianze articolate con i motivi
aggiunti del 25.5.2010.
Segnatamente, rispetto alle nuove argomentazioni difensive con cui la ricorrente
rivendica la natura precaria e pertinenziale dell’opera realizzata, va,
anzitutto, rilevata la tardività della censura, introdotta ben oltre i termini
di cui all’art. 21 della legge n. 1034/1971 (l’originario ordine di demolizione
- n. 11 prot.llo 4963 – è, infatti, stato spedito in data 1.4.2005).
Ad ogni buon conto, tale doglianza è priva di pregio.
La piana lettura del provvedimento impugnato riflette con evidenza la rilevanza
edilizia del contestato abuso, fatta palese dalle apprezzabili dimensioni della
nuova struttura (struttura in ferro ampia mq. 92,50 circa ed alta ml. 3,20, per
un volume complessivo di 296 mc, chiusa perimetralmente con vetri blindati, ed
oramai già dotata – per effetto dell’abusiva prosecuzione dei lavori
pervicacemente effettuata con violazione dei sigilli –di tramezzature interne,
impianti tecnologici, pavimentazione e controsoffittatura), cui si riconnette
una significativa trasformazione del manufatto preesistente e che, pertanto, non
può non essere ricondotta alla tipologia delle nuove costruzioni.
Del resto, è noto che la nozione di costruzione, ai fini del rilascio del
permesso di costruire, si configura in presenza di opere che attuino una
trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, con perdurante modifica
dello stato dei luoghi, a prescindere dal fatto che essa avvenga mediante
realizzazione di opere murarie, essendo irrilevante che le opere siano state
realizzate in metallo, in laminati di plastica, in legno o altro materiale, ove
si sia in presenza di un’evidente trasformazione del tessuto urbanistico ed
edilizio e le opere siano preordinate a soddisfare esigenze non precarie sotto
il profilo funzionale (cfr. ex multis C.d.S., Sez. IV, N. 2705/2008 in tal senso
anche Consiglio Stato, V, 13.6.2006, n.3490).
Le divisate risultanze istruttorie – segnatamente quelle relative alle
caratteristiche costruttive che rendono evidente la natura non precaria
dell’opera – fanno propendere per la sussumibilità della fattispecie in esame
nelle categorie di illecito di cui all’art. 31 del d.p.r. 380/2001, rispetto
alle quali resta predicabile un’unica sanzione, giustappunto quella
ripristinatoria della demolizione.
Analogamente, rispetto alla pretesa natura pertinenziale dell’opera, è
sufficiente obiettare che la nozione edilizia di pertinenzialità ha connotati
diversi da quelli civilistici: la res deve essere preordinata ad un'oggettiva
esigenza dell'edificio principale, funzionalmente ed oggettivamente inserita al
servizio dello stesso, sfornita di un autonomo valore di mercato, non valutabile
in termini di cubatura o comunque dotata di un volume minimo tale da non
consentire, in relazione anche alle caratteristiche dell'edificio principale,
una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell'immobile cui
accede.
Le suddette caratteristiche non risultano in alcun modo comprovate dalla parte
ricorrente, che non si è nemmeno peritata di enunciarle nel proprio mezzo di
impugnazione.
Parimenti infondata è l’ulteriore censura fondata sull’osservazione diretta di
opere di urbanizzazione primaria e secondaria, oltre che sulla riscontrata
esistenza di vasti insediamenti abitativi nella zona omogenea di riferimento.
Di contro, la Sezione, richiamando un orientamento già ripetutamente espresso,
osserva che il principio affermato dalla giurisprudenza prevalente secondo il
quale, ai fini del rilascio della concessione edilizia, nelle zone già
urbanizzate è consentito derogare all’obbligo dello strumento attuativo (piano
particolareggiato o piano di lottizzazione convenzionata), può trovare
applicazione solo nell’ipotesi, del tutto eccezionale, che si sia già realizzata
una situazione di fatto che da quegli strumenti consenta con sicurezza di
prescindere, in quanto risultano oggettivamente non più necessari, essendo stato
pienamente raggiunto il risultato (id est: l’adeguata dotazione di
infrastrutture, primarie e secondarie previste dal piano regolatore) cui sono
finalizzati.
Per l’applicazione del principio, insomma, è necessario che lo stato delle
urbanizzazioni sia tale da rendere assolutamente superflui gli strumenti
attuativi.
Tale situazione, del tutto peculiare, deve essere ovviamente accertata in
riferimento all’intero contenuto previsto dal piano regolatore generale.
La stessa, cioè, deve concernere le urbanizzazioni primarie e quelle secondarie
in riferimento all’assetto definitivo dell’intero ambito territoriale di
riferimento.
La verifica, pertanto, non può essere limitata alle sole aree di contorno
dell’edificio progettato, ma deve riguardare l’intero comprensorio che dagli
strumenti attuativi dovrebbe essere pianificato.
Ogni altra soluzione avrebbe evidentemente il torto di trasformare lo strumento
attuativo in un atto sostanzialmente facoltativo, non più necessario
ogniqualvolta, a causa di precedenti abusi edilizi sanati, di preesistenti
edificazioni ovvero del rilascio di singole concessioni edilizie illegittime, il
comprensorio abbia già subito una qualche urbanizzazione, anche se la stessa non
soddisfa pienamente le indicazioni del piano regolatore (cfr. T.A.R. Campania,
Napoli, II, 15 marzo 2004 n. 2925; n°11664/2004).
Orbene, nella divisata prospettiva, mette conto evidenziare che nessun elemento
versato in atti a corredo delle generiche prospettazioni di parte consente di
accreditare la sussistenza di una situazione simile a quella sopra descritta,
non essendosi la parte ricorrente peritata di produrre contributi tecnici ovvero
descrittivi che valessero, anche come mero principio di prova, a supportare
(anche nei soli termini di verosimiglianza) le proprie deduzioni.
Acclarata, dunque, la legittimità del provvedimento di diniego a cagione
dell’evidenziato contrasto del manufatto realizzato rispetto alla disciplina
urbanistica di riferimento, anche le doglianze che investono l’ordine di
demolizione si rivelano prive di pregio.
Anzitutto, priva di pregio si rivela la doglianza con cui parte ricorrente
lamenta la violazione delle garanzie di partecipazione al procedimento, la cui
cura è imposta all’Autorità procedente dall’art. 7 della legge 241/1990.
Dirimente in senso ostativo alle pretese attoree appaiono le previsioni di cui
all’art. 21 octies della legge 241/1990, secondo cui non è annullabile il
provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma
degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il
suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in
concreto adottato.
L’inconferenza della censura in esame discende, invero, dalla ineluttabilità
della sanzione repressiva comminata dal Comune di Mugnano, anche a cagione
dell’assenza di specifici e rilevanti profili di contestazione in ordine ai
presupposti di fatto e di diritto che ne costituiscono il fondamento
giustificativo, sicchè alcuna alternativa sul piano decisionale si poneva
all’Amministrazione procedente.
Né può essere revocata in dubbio la completezza dell’ordito motivazionale,
pienamente idoneo a suffragare il contestato abuso.
A tal riguardo, mette conto evidenziare che la tipologia costruttiva e le
dimensioni del contestato manufatto, che integra una nuova costruzione,
riflettono con assoluta evidenza la sussistenza del contestato abuso che, in
ragione della innegabile trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio
che ad esso si riconnette, imponeva il previo rilascio di uno specifico permesso
di costruire che valesse ad autorizzarne l’esecuzione.
Di contro, la realizzazione dell’opera in contestazione, in mancanza del
suddetto titolo abilitativo, di per se stessa, fondava la reazione repressiva
dell’organo di vigilanza, che, nell’ambito della disciplina di settore, assurge
ad atto dovuto.
In altri termini, nello schema giuridico delineato dall’art. 31 del d.p.r.
380/2001 non vi è spazio per apprezzamenti discrezionali, atteso che l’esercizio
del potere repressivo di un abuso edilizio consistente nell’esecuzione di
un’opera in assenza del titolo abilitativo costituisce atto dovuto, per il quale
è "in re ipsa" l’interesse pubblico alla sua rimozione ( cfr. T.A.R. Campania,
Sez. IV, 24 settembre 2002, n. 5556; 4 luglio 2001, n. 3071; Consiglio Stato,
sez. IV, 27 aprile 2004, n. 2529).
Una volta accertata l'esecuzione di opere in assenza di concessione ovvero in
difformità totale dal titolo abilitativo, non costituisce, dunque, onere del
Comune verificare la sanabilità delle opere in sede di vigilanza sull'attività
edilizia (T.A.R. Campania, Sez. IV, 24 settembre 2002, n. 5556; T.A.R. Lazio,
sez. II ter, 21 giugno 1999, n. 1540).
In definitiva, l’atto può ritenersi sufficientemente motivato per effetto della
stessa descrizione dell’abuso accertato, presupposto giustificativo necessario e
sufficiente a fondare la spedizione della misura sanzionatoria.
Né può ritenersi rilavante, in questa fase, la mancanza di una perimetrazione
dell’area da acquisire.
Il contenuto essenziale dell'ingiunzione di demolizione deve essere, infatti,
individuato in relazione alla funzione tipica del provvedimento, che è quella di
prescrivere la rimozione delle opere abusive. Pertanto, ai fini della
legittimità dell'atto è necessaria e sufficiente l'analitica indicazione delle
opere abusivamente realizzate in modo da consentire al destinatario della
sanzione di rimuoverle spontaneamente; l'indicazione dell'area di sedime,
quindi, non deve essere necessariamente presente nell'ordinanza di demolizione
ma può essere contenuta nel successivo atto dichiarativo dell'acquisizione (cfr.
ex multis T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 09 febbraio 2010 , n. 1785).
Giova, inoltre, osservare per mera completezza, rispetto alle censure articolate
avverso il secondo ordine di demolizione (n. 70/2005 del 13.2.2006), che il
valido esercizio del potere di repressione dell’abuso in argomento non era
impedito dalle condizioni ostative indicate nell’atto di gravame. La parte
ricorrente aveva, invero, eccepito la pendenza di una domanda di accertamento di
conformità che, però, risulta presentata in data 22.7.2005.
Il Comune di Mugnano non si è pronunciato sulla menzionata istanza nel termine
di 60 gg., favorendo in tal modo la formazione del cd. silenzio – rigetto, di
talchè alla scadenza del suddetto termine (e dunque ben prima dell’adozione del
precitato ordine demolitorio n. 70/2005 del 13.2.2006) il procedimento era già
concluso.
Sul punto è, poi, sufficiente aggiungere che tale arresto provvedimentale
(intervenuto per silentium) è stato fatto oggetto di esplicita conferma con il
provvedimento di diniego prot.llo n. 1554 del 22.1.2009, la cui validità è stata
già sopra scrutinata.
Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso va respinto.
Sussistono ciò nondimeno giusti motivi per compensare le spese di giudizio,
anche perché il Comune di Mugnano si è costituito con memoria di stile, sì da
rendere necessaria l’acquisizione di chiarimenti mediante la spedizione di ben
due ordinanze istruttorie. Restano, comunque, definitivamente a carico della
soccombente parte ricorrente gli oneri per il contributo unificato.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione Seconda,
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo
respinge.
Spese come da motivazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 25 novembre 2010 con
l'intervento dei magistrati:
Carlo D'Alessandro, Presidente
Anna Pappalardo, Consigliere
Umberto Maiello, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/12/2010
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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