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T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 13 maggio 2010 n. 4924


RIFIUTI - Abbandono - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Titolare del fondo - Dovere di diligenza - Vigilanza - Limiti. Il dovere di diligenza che fa carico al titolare del fondo, non può arrivare al punto di richiedere un costante vigilanza, da esercitarsi giorno e notte, per impedire ad estranei di invadere l’area e, per quanto riguarda la fattispecie regolata dall’art. 14, comma 3, del D.L. vo n. 22 del 1997 (ora art. 192 del D.L. vo n. 152 del 2006) di abbandonarvi rifiuti. La richiesta di un impegno di tale entità travalicherebbe oltremodo gli ordinari canoni della diligenza media (e del buon padre di famiglia) che è alla base della nozione di colpa, quando questa è indicata in modo generico, come nella specie, senza ulteriori specificazioni (Cfr., ex plurimis: C. di S., Sez. V, 8.3.2005, n. 935; T.A.R. Campania, Sez. V, 5.8.2008, n. 9795). Pres. Onorato, Est. Cernese - Regione Campania (avv. Marzocchella) c. Comune di Marigliano (avv. Tramontano) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 13 maggio 2010, n. 4924
 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 04924/2010 REG.SEN.
N. 01943/2010 REG.RIC.


Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)


ha pronunciato la presente
 

SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 1943 del 2010, proposto da:
Regione Campania, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Angelo Marzocchella, con il quale elettivamente domicilia in Napoli, alla Via S. Lucia, n. 81;


contro


il Comune di Marigliano (NA), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Francesca Tramontano ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Angelo Bonito in Napoli, Centro Direzionale, Is. F/11;

per l’annullamento

1) dell’ordinanza n. 32 dell’8.2.2010, con la quale il Sindaco del Comune di Marigliano ha nuovamente ingiunto alla Regione Campania la messa in sicurezza e la rimozione ah horas dei rifiuti abbandonati da ignoti, sull’area di proprietà regionale sita in Marigliano nell’alveo S. Maria del Pozzo, in prossimità della vasca di laminazione S. Sossio, assoggettata a sequestro;

2) di ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente.


VISTO il ricorso con i relativi allegati;
VISTO l’atto di costituzione in giudizio dell’intimato Comune;
VISTI gli atti tutti della causa;
VISTO l’art. 28 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come da ultimo formulato dall’art. 9 della legge 21 luglio 200, n. 205;
VISTA la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato;
 

UDITA alla Camera di Consiglio del 6 maggio 2010 la relazione del cons. dr. Cernese;

RITENUTO in fatto e CONSIDERATO in diritto:
 

FATTO e DIRITTO


1. Preliminarmente rileva il Collegio che sussistono i presupposti per l’emanazione di una sentenza in forma semplificata ai sensi degli artt. 21 e 26 della L. n. 1034 del 1971, in quanto il contraddittorio è integro, non si ravvisano ragioni per accertamenti istruttori ed i difensori presenti alla Camera di Consiglio del 6 maggio 2010 sono stati interpellati in proposito e non hanno opposto alcuna obiezione; tanto perché il ricorso è manifestamente fondato.

2. Esso è rivolto avverso l’ordinanza sindacale adottata nei confronti della Regione Campania, in persona del legale rappresentante - nella qualità di proprietaria della Vasca di laminazione posizionata nel letto dell’alveo Santa Maria del Pozzo del Comune di Marigliano (NA) - sulla base del D.L. vo n. 152/2006, del D.L. vo n. 277/91, della L. n. 257/92 e degli artt. 50 e 54 D.L. vo n. 267/2000, con la quale si ingiunge:

1) la messa in sicurezza di emergenza delle aree ad horas;

2) l’attivazione delle procedure per la rimozione ed il ripristino ambientale dell’area entro e non oltre 60 giorni dalla notifica della presente”.

Il suddetto provvedimento consegue alla nota n. 749 del 26.6.2009 con cui il Corpo Forestale dello Stato Comando Stazione di Marigliano aveva posto sotto sequestro nel letto dell’alveo Santa Maria del Pozzo del tratto che imbocca la Vasca di laminazione, di proprietà della Regione Campania “un ingente quantitativo di lastre di eternit presumibilmente amianto, e cumuli di rifiuti inerti, edili, ingombranti”, effettuando poi, in data 24.8.2009, unitamente all’A.R.P.A.C. Dipartimento provinciale di Napoli, i dovuti prelievi di campioni delle lastre di eternit giacenti nel letto dell’alveo cui era seguito un ulteriore sopralluogo in data 11.12.2009 ad opera del Settore III del Comune predetto, nel corso del quale era stato verificato che “il tratto di alveo interessato dallo sversamento non risulta protetto. Infatti è facilmente accessibile anche con automezzi attraverso il varco di Via Masseria Campanella”.

3. Il ricorso è (manifestamente) fondato in relazione ai dedotti profili di eccesso di potere per elusione del giudicato formatosi sulla sentenza n. 9552/09 e per errore nei presupposti in fatto ed in diritto (prima censura) e di violazione di legge (art. 7 L. n. 241 del 1990 ed art. 192, comma 3, D.L. vo n. 152/2006, per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento (terza censura).

4. In relazione alla prima censura e come fondatamente dedotto dalla Regione ricorrente l’impugnata ordinanza si pone in aperto contrasto con la sentenza del T.A.R. Campania n. 9532 del 24.12.2009, notificata in data 15.1.2010, con la quale era stata annullata la precedente ordinanza sindacale del 25.8.2009, richiamando la quale il Sindaco, avrebbe inteso prestare ottemperare alla sentenza, nel frattempo passata in giudicato in data 16.3.2010, per omessa impugnazione.

Tuttavia successivamente alla sentenza in parola, al di là dell’analisi dell’A.R.P.A.C. inviate dal Corpo Forestale Comando di Marigliano prot. 346 del 7.1.2010, attestanti la presenza di amianto nei materiali rinvenuti sottoposti a sequestro, non consta di alcun elemento nuovo sopravvenuto che, modificando i presupposti fattuali esistenti all’atto della emanazione della suddetta sentenza, avrebbe potuto giustificare l’omessa scrupolosa osservanza delle statuizioni in essa contenute.

Secondo consolidata giurisprudenza, a seguito del giudicato di annullamento, la P.A. non ha più il potere di adottare ulteriori provvedimenti aventi presupposto e fondamento logico-giuridico nell’atto annullato e, quindi, non può emanare provvedimenti “elusivi”, cioè in contrasto con il comando cristallizzato nel giudicato (Cfr: ex multis: T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 22 giugno 2009, n. 656; T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 17 novembre 2004, n. 2054).

5. Fuori discussione quanto appena rilevato, il Collegio pur prendendo atto che nella precedente sentenza la Sezione aveva rilevato “la mancanza dei profili di dolo o di colpa necessari per l’imposizione dell’obbligo di rimozione dei rifiuti e di ripristino in capo al proprietario o al titolare di altro diritto di godimento sull’area interessata”, alla luce delle osservazioni contenute nella memoria di costituzione del Comune di Marigliano e di un più meditato approfondimento della vicenda, ritiene di non essere in grado di esprimere un giudizio certo e definitivo in ordine alla mancanza di colpa in capo alla Regione proprietaria per il danno ambientale verificatosi, non potendosi escludere a priori sua una culpa in omittendo.

5.1. Sul punto è sorto contrasto fra le parti.

5.2. Secondo la ricorrente Regione si tratterebbe di un tratto di sedime aperto e soggetto al pubblico transito, diurno e notturno, per il quale non sarebbe assolutamente possibile un astringente controllo e la sorveglianza del sito richiederebbe l’organizzazione di un servizio di prevenzione continuativo e capillare onde impedire l’abbandono abusivo e surrettizio di rifiuti ad opera dell’indiscriminata utenza, per impedire il quale l’Amministrazione regionale non dispone né dei mezzi, né degli uomini necessari, mentre l’Amministrazione locale disporrebbe della polizia locale che ben potrebbe svolgere servizi di vigilanza atti a prevenire il getto dei rifiuti e ad accertare l’identità degli effettivi trasgressori.

5.3. Siffatta conclusione, tuttavia, non è condivisa dalla difesa comunale asserendo che l’area dove sarebbero stati rinvenuti rifiuto di amianto, non sarebbe un’area di strada soggetta a transito pubblico, ma l’alveo di un fiume (oggi non più esistente), dove ignoti avrebbero lasciati rifiuti speciali tossici, circostanza, questa, ben nota alla Regione Campania che, nonostante la consapevolezza dell’esistenza nella zona interessata di materiale altamente nocivo, nulla avrebbe fatto per la messa in sicurezza totale o parziale del sito o quanto meno per evitare che ignoti continuassero ad abbandonare rifiuti di ogni genere, ravvisandosi, pertanto, a carico della Regione proprietaria una condotta quanto meno colposa, per non avere transennato l’area inquinata, nonostante continui solleciti da parte degli organi competenti, non aver collocato una videocamera e/o un sorvegliane o custode nell’area interessata.

6. D’altronde bisogna considerare che, nel caso di specie, stante il richiamo agli artt. 50 e 54 del D.L. n. 267/2000, rivestendo l’impugnata ordinanza (anche) il carattere di un’ordinanza contingibile ed urgente, avente carattere meramente ripristinatorio (diretto cioè ad ottenere la rimozione dell’attuale stato di pericolo e/o a prevenire ulteriori danni all’ambiente circostante ed alla salute pubblica) e non sanzionatorio, per la quale la ricerca dell’obbligato di diritto, mediante accertamenti complessi e laboriosi, risulterebbe incompatibile con l’intrinseca natura dei provvedimenti contingibili ed urgenti ((T.A.R. Campania, 7 settembre 1991, n. 1137 che richiama il precedente della stessa Sezione 16 luglio 1960, n. 520), sembrerebbe ragionevole che detta ordinanza possa legittimamente indirizzarsi all’attuale proprietario dell’area, cioè a colui che si trova con quest’ultima in un rapporto tale da consentirgli di eseguire gli interventi ritenuti necessari al fine di eliminare la riscontrata situazione di pericolo, ancorché essa sia da imputarsi ad altro soggetto o a diverso proprietario (C. di S., 2 aprile 2001, n. 1904 e 2 aprile 2003, n. 1678); pertanto, impregiudicata ogni rivalsa nei confronti dell’effettivo responsabile, il soggetto destinatario del provvedimento contingibile ed urgente emesso in materia di smaltimento di rifiuti tossici e nocivi potrebbe essere individuato in chi con il bene si trovi in rapporto tale da consentirgli di eseguire con celerità gli interventi ordinati, ritenuti necessari per fronteggiare la situazione di pericolo.

7. Sennonché per pacifica giurisprudenza il dovere di diligenza che fa carico al titolare del fondo, non può arrivare al punto di richiedere un costante vigilanza, da esercitarsi giorno e notte, per impedire ad estranei di invadere l’area e, per quanto riguarda la fattispecie regolata dall’art. 14, comma 3, del D.L. vo n. 22 del 1997 (ora art. 192 del D.L. vo n. 152 del 2006) di abbandonarvi rifiuti. La richiesta di un impegno di tale entità travalicherebbe oltremodo gli ordinari canoni della diligenza media (e del buon padre di famiglia) che è alla base della nozione di colpa, quando questa è indicata in modo generico, come nella specie, senza ulteriori specificazioni (Cfr., ex plurimis: C. di S., Sez. V, 8.3.2005, n. 935; T.A.R. Campania, Sez. V, 5.8.2008, n. 9795).

7.1. Pertanto, nella fattispecie in esame, in concreto un obbligo di garanzia a carico della Regione, per la mera qualità di proprietaria/custode, è inesigibile, in quanto riconducibile ad una responsabilità oggettiva che, però, esula dal dovere di custodia di cui all’art. 2051 cod.civ. la quale consente sempre la prova liberatoria in presenza di caso fortuito (da intendersi in senso ampio, comprensiva anche del fatto del terzo e della colpa esclusiva del danneggiato).

7.2. Nota il Collegio che, pacifico risultando che, nel caso di specie, l’abbandono dei rifiuti è da ascrivere a terzi ignoti, effettivi autori dell’illecito e pur senza prendere posizione in ordine alla responsabilità e colpevolezza da ascriversi a ciascuno o ad entrambe le Amministrazioni contendenti, è fuor dubbio che, onde fronteggiare la situazione di pericolo derivante dalla presenza di rifiuti altamente nocivi presenti sull’area interessata, qualsiasi doveroso intervento per la messa in sicurezza della stessa, a tutela della pubblica salute ed incolumità (e salvo rivalsa nei confronti di chi sarà individuato, anche dall’Autorità Giudiziaria, quale effettivo responsabile dell’illecito ambientale) non potrebbe che provenire da ciascuna Amministrazione singolarmente considerata e/o in solido da entrambe, nell’ambito delle proprie competenze istituzionali.

8. Quanto si è andato esponendo rafforza la fondatezza dell’ultima censura inerente alla violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990 per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento e dell’art. 192, comma 3, D.L. vo n. 152/2006 che prescrive che i controlli svolti dall’Amministrazione riguardo all’abbandono di rifiuti debbano essere effettuati in contraddittorio con i soggetti interessati, con la conseguente osservanza delle regole che garantiscono la partecipazione dell’interessato all’istruttoria amministrativa.

8.1. Nella fattispecie il Comune di Marigliano, pur ritenendo di non addivenire ad una soluzione concordata con la Regione, proprietaria della Vasca di laminazione ubicata nell’alveo Santa Maria del Pozzo, utilizzando strumenti ordinari di amministrazione, ed optando, in alternativa, per lo strumento autoritativo dell’ordinanza straordinaria, illegittimamente non ha coinvolto nel procedimento la Regione, nella qualità di proprietaria dell’area interessata, consentendole di partecipare in contraddittorio agli accertamenti ed alle verifiche necessarie per individuare la soluzione ottimale, tecnica e logistica, della peculiare e complessa problematica sottesa all’impugnata ordinanza per la messa in sicurezza e la bonifica del sito su cui erano stati abbandonati rifiuti altamente nocivi rinunciando così ad un apporto della Regione proprietaria che, sarebbe stato quanto mai necessario stante il contrasto insorto fra le parti in ordine alle caratteristiche del sito ed agli obblighi su ciascuna di esse incombenti per la messa in sicurezza e la bonifica del medesimo.

9. Al riguardo il Collegio condivide quanto rilevato in giurisprudenza secondo la quale il ricorso allo strumento dell’ordinanza contingibile ed urgente, o anche avente valenza ambientale, giustifica l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento unicamente in presenza di un’”urgenza qualificata”, in relazione alle circostanze del caso concreto, che deve essere debitamente esplicitata in specifica motivazione sulla necessità e l’urgenza di prevenire il grave pericolo alla cittadinanza (Cfr: T.A.R. Campania, Sez. V, 3.2.2005, n. 764), anche perché sussiste un rapporto di conflittualità e di logica sovraordinazione tra l’esigenza di tutela immediata della pubblica incolumità e l’esigenza del privato inciso dall’atto amministrativo di avere conoscenza dell’avvio del procedimento (Cfr: T.A.R. Marche, 25 gennaio 2002, n. 97; T.A.R. Toscana, Sez. II, 14 febbraio 2000, n. 168); ciò in quanto il principio partecipativo alla base della comunicazione di avvio del procedimento ha carattere generalizzato ed impone, alla luce delle regole fissate dall’art. 7 L. n. 241/1990, che l’invio di essa abbia luogo in tutte quelle situazioni nelle quali la possibilità di coinvolgere il privato non sia esclusa da esigenze di celerità che caratterizzano la fattispecie e che, non possono ritenersi astrattamente implicite nella natura contingibile ed urgente dell’ordinanza, ma devono essere puntualmente esplicitate nel provvedimento in concreto adottato.

10. Secondo la giurisprudenza, in materia di ordinanze contingibili ed urgenti, l’obbligo della comunicazione sussiste allorché l’invio della stessa risulti in concreto compatibile con il procedimento alla base del provvedimento, in considerazione del provvedimento stesso in più fasi o del passaggio di un certo lasso di tempo dell’attività sfociata nell’adozione dell’atto (Cfr: T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 27.4.2005, n. 692).

La situazione da ultimo evidenziata è proprio attinente alla fattispecie in esame, in quanto le ragioni che hanno giustificato l’adozione dell’ordinanza impugnata sono da ricondursi ad un verbale di sequestro operato dal Corpo Forestale dello Stato Comando Stazione di Marigliano del 26.6.2009 allorquando si riscontrava nella Vasca di laminazione di proprietà della Regione Campania “un ingente quantitativo di lastre di eternit, presumibilmente di amianto, e cumuli di rifiuti inerti, edili, ingombranti”, con la conseguenza che le risultanze di sequestro siffatto erano note al Sindaco già da quell’epoca, mentre l’impugnata ordinanza che il suddetto sequestro richiama reca unicamente data 8 febbraio 2010 e risulta notificata nello stesso giorno.

Pertanto, non accennandosi nell’impugnata ordinanza a quali siano stati i motivi di urgenza che abbiano reso obiettivamente impossibile la comunicazione di avvio del procedimento, non sussisteva alcuna concreta ragione, per adottare il provvedimento impugnato, in assoluta carenza di contraddittorio e senza il diretto coinvolgimento della diretta interessata che, nel caso di specie, sarebbe stato quanto mai opportuno, non solo per consentirgli di dimostrare l’estraneità di qualsiasi elemento di colpevolezza a suo carico, ma anche per identificare congiuntamente le misure più idonee e per rendere praticamente attuabile qualsivoglia tipo di intervento.

11. Conclusivamente, ogni altra censura assorbita, il ricorso è fondato e deve essere accolto, con il conseguente annullamento dell’ ordinanza con lo stesso impugnata e con salvezza per le ulteriori determinazioni amministrative che il Comune dovrà adottare, tenendo conto che, in questa materia, necessitano comunicazione di avvio del procedimento ed istruttoria adeguata, svolta in contraddittorio delle parti.

12. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, quinta sezione di Napoli, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n. 1943/2010 R.G.) proposto dalla Regione Campania, così dispone:

a) lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’ordinanza sindacale n. 32 dell’8.2.2010 e fatti salvi gli ulteriori provvedimenti amministrativi;

b) condanna l’intimato Comune al pagamento delle spese giudiziali, complessivamente quantificate in euro 1500,00 (millecinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 06/05/2010 con l'intervento dei Magistrati:

Antonio Onorato, Presidente
Vincenzo Cernese, Consigliere, Estensore
Sergio Zeuli, Primo Referendario

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/05/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO

 


 



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