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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. III - 25 maggio 2010 n. 8713
DIRITTO URBANISTICO - Autorizzazione per la somministrazione di alimenti e
bevande - Accertamento della conformità edilizia e urbanistica del locale -
Presupposto indefettibile. Ai fini del rilascio delle autorizzazioni per la
somministrazione di alimenti e bevande, l’autorità amministrativa competente,
deve verificare non solo la ricorrenza di presupposti e requisiti previsti dalla
L. n. 287/1991 e, più in generale, dalle disposizioni volte alla disciplina
delle attività commerciali, ma anche quelle più specificamente relative alla
legittima utilizzabilità dei locali ai fini dello svolgimento dell’attività
autorizzanda, sia sotto il profilo edilizio-urbanistico sia sotto il profilo
igienico-sanitario. Ne consegue che l’accertamento della conformità del locale
alla disciplina edilizia ed urbanistica, in primis asseverata attraverso la
verifica della realizzazione del locale stesso sulla base di idonei e legittimi
titoli autorizzatori, nonché alla disciplina igienico-sanitaria, asseverata
attraverso idonea verifica, costituiscono presupposti indefettibili per il
rilascio dell’autorizzazione. Di modo che, laddove il locale indicato come luogo
di svolgimento dell’attività non risulti conforme alle citate prescrizioni,
l’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande non può essere
rilasciata. Pres. Romano, Est. Palmarini - C.G. e altri (avv. Iacono) c. Comune
di Ischia (avv. Trani) e Provincia di Napoli (avv. Scetta) - TAR CAMPANIA,
Napoli, Sez. III - 25 maggio 2010, n. 8713
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 08713/2010 REG.SEN.
N. 04828/2007 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 4828 del 2007, proposto da:
Catello Gloria, Maria Antonietta Di Costanzo e Maria Concetta Minopoli,
rappresentati e difesi, giusta procura a margine del ricorso introduttivo
dall’Avvocato Antonio Iacono, con il quale domiciliano in Napoli presso la
segreteria del T.A.R. Campania;
contro
Comune di Ischia, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso giusta
procura in calce alla copia del ricorso notificato e in virtù di deliberazione
di G.C. n. 34 del 31.8.2007 dall’Avvocato Alessandro Trani, con il quale
elettivamente domicilia in Ischia alla via delle Fornaci n. 14;
Provincia di Napoli, in persona del Presidente p.t. della Giunta provinciale,
rappresentata e difesa giusta procura in calce alla copia del ricorso notificato
e in virtù di deliberazione di G.P. n. 680 del 20 settembre 2007 dall’Avvocato
Luciano Scetta, con il quale elettivamente domicilia in Napoli alla p.zza
Matteotti n. 1;
nei confronti di
Mattia Pisano, rappresentato e difeso, dall’Avvocato Giuseppe Di Maio in
sostituzione degli Avvocati Paolo Buono e Lorenzo Bruno Molinaro, con domicilio
eletto in Ischia alla via Morgioni n. 113;
per l'annullamento
a) del provvedimento n. 470 del 29 maggio 2007 recante l’autorizzazione alla
somministrazione al pubblico di alimenti e bevande rilasciata dal Comune di
Ischia a Mattia Pisano relativamente al locale sito in Ischia alla via Regina
Elena n. 25
b) di tutti gli atti preordinati, connessi e consequenziali ivi compreso, per
quanto occorra: della certificazione di agibilità provvisoria del 17 maggio 2005
rilasciata a Mattia Pisano dal dirigente della 1° area del settore tecnico del
Comune di Ischia; della relazione tecnica del geom. Ciro Di Meglio che certifica
che le opere sono conformi a quelle oggetto dell’istanza di condono; dell’art.
86 del regolamento edilizio del Comune di Ischia;
e con motivi aggiunti, per l’annullamento
degli atti sopra indicati (sub a) e sub b).
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Ischia;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Napoli;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Pisano Mattia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22/04/2010 il dott. Paola Palmarini e
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato il 31 luglio 2007 e depositato il successivo 27 agosto i
ricorrenti hanno impugnato l’autorizzazione alla somministrazione al pubblico di
alimenti e bevande rilasciata dal Comune di Ischia al controinteressato Mattia
Pisano gestore dall’anno 2005 del Ristorante “La Conchiglia”.
Premettono i ricorrenti, proprietari di un fabbricato confinante con l’esercizio
commerciale de qua, per lungo tempo inutilizzato, di subire di continuo le
immissioni dannose (olfattive e acustiche) nonché l’occupazione del tratto di
strada adiacente alla loro abitazione a causa dello svolgimento dell’attività di
ristorazione.
A sostegno del gravame deducono i seguenti motivi di ricorso:
1) circa l’illegittimità del certificato di agibilità provvisoria ed in
subordine dell’art. 86 del regolamento edilizio del Comune di Ischia: violazione
degli articoli 24 e 25 del D.P.R. n. 380/2001, violazione dell’articolo 86 del
regolamento edilizio comunale ed eccesso di potere in quanto nel locale sono
stati realizzati lavori abusivi, pende istanza di condono per opere non conformi
a quelle effettivamente poste in essere e non sussiste il requisito della
destinazione d’uso consolidata ai sensi del predetto art. 86, visto che fino
all’anno 2005 il locale era adibito a deposito;
2) circa l’illegittimità della licenza di somministrazione al pubblico di
alimenti e bevande: violazione degli artt. 3 e 6 della legge n. 287/1991,
violazione del d.lg. n. 114/1998, difetto dei presupposti e difetto di
istruttoria in quanto il locale non è conforme alla disciplina edilizia e
urbanistica, non poteva essere rilasciato il certificato di agibilità
provvisoria ai sensi dell’art. 86 del reg. edilizio comunale e andavano indicati
limiti temporali all’autorizzazione alla somministrazione, inoltre, la
superficie dell’esercizio è superiore a quella dichiarata, l’istanza di condono
presentata nel 1995 non corrisponde alle opere realizzate e non è stato
acquisito il parere della Commissione per il commercio.
Si è costituito per resistere al ricorso il Comune di Ischia che ha eccepito in
rito il difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti.
Si è altresì costituita in giudizio la Provincia di Napoli che ha chiesto
l’estromissione dal giudizio sussistendo il difetto di legittimazione passiva
non avendo concorso all’emanazione degli atti impugnati.
Il controinteressato costituendosi in giudizio ha concluso per il rigetto del
ricorso stante la sua inammissibilità e infondatezza.
Con atto per motivi aggiunti notificato il 23 ottobre 2007 e depositato il
successivo giorno 25 i ricorrenti hanno depositato in giudizio copia del
contratto di locazione stipulato in data 1° ottobre 2004 tra il proprietario
dell’immobile e il controinteressato – locatario, dal quale risulta che il
locale in questione era adibito a deposito. Ne deriva, a loro avviso, che
l’apertura del ristorante “La Conchiglia” ha comportato un illegittimo
cambiamento della destinazione d’uso (da deposito ad attività commerciale).
Con memoria depositata in data 25 novembre 2007 il controinteressato ha
argomentato ulteriormente in ordine alla infondatezza del gravame eccependo in
rito la tardività del ricorso principale in ordine alla impugnazione del
permesso di costruire rilasciato in data 14 maggio 2005 e del certificato di
agibilità provvisoria concesso in data 17 maggio 2005.
I ricorrenti hanno insistito per l’accoglimento del ricorso con la memoria
depositata in data 22 novembre 2007.
La domanda di tutela cautelare è stata respinta con l’ordinanza n. 3395 del 22
novembre 2007.
Altre memorie sono state depositate in vista dell’udienza di definizione del
merito della causa dai ricorrenti e dal controinteressato rispettivamente in
date 12 febbraio e 25 febbraio 2010.
Alla pubblica udienza del 22 aprile 2010 la causa è stata trattenuta in
decisione.
DIRITTO
1. In via preliminare vanno esaminate le eccezioni in rito sollevate dal Comune,
dalla Provincia e dal controinteressato.
In primo luogo viene dedotta da parte della difesa comunale la carenza di
legittimazione attiva dei ricorrenti che non subirebbero una diretta lesione dal
provvedimento impugnato.
L’eccezione non ha pregio.
I ricorrenti lamentano i notevoli disagi che derivano loro dall’attività di
ristorazione svolta dal Pisano e resa possibile dall’autorizzazione alla
somministrazione di alimenti e bevande rilasciata dal Comune e impugnata con
l’odierno ricorso. La sezione (sent. n. 2043/2005) si è già espressa in un caso
analogo nel senso della sussistenza delle condizioni dell’azione processuale
statuendo che: “l’interesse ad impugnare gli atti amministrativi concernenti
l'esercizio del potere autorizzatorio relativo ad una attività commerciale in
giurisprudenza è stato per lo più ravvisato con riferimento all'illegittimo
allargamento della concorrenza e quindi in favore di coloro che si trovano in
rapporto di possibile competitività con il gestore dell'azienda (cfr. questa
sezione n.47 del 4.6.1996 e Consiglio di Stato,sez.V, n. 231 del 5.2.1993). In
altri termini non vi sono dubbi che sia legittimato a contrastare
l'autorizzazione commerciale “de qua” colui che subisce un danno dal nuovo
esercizio e quindi il soggetto che esercita la stessa attività, o attività
similare, nella stessa zona. Tuttavia, anche se la legge sul commercio è posta a
tutela del consumatore e della concorrenza, non può essere certo disconosciuto
l'apprezzamento ed il valore di altri interessi, in particolare di quelli degli
abitanti della zona, eventualmente pregiudicati da attività nociva o molesta,
qualora la loro posizione sia presa in considerazione e tutelata da una
specifica norma. Nel caso di specie, la posizione differenziata e qualificata è
configurata dall'espressa disposizione dell'art. 3 della legge 25.8.1991 n. 287,
la quale - nel prescrivere che l'esercizio commerciale è subordinato al
“rispetto delle vigenti norme, prescrizioni ed autorizzazioni in materia
edilizia, urbanistica ed igienico-sanitaria nonché di quelle sulla destinazione
d'uso dei locali e degli edifici” - amplia la sfera delle situazioni soggettive
tutelabili a tutti coloro che si trovino giuridicamente collegati in modo non
effimero con la situazione sulla quale incide il titolo abilitativo. Ne consegue
che va riconosciuta in capo all'odierna ricorrente la legittimazione attiva a
far valere l'interesse di tipo oppositivo, teso ad impedire l'atto ampliativo
della posizione soggettiva del controinteressato, avendo la stessa censurato,
quale proprietaria confinante (con spazi esterni in comune), la pretesa
violazione delle norme urbanistico-edilizie nonché allegato e comprovato il
pregiudizio che detta violazione ha arrecato alla sua sfera giuridica (Consiglio
di Stato n.758 del 23.4.1997).”
In secondo luogo, risulta fondata l’eccezione di difetto di legittimazione
passiva sollevata dalla Provincia di Napoli. Quest’ultima è stata infatti
evocata in giudizio pur non avendo in alcun modo contribuito alla adozione dei
provvedimenti impugnati.
In terzo luogo, sempre in rito, il controinteressato ha eccepito l’irricevibilità
del ricorso per l’intervenuta inoppugnabilità del permesso di costruire
rilasciato in data 14 maggio 2005 e del certificato di agibilità provvisoria del
17 maggio 2005.
L’eccezione è infondata.
Quanto al permesso di costruire è sufficiente osservare che lo stesso non è
stato né oggetto di impugnazione da parte dei ricorrenti né posto a base di
alcuno dei motivi di ricorso se non per richiamare genericamente l’abusività del
manufatto dove si svolge l’attività in contestazione.
Riguardo al certificato di agibilità provvisoria rilasciato nel maggio 2005, la
lesività di tale atto si è concretizzata solo al momento della concessione in
data 29 maggio 2007 dell’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e
bevande per un esercizio commerciale a carattere permanente che ha sostituito la
precedente licenza concessa in data 27 maggio 2005 per un esercizio di carattere
stagionale per la medesima attività. Dalla piena conoscenza dell’esistenza
dell’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande del 29 maggio
2007 decorre pertanto il termine per l’impugnazione che, nella fattispecie, in
mancanza di specifiche controdeduzioni, si deve ritenere rispettato visto che il
ricorso è stato notificato il 31 luglio 2007.
2. Sgombrato il campo dalle eccezioni processuali il ricorso è fondato.
Risulta in particolare fondata e assorbente la violazione dell’art. 3 della
legge n. 287 del 1991 che, al comma 7, dispone che “le attività di
somministrazione di alimenti e bevande devono essere esercitate nel rispetto
delle vigenti norme, prescrizioni ed autorizzazioni in materia edilizia,
urbanistica ed igienico-sanitaria, nonché di quelle sulla destinazione d’uso dei
locali e degli edifici”. Ai fini del rilascio delle autorizzazioni per la
somministrazione di alimenti e bevande, l’autorità amministrativa competente,
come ha già avuto modo di affermare la sezione (sent. n. 9711/2006) “deve
verificare non solo la ricorrenza di presupposti e requisiti previsti dalla
medesima l. n. 287/1991 e, più in generale, dalle disposizioni volte alla
disciplina delle attività commerciali, ma anche quelle più specificamente
relative alla legittima utilizzabilità dei locali ai fini dello svolgimento
dell’attività autorizzanda, sia sotto il profilo edilizio-urbanistico sia sotto
il profilo igienico-sanitario. Ne consegue che l’accertamento della conformità
del locale alla disciplina edilizia ed urbanistica, in primis asseverata
attraverso la verifica della realizzazione del locale stesso sulla base di
idonei e legittimi titoli autorizzatori, nonché alla disciplina
igienico-sanitaria, asseverata attraverso idonea verifica, costituiscono
presupposti indefettibili per il rilascio dell’autorizzazione. Di modo che,
laddove il locale indicato come luogo di svolgimento dell’attività non risulti
conforme alle citate prescrizioni, l’autorizzazione alla somministrazione di
alimenti e bevande non può essere rilasciata.”
Nel caso di specie è incontestato che il locale adibito all’attività commerciale
è stato oggetto di lavori abusi tanto è vero che il proprietario ha presentato
in data 1.3.1995 domanda di condono ai sensi della legge n. 724 del 1994, non
ancora esitata dal Comune. Risulta, dunque, accertato che l’immobile non è allo
stato conforme alla disciplina edilizia e urbanistica, e, pertanto, non potrebbe
ottenere il certificato di agibilità ai sensi dell’art. 24 del D.P.R. n. 380 del
2001. L’accertamento, infatti, delle condizioni di sicurezza, di igiene, di
salubrità e di risparmio energetico dell’immobile rispetto alle specifiche
destinazioni d’uso del locale non può prescindere dalla positiva verifica della
conformità edilizia e urbanistica dello stesso (cfr. T.A.R. Lazio, IIbis 25
maggio 2005, n. 4219, C. d. S., sez. V 5 aprile 2005 n. 1543).
Per superare l’impasse rappresentato dalle numerose domande di condono a fronte
della necessità di assicurare la continuità delle attività economiche in essere,
che si svolgono in immobili non conformi alle disposizioni edilizie e
urbanistiche, e appunto in attesa di condono, il Comune ha introdotto nel
proprio regolamento edilizio l’art. 86 che disciplina il certificato di
agibilità provvisoria. Detto articolo prevede testualmente che: “…per quanto
riguarda il requisito di agibilità, fermo restando che, ai sensi del d.lg. n.
380/2001, per gli edifici oggetto di istanze di condono edilizio la sospensione
dei procedimenti amministrativi e giurisdizionali, anche penali, comporta che i
titolari hanno facoltà di continuare ad utilizzare gli immobili per le
destinazioni d’uso consolidate ed in atto alla data di presentazione delle
istanze, pur in assenza di un formale certificato di agibilità, qualora il
titolare formuli richiesta di certificato di agibilità questo può essere
rilasciato a titolo provvisorio, nel rispetto delle condizioni dettate dall’art.
4 del D.P.R. n. 425 del 1994, con la precisazione che nella dichiarazione del
direttore dei lavori, altro tecnico incaricato, deve essere certificato che le
opere sono conformi a quelle oggetto della istanza di condono. L’esercizio delle
facoltà di cui ai commi precedenti non pregiudica né condiziona l’esito delle
istanze di condono. Esso è comunque escluso in tutti i casi di istanze rigettate
o incomplete della documentazione prescritta dalla legge nonché di opere
eseguite in zone dove si verifica l’insanabilità…”.
A prescindere dalle contestazioni formulate dai ricorrenti circa la non
corrispondenza della domanda di condono presentata nel 1995 rispetto alle opere
effettivamente realizzate, meritevole di attenzione è la dedotta mancanza del
requisito della “destinazione d’uso consolidata” nel momento in cui è stato
concesso il certificato di agibilità provvisoria di cui all’art. 86. Più in
particolare, rilevano i ricorrenti che il locale in contestazione, dove un tempo
si trovava il “Ristorante Carolina” è stato per lunghi anni adibito a deposito e
solo di recente, nel 2005 riattivato dal controinteressato. Tale stato di fatto,
risulta inequivocabilmente dalla documentazione prodotta in atti e non è
smentito dal controinteressato. Il 1° ottobre 2004, infatti, il Pisano dopo aver
preso in locazione il “locale già adibito a deposito” ha chiesto e ottenuto dal
Comune il permesso (in data 14 maggio 2005) per effettuare, tra l’altro, opere
di adeguamento igienico sanitario al fine di acquisire il certificato di
agibilità provvisoria e l’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e
bevande.
In proposito il cotrointeressato, pur non smentendo la sequenza degli eventi
sopra riportata, controdeduce che “il locale in questione è ed è da sempre stato
destinato a ristorante”. Ciò troverebbe conferma sia da quanto riportato nella
sentenza penale del 1992 che fa riferimento alla realizzazione di una struttura
“soprastante un vecchio ristorante” sia dall’istanza di condono edilizio
presentate nel 1995 riguardante un’“opera adibita a ristorante denominato
“Trattoria Carolina”.
Tutto ciò premesso, rileva il Collegio che il cuore della controversia sta
nell’interpretare l’articolo 86 del regolamento edilizio laddove consente ai
richiedenti il condono di continuare nelle more della definizione dello stesso
“a utilizzare gli immobili per le destinazioni d’uso consolidate ed in atto alla
data di presentazione delle istanze” attraverso la procedura del certificato di
agibilità provvisoria.
Dal tenore letterale della disposizione sembrerebbe possibile ottenere il
certificato di agibilità provvisoria per immobili che avevano “in atto” alla
data di presentazione della domanda di condono una certa “destinazione d’uso
consolidata”. In altri termini una volta “fotografata” la situazione esistente
al momento della richiesta di condono sarebbe possibile chiedere la
certificazione di agibilità anche se nel frattempo quella particolare
destinazione d’uso è cessata. Tale interpretazione indirettamente sostenuta dal
controinteressato, non può essere condivisa.
Fondamentale al riguardo la considerazione che ci si trova di fronte a una norma
di natura eccezionale che deroga al principio secondo il quale la concessione
del certificato di agibilità pur essendo teso a verificare le condizioni di
salubrità e di abitabilità dell’edificio in relazione al suo utilizzo non può
riguardare manufatti non conformi alla disciplina edilizia e urbanistica. Si
impone, dunque una interpretazione rigorosa e restrittiva dell’istituto
dell’agibilità provvisoria introdotto dal regolamento comunale, valorizzando
l’elemento della continuità nelle destinazioni d’uso degli immobili.
Destinazioni d’uso consolidate, che devono quindi sussistere sia alla data di
presentazione delle domande di condono sia nel momento in cui si richiede il
certificato di agibilità provvisoria.
Se si guarda poi alla ratio dell’articolo 86 del regolamento edilizio non si può
non far prevalere l’interpretazione teleologica su quella letterale. L’obiettivo
perseguito dall’amministrazione con la norma de qua è infatti quello di non
determinare un blocco delle attività commerciali esistenti nelle more della
definizione delle istanze di condono. In altri termini la disposizione è volta a
salvaguardare le attività commerciali in essere al momento della domanda di
condono ma che continuano a esercitarsi anche dopo quella data e segnatamente
allorquando viene richiesta l’agibilità. Altrimenti, lungi dal garantire al
titolare dell’istanza di condono il mantenimento della situazione dell’immobile
ossia nella specie la destinazione commerciale e l’uso in atto, si consentirebbe
per questa strada di avviare nuove e diverse attività in immobili non conformi
alle norme edilizie e urbanistiche.
Tornando al caso che occupa il controinteressato non poteva legittimamente
ottenere il certificato di agibilità provvisoria per l’immobile, difettando il
requisito voluto dall’articolo 86 della “destinazione d’uso consolidata”.
Infatti, il manufatto pur adibito a ristorante alla data di presentazione della
domanda di condono è stato successivamente, e per molti anni usato solo come
deposito e lo era ancora quando ne è stata chiesta l’agibilità allo scopo di
riaprire il ristorante.
In conclusione risulta fondata la dedotta violazione dell’articolo 3 della legge
n. 281 del 1997 in quanto l’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e
bevande è stata illegittimamente accordata sulla base di un certificato di
agibilità provvisoria illegittimo.
L’illegittimità della licenza di somministrazione di alimenti e bevande rileva
altresì sotto altro profilo (secondo motivo di ricorso) laddove è stata concessa
a tempo indeterminato in presenza di un certificato di agibilità per natura
provvisorio in quanto condizionato all’esito dell’istanza di condono.
Per quanto precede il ricorso va accolto restando assorbiti gli ulteriori motivi
proposti.
3. Stante la particolarità della materia trattata sussistono giusti motivi per
compensare le spese tra tutte le parti del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, sez. III,
definitivamente pronunciando sul ricorso principale e su quello per motivi
aggiunti di cui in epigrafe (R.G. 4828/2007), li accoglie e per l’effetto
annulla i provvedimenti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 22/04/2010 con
l'intervento dei Magistrati:
Saverio Romano, Presidente
Ida Raiola, Primo Referendario
Paola Palmarini, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/05/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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