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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
T.A.R.
EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 22 dicembre 2010 n. 552
VIA - Regione Emilia Romagna - Termini di conclusione del procedimento - L.r.
n. 9/99 - Carattere perentorio - Esclusione - Disciplina statale - Art. 26
d.lgs. n. 152/2006 - Superamento del termine - Consumazione del potere -
Inconfigurabilità. Per non essere i termini di cui alla legge reg. Emilia
Romagna n. 9/1999, di conclusione del procedimento di valutazione di impatto
ambientale, assistiti da un’ espressa decadenza e per non essere previste
conseguenze giuridicamente significative o sanzioni in conseguenza della loro
decorrenza, se ne deve escludere il carattere della perentorietà ed optare
piuttosto per la natura sollecitatoria, a tutela dell’interesse primario a
contenere in tempi ragionevoli le varie fasi delle procedure autorizzative (v.
TAR Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, 6 ottobre 2009 n. 1755). Analogamente, il
termine previsto dalla disciplina statale ha natura ordinatoria: per il suo
superamento non viene indicata alcuna conseguenza o sanzione, onde il tardivo
adempimento non produce la consumazione del potere (v. Cons. Stato, Sez. VI, 22
ottobre 2009 n. 6499). Ciò appare evidente anche dal disposto del vigente art.
26 del d.lgs. n. 152 del 2006, che - al pari della normativa regionale - si
limita a regolare l’esercizio del potere sostitutivo da parte di altra Autorità,
non certamente ad introdurre una definitiva preclusione a provvedere. Pres.
Perrelli, Est. Caso - Associazione W. (avv.ti Gualandi e Minotti) c. Provincia
di Parma (avv. Rutigliano), Comune di Parma (avv. Pontiroli) e altri (n.c.).
TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 22 dicembre 2010 n. 552
VIA - Procedimento - Integrazione documentale - Art. 13 L.r. Emilia Romagna
n. 9/99 - Nuova fase di pubblicità - Revisione di aspetti qualificanti.
L’integrazione della documentazione e degli elaborati progettuali è ipotesi
espressamente regolata dall’art. 13 della legge reg. Emilia Romagna n. 9 del
1999, senza che sia tuttavia prevista una nuova fase di pubblicità degli atti e
di presentazione di osservazioni da sottoporre al vaglio della competente
Autorità amministrativa. E’ pur vero tuttavia, che, quando interviene una
revisione di aspetti qualificanti delle proposte tecniche originarie, si impone
una rinnovazione della fase di partecipazione, per essere in questo caso venuta
a variare, almeno in parte, l’identità stessa dell’opera interessata dalla
«valutazione di impatto ambientale» (cfr. la disciplina statale recata dall’art-
26, c. 3 d.lgs. n. 152/2006). Pres. Perrelli, Est. Caso - Associazione W.
(avv.ti Gualandi e Minotti) c. Provincia di Parma (avv. Rutigliano), Comune di
Parma (avv. Pontiroli) e altri (n.c.). TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 22
dicembre 2010 n. 552
VIA - Normativa - Competenza esclusiva statale - Contrasto tra disciplina
statale e disciplina regionale - Prevalenza della disciplina statale - Art. 17,
c. 7 l.r. Emilia Romagna n. 9/99 - Art. 26 d.lgs. n. 152/2006. La normativa
sulla «valutazione di impatto ambientale» inerisce alla materia della “tutela
dell’ambiente”, di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117,
comma 2, lett. s), Cost., sicché - seppure possono essere presenti ambiti
materiali di spettanza regionale, soprattutto nel campo della tutela della
salute - deve ritenersi prevalente, in ragione della precipua funzione cui
assolve il procedimento in esame, il titolo di legittimazione statale
all’adozione della relativa disciplina, non venendo neppure in rilievo la
dicotomia “norme di principio - norme di dettaglio”, dal momento che tale
differenziazione opera soltanto nei confronti delle materie di competenza
concorrente, con esclusione delle materie tanto di competenza esclusiva dello
Stato quanto di competenza residuale delle Regioni (così Corte cost. 23 luglio
2009 n. 234). Pertanto, nel contrasto tra disciplina statale e disciplina
regionale (art. 17, c. 7 .l.r. Emilia Romagna n. 9/1999), prevale la prima, sia
che si assuma a riferimento il previgente art. 40, comma 4, del d.lgs. n. 152
del 2006 sia che si assuma a riferimento l’attuale art. 26, comma 6, del d.lgs.
n. 152 del 2006, entrambi ancorati ad una durata quinquennale della «valutazione
di impatto ambientale», che opera ex lege, in assenza dell’adozione di apposite
prescrizioni da parte dell’Autorità amministrativa (cui la norma più recente
conferisce la mera facoltà di fissare un termine maggiore). Pres. Perrelli, Est.
Caso - Associazione W. (avv.ti Gualandi e Minotti) c. Provincia di Parma (avv.
Rutigliano), Comune di Parma (avv. Pontiroli) e altri (n.c.). TAR EMILIA
ROMAGNA, Parma, Sez. I - 22 dicembre 2010 n. 552
DIRITTO URBANISTICO - VIA - Variante urbanistica funzionale alla
realizzazione di progetto sottoposto a VIA - Vas o Verifica di assoggettabilità
- Autonoma elaborazione di piani e programmi. In presenza di una variazione
urbanistica funzionale alla realizzazione di un progetto contemporaneamente
interessato dalla procedura di valutazione di impatto ambientale, quest’ultima
esaurisce le verifiche in tale fase richieste dalla legge, mentre la valutazione
ambientale strategica (art. 6, comma 1, d.lgs. n. 152/2006) e la verifica di
assoggettabilità (art. 12 d.lgs. n. 152/2006) riguardano i soli casi di autonoma
elaborazione di piani e programmi idonei ad incidere in modo rilevante
sull’ambiente. Pres. Perrelli, Est. Caso - Associazione W. (avv.ti Gualandi e
Minotti) c. Provincia di Parma (avv. Rutigliano), Comune di Parma (avv.
Pontiroli) e altri (n.c.). TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 22 dicembre
2010 n. 552
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N. 00552/2010 REG.SEN.
N. 00164/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 164 del 2009 proposto da W.W.F. Italia - Associazione Italiana
per il World Wide Fund for Nature O.N.G. - Onlus, in persona del Presidente e
legale rappresentante p.t. Stefano Leoni, difesa e rappresentata dall’avv.
Federico Gualandi e dall’avv. Francesca Minotti, con domicilio presso la
Segreteria della Sezione;
contro
la Provincia di Parma, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa
dall’avv. Massimo Rutigliano e presso lo stesso elettivamente domiciliata in
Parma, b.go S. Brigida n. 1;
il Comune di Parma, in persona del vice Sindaco p.t., rappresentato e difeso
dall’avv. Elena Pontiroli e presso la stessa elettivamente domiciliato in Parma,
via Mistrali n. 4;
il Comune di Colorno, il Comune di Torrile, l’Unione dei Comuni di Sorbolo e
Mezzani, l’A.T.O. n. 2 - Agenzia Territoriale d’Ambito per i Servizi pubblici di
Parma, l’AUSL di Parma, l’ARPA Emilia-Romagna (sede di Parma), non costituiti in
giudizio;
nei confronti di
ENIA S.p.A., ora IREN AMBIENTE S.p.A., in persona del legale rappresentante
Andrea Viero, difesa e rappresentata dall’avv. Giorgio Cugurra e dall’avv.
Emilia Giulia Di Fava, e presso il primo elettivamente domiciliata in Parma, via
Mistrali n. 4;
per l'annullamento
della deliberazione della Giunta provinciale di Parma n. 938 del 15 ottobre
2008, avente ad oggetto l’approvazione della “valutazione d’impatto ambientale e
di AIA del progetto PAIP - Polo Ambientale integrato per la gestione dei rifiuti
di Parma”;
dei presupposti verbali della Conferenza di servizi del 15, 18 e 21 luglio 2008
e del Rapporto di impatto ambientale;
di ogni atto presupposto, collegato, inerente, conseguente o comunque connesso.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Parma, del Comune
di Parma e di ENIA S.p.A. (ora IREN AMBIENTE S.p.A.);
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore il dott. Italo Caso;
Uditi, per le parti, alla pubblica udienza del 7 dicembre 2010 i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con istanza presentata in data 27 novembre 2007 la ENIA S.p.A. chiedeva alla
Provincia di Parma l’avvio della procedura di «valutazione di impatto
ambientale» (VIA), ai sensi dell’art. 13 della legge reg. n. 9 del 1999, e il
rilascio dell’«autorizzazione integrata ambientale» (AIA), ai sensi dell’art. 10
della legge reg. 21 del 2004, relativamente al progetto di realizzazione del
“Polo integrato ambientale per la gestione dei rifiuti dell’ATO di Parma”; in
particolare, il progetto includeva il termovalorizzatore cogenerativo (TVC) per
la produzione di energia elettrica e di energia termica (struttura denominata
C3), un impianto di trattamento e selezione di rifiuti speciali non pericolosi,
indifferenziati e da spazzamento, multimateriale (vetro, plastica, barattolame -
VPB) e raccolta differenziata (struttura denominata C1), un impianto di
stoccaggio di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi (struttura denominata
C2) e una centrale termica di produzione di calore ad integrazione dell’energia
prodotta dal TVC. L’area, di superficie pari a circa 57 ettari, veniva
localizzata nel territorio del Comune di Parma, a nord-est dell’abitato,
confinando a nord con il cimitero di Ugozzolo, ad est con via Ugozzolo, a sud
con strada comunale Nuova Naviglio e strada Traversante Pedrignano, ad ovest con
il Canale Naviglio. In data 21 gennaio 2008, ai sensi dell’art. 18 della legge
reg. n. 9 del 1999, la Provincia di Parma indiceva la Conferenza di Servizi per
l’esame degli elaborati progettuali e del SIA nonché per l’acquisizione di tutti
gli atti autorizzativi richiesti dal proponente per la realizzazione del
progetto, al cui esito, in data 21 luglio 2008, veniva disposta l’approvazione
del Rapporto sull’impatto ambientale del progetto e venivano individuate le
«prescrizioni» da osservare per l’ammissibilità della realizzazione delle
relative opere. Infine, con deliberazione giuntale n. 938 del 15 ottobre 2008,
la Provincia di Parma decretava di approvare a sua volta e fare proprio il
Rapporto sull’impatto ambientale del progetto, di approvare lo schema di AIA e
la valutazione di impatto ambientale del progetto, ivi comprese le
«prescrizioni» in precedenza individuate.
Ritenendo tale provvedimento gravemente ingiusto ed illegittimo, l’associazione
ricorrente proponeva ricorso straordinario al Capo dello Stato. Deduceva
l’inosservanza dei termini di cui all’art. 16, comma 1, e all’art. 18, comma 7,
della legge reg. n. 9 del 1999, per essere stata tardivamente deliberata la
«valutazione di impatto ambientale» e per essersi conclusi in ritardo anche i
lavori della Conferenza di servizi; denunciava la lesione del principio del
“giusto procedimento”, per essere stato il progetto completamente rielaborato a
sèguito della richiesta di integrazioni, e poi presentato nella sua versione
definitiva solo cinque giorni prima dell’approvazione da parte della Conferenza
di servizi, così impedendo un’effettiva partecipazione ai vari soggetti
interessati (in contrasto con il modulo procedimentale risultante dagli artt. 1,
3, 13, 14 e 15 della legge reg. n. 9/99); lamentava la violazione dell’art. 17,
comma 7, della legge reg. n. 9 del 1999, per non avere il provvedimento di
«valutazione di impatto ambientale» indicato l’arco temporale di efficacia delle
proprie determinazioni, acquisendo in questo modo una inammissibile validità
sine die; censurava il difetto di conformità urbanistica del progetto sottoposto
a VIA, essendo l’approvazione da parte della Conferenza di servizi (in data 21
luglio 2008) e l’approvazione da parte della Provincia di Parma (in data 15
ottobre 2008) intervenute quando ancora non aveva acquisito efficacia la
variante al POC deliberata dall’Amministrazione comunale (efficacia da
ricondurre al 21 ottobre 2008, a seguito di pubblicazione sul bollettino
regionale); si doleva della mancata effettuazione della «valutazione ambientale
strategica» (art. 6, comma 1, d.lgs. n. 152/2006) o quanto meno della «verifica
di assoggettabilità» (art. 12 d.lgs. n. 152/2006); prospettava la palese
violazione del “piano provinciale di tutela e risanamento della qualità
dell’aria”, per difettare, in relazione ad un’area già di per sé ad elevato
rischio quanto all’inquinamento atmosferico, l’adozione di misure realmente
idonee a scongiurare gli effetti negativi conseguenti all’incremento di
emissioni inquinanti; faceva valere la carenza del parere comunale di cui
all’art. 10, comma 3, della legge reg. n. 21 del 2004 e all’art. 18, comma 6,
della legge reg. n. 9 del 1999, e comunque la mancata analisi degli effetti,
positivi e negativi, diretti ed indiretti, derivanti dall’impianto sul sistema
insediativo territoriale; deduceva la violazione dell’art. 37 del p.t.c.p., per
essere stato approvato il progetto dell’impianto nonostante l’assenza delle aree
destinate alla temporanea raccolta delle acque meteoriche, aree in realtà
previste da una variante al POC solo adottata, quindi priva di rilevanza;
adduceva il sovradimensionamento dell’impianto, tenuto conto delle previsioni
del “piano provinciale per la gestione dei rifiuti” e delle priorità di
trattamento e gestione dei rifiuti indicate dall’art. 179 del d.lgs. n. 152 del
2006, con ricadute negative anche sulla stessa “raccolta differenziata”, che pur
dovrebbe essere favorita; denunciava il difetto di istruttoria derivante
dall’omessa analisi dei rischi di contaminazione delle produzioni
agrozootecniche in conseguenza delle emissioni inquinanti dell’impianto, anche
alla luce di quanto previsto dall’art. 21 del d.lgs. n. 228 del 2001; lamentava
la genericità della previsione della successiva redazione di “istruzioni
operative” per la gestione di situazioni di malfunzionamento dell’impianto,
mentre sarebbe stato necessario curare preventivamente un’analisi delle
possibili anomalie e specificare le misure predisposte per ovviarvi (art. 4 del
d.lgs. n. 133/2005; artt. 3 e 7 del d.lgs. n. 59/2005).
Avendo, poi, la Provincia di Parma, il Comune di Parma e la ENIA S.p.A. fatto
rituale opposizione al ricorso straordinario, ai sensi dell’art. 10 del d.P.R.
n. 1199 del 1971, l’associazione ricorrente ha provveduto alla conseguente
trasposizione in sede giurisdizionale.
Si sono costituiti in giudizio la Provincia di Parma, il Comune di Parma e la
ENIA S.p.A., opponendosi all’accoglimento del ricorso.
L’istanza cautelare della ricorrente veniva respinta dalla Sezione alla Camera
di Consiglio del 14 luglio 2009 (ord. n. 125/09).
All’udienza del 7 dicembre 2010, ascoltati i rappresentanti delle parti, la
causa è passata in decisione.
E’ innanzi tutto chiamato il Collegio ad occuparsi dell’eccezione sollevata
dalla difesa della Provincia di Parma, la quale adduce tardiva l’instaurazione
della lite a mezzo di ricorso straordinario, e quindi inammissibile la sua
trasposizione in sede giurisdizionale. In particolare, muovendo dal presupposto
che nel termine decadenziale di 120 giorni le notificazioni ai controinteressati
debbano già essersi perfezionate con l’effettiva ricezione dell’atto da parte
dei destinatari – onde consentire la tempestiva presentazione del ricorso
all’Autorità amministrativa corredata della prova del buon esito del suindicato
adempimento formale (dispone l’art. 9, comma 2, del d.P.R. n. 1199 del 1971 che
“nel detto termine, il ricorso deve essere notificato nei modi e con le forme
prescritti per i ricorsi giurisdizionali ad uno almeno dei controinteressati e
presentato con la prova dell’eseguita notificazione all’organo che ha emanato
l’atto o al Ministero competente …”) –, si assume non verificatasi nella
fattispecie la condizione di legge, giacché la Provincia di Parma ha ricevuto
copia del ricorso solo dopo il termine finale del 5 marzo 2009 e senza prova
della notificazione ai controinteressati, mentre al Ministero dell’Ambiente
risulta inviato il ricorso l’ultimo giorno utile, quando non era evidentemente
possibile dimostrare che l’Amministrazione provinciale ne avesse già ricevuto
copia.
L’eccezione è infondata.
Va rilevato che, per costante giurisprudenza, tra i controinteressati di cui
all’art. 9, comma 2, del d.P.R. n. 1199 del 1971 non rientra l’Autorità non
statale che ha posto in essere l’atto oggetto della controversia, con la
conseguenza che non è richiesta a pena di inammissibilità la notificazione del
ricorso straordinario alla stessa (v. Cons. Stato, Sez. I, 30 giugno 2004 n.
6562) e che il contraddittorio nei suoi confronti può, all’occorrenza, essere
integrato d’ufficio a cura del Ministero che si occupa dell’istruttoria (v.
Cons. Stato, Sez. III, 1° luglio 2003 n. 848). Diviene allora irrilevante – non
trattandosi di una notificazione richiesta dalla legge – che l’Amministrazione
provinciale abbia nella fattispecie ricevuto l’atto solo dopo la scadenza del
termine decadenziale e quando era già stato inviato il ricorso straordinario al
Ministero dell’Ambiente, mentre nessuna prova è stata fornita dell’eventualità
che la notificazione alla ENIA S.p.A. o ad altri soggetti si sia perfezionata in
data successiva al 5 marzo 2009; il che è sufficiente a disattendere l’eccezione
dedotta, non essendo neppure a questo punto necessario appurare cosa debba
intendersi per “…eseguita notificazione …” nel contesto dell’art. 9, comma 2,
del d.P.R. n. 1199 del 1971.
Nel merito, una prima questione deriva dal lamentato indebito protrarsi del
procedimento, a fronte di lavori della Conferenza di servizi conclusisi oltre il
termine di cui all’art. 18, comma 7, della legge reg. n. 9 del 1999 (“I lavori
della conferenza di servizi si concludono entro 100 giorni dalla pubblicazione
nel Bollettino Ufficiale della Regione …”) e di una pronuncia in ordine alla
«valutazione di impatto ambientale» intervenuta in ritardo rispetto a quanto
stabilito dall’art. 16, comma 1, della legge reg. n. 9 del 1999 (“L’autorità
competente delibera la valutazione d’impatto ambientale (VIA), entro 120 giorni
dalla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione …”). Sennonché, in
riferimento ad una vicenda del tutto analoga – anche quanto alla disciplina
regionale asseritamente disattesa –, la giurisprudenza ha rilevato che, per non
essere detti termini assistiti da una espressa decadenza e per non essere
previste conseguenze giuridicamente significative o sanzioni in conseguenza
della loro decorrenza, se ne deve escludere il carattere della perentorietà ed
optare piuttosto per la natura sollecitatoria, a tutela dell’interesse primario
a contenere in tempi ragionevoli le varie fasi delle procedure autorizzative (v.
TAR Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, 6 ottobre 2009 n. 1755). Ad analoghe
conclusioni la giurisprudenza è pervenuta in relazione alla corrispondente
disciplina statale, desumendo che si tratta di termine ordinatorio dalla
circostanza che per il suo superamento non viene indicata alcuna conseguenza o
sanzione, onde il tardivo adempimento non produce la consumazione del potere (v.
Cons. Stato, Sez. VI, 22 ottobre 2009 n. 6499), così come appare evidente anche
dal disposto del vigente art. 26 del d.lgs. n. 152 del 2006, che – al pari della
normativa regionale – si limita a regolare l’esercizio del potere sostitutivo da
parte di altra Autorità, non certamente ad introdurre una definitiva preclusione
a provvedere. Di qui l’infondatezza della censura, indipendentemente da ogni
indagine circa il concreto svolgersi del procedimento e l’ammissibilità di
termini procedimentali diversi da quelli definiti in sede di disciplina statale.
Quanto, poi, alla dedotta lesione del principio del “giusto procedimento” – per
essersi provveduto alla rielaborazione del progetto in prossimità della
determinazione conclusiva della Conferenza di servizi ed essersi in tal modo
impedita un’effettiva partecipazione degli interessati secondo il modulo
procedimentale disegnato dagli artt. 1, 3, 13, 14 e 15 della legge reg. n. 9 del
1999 –, osserva il Collegio che l’integrazione della documentazione e degli
elaborati progettuali è ipotesi espressamente regolata dall’art. 13 della legge
reg. n. 9 del 1999, senza che sia tuttavia prevista una nuova fase di pubblicità
degli atti e di presentazione di osservazioni da sottoporre al vaglio della
competente Autorità amministrativa. E’ pur vero che, quando interviene una
revisione di aspetti qualificanti delle proposte tecniche originarie, si impone
una rinnovazione della fase di partecipazione, per essere in questo caso venuta
a variare, almeno in parte, l’identità stessa dell’opera interessata dalla
«valutazione di impatto ambientale», tanto che la normativa statale – nel testo
vigente all’epoca in cui si è svolto il procedimento in questione – prevedeva
che “…L’autorità competente, ove ritenga rilevante per il pubblico la conoscenza
dei contenuti delle integrazioni, dispone che il proponente depositi copia delle
stesse presso l’apposito ufficio dell’autorità competente e dia avviso
dell’avvenuto deposito secondo le modalità di cui all’articolo 24, commi 2 e 3.
In tal caso chiunque entro sessanta giorni può presentare osservazioni
aggiuntive …” (art. 26, comma 3, d.lgs. n. 152/2006), e che l’attuale
disciplina, estranea ratione temporis al caso de quo, prescrive ora che
“l’autorità competente, ove ritenga che le modifiche apportate siano sostanziali
e rilevanti per il pubblico, dispone che il proponente depositi copia delle
stesse ai sensi dell’articolo 23, comma 3, e, contestualmente, dia avviso
dell’avvenuto deposito secondo le modalità di cui all’articolo 24, commi 2 e 3.
Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione del progetto emendato ai
sensi del presente articolo, chiunque abbia interesse può prendere visione del
progetto e del relativo studio di impatto ambientale, presentare proprie
osservazioni …” (art. 26, comma 3-bis, d.lgs. n. 152/2006); tuttavia, la
ricorrente denuncia in modo solo generico la circostanza che sarebbe stata medio
tempore snaturata l’opera inizialmente prevista o che comunque si sarebbe
realizzata una vera e propria rielaborazione radicale del progetto, mentre era
suo onere la puntuale indicazione dei profili innovativi in tal senso rilevanti,
ovvero la specificazione delle modifiche sostanziali che la versione definitiva
degli elaborati avrebbe a suo dire fatto registrare, dovendosi altrimenti
presumere che si sia trattato di un mero affinamento e, quindi, soltanto di una
più dettagliata rappresentazione delle scelte progettuali originarie.
Né è fondata la doglianza con cui si assume fonte di illegittimità l’omessa
determinazione del termine di efficacia della «valutazione di impatto
ambientale», per violazione del disposto dell’art. 17, comma 7, della legge reg.
n. 9 del 1999 (“In relazione alle caratteristiche del progetto, la valutazione
di impatto ambientale (VIA) positiva stabilisce la propria efficacia temporale,
in ogni caso non inferiore a tre anni, anche in deroga ai termini inferiori
previsti per gli atti ricompresi e sostituiti …”). Va considerato che la
normativa sulla «valutazione di impatto ambientale» inerisce alla materia della
“tutela dell’ambiente”, di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art.
117, comma 2, lett. s), Cost., sicché – seppure possono essere presenti ambiti
materiali di spettanza regionale, soprattutto nel campo della tutela della
salute – deve ritenersi prevalente, in ragione della precipua funzione cui
assolve il procedimento in esame, il titolo di legittimazione statale
all’adozione della relativa disciplina, non venendo neppure in rilievo la
dicotomia “norme di principio - norme di dettaglio”, dal momento che tale
differenziazione opera soltanto nei confronti delle materie di competenza
concorrente, con esclusione delle materie tanto di competenza esclusiva dello
Stato quanto di competenza residuale delle Regioni (così Corte cost. 23 luglio
2009 n. 234). Pertanto, nel contrasto tra disciplina statale e disciplina
regionale, prevale la prima, sia che si assuma a riferimento il previgente art.
40, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006 sia che si assuma a riferimento
l’attuale art. 26, comma 6, del d.lgs. n. 152 del 2006, entrambi ancorati ad una
durata quinquennale della «valutazione di impatto ambientale», che opera ex lege,
in assenza dell’adozione di apposite prescrizioni da parte dell’Autorità
amministrativa (cui la norma più recente conferisce la mera facoltà di fissare
un termine maggiore).
Quanto, ancora, alla denunciata carenza di “conformità urbanistica” del progetto
– in ragione dell’acquisita efficacia della variante al POC in data successiva
all’approvazione deliberata dalla Conferenza di servizi e dalla Provincia di
Parma –, ritiene il Collegio che, per essere detta variante urbanistica
funzionalmente collegata alla procedura di «valutazione di impatto ambientale»,
la denunciata discrepanza temporale tra la fase di integrazione di efficacia
della prima e la conclusione della seconda non si risolva in un vizio di
legittimità della VIA ma in una produzione degli effetti necessariamente
differiti al completarsi della fattispecie complessa costituita dall’adeguamento
della disciplina di piano e dalla pronuncia di compatibilità ambientale del
progetto. Non si tratta, quindi, di procedimenti del tutto autonomi e per questo
contraddistinti dall’ordinario schema legittimità/illegittimità dell’opera
pubblica in ragione della preesistenza o meno del prescritto requisito della
“conformità urbanistica”, quanto piuttosto di procedimenti coordinati verso
l’unitario risultato della formazione del titolo giuridico inerente la
sostenibilità ambientale del progetto. In tale quadro, allora, diviene
irrilevante che la variante al POC sia stata pubblicata e sia quindi entrata in
vigore qualche giorno dopo la pronuncia favorevole di VIA, per avere
l’Amministrazione provinciale assunto la propria determinazione quando era già
intervenuta l’approvazione comunale della variante – così accertando anche
l’insussistenza di ragioni ostative di carattere urbanistico –, mentre gli
effetti sono rimasti implicitamente subordinati all’avverarsi della condizione
dell’acquisizione dell’efficacia di quella variante, quale elemento costitutivo
della fattispecie complessa che si è visto essere composta dall’adeguamento
della disciplina di piano e dalla pronuncia di compatibilità ambientale del
progetto; né, d’altra parte, appare significativo che la Conferenza di servizi
si fosse a sua volta pronunciata sulla sola base dell’atto comunale di adozione
della variante urbanistica, atteso il parallelo svolgersi dei due procedimenti e
la necessità, per quanto detto, che la coerenza delle relative determinazioni si
avverasse all’esito della fattispecie complessa suindicata, il tutto secondo un
modulo procedurale che non risulta in sé lesivo degli interessi coinvolti.
Quanto, invece, alla mancata effettuazione della «valutazione ambientale
strategica» (art. 6, comma 1, d.lgs. n. 152/2006) o quanto meno della «verifica
di assoggettabilità» (art. 12 d.lgs. n. 152/2006), rileva il Collegio come dal
sistema si evinca che, in presenza di una variazione urbanistica funzionale alla
realizzazione di un progetto contemporaneamente interessato dalla procedura di
«valutazione di impatto ambientale», quest’ultima esaurisce le verifiche in tale
fase richieste dalla legge, mentre la «valutazione ambientale strategica» e la
«verifica di assoggettabilità» riguardano i soli casi di autonoma elaborazione
di piani e programmi idonei ad incidere in modo rilevante sull’ambiente. Al
contrario, dunque, di quanto da ultimo sostenuto dalla ricorrente (v. memoria
depositata il 25 novembre 2010), la sopraggiunta norma di cui all’art. 6, comma
12 (“Per le modifiche dei piani e dei programmi elaborati per la pianificazione
territoriale o della destinazione dei suoli conseguenti a provvedimenti di
autorizzazione di opere singole che hanno per legge l’effetto di variante ai
suddetti piani e programmi, ferma restando l’applicazione della disciplina in
materia di VIA, la valutazione ambientale strategica non è necessaria per la
localizzazione delle singole opere”) ha la sola finalità di esplicitare una
previsione già insita nel sistema, perché coerente con l’esigenza di non
aggravare inutilmente il procedimento.
Altra doglianza è imperniata sull’insufficienza delle misure preordinate al
contenimento dell’inquinamento atmosferico, ad avviso della ricorrente destinato
ad incrementarsi in modo significativo per effetto delle emissioni derivanti dal
nuovo impianto, sicché si sarebbero in tal modo disattese le prescrizioni di cui
agli artt. 27 e 28 delle n.t.a. del “piano provinciale di tutela e risanamento
della qualità dell’aria”. Trattandosi, tuttavia, di questione legata non
all’esistenza in sé degli strumenti di intervento previsti, ma all’adeguatezza
degli stessi rispetto all’obiettivo della protezione della qualità dell’aria
nella zona interessata dalla localizzazione dell’impianto da installare, il
Collegio è dell’avviso che, in assenza di macroscopiche incongruenze, il
sindacato giurisdizionale invocato si risolverebbe in una inammissibile verifica
del merito delle scelte operate da organi dotati di potere
tecnico-discrezionale, tanto più che, per la molteplicità delle misure
mitigatrici e delle opere di compensazione nella circostanza previste e per la
varietà delle condizioni ambientali e delle esigenze territoriali da prendere in
considerazione, non risulta neppure possibile avvalersi di accertamenti
meramente tecnici, privi di margini di discrezionalità ed opinabilità, su cui
poter basare un efficace controllo giudiziale in sede di giurisdizione generale
di legittimità.
Quanto, poi, alla denunciata carenza del parere comunale di cui all’art. 10,
comma 3, della legge reg. n. 21 del 2004 (in merito all’«autorizzazione
integrata ambientale») e all’art. 18, comma 6, della legge reg. n. 9 del 1999
(in ordine alla compatibilità ambientale del progetto), occorre considerare che
in sede di Conferenza di servizi risulta espresso il parere favorevole del
Comune di Parma, pur con una formula onnicomprensiva apparentemente inidonea a
far comprendere di quale potere si sia in concreto fatto uso, ma in realtà
tipica di una sede procedimentale nella quale le varie Amministrazioni, senza
particolari formalità, esprimono la loro volontà, assorbendovi l’esercizio di
ogni competenza di cui sono investite. Né, d’altra parte, può essere addebitato
al Comune di Parma di non avere dato conto del vaglio degli effetti, positivi e
negativi, diretti ed indiretti, derivanti dall’impianto sul sistema insediativo
territoriale (così come richiede l’art. 10, comma 3, della legge reg. n. 21 del
2004), in quanto un obbligo di motivazione, attesa la funzione ivi assolta dal
parere, sorge solo in caso di pronuncia sfavorevole, non anche quando
l’Amministrazione comunale non ravvisi ostacoli all’attivazione dell’impianto;
per il resto, in assenza di elementi contrari di evidente consistenza, si deve
presumere che l’ente locale abbia provveduto alle valutazioni di sua pertinenza.
Si lamenta, inoltre, che l’Amministrazione abbia proceduto all’approvazione del
progetto nonostante l’assenza di aree destinate alla temporanea raccolta della
acque meteoriche, così come richiesto dall’art. 37 del p.t.c.p. per gli ambiti
territoriali a rischio idraulico; né, a dire della ricorrente, sarebbe a tal
fine satisfattiva la prevista realizzazione di una “cassa di espansione”, per
difettare all’epoca la conformità urbanistica delle relative aree, interessate
unicamente dall’adozione (non anche dall’approvazione) di una variante al POC.
Sennonché – osserva il Collegio – il progetto di che trattasi ha tenuto conto
delle esigenze evidenziate dall’art. 37 del p.t.c.p. ed ha infatti previsto una
cd. “cassa di espansione”, pur dovendo essere disposto il rinvio dell’esecuzione
delle corrispondenti opere al completamento della procedura di variante
urbanistica, ancora in corso al momento della pronuncia positiva di VIA;
sebbene, quindi, con il ricorso ad un’inconsueta appendice del procedimento di
approvazione del progetto – che resta in parte qua sottoposto alla condizione
sospensiva del conseguimento del requisito della “conformità urbanistica” delle
aree adibite alla raccolta delle acque meteoriche –, appare comunque garantito
il raggiungimento dell’obiettivo sotteso a quelle misure, se è vero che tutti
gli interventi devono essere completati prima dell’attivazione dell’impianto,
quale presupposto perché lo stesso possa operare.
Quanto, ancora, all’addotto sovradimensionamento dell’impianto – le cui capacità
di impiego eccederebbero le reali esigenze locali di trattamento dei rifiuti
quali delineate dal piano provinciale e quali desumibili dalla stessa disciplina
statale (art. 179 del d.lgs. n. 152/2006), anche alla luce della necessità di
favorire la “raccolta differenziata” ed evitare la realizzazione di impianti che
finirebbero per avere addirittura ricadute negative sulla stessa –, il Collegio
è dell’avviso che, in assenza di parametri certi (non mere previsioni) circa
l’entità dei rifiuti da trattare e in difetto di macroscopiche incongruenze
nelle scelte operate, la censura investa profili di merito dell’azione
amministrativa, estranei come tali al sindacato esercitato dal giudice
amministrativo in sede di giurisdizione generale di legittimità.
Quanto, ancora, alla denunciata assenza di una specifica analisi dei rischi di
contaminazione delle produzioni agrozootecniche in conseguenza delle emissioni
inquinanti dell’impianto – anche in ragione della necessità di escludere la
localizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti nelle zone
interessate da produzioni agricole di particolare qualità e tipicità (art. 21
del d.lgs. n. 228/2001) –, osserva il Collegio come la ricorrente valuti
inadeguato lo “studio” in proposito redatto dal C.R.P.A. di Reggio Emilia, che
si sarebbe limitato a descrivere lo stato attuale delle aree circostanti e di
talune matrici alimentari ivi esaminate, senza effettuare alcuna reale stima
degli effetti inquinanti dell’impianto e senza quindi consentire un adeguato
apprezzamento della compatibilità dell’impianto stesso con le produzioni
agricole della zona. Sennonché, nel proporre una simile questione, la ricorrente
richiede al giudice un inammissibile sindacato di tipo tecnico-valutativo su di
uno studio che non risponderebbe alle esigenze che lo avevano giustificato, e
soprattutto, nell’invocare l’art. 21 del d.lgs. n. 228 del 2001, non tiene conto
delle circostanza che le relative prescrizioni riguardano la fase pianificatoria
anteriore, mentre – come è pacifico tra le parti – il “piano provinciale per la
gestione dei rifiuti” non recava preclusioni alla localizzazione di che trattasi
(con rinvio delle ulteriori verifiche alla fase attuativa), pur dovendo
naturalmente la procedura di VIA introdurre ogni misura utile alla salvaguardia
del comparto agricolo, così come risulta dimostrato dalla previsione di una
periodica e specifica attività di monitoraggio (prescrizione n. 54) dopo che il
suindicato “studio” aveva nelle sue conclusioni escluso la sussistenza di
effettivi rischi di contaminazione nel breve periodo.
Quanto, infine, alla lamentata omessa analisi delle possibili anomalie o
disfunzioni dell’impianto e alla conseguente mancata predeterminazione delle
misure necessarie a evitarle o a farvi fronte – in ragione della necessità di
prevenire gli incidenti e minimizzarne gli effetti –, appare sufficiente
rilevare come l’Amministrazione provinciale abbia depositato in giudizio una
copia del ”piano di emergenza per fermo impianti” presentata dal gestore, nel
luglio 2008, in sede di integrazione degli elaborati originari. Si tratta di un
documento che si occupa di varie ipotesi di malfunzionamento e indica le azioni
da compiere per ovviarvi, sicché risulta in tal modo soddisfatta l’esigenza che
la ricorrente assume invece trascurata.
In conclusione, il ricorso va respinto.
La complessità delle questioni dedotte giustifica la compensazione delle spese
di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Sezione di Parma,
pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Parma, nella Camera di Consiglio del 7 dicembre 2010, con
l’intervento dei magistrati:
Michele Perrelli, Presidente
Italo Caso, Consigliere, Estensore
Emanuela Loria, Primo Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/12/2010
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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