AmbienteDiritto.it 

Legislazione  Giurisprudenza

 


Dottrina LegislazioneGiurisprudenzaConsulenza On Line

AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it

Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562

 

 

 

T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 31 dicembre 2010 n. 581
 


DIRITTO URBANISTICO - Titolo edilizio - Mancata indicazione dei termini di inizio e ultimazione dei lavori - Termini massimi ex art. 15 d.P.R. n. 380/2001. Ove il titolo edilizio non rechi un’espressa indicazione dei termini di inizio e di ultimazione dei lavori, si deve intendere che operino quelli massimi consentiti dall’art. 15 del d.P.R. n. 380 del 2001 (v., tra le altre TAR Calabria, Catanzaro, 27 giugno 2000 n. 838): tale soluzione interpretativa va ritenuta appropriata anche nel caso di titolo edilizio formatosi per silenzio-assenso, con la precisazione che in tale ipotesi la decorrenza del termine per l’avvio dei lavori va ricondotta alla data in cui l’assenso è tacitamente intervenuto (v. Cons. giust. amm. Reg. Sic. 15 dicembre 2008 n. 1048; TAR Abruzzo, L’Aquila, 27 gennaio 2004 n. 22). Pres. Perrelli, Est. Caso - S. N. s.r.l. (avv.ti Coffrini e Coffrini) c. Comune di Parma (avv. Cugurra). TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 31 dicembre 2010 n. 581

 

 www.AmbienteDiritto.it

 

N. 00581/2010 REG.SEN.

N. 00099/2009 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

sezione staccata di Parma (Sezione Prima)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


sul ricorso n. 99 del 2009 proposto da Studio Next S.r.l., in persona del legale rappresentante Gianluigi Boni, difesa e rappresentata dall’avv. Ermes Coffrini e dall’avv. Marcello Coffrini, con domicilio presso la Segreteria della Sezione;
contro
il Comune di Parma, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Giorgio Cugurra e presso lo stesso elettivamente domiciliato in Parma, via Mistrali n. 4;
per l'annullamento
del provvedimento del Comune di Parma in data 24 marzo 2009, prot. gen. n. 51053 - VI/3/1.705, avente ad oggetto “Dichiarazione di decadenza del permesso di costruire formatosi, per l’inutile decorso del termine del procedimento, ai sensi dell’art. 13 della L.R. 31/2002”;
degli atti connessi e conseguenti, ivi compresa la nota prot. gen. n. 51398 - VI/3/1.705 del 24 marzo 2009, recante la correzione di errore materiale dell’atto precedente.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Parma;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore il dott. Italo Caso;
Uditi, per le parti, alla pubblica udienza del 7 dicembre 2010 i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO


Con nota del 12 marzo 2009 la società ricorrente comunicava al Comune di Parma che, essendo decorso il termine di 135 giorni per la formazione del silenzio-assenso ex art. 13, comma 10, della legge reg. n. 31 del 2002 sulla richiesta di rilascio del permesso di costruire inerente un “progetto di costruzione complesso produttivo e commerciale in località San Prospero via Emilio Lepido angolo via Viazza”, essa intendeva avvalersi del titolo edilizio così tacitamente costituitosi e avrebbe perciò provveduto alle ulteriori formalità necessarie al concreto avvio dei lavori. L’Amministrazione comunale, tuttavia, con atto prot. gen. n. 51053 - VI/3/1.705 del 24 marzo 2009, a firma del Dirigente del Servizio “Servizi all’Impresa e all’Edilizia”, si pronunciava per la «decadenza» del permesso di costruire, nel duplice presupposto della sussistenza di preclusioni di ordine urbanistico-edilizio al rilascio del titolo abilitativo e dell’avvenuto decorso del termine di un anno entro il quale, ai sensi dell’art. 15 del d.P.R. n. 380 del 2001, i lavori avrebbero dovuto inderogabilmente iniziare; poi, con atto prot. gen. n. 51398 - VI/3/1.705 del 24 marzo 2009, si provvedeva alla correzione di un errore materiale.


Avverso i due provvedimenti comunali ha proposto impugnativa la società ricorrente. Lamenta l’omessa comunicazione di avvio del procedimento di «decadenza» e il carente avviso dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di rilascio del titolo edilizio (artt. 7 e 10-bis della legge n. 241/90); censura l’indebito ricorso all’istituto della «decadenza» per far valere profili di illegittimità del permesso di costruire che avrebbero semmai richiesto l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio; si duole della dichiarata applicazione dell’art. 15 del d.P.R. n. 380 del 2001, mentre tale norma è sostituita in ambito locale dall’art. 14 della legge reg. n. 31 del 2002, che fa conseguire la decadenza del titolo al vano decorso dei termini ivi indicati, con conseguente esclusione dal suo ambito di operatività dell’ipotesi di permesso di costruire formatosi per silenzio-assenso, anche alla luce della considerazione che in simili casi la decadenza ha natura sanzionatoria ed è dunque ragionevole che il termine di inizio dei lavori decorra da una manifestazione formale dell’Amministrazione; denuncia, infine, l’errata individuazione dell’art. 44 del r.u.e. come disciplina di piano ostativa all’intervento edilizio in questione. Di qui la richiesta di annullamento degli atti impugnati.


Si è costituito in giudizio il Comune di Parma, resistendo al gravame.


All’udienza del 7 dicembre 2010, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione.


Il ricorso è infondato.


Va premesso che, ai sensi dell’art. 15 del d.P.R. n. 380 del 2001, nel “permesso di costruire sono indicati i termini di inizio e di ultimazione dei lavori” (comma 1) e il “termine per l’inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l’opera deve essere completata non può superare i tre anni dall’inizio dei lavori … Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita …” (comma 2); nel precedente regime, l’art. 4 della legge n. 10 del 1977, in termini sostanzialmente coincidenti, disponeva che “nell’atto di concessione sono indicati i termini di inizio e di ultimazione dei lavori” (comma 3) e che “il termine per l’inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno; il termine di ultimazione, entro il quale l’opera deve essere abitabile o agibile, non può essere superiore a tre anni …” (comma 4). La giurisprudenza ne ha desunto che, ove il titolo edilizio non rechi un’espressa indicazione dei termini, si deve intendere che operino quelli massimi consentiti dalla legge (v., tra le altre TAR Calabria, Catanzaro, 27 giugno 2000 n. 838), soluzione interpretativa che si è ritenuta appropriata anche nel caso di titolo edilizio formatosi per silenzio-assenso, con l’ulteriore precisazione che in tale ipotesi la decorrenza del termine per l’avvio dei lavori va ricondotta alla data in cui l’assenso è tacitamente intervenuto (v. Cons. giust. amm. Reg. Sic. 15 dicembre 2008 n. 1048; TAR Abruzzo, L’Aquila, 27 gennaio 2004 n. 22). Quanto, invece, ai profili formali della «decadenza», si è ripetutamente affermato che la stessa richiede l’adozione di un atto dell’Amministrazione che ne accerti i presupposti e ne renda operanti gli effetti (v., tra le altre, Cons. Stato, Sez. V, 20 ottobre 2004 n. 6831), anche se non si deve farla precedere dalla comunicazione di avvio del procedimento (v., ad es., TAR Sicilia, Palermo, Sez. I, 2 agosto 2007 n. 1882).


Ciò posto, la pronuncia formale di «decadenza» del titolo edilizio conseguito per silentium dalla società ricorrente risulta nella fattispecie legittimamente fondata sul mancato avvio dei lavori nel termine di un anno dalla formazione del provvedimento abilitativo tacito, termine ad quem che l’Amministrazione comunale fa risalire al 1° novembre 2008 senza ricevere contestazioni in parte qua dall’interessata. Né rileva la circostanza che, anziché fare applicazione dell’art. 15 del d.P.R. n. 380 del 2001, si sarebbe dovuto avere riguardo all’art. 14, co. 2 e 3, della legge reg. n. 31 del 2002 (“Nel permesso di costruire sono indicati i termini di inizio e di ultimazione dei lavori … Il termine per l’inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l’opera deve essere completata, non può superare i tre anni dalla data di rilascio del provvedimento … Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita”), non ravvisandovi il Collegio differenze significative quanto al caso oggetto della presente controversia, posto che la diversa individuazione del termine di tre anni per la conclusione dei lavori (dal rilascio del titolo edilizio e non dall’inizio delle opere) non assume evidentemente valore in una situazione in cui difetta l’avvio stesso dei lavori.


Alla luce dei precedenti giurisprudenziali richiamati, inoltre, non vizia gli atti impugnati la circostanza che non si sia preventivamente provveduto alla comunicazione di cui all’art. 7 della legge n. 241 del 1990. Peraltro, ove anche la comunicazione fosse stata necessaria, si sarebbe comunque opposto all’annullamento degli atti il disposto del successivo art. 21-octies, comma 2 (“Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato …”), trattandosi di determinazioni prive di margini di discrezionalità.


Si può a questo punto prescindere dall’esame dell’ulteriore capo di motivazione (circa l’asserita carenza di conformità urbanistica dell’intervento), essendo notorio che, quando un atto amministrativo di segno negativo si sorregga su di una pluralità di ragioni ostative e ciascuna di esse sia di per sé idonea a giustificare la decisione, l’impugnativa svolta in sede giurisdizionale non può trovare accoglimento se anche una sola delle ragioni ostative resista alle censure formulate.


In conclusione, il ricorso va respinto.


Le spese di lite seguono la soccombenza della società ricorrente, e vengono liquidate come da dispositivo.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Sezione di Parma, pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.


Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di lite, nella misura complessiva di € 2.500,00 (duemilacinquecento/00), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.


Così deciso in Parma, nella Camera di Consiglio del 7 dicembre 2010, con l’intervento dei magistrati:
Michele Perrelli, Presidente
Italo Caso, Consigliere, Estensore
Emanuela Loria, Primo Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 31/12/2010
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)



  AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562


 Vedi altre: SENTENZE PER ESTESO


Ritorna alle MASSIME della sentenza  -  Approfondisci con altre massime: GIURISPRUDENZA  -  Ricerca in: LEGISLAZIONE  -  Ricerca in: DOTTRINA

www.AmbienteDiritto.it