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T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 15 aprile 2010, n. 226


VIA - Regione Friuli Venezia Giulia - L.r. n. 43/1990 - Inapplicabilità - Applicazione diretta della normativa statale - Art. 35 d.lgs. n. 152/2006 - Decorrenza - 13 febbraio 2009. Nella Regione Friuli Venezia Giulia, in materia di VIA, non si applica più l’art.5 della l.r. 43/1990 bensì, a partire dal 13 febbraio 2009,in forza dell’art. 35 del D.Lgs. 3-4-2006 n. 152 come sostituito dall’art. 1, comma 3, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, si applica direttamente la normativa statale.  Pres. Corasaniti, Est. Settesoldi - D.F. e altri (avv. Carbone) c. Comune di Trieste (avv.ti Danese e Frezza) - TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez.I - 15 aprile 2010, n. 226

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 00226/2010 REG.SEN.
N. 00518/2009 REG.RIC.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 518 del 2009, proposto da:
Dario Ferluga, Luciana Comin, Giorgio Bragagnolo, rappresentati e difesi dall'avv. Gianfranco Carbone, con domicilio eletto presso Gianfranco Carbone Avv. in Trieste, via Romagna 30;

 

contro


Comune di Trieste, rappresentato e difeso dagli avv. Oreste Danese, Valentina Frezza, domiciliata per legge in Trieste, via Genova 2;

nei confronti di

Airone 85 Srl, Gestione Italiana Appartamenti Srl, rappresentati e difesi dall'avv. Gilberto Tommasini, con domicilio eletto presso Gilberto Tommasini in Trieste, via Santa Caterina 5;

per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,

di n. 3 "permessi di costruire" rilasciati rispettivamente:

-alla Soc. Airone 85 S.r.l. in data 24.7.2009;

-alla Gestione Italiana Appartamenti S.r.l. in data 13.7.2009;

-alla Gestione Italiana Appartamenti S.r.l. in data 30.6.2009;.


Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Trieste e di Airone 85 Srl e di Gestione Italiana Appartamenti Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 marzo 2010 il dott. Oria Settesoldi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO


I ricorrenti- proprietari di alloggi vicini all’area de quo - impugnano i tre permessi di costruire in epigrafe sostenendo che si tratta, in realtà, di un’unica lottizzazione gravante su un’area non urbanizzata, che si sviluppa su un’area totale di mq 9316 e prevede la costruzione di 7 nuovi edifici ( mc totali 12.986,36 senza calcolare i volumi interrati, parte dei sottotetti e i vani scale) collegati da un unico sistema di viabilità e un unico accesso, da vicolo Rio Martesin ( di mt 2 circa di larghezza), per il quale viene prevista una regolamentazione a senso unico alternato. Il nuovo collegamento indicato in progetto, da realizzare con il prolungamento della via Giusti, era previsto nel vecchio PRG ma non è stato riproposto nella variante adottata in agosto 2009 ( cioè subito dopo che nei mesi di giugno/luglio sono stati rilasciati i tre permessi di costruire) dove anche l’area interessata dai tre permessi di costruire diventa inedificabile.

Viene ricordato che i proponenti si sono avvalsi di un unico progettista e che la previsione pianificatoria è stata frazionata in tre progetti dopo che negli anni precedenti due progetti unitari- sostanzialmente omogenei ai tre nuovi progetti frazionati - non erano andati a buon fine.

Si evidenzia che le urbanizzazioni previste dimostrano l’unicità delle nuove reti di collegamento idrico, di gas e di collegamenti fognari, l’unitarietà della viabilità di accesso e di quella interna, la previsione di un unico garage sotto uno degli edifici, con 40 posti auto pertinenziale ai diversi alloggi realizzati nell’ambito e con viabilità sotterranea di collegamento con i due edifici soprastanti.

Vengono quindi dedotti i seguenti motivi:

1)Eccesso di potere per difetto di istruttoria, per travisata considerazione dei presupposti e per sviamento riferito alle NTA della zona B4; nell’assunto che la previsione di edificazione con strumento diretto non risponderebbe all’assetto della zona, priva di costruzioni e di urbanizzazione.

2) Eccesso di potere per la violazione dell’art. 19 delle NTA anche sotto il profilo dello sviamento della funzione, la sua interpretazione e applicazione in danno degli interessi pubblici e l’illegittimità per violazione di norma; nell’assunto che la scelta di consentire l’edificazione diretta avrebbe consentito di calcolare l’indice fondiario su tutta la superficie ( e non sulla superficie ridotta detraendo la viabilità come per le lottizzazioni), di non tener conto del limite delle distanze dalle strade e di poter calcolare l’indice di copertura sull’intera superficie e non sulla superficie fondiaria correttamente calcolata, sicchè si sarebbe autorizzato un carico insediativo maggiore di quello che sarebbe stato ottenuto con strumento attuativo.

3) Eccesso di potere e violazione delle NTA sotto il profilo della carente istruttoria; nell’assunto che non sarebbe stato compiuto alcun reale accertamento sullo stato dei luoghi, inoltre una valutazione unitaria dei tre progetti avrebbe evidenziato l’entità del carico insediativo, tale da richiedere la sottoposizione a procedura di VIA perché il volume eccede i 10000 mc e si tratta di area sensibile in quanto soggetta a vincolo paesaggistico;

4) Eccesso di potere perché manca poi ogni riferimento progettuale alla fascia di rispetto per i corsi d’acqua ( Rio Carbonara- Rio Martesin) e tale fascia è inclusa nel calcolo della superficie fondiaria ed interessata da edificazione.

5) Eccesso di potere e violazione delle norme di piano perché è inclusa nel lotto anche un’area classificata Z1 e quindi vincolata alla realizzazione di strade.

6) Violazione di legge ed eccesso di potere per violazione dell’art. 18 NTA perché i preesistenti terrazzamenti vengono stravolti mentre l’art. 18 delle NTA prescrive che vada seguito l’andamento plani altimetrico dei terrazzamenti esistenti.

7) Violazione di legge per l’illegittimità delle autorizzazioni paesistico ambientali, che rimandano a successive autorizzazioni le scelte definitive di colori e materiali.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Trieste e le contro interessate Società Airone 85 srl e Gestione Italiana Appartamenti srl. In via preliminare è stata eccepita la tardività dell’impugnazione delle NTA del PRGC e l’inammissibilità del ricorso per la mancata indicazione di un pregiudizio diretto e immediato, l’inammissibilità dei motivi di ricorso fondati sulla pretesa illegittimità della variante 66 al PRGC comunale anche per l’omessa notifica del ricorso introduttivo alla Regione e per la natura discrezionale della previsione pianificatoria ed è stato contro dedotto per il rigetto.

Alla pubblica udienza del 24 febbraio il ricorso è stato rinviato a quella del 24 marzo per consentire al Comune di fornire al Collegio chiarimenti in punto di fatto sull’andamento dei pastini a progetto realizzato.

Tutte le parti hanno presentato ulteriori memorie;

Nella memoria dei ricorrenti, dopo aver affermato di aver già eccepito in ricorso l’illegittimità nel calcolo delle altezze degli edifici, viene richiamato il disposto dell’art. 28 del Regolamento edilizio comunale, sostenendo che la sua corretta applicazione in un edificio articolato su pastinature del terreno sarebbe la somma delle altezze di singoli corpi di fabbrica, concludendo che il rispetto dell’art. 18 delle NTA e dell’art. 28 del regolamento edilizio avrebbe comportato una significativa riduzione della volumetria edilizia.

La difesa del Comune ha ribadito che le costruzioni seguono l’andamento dei pastini preesistenti perché dei 31 pastini originari, 13 sono interessati da lievi modifiche, 3 non sono riproposti per rendere possibile la realizzazione della strada ed altri 2 non lo sono perché fanno parte dell’area di sedime degli edifici. Inoltre si richiama il disposto, oltre che dell’art. 28 cit. anche del successivo art. 79 del regolamento, per concludere che le modifiche del piano di campagna dovrebbero ritenersi generalmente ammissibili e che quindi la previsione del mantenimento dell’andamento plani-altimetrico di cui all’art. 18 delle NTA andrebbe interpretata, in coordinamento con la ulteriore normativa succitata, nel senso di non comportare alcuna imposizione di mantenimento delle pastinature preesistenti con divieto di qualsiasi loro modifica, con l’unico limite che gli edifici assentiti vengano realizzati seguendo l’andamento plani-altimetrico.

La difesa della controinteressata si è rifatta alla circolare interpretativa dell’art. 18 delle NTA redatta dall’Area Pianificazione Territoriale del Comune di Trieste, secondo cui tale norma non prevede una immodificabilità delle pastinature preesistenti e non fissa alcun limite di variazione ai terrazzamenti, valutazione sostanzialmente rimessa alla commissione edilizia integrata. Viene ulteriormente argomentato che l’art. 18, in quanto norma di piano regolatore comunale e non di piano paesistico, non potrebbe essere la fonte di un divieto di ogni forma di alterazione dei pastini esistenti in qualsiasi area vincolata, in mancanza della previa pianificazione paesistica regionale. Esso andrebbe invece inteso come norma urbanistica che impone di preservare, in via tendenziale, la tipologia di pendio riscontrabile nei terreni caratterizzati da pastinature, con mantenimento del quadro di insieme.

In via generale il ricorso non è inammissibile perché i ricorrenti hanno fin dall’inizio invocato a sostegno della loro legittimazione il criterio della vicinitas, dichiarando di essere proprietari di alloggi costruiti nelle immediate vicinanze dell’area interessata ai nuovi interventi edilizi e tale asserzione non risulta essere stata smentita dal Comune. E’ pertanto indubbio che, in quanto residenti nella zona adiacente e/o proprietari di immobili vicini, sono titolari di un interesse protetto dalla legge al rispetto della normativa per tutte le nuove costruzioni destinate a sorgere nei dintorni, se non altro in ragione dell’aumento del carico urbanistico che ne risulta.

I primi due motivi son peraltro inammissibili perché l’impugnazione delle norme di piano presupposte – vale a dire quelle che hanno legittimato la scelta comunale di non imporre la predisposizione di un piano attuativo per la edificazione dell’area de quo – non sono state tempestivamente impugnate. E’ ben vero che buona parte delle disposizioni normative della disciplina pianificatoria si risolvono in prescrizioni a carattere programmatico e non immediatamente lesivo ma la scelta di imporre o non imporre una programmazione attuativa, alla pari delle prescrizioni attinenti la destinazione di zona e le previsioni vincolistiche, ha un indubbio carattere immediatamente conformativo del territorio ed è quindi immediatamente lesiva. In verità nessuno si sognerebbe di dubitare che, ragionando a contrario, l’imposizione di una normativa attuativa debba essere oggetto di impugnativa immediata da parte dei soggetti lesi – cioè i titolari dei diritti di proprietà delle aree interessate – e che anche eventuali successivi aventi causa risentano delle conseguenze della scelta operata dagli originari proprietari, perché anche successivi trasferimenti di proprietà non possono rimettere ormai più in discussione quella che è diventata la connotazione giuridica dell’area. Allo stesso modo, peraltro, anche la scelta comunale di consentire un’edificazione diretta attribuisce una specifica connotazione giuridica all’area de quo e – per coloro che abbiano interesse ad evitare che si possa procedere senza pianificazione attuativa come possono essere i proprietari viciniori – è una scelta immediatamente lesiva.

In ogni caso l’inammissibilità deriva anche dalla omessa notifica del ricorso alla Regione.

Restano quindi le censure che attengono direttamente alle concessioni impugnate e che sono state riepilogate sopra con i numeri da 3 a 7, estrapolandole dalla generale trattazione del ricorso che non le articola in maniera dettagliata e specifica ed è, a tale riguardo, al limite della inammissibilità.

Si denuncia in primis una carenza di istruttoria, sostenendo che sarebbe mancato un reale accertamento sullo stato dei luoghi e che sarebbe stata necessaria una valutazione unitaria dei tre progetti che, qualora effettuata, avrebbe comportato la sottoposizione a procedura di VIA perché il volume eccede i 10000 mc e si tratta di area sensibile in quanto soggetta a vincolo paesaggistico.

Occorre anzitutto sgombrare il campo dalla necessità di sottoposizione a VIA dell’intervento edilizio qualora unitariamente considerato; infatti in materia di VIA non si applica più l’art.5 della l.r. 43/1990 bensì, a partire dal 13 febbraio 2009,in forza dell’art. 35 del D.Lgs. 3-4-2006 n. 152 come sostituito dall’art. 1, comma 3, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, si applica direttamente la normativa statale, la quale, all’Allegato IV, n. 7 lett. b) del D.Lgs. 16-1-2008 n. 4, prevede la VIA unicamente per i “progetti di sviluppo di aree urbane, nuove o in estensione, interessanti superfici superiori ai 40 ettari…” e non risulta, né i ricorrenti deducono, che le tre concessioni – quand’anche valutate complessivamente – raggiungano la predetta estensione.

Per quanto concerne il vincolo paesaggistico risulta che le relative autorizzazioni siano state concesse senza l’intervento di alcun annullamento ministeriale, tanto è vero che sono anch’esse oggetto di impugnazione. In definitiva si deve riconoscere che il Comune non era tenuto ad effettuare un’istruttoria sullo stato dei luoghi nei termini pretesi dai ricorrenti, dato che il PRGC, non imponendo la predisposizione di piano attuativo, aveva già riconosciuto l’esistenza di urbanizzazione sufficiente e compatibile con la possibilità di edificazione diretta.

Per quanto riguarda l’asserita mancanza di riferimento progettuale alla fascia di rispetto per i corsi d’acqua ( Rio Carbonara- Rio Martesin) e l’inclusione della fascia di rispetto stessa nel calcolo della superficie fondiaria ed interessata da edificazione, va chiarito che al riguardo risulta essere stato acquisito il nulla osta ai lavori idraulici rilasciato dalla Regione Direzione Provinciale dei lavori pubblici di Trieste in data 19.6.2007 con decreto n. 000132/INO/TS/20, espressamente richiamato nelle premesse dell’impugnata concessione edilizia del 30.6.2009 e dell’impugnato permesso di costruire 13.7.2009 e che tale atto non è stato impugnato né esplicitamente né implicitamente, tanto più che il ricorso non risulta essere stato notificato alla Regione. Anche tale censura si rivela pertanto infondata e, prima ancora, inammissibile per omessa impugnazione dell’atto presupposto.

Per quanto attiene alla censura riportata sub 5 e relativa alla inclusione nel lotto anche di un’area classificata Z1 e quindi vincolata alla realizzazione di strade la sua infondatezza è riconosciuta dalla stessa parte ricorrente che, nella memoria 5 febbraio 2010, a pag. 6 ammette che “ l’utilizzo di aree ricadenti in Zona Z1 ( con vincoli decaduti) è certamente ininfluente – come afferma la controinteressata – se si calcola tutta l’area dell’intervento. Diventerebbe significativo se l’area dell’intervento fosse calcolata detraendo le superfici della viabilità ( nel caso di piano attuativo).” . Poiché la necessità di piano attuativo è esclusa dalla normativa di piano non c’è al riguardo altro da aggiungere.

Resta quindi da analizzare la questione relativa al mantenimento dell’andamento altimetrico dei pastini e le censure rivolte nei confronti delle autorizzazioni paesistico ambientali.

Per quanto riguarda la prima va chiarito che l’art. 18 delle NTA, che impone di seguire l’andamento plani-altimetrico dei terrazzamenti, non risulta essere stato violato, dal momento che i progetti risultano redatti tenendo conto delle caratteristiche del lotto pastinato, in quanto i pastini risultanti dall’elaborato dello stato reale e quelli risultanti ad intervento ultimato garantiscono il mantenimento di tale andamento, che non va inteso come rispetto delle singole quote di ogni terrazzamento per la sua integrale estensione, ma come rispetto del generale andamento terrazzato dell’altura. Tale interpretazione della norma delle NTA risulta conforme all’espressione letterale usata, che appare volutamente generica, oltre che della normativa regolamentare sopravvenuta ( art. 79.2. del regolamento edilizio) che ammette la modifica del piano di campagna purchè venga assicurato il rispetto di determinate prescrizioni, al cui riguardo il ricorso nulla deduce.

Neppure, è il caso di precisare, viene in ricorso dedotto alcunché riguardo ad un eventuale violazione delle previsioni di cui all’art. 28 relative al calcolo delle altrezze degli edifici, questione che rimane pertanto al di fuori dei motivi di ricorso.

Si debbono infine esaminare i nulla osta paesaggistici che il Comune, nella propria memoria 12.2.2010, erroneamente ritiene non oggetto di gravame mentre il ricorso a pag. 29 afferma che “ da ultimo si evidenzia l’illegittimità per violazione di legge delle autorizzazioni paesistico ambientali che rimandano, illegittimamente, a ulteriori e successive autorizzazioni la scelta definitiva di colori e materiali che incidono sulla valutazione comparativa fra tutela del vincolo, realizzazione del manufatto e mitigazione”.

Risulta che la commissione edilizia integrata ha espresso parere favorevole all’esecuzione dei lavori di cui al permesso di costruire 13.7.2009 ed alla concessione 30.6.2009 imponendo l’eliminazione dei rivestimenti in mattoni dagli elementi di finitura degli edifici e precisando che le coloriture previste venivano stralciate dal progetto perché veniva imposta la predisposizione di un elaborato grafico con le coloriture previste prima dell’avvio dei lavori di finitura.

Invece, per i tre edifici di cui al permesso di costruire 24.7.2009 è stato imposta la richiesta di nuovo provvedimento abilitativo per quanto riguarda tutti i materiali di finitura proposti.

E’ evidente peraltro che queste riserve non concernono l’impatto edilizio dei vari interventi, ma unicamente le rifiniture degli stessi ed è al riguardo innegabile che non sussiste un interesse all’impugnativa da parte dei ricorrenti per quanto riguarda quelle specifiche riserve di approvazione. Infatti, dal momento che nessun rilievo viene mosso riguardo al fatto che gli interventi edilizi – per quanto concerne il loro impatto strutturale – hanno ottenuto parere favorevole e quindi sono stati ritenuti compatibili con l’obiettivo di tutela del paesaggio, è evidente che una riserva di valutazione per quanto riguarda gli elementi di finitura potrà semmai dare vita a provvedimenti lesivi qualora sciolta. Saranno quindi, e semmai, gli ulteriori atti che autorizzeranno le finiture e le coloriture finalmente prescelte che potranno essere ritenuti lesivi dell’interesse tutelato, ma, allo stato, l’impugnazione si rivela inammissibile.

Per tutte le considerazioni che precedono il ricorso deve essere in parte dichiarato inammissibile ed in parte rigettato.

Le spese possono essere compensate tra le parti per giusti motivi.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli Venezia Giulia, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, lo dichiara in parte inammissibile e in parte lo rigetta, come in motivazione specificato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 24 marzo 2010 con l'intervento dei Signori:

Saverio Corasaniti, Presidente
Oria Settesoldi, Consigliere, Estensore
Rita De Piero, Consigliere

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/04/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO



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