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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 15 aprile 2010, n. 226
VIA - Regione Friuli Venezia Giulia - L.r. n. 43/1990 - Inapplicabilità -
Applicazione diretta della normativa statale - Art. 35 d.lgs. n. 152/2006 -
Decorrenza - 13 febbraio 2009. Nella Regione Friuli Venezia Giulia, in
materia di VIA, non si applica più l’art.5 della l.r. 43/1990 bensì, a partire
dal 13 febbraio 2009,in forza dell’art. 35 del D.Lgs. 3-4-2006 n. 152 come
sostituito dall’art. 1, comma 3, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, si applica
direttamente la normativa statale. Pres. Corasaniti, Est. Settesoldi -
D.F. e altri (avv. Carbone) c. Comune di Trieste (avv.ti Danese e Frezza) -
TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez.I - 15 aprile 2010, n. 226
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00226/2010 REG.SEN.
N. 00518/2009 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 518 del 2009, proposto da:
Dario Ferluga, Luciana Comin, Giorgio Bragagnolo, rappresentati e difesi
dall'avv. Gianfranco Carbone, con domicilio eletto presso Gianfranco Carbone
Avv. in Trieste, via Romagna 30;
contro
Comune di Trieste, rappresentato e difeso dagli avv. Oreste Danese, Valentina
Frezza, domiciliata per legge in Trieste, via Genova 2;
nei confronti di
Airone 85 Srl, Gestione Italiana Appartamenti Srl, rappresentati e difesi
dall'avv. Gilberto Tommasini, con domicilio eletto presso Gilberto Tommasini in
Trieste, via Santa Caterina 5;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
di n. 3 "permessi di costruire" rilasciati rispettivamente:
-alla Soc. Airone 85 S.r.l. in data 24.7.2009;
-alla Gestione Italiana Appartamenti S.r.l. in data 13.7.2009;
-alla Gestione Italiana Appartamenti S.r.l. in data 30.6.2009;.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Trieste e di Airone 85
Srl e di Gestione Italiana Appartamenti Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 marzo 2010 il dott. Oria Settesoldi
e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I ricorrenti- proprietari di alloggi vicini all’area de quo - impugnano i tre
permessi di costruire in epigrafe sostenendo che si tratta, in realtà, di
un’unica lottizzazione gravante su un’area non urbanizzata, che si sviluppa su
un’area totale di mq 9316 e prevede la costruzione di 7 nuovi edifici ( mc
totali 12.986,36 senza calcolare i volumi interrati, parte dei sottotetti e i
vani scale) collegati da un unico sistema di viabilità e un unico accesso, da
vicolo Rio Martesin ( di mt 2 circa di larghezza), per il quale viene prevista
una regolamentazione a senso unico alternato. Il nuovo collegamento indicato in
progetto, da realizzare con il prolungamento della via Giusti, era previsto nel
vecchio PRG ma non è stato riproposto nella variante adottata in agosto 2009 (
cioè subito dopo che nei mesi di giugno/luglio sono stati rilasciati i tre
permessi di costruire) dove anche l’area interessata dai tre permessi di
costruire diventa inedificabile.
Viene ricordato che i proponenti si sono avvalsi di un unico progettista e che
la previsione pianificatoria è stata frazionata in tre progetti dopo che negli
anni precedenti due progetti unitari- sostanzialmente omogenei ai tre nuovi
progetti frazionati - non erano andati a buon fine.
Si evidenzia che le urbanizzazioni previste dimostrano l’unicità delle nuove
reti di collegamento idrico, di gas e di collegamenti fognari, l’unitarietà
della viabilità di accesso e di quella interna, la previsione di un unico garage
sotto uno degli edifici, con 40 posti auto pertinenziale ai diversi alloggi
realizzati nell’ambito e con viabilità sotterranea di collegamento con i due
edifici soprastanti.
Vengono quindi dedotti i seguenti motivi:
1)Eccesso di potere per difetto di istruttoria, per travisata considerazione dei
presupposti e per sviamento riferito alle NTA della zona B4; nell’assunto che la
previsione di edificazione con strumento diretto non risponderebbe all’assetto
della zona, priva di costruzioni e di urbanizzazione.
2) Eccesso di potere per la violazione dell’art. 19 delle NTA anche sotto il
profilo dello sviamento della funzione, la sua interpretazione e applicazione in
danno degli interessi pubblici e l’illegittimità per violazione di norma;
nell’assunto che la scelta di consentire l’edificazione diretta avrebbe
consentito di calcolare l’indice fondiario su tutta la superficie ( e non sulla
superficie ridotta detraendo la viabilità come per le lottizzazioni), di non
tener conto del limite delle distanze dalle strade e di poter calcolare l’indice
di copertura sull’intera superficie e non sulla superficie fondiaria
correttamente calcolata, sicchè si sarebbe autorizzato un carico insediativo
maggiore di quello che sarebbe stato ottenuto con strumento attuativo.
3) Eccesso di potere e violazione delle NTA sotto il profilo della carente
istruttoria; nell’assunto che non sarebbe stato compiuto alcun reale
accertamento sullo stato dei luoghi, inoltre una valutazione unitaria dei tre
progetti avrebbe evidenziato l’entità del carico insediativo, tale da richiedere
la sottoposizione a procedura di VIA perché il volume eccede i 10000 mc e si
tratta di area sensibile in quanto soggetta a vincolo paesaggistico;
4) Eccesso di potere perché manca poi ogni riferimento progettuale alla fascia
di rispetto per i corsi d’acqua ( Rio Carbonara- Rio Martesin) e tale fascia è
inclusa nel calcolo della superficie fondiaria ed interessata da edificazione.
5) Eccesso di potere e violazione delle norme di piano perché è inclusa nel
lotto anche un’area classificata Z1 e quindi vincolata alla realizzazione di
strade.
6) Violazione di legge ed eccesso di potere per violazione dell’art. 18 NTA
perché i preesistenti terrazzamenti vengono stravolti mentre l’art. 18 delle NTA
prescrive che vada seguito l’andamento plani altimetrico dei terrazzamenti
esistenti.
7) Violazione di legge per l’illegittimità delle autorizzazioni paesistico
ambientali, che rimandano a successive autorizzazioni le scelte definitive di
colori e materiali.
Si sono costituiti in giudizio il Comune di Trieste e le contro interessate
Società Airone 85 srl e Gestione Italiana Appartamenti srl. In via preliminare è
stata eccepita la tardività dell’impugnazione delle NTA del PRGC e
l’inammissibilità del ricorso per la mancata indicazione di un pregiudizio
diretto e immediato, l’inammissibilità dei motivi di ricorso fondati sulla
pretesa illegittimità della variante 66 al PRGC comunale anche per l’omessa
notifica del ricorso introduttivo alla Regione e per la natura discrezionale
della previsione pianificatoria ed è stato contro dedotto per il rigetto.
Alla pubblica udienza del 24 febbraio il ricorso è stato rinviato a quella del
24 marzo per consentire al Comune di fornire al Collegio chiarimenti in punto di
fatto sull’andamento dei pastini a progetto realizzato.
Tutte le parti hanno presentato ulteriori memorie;
Nella memoria dei ricorrenti, dopo aver affermato di aver già eccepito in
ricorso l’illegittimità nel calcolo delle altezze degli edifici, viene
richiamato il disposto dell’art. 28 del Regolamento edilizio comunale,
sostenendo che la sua corretta applicazione in un edificio articolato su
pastinature del terreno sarebbe la somma delle altezze di singoli corpi di
fabbrica, concludendo che il rispetto dell’art. 18 delle NTA e dell’art. 28 del
regolamento edilizio avrebbe comportato una significativa riduzione della
volumetria edilizia.
La difesa del Comune ha ribadito che le costruzioni seguono l’andamento dei
pastini preesistenti perché dei 31 pastini originari, 13 sono interessati da
lievi modifiche, 3 non sono riproposti per rendere possibile la realizzazione
della strada ed altri 2 non lo sono perché fanno parte dell’area di sedime degli
edifici. Inoltre si richiama il disposto, oltre che dell’art. 28 cit. anche del
successivo art. 79 del regolamento, per concludere che le modifiche del piano di
campagna dovrebbero ritenersi generalmente ammissibili e che quindi la
previsione del mantenimento dell’andamento plani-altimetrico di cui all’art. 18
delle NTA andrebbe interpretata, in coordinamento con la ulteriore normativa
succitata, nel senso di non comportare alcuna imposizione di mantenimento delle
pastinature preesistenti con divieto di qualsiasi loro modifica, con l’unico
limite che gli edifici assentiti vengano realizzati seguendo l’andamento
plani-altimetrico.
La difesa della controinteressata si è rifatta alla circolare interpretativa
dell’art. 18 delle NTA redatta dall’Area Pianificazione Territoriale del Comune
di Trieste, secondo cui tale norma non prevede una immodificabilità delle
pastinature preesistenti e non fissa alcun limite di variazione ai
terrazzamenti, valutazione sostanzialmente rimessa alla commissione edilizia
integrata. Viene ulteriormente argomentato che l’art. 18, in quanto norma di
piano regolatore comunale e non di piano paesistico, non potrebbe essere la
fonte di un divieto di ogni forma di alterazione dei pastini esistenti in
qualsiasi area vincolata, in mancanza della previa pianificazione paesistica
regionale. Esso andrebbe invece inteso come norma urbanistica che impone di
preservare, in via tendenziale, la tipologia di pendio riscontrabile nei terreni
caratterizzati da pastinature, con mantenimento del quadro di insieme.
In via generale il ricorso non è inammissibile perché i ricorrenti hanno fin
dall’inizio invocato a sostegno della loro legittimazione il criterio della
vicinitas, dichiarando di essere proprietari di alloggi costruiti nelle
immediate vicinanze dell’area interessata ai nuovi interventi edilizi e tale
asserzione non risulta essere stata smentita dal Comune. E’ pertanto indubbio
che, in quanto residenti nella zona adiacente e/o proprietari di immobili
vicini, sono titolari di un interesse protetto dalla legge al rispetto della
normativa per tutte le nuove costruzioni destinate a sorgere nei dintorni, se
non altro in ragione dell’aumento del carico urbanistico che ne risulta.
I primi due motivi son peraltro inammissibili perché l’impugnazione delle norme
di piano presupposte – vale a dire quelle che hanno legittimato la scelta
comunale di non imporre la predisposizione di un piano attuativo per la
edificazione dell’area de quo – non sono state tempestivamente impugnate. E’ ben
vero che buona parte delle disposizioni normative della disciplina
pianificatoria si risolvono in prescrizioni a carattere programmatico e non
immediatamente lesivo ma la scelta di imporre o non imporre una programmazione
attuativa, alla pari delle prescrizioni attinenti la destinazione di zona e le
previsioni vincolistiche, ha un indubbio carattere immediatamente conformativo
del territorio ed è quindi immediatamente lesiva. In verità nessuno si
sognerebbe di dubitare che, ragionando a contrario, l’imposizione di una
normativa attuativa debba essere oggetto di impugnativa immediata da parte dei
soggetti lesi – cioè i titolari dei diritti di proprietà delle aree interessate
– e che anche eventuali successivi aventi causa risentano delle conseguenze
della scelta operata dagli originari proprietari, perché anche successivi
trasferimenti di proprietà non possono rimettere ormai più in discussione quella
che è diventata la connotazione giuridica dell’area. Allo stesso modo, peraltro,
anche la scelta comunale di consentire un’edificazione diretta attribuisce una
specifica connotazione giuridica all’area de quo e – per coloro che abbiano
interesse ad evitare che si possa procedere senza pianificazione attuativa come
possono essere i proprietari viciniori – è una scelta immediatamente lesiva.
In ogni caso l’inammissibilità deriva anche dalla omessa notifica del ricorso
alla Regione.
Restano quindi le censure che attengono direttamente alle concessioni impugnate
e che sono state riepilogate sopra con i numeri da 3 a 7, estrapolandole dalla
generale trattazione del ricorso che non le articola in maniera dettagliata e
specifica ed è, a tale riguardo, al limite della inammissibilità.
Si denuncia in primis una carenza di istruttoria, sostenendo che sarebbe mancato
un reale accertamento sullo stato dei luoghi e che sarebbe stata necessaria una
valutazione unitaria dei tre progetti che, qualora effettuata, avrebbe
comportato la sottoposizione a procedura di VIA perché il volume eccede i 10000
mc e si tratta di area sensibile in quanto soggetta a vincolo paesaggistico.
Occorre anzitutto sgombrare il campo dalla necessità di sottoposizione a VIA
dell’intervento edilizio qualora unitariamente considerato; infatti in materia
di VIA non si applica più l’art.5 della l.r. 43/1990 bensì, a partire dal 13
febbraio 2009,in forza dell’art. 35 del D.Lgs. 3-4-2006 n. 152 come sostituito
dall’art. 1, comma 3, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, si applica direttamente la
normativa statale, la quale, all’Allegato IV, n. 7 lett. b) del D.Lgs. 16-1-2008
n. 4, prevede la VIA unicamente per i “progetti di sviluppo di aree urbane,
nuove o in estensione, interessanti superfici superiori ai 40 ettari…” e non
risulta, né i ricorrenti deducono, che le tre concessioni – quand’anche valutate
complessivamente – raggiungano la predetta estensione.
Per quanto concerne il vincolo paesaggistico risulta che le relative
autorizzazioni siano state concesse senza l’intervento di alcun annullamento
ministeriale, tanto è vero che sono anch’esse oggetto di impugnazione. In
definitiva si deve riconoscere che il Comune non era tenuto ad effettuare
un’istruttoria sullo stato dei luoghi nei termini pretesi dai ricorrenti, dato
che il PRGC, non imponendo la predisposizione di piano attuativo, aveva già
riconosciuto l’esistenza di urbanizzazione sufficiente e compatibile con la
possibilità di edificazione diretta.
Per quanto riguarda l’asserita mancanza di riferimento progettuale alla fascia
di rispetto per i corsi d’acqua ( Rio Carbonara- Rio Martesin) e l’inclusione
della fascia di rispetto stessa nel calcolo della superficie fondiaria ed
interessata da edificazione, va chiarito che al riguardo risulta essere stato
acquisito il nulla osta ai lavori idraulici rilasciato dalla Regione Direzione
Provinciale dei lavori pubblici di Trieste in data 19.6.2007 con decreto n.
000132/INO/TS/20, espressamente richiamato nelle premesse dell’impugnata
concessione edilizia del 30.6.2009 e dell’impugnato permesso di costruire
13.7.2009 e che tale atto non è stato impugnato né esplicitamente né
implicitamente, tanto più che il ricorso non risulta essere stato notificato
alla Regione. Anche tale censura si rivela pertanto infondata e, prima ancora,
inammissibile per omessa impugnazione dell’atto presupposto.
Per quanto attiene alla censura riportata sub 5 e relativa alla inclusione nel
lotto anche di un’area classificata Z1 e quindi vincolata alla realizzazione di
strade la sua infondatezza è riconosciuta dalla stessa parte ricorrente che,
nella memoria 5 febbraio 2010, a pag. 6 ammette che “ l’utilizzo di aree
ricadenti in Zona Z1 ( con vincoli decaduti) è certamente ininfluente – come
afferma la controinteressata – se si calcola tutta l’area dell’intervento.
Diventerebbe significativo se l’area dell’intervento fosse calcolata detraendo
le superfici della viabilità ( nel caso di piano attuativo).” . Poiché la
necessità di piano attuativo è esclusa dalla normativa di piano non c’è al
riguardo altro da aggiungere.
Resta quindi da analizzare la questione relativa al mantenimento dell’andamento
altimetrico dei pastini e le censure rivolte nei confronti delle autorizzazioni
paesistico ambientali.
Per quanto riguarda la prima va chiarito che l’art. 18 delle NTA, che impone di
seguire l’andamento plani-altimetrico dei terrazzamenti, non risulta essere
stato violato, dal momento che i progetti risultano redatti tenendo conto delle
caratteristiche del lotto pastinato, in quanto i pastini risultanti
dall’elaborato dello stato reale e quelli risultanti ad intervento ultimato
garantiscono il mantenimento di tale andamento, che non va inteso come rispetto
delle singole quote di ogni terrazzamento per la sua integrale estensione, ma
come rispetto del generale andamento terrazzato dell’altura. Tale
interpretazione della norma delle NTA risulta conforme all’espressione letterale
usata, che appare volutamente generica, oltre che della normativa regolamentare
sopravvenuta ( art. 79.2. del regolamento edilizio) che ammette la modifica del
piano di campagna purchè venga assicurato il rispetto di determinate
prescrizioni, al cui riguardo il ricorso nulla deduce.
Neppure, è il caso di precisare, viene in ricorso dedotto alcunché riguardo ad
un eventuale violazione delle previsioni di cui all’art. 28 relative al calcolo
delle altrezze degli edifici, questione che rimane pertanto al di fuori dei
motivi di ricorso.
Si debbono infine esaminare i nulla osta paesaggistici che il Comune, nella
propria memoria 12.2.2010, erroneamente ritiene non oggetto di gravame mentre il
ricorso a pag. 29 afferma che “ da ultimo si evidenzia l’illegittimità per
violazione di legge delle autorizzazioni paesistico ambientali che rimandano,
illegittimamente, a ulteriori e successive autorizzazioni la scelta definitiva
di colori e materiali che incidono sulla valutazione comparativa fra tutela del
vincolo, realizzazione del manufatto e mitigazione”.
Risulta che la commissione edilizia integrata ha espresso parere favorevole
all’esecuzione dei lavori di cui al permesso di costruire 13.7.2009 ed alla
concessione 30.6.2009 imponendo l’eliminazione dei rivestimenti in mattoni dagli
elementi di finitura degli edifici e precisando che le coloriture previste
venivano stralciate dal progetto perché veniva imposta la predisposizione di un
elaborato grafico con le coloriture previste prima dell’avvio dei lavori di
finitura.
Invece, per i tre edifici di cui al permesso di costruire 24.7.2009 è stato
imposta la richiesta di nuovo provvedimento abilitativo per quanto riguarda
tutti i materiali di finitura proposti.
E’ evidente peraltro che queste riserve non concernono l’impatto edilizio dei
vari interventi, ma unicamente le rifiniture degli stessi ed è al riguardo
innegabile che non sussiste un interesse all’impugnativa da parte dei ricorrenti
per quanto riguarda quelle specifiche riserve di approvazione. Infatti, dal
momento che nessun rilievo viene mosso riguardo al fatto che gli interventi
edilizi – per quanto concerne il loro impatto strutturale – hanno ottenuto
parere favorevole e quindi sono stati ritenuti compatibili con l’obiettivo di
tutela del paesaggio, è evidente che una riserva di valutazione per quanto
riguarda gli elementi di finitura potrà semmai dare vita a provvedimenti lesivi
qualora sciolta. Saranno quindi, e semmai, gli ulteriori atti che autorizzeranno
le finiture e le coloriture finalmente prescelte che potranno essere ritenuti
lesivi dell’interesse tutelato, ma, allo stato, l’impugnazione si rivela
inammissibile.
Per tutte le considerazioni che precedono il ricorso deve essere in parte
dichiarato inammissibile ed in parte rigettato.
Le spese possono essere compensate tra le parti per giusti motivi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli Venezia Giulia, definitivamente
pronunciando sul ricorso in premessa, respinta ogni contraria istanza ed
eccezione, lo dichiara in parte inammissibile e in parte lo rigetta, come in
motivazione specificato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 24 marzo 2010 con
l'intervento dei Signori:
Saverio Corasaniti, Presidente
Oria Settesoldi, Consigliere, Estensore
Rita De Piero, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/04/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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