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T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. I - 09 marzo 2010, n. 3572



PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Concorrenza - Disciplina ex L. n. 287/1990 - Principi comunitari - Nozione di impresa - Attività economica - Stato - Esercizio del potere d’imperio - Esercizio di attività economiche di natura industriale o commerciale - Natura delle attività svolte dalla pubblica impresa. La disciplina dettata dalla legge 287/1990 in tema di intese, abuso di posizione dominante e concentrazione, costituendo attuazione dei principi sanciti dall'ordinamento comunitario in materia di concorrenza, deve essere interpretata alla luce dei principi dettati da tale ordinamento, in particolare dagli artt. 81-82 del Trattato CE. Va pertanto adottata l'ampia accezione di impresa consolidata nella giurisprudenza formatasi sugli artt. 81 e 82 del Trattato CE, secondo cui essa abbraccia qualsiasi entità che eserciti un'attività economica, indipendentemente dal suo statuto giuridico e dalle sue modalità di finanziamento, costituendo attività economica qualunque attività consistente nell'offerta di beni o di servizi su un mercato determinato. Tuttavia è necessario distinguere tra l'ipotesi in cui lo Stato agisca esercitando il potere d'imperio e quella in cui svolga attività economiche di natura industriale o commerciale consistenti nell'offrire beni o servizi sul mercato. A questo proposito, non ha rilevanza il fatto che lo Stato agisca direttamente tramite un organo che fa parte della pubblica amministrazione o tramite un ente cui ha conferito diritti speciali o esclusivi, occorre invece esaminare la natura delle attività svolte dalla pubblica impresa o dall'ente al quale lo Stato ha conferito diritti speciali o esclusivi. Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato). TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9 marzo 2010, n. 3572

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Svolgimento di compiti di interesse generale - Natura di attività economica - Subordinazione alle norme in tema di concorrenza. La circostanza che ad un soggetto siano attribuiti taluni compiti di interesse generale non può impedire che le attività da esso svolte siano considerate attività economiche. L'articolo 86, paragrafo 2, del trattato CE sancisce infatti che i servizi d'interesse economico generale sono sottoposti “alle norme di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata”. In tal senso deve essere letto il comma 2 dell’art. 8 della legge 287/1990, che individua l’ambito di operatività dell’esonero dall'applicazione della disciplina da essa dettata prendendo in considerazione le “imprese che, per disposizioni di legge, esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale ovvero operano in regime di monopolio sul mercato per tutto quanto strettamente connesso all'adempimento degli specifici compiti loro affidati”. Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato). TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9 marzo 2010, n. 3572

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Soggetto incaricato di pubbliche funzioni - Organismo di diritto pubblico - Valutazione dell’attività in concreto - Deviazione dallo scopo istituzionale - Assoggettamento alla disciplina in tema di concorrenza. Se, in presenza di un soggetto incaricato di pubbliche funzioni (vieppiù ove in capo ad esso sia predicabile la qualità di organismo di diritto pubblico), l’attività dal medesimo disimpegnata deve essere sempre valutata in concreto e non in astratto, con riferimento ai fini istituzionali il cui perseguimento è al medesimo rimesso, soltanto ove siffatta attività devii dallo scopo istituzionale per cui le pubbliche funzioni sono state conferite, allora può ragionevolmente predicarsi il venire meno del nesso funzionale tra lo svolgimento delle pubbliche funzioni ed il carattere non economico dell'attività posta in essere: con la conseguenza che quest'ultima sarà suscettibile di essere valutata nella sua obiettività, rimanendo assoggettata alla disciplina in tema di concorrenza. Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato). TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9 marzo 2010, n. 3572

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Imprese esercitanti la gestione di servizi di interesse economico generale - Imprese aventi carattere di monopolio - Esclusione dall’applicazione delle norme in materia di concorrenza - Limiti. Il problema ermeneutico posto dalla decifrazione del contenuto della disposizione di cui al comma 2 dell’art. 8 della legge 287/1990 va risolto attraverso una lettura combinata della norma in questione con quanto stabilito dall'art. 86 del Trattato UE, il quale prevede che “le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme del presente trattato, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata”. Tale interpretazione è stata confermata anche dalla Corte di Cassazione (sent. 16 maggio 2007 n. 11312), la quale ha ritenuto che “in tema di concorrenza, ai sensi della L. 10 ottobre 1990, n. 287, art. 8 l'esclusione dell'applicazione delle norme contenute nella stessa legge per le imprese che, per disposizione di legge, esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale ovvero operano in regime di monopolio sul mercato, sussiste solo per quanto strettamente connesso all'adempimento degli specifici compiti loro affidati”. Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato). TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9 marzo 2010, n. 3572


PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Nozione di impresa pubblica - Art. 3, c. 28 d.lgs. n. 163/2006 - Nozione di organismo di diritto pubblico - Differenza. La nozione di “impresa pubblica” trova definizione nell’art. 3, comma 28, del D.Lgs. 163/2006, alla stregua del quale per “imprese pubbliche” devono intendersi solo le imprese su cui le amministrazioni aggiudicatrici possono esercitare, direttamente o indirettamente, un’influenza dominante o perché ne sono proprietarie, o perché vi hanno una partecipazione finanziaria, o in virtù delle norme che disciplinano dette imprese. L’influenza dominante è presunta quando le amministrazioni aggiudicatrici, direttamente o indirettamente, riguardo all’impresa, alternativamente o cumulativamente: a) detengono la maggioranza del capitale sottoscritto; b) controllano la maggioranza dei voti cui danno diritto le azioni emesse dall’impresa; c) hanno il diritto di nominare più della metà dei membri del consiglio di amministrazione, di direzione o di vigilanza dell’impresa. Se l’impresa pubblica è un’impresa ordinaria, tuttavia qualificata dalla presenza di particolari vincoli con la sfera pubblica che ne sottraggano l’espansione dell’attività economica alle regole in materia di concorrenza, evidenti sono i tratti distintivi di tale figura rispetto alla connotazione dell’“organismo di diritto pubblico”, che lo stesso art. 3 (al comma 25) del D.Lgs. 163/2006 diversamente comprende e considera nel novero delle “amministrazioni aggiudicatrici”. Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato). TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9 marzo 2010, n. 3572

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Organismi di diritto pubblico - Limitazioni operanti per le imprese pubbliche - Esclusione - Giudizio sulla strumentalità delle condotte rispetto al perseguimento delle finalità - Inapplicabilità strutturale delle disposizioni in materia di concorrenza. Gli organismi di diritto pubblico non sono assoggettati alla limitazione operante per le imprese pubbliche in quanto le relative attività sono ex se preordinate al conseguimento di pubbliche finalità; e, conseguentemente, non viene in considerazione l’esigenza di alcuna valutazione o giudizio sulla strumentalità (rectius: sulla diretta e necessaria inerenza) delle condotte dai medesimi poste in essere rispetto al perseguimento delle finalità di che trattasi: è quindi strutturalmente inapplicabile, nei confronti degli organismi di diritto pubblico, l’art. 8, c. 2 della L. n. 287/1990. Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato). TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9 marzo 2010, n. 3572  

RIFIUTI - COBAT - D.lL. n. 397/1988 - Istituzione - Carattere obbligatorio ed esclusivo.
Il COBAT - istituito per fare fronte ai problemi ambientali derivanti dall’abbandono di rifiuti piombosi e di batterie al piombo contenenti componenti tossici e riciclabili - ha avuto (originario) carattere obbligatorio ed esclusivo, con ambito di operatività esteso alla raccolta delle batterie al piombo esauste, all’organizzazione del relativo stoccaggio, alla cessione delle batterie esauste alle imprese che ne effettuano lo smaltimento tramite il riciclaggio, nonché ad assicurare l'eliminazione degli stessi prodotti, ove non fosse possibile o economicamente conveniente il riciclaggio, nel rispetto delle disposizioni contro l'inquinamento (cfr. art. 9-quinquies del decreto legge 9 settembre 1988 n. 397, aggiunto dall'articolo unico della legge 9 novembre 1988 n. 475 in sede di conversione; e successivamente abrogato dall'articolo 29 del D.Lgs. 20 novembre 2008 n. 188 con la decorrenza prevista dal medesimo art. 29). Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato). TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9 marzo 2010, n. 3572

RIFIUTI - Conferimento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi - l. N. 39/2002 - Ampliamento del sistema di conferimento - Conferimento ad imprese di altro stato membro della UE. La sopravvenienza normativa di cui alla legge 1° marzo 2002 n. 39 (Legge Comunitaria 2001), ha determinato un primo ampliamento del sistema di conferimento delle batterie al piombo esauste o di rifiuti piombosi, potendo le batterie esauste essere conferire anche “ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea”. Quindi, per effetto dell’entrata in vigore di tale disposizione, alla cessione delle batterie al Consorzio si è affiancata - quale unica modalità alternativa in capo ai detentori delle batterie stesse - l’esportabilità del prodotto in ambito intracomunitario. Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato). TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9 marzo 2010, n. 3572

RIFIUTI - COBAT - D.L. n. 397/1988 - Produttori e importatori di batterie - Applicazione di un sovrapprezzo di vendita - Finalità. Al fine di assicurare al Consorzio i mezzi finanziari per lo svolgimento dei propri compiti, l’art. 9-quinquies, commi 7 e 8, del D.L. n. 397/1988 ha previsto l’applicazione di un sovrapprezzo (ora indicato come “contributo ambientale”) di vendita delle batterie, stabilito con decreto ministeriale, da anticiparsi trimestralmente a COBAT a carico dei produttori e degli importatori di batterie al piombo, nonché da parte degli importatori di beni contenenti piombo anche se non appartenenti a COBAT: i quali tutti, dopo avere adempiuto all’obbligo di pagamento in favore del Consorzio, avevano diritto di rivalsa sugli acquirenti finali del prodotto. Tale sovrapprezzo è lo strumento necessario a finanziare l’intera attività consortile (dalla raccolta alla cessione delle batterie esauste agli smelter per le attività di smaltimento e riciclaggio), coprendo esso in parte, la differenza negativa fra raccolta delle batterie esauste su tutto il territorio nazionale e la vendita delle stesse ai riciclatori (italiani ed esteri), per altra parte, i costi fissi di struttura consortili, comprensivi di quelli per comunicazione, ricerca e sviluppo. Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato). TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9 marzo 2010, n. 3572

RIFIUTI - COBAT - Rapporti tra COBAT e raccoglitori - CCR - Elementi essenziali - Raccoglitori verificati - Smelters - CCS - Individuazione del quantitativo di batterie esauste da conferire pro quota. I rapporti tra il COBAT e i “raccoglitori” sono stati regolati da un contratto-tipo (Contratto COBAT-Raccoglitori o “CCR”) in base al quale ciascun raccoglitore si obbligava a garantire la raccolta delle batterie esauste nel lotto territoriale assegnatogli mediante l’utilizzo di mezzi propri o trasportatori terzi, provvedendo poi allo stoccaggio delle batterie esauste in propri impianti di messa in riserva, in conformità a un apposito descrittivo tecnico adottato dal COBAT. L’acquisto “franco destino” da parte del COBAT delle batterie raccolte avveniva sulla base di un prezzo di cessione composito, determinato dal riconoscimento di un valore della batteria variabile in funzione dell’andamento riscontrato presso il London Metal Exchange (LME), di un corrispettivo di servizio, stabilito in euro/ton dal contratto di servizio stipulato con COBAT e di un corrispettivo di trasporto, variabile in funzione della distanza tra l’impianto di stoccaggio e l’impianto di riciclo indicato dal COBAT. Sul territorio nazionale operava anche un’altra categoria di raccoglitori (“autorizzati” o “verificati”), i quali, pur non avendo ottenuto da COBAT la qualifica di “incaricato”, provvedevano alla raccolta in vista di un’esportazione dei quantitativi così ottenuti verso l’estero, ovvero di un eventuale conferimento a COBAT stesso. I raccoglitori non “incaricati” potevano anche conferire a COBAT le batterie esauste autonomamente raccolte, ma solo dietro autorizzazione del Consorzio. Al ricevimento di una richiesta di conferimento, COBAT provvedeva a verificare il possesso da parte del richiedente delle necessarie autorizzazioni operative e, in caso di esito positivo, sottoponeva al soggetto la sottoscrizione di un contratto a mezzo della quale il raccoglitore acquisiva la qualifica di “verificato”, venendo in tal modo abilitato al conferimento delle batterie esauste agli smelter consorziati alle medesime condizioni economiche dei raccoglitori “incaricati”, ma senza percepire il corrispettivo di servizio a questi riconosciuto ai sensi del CCR. A completamento del quadro operativo inerente al sistema, va ulteriormente presa in considerazione la presenza delle imprese di riciclaggio di batterie al piombo esauste (c.d. smelters, ossia le società Eco-Bat, Ecolead, ESI, Meca, Piombifera Bresciana, Piomboleghe), consorziate a COBAT ed attive attraverso altrettanti stabilimenti presenti sul territorio nazionale. Come i raccoglitori, così anche gli smelters risultavano legati al Consorzio da appositi rapporti contrattuali sulla base di un contratto-tipo (Contratto COBAT-smelter o “CCS”), volto a stabilire il quantitativo annuo di batterie esauste da conferire a ciascun riciclatore; al CCS essendo, in particolare, rimessa l’individuazione del quantitativo di batterie cedute dal Consorzio al singolo smelter, sulla base di quote assegnate a ciascuno. Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato). TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9 marzo 2010, n. 3572

RIFIUTI - COBAT - Posizione di monopolio legale - T.U.Ambiente - Testo originario - Costituzione di consorzi alternativi al COBAT - Modifiche ex d.lgs. n. 4/2008 - Ulteriori modifiche ex d.lgs. n. 188/2008 - Imprese non aderenti al COBAT. A fronte del modello incentrato sulla configurazione della posizione di COBAT quale monopolista legale nella gestione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi, in esito all’adozione del Testo Unico sull’Ambiente (D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152), è stata prevista la possibilità di costituire consorzi in alternativa al COBAT, in un’ottica di apertura del settore a dinamiche concorrenziali. Tale possibilità, venuta meno a seguito della modifica apportata dal D.Lgs. 16 gennaio 2008 n. 4 (cd. secondo correttivo del TUA) all’art. 235 del D.Lgs. 152/2006, è stata quindi ripristinata dal D.Lgs. 20 novembre 2008 n. 188: essendo ora pertanto consentito a tutte le imprese di raccolta, smaltimento, installazione e produzione/importazione di batterie al piombo non aderenti al COBAT di costituire “uno o più consorzi” per la raccolta e lo smaltimento di tali rifiuti. Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato). TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9 marzo 2010, n. 3572

RIFIUTI - COBAT - Legge comunitaria per l’anno 2001 (L. n. 39/2002) - Avviamento delle batterie esauste allo smaltimento - Introduzione della facoltà di spedizione all’estero - Principio dell’obbligatorio conferimento al COBAT - Permanenza. A fronte della contestazione formulata dalla Commissione Europea all’Italia con riferimento all’impossibilità, sulla base delle previsioni dettate dal decreto legge 397/1988, di avviare batterie esauste allo smaltimento presso operatori situati in altri Stati membri, la legge comunitaria per l’anno 2001 (1° marzo 2002 n. 39) ha introdotto la facoltà di raccolta ai fini di spedizione all’estero (esportazione) delle batterie esauste raccolte sul territorio italiano. La medesima legge (art. 15, comma 1, lettera a) è intervenuta altresì sul profilo della raccolta dei rifiuti contenenti piombo, stabilendo che “chiunque detiene batterie al piombo esauste o rifiuti piombosi è obbligato al loro conferimento al consorzio direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati del consorzio o autorizzati, in base alla normativa vigente, a esercitare le attività di gestione di tali rifiuti”. Pertanto, la modifica normativa del 2002 non ha condotto ad alcuna rimodulazione del sistema COBAT, se non nella limitata ottica - preordinata a corrispondere positivamente alle preoccupazioni come sopra manifestate dalla commissione Europea - di consentire l’esportabilità intracomunitaria delle batterie esauste raccolte sul territorio nazionale. L’apertura dell’attività di “raccolta” delle batterie al piombo esauste a tutti gli operatori muniti delle prescritte autorizzazioni, ancorché non “incaricati” dal COBAT (ma semplicemente “autorizzati” o “verificati”) non ha vulnerato in alcun modo il principio dell’obbligatorio conferimento delle batterie a quest’ultimo. Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato). TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9 marzo 2010, n. 3572

RIFIUTI - COABT - Configurazione monopolistica ex lege - Art. 235 d.lgs. n. 152/2006 - Prima modifica. La configurazione monopolistica ex lege conferita a COBAT nel ciclo della gestione delle batterie esauste è stata per la prima volta incisa (ma non eliminata) soltanto con il Testo Unico Ambientale, entrato in vigore il 29 aprile 2006, che prevedeva la possibilità di costituire consorzi aventi obiettivi e caratteristiche identiche a quelle del COBAT. L’art. 235, comma 5, ha, infatti, consentito alle imprese non aderenti a COBAT di costituire “uno o più consorzi” composti (analogamente a quanto disposto per COBAT) da tutte le categorie interessate, ossia “a) le imprese che effettuano il riciclo delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi (…); b) le imprese che svolgono attività di fabbricazione oppure di importazione di batterie al piombo; c) le imprese che effettuano la raccolta delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi; d) le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita delle batterie al piombo”. Detti consorzi, a composizione verticalmente integrata, avrebbero avuto (al pari di COBAT) personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro, avrebbero dovuto essere retti da uno statuto redatto in conformità ad uno schema-tipo redatto dal Ministero dell’Ambiente (di concerto con il Ministero delle Attività produttive) ed avrebbero dovuto svolgere su tutto il territorio nazionale (art. 235, comma 4) le medesime attività eseguite da COBAT. L’art. 235, commi 6 (per gli istituendi consorzi) e 16 (per il COBAT), ha inoltre puntualmente disciplinato i criteri di attribuzione delle quote di partecipazione delle imprese ai rispettivi consorzi, recependo a livello di normazione primaria quanto previsto sin dai tempi della sua costituzione nello statuto del COBAT. Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato). TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9/03/2010, n. 3572

RIFIUTI - COABT - Art. 235 d.lgs. n. 152/2006 - Concorrenzialità a livello di consorzio - Mancata emanazione dei decreti attuativi - Modifiche ex d.lgs. n. 4/2008 - D.lgs. n. 188/2008 - Costituzione di sistemi di raccolta dei rifiuti alternativi al COBAT. Il Legislatore del Testo Unico, lungi dall’esprimere linee strategiche apertamente configgenti con l’architettura del “sistema” COBAT - ancorché in presenza di una tendenziale apertura alla concorrenza in un contesto di mercato “liberalizzato” - ha invece confermato la validità del relativo impianto a tal punto da indicarne, con tratti di paradigmaticità, taluni aspetti anche con riferimento agli assetti dei (futuri quanto potenziali) consorzi alternativi. Le modificazioni introdotte dal Testo Unico Ambiente hanno arricchito il (previgente) sistema con profili di concorrenzialità esclusivamente operanti a livello di consorzi: venendo quindi in considerazione un modello di competitività tra “sistemi” integrati verticalmente secondo il modello istituzionale di COBAT e non già una concorrenzialità diffusa fra singole categorie di operatori. Nel periodo di vigenza del testo originario del Testo Unico, non sono stati peraltro mai emanati i decreti attuativi da parte del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio, né si sono registrate iniziative concrete da parte di gruppi di operatori al fine di istituire consorzi verticalmente integrati per svolgere attività in concorrenza con il COBAT. Le disposizioni dettate dall’art. 235 del Testo Unico hanno formato oggetto di un profondo ripensamento ad opera del D.Lgs. 16 gennaio 2008 n. 4 (Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152). Il comma 30-octies dell’art. 2, infatti, ha restituito un ruolo di centralità di sistema (previgente rispetto all’originaria stesura del testo Unico Ambientale) in capo a COBAT, reintroducendo l’obbligo generalizzato di partecipazione al COBAT e riconfermandolo come l’unico operatore autorizzato ad operare nel settore della raccolta e del trattamento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi: con la conseguenza che, a partire dal gennaio 2008, la disciplina di riferimento tornava ad assestarsi sull’assetto ante-Testo Unico, con obbligo, in capo a tutte le imprese di cui all’art. 9-quinquies del decreto legge 397/1988, di operare nell’ambito del “sistema” COBAT. Veniva, in altri termini, meno la facoltà, peraltro mai concretamente attuata, di istituire consorzi integrati verticalmente che svolgessero la propria attività in concorrenza rispetto a COBAT. Impregiudicata ogni considerazione in termini di complessiva coerenza dell’azione legislativa, deve osservarsi come il quadro di insieme proponga (con l’unico hiatus rappresentato dalla breve sopravvivenza dell’originaria formulazione dell’art. 235 TUA) una prolungata immanenza del ruolo di centralità in capo a COBAT in chiave monopolistica. In sede di attuazione della Direttiva 2006/66/CE, con l’art. 20 del D.Lgs. 20 novembre 2008 n. 188, entrato in vigore nel dicembre 2008, il Legislatore ha nuovamente modificato il proprio orientamento in rapporto alle figure istituzionalmente preposte al trattamento delle batterie esauste e dei rifiuti piombosi, tornando ad assestarsi sulle indicazioni rivenienti dall’originaria formulazione del TUA e, conseguentemente, prefigurando l’istituzione di nuovi e diversi “sistemi” di raccolta, idonei a coprire in modo omogeneo tutto il territorio nazionale, in alternativa ai “sistemi esistenti”, ossia al COBAT.. L’opzione esercitata dal Legislatore consente di apprezzare che il trattamento ed il riciclaggio delle batterie esauste è affidata a sistemi organizzati e gestiti dagli operatori del settore (i produttori di pile e accumulatori industriali, o i terzi che agiscono in loro nome), ai quali è rimessa la scelta se “aderire a sistemi esistenti (ovvero a COBAT, il quale, secondo quanto indicato dal riportato art. 20, continua a svolgere la propria attività, ancorché non più in regime di esclusiva) ed utilizzare la rete di raccolta facente capo alle medesime ovvero, provvedere alla costituzione (su base individuale o collettiva; per l’effetto dovendo argomentarsi la decentralizzazione dell’opzione necessariamente consortile del relativo modulo organizzativo) di sistemi di raccolta dei rifiuti di pile e accumulatori industriali. Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato). TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9 marzo 2010, n. 3572

RIFIUTI - COBAT - Natura - Consorzio obbligatorio per legge - Disposizioni normative - Disposizioni statutarie. Il COBAT è un Consorzio per legge obbligatorio, dalla cui operatività è escluso (innanzi tutto in capo a COBAT; secondariamente, da parte degli operatori consorziati) alcun profilo di volontarietà delle politiche imprenditoriali. Ciò non soltanto con riferimento alle disposizioni di diretta promanazione normativa; ma anche con riguardo alle previsioni statutarie: le quali, quantunque costituiscano formale espressione della volontà formatasi in ambito consortile, hanno nondimeno ricevuto espressa validazione ad opera della decretazione ministeriale di approvazione. Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato). TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9 marzo 2010, n. 3572

RIFIUTI - COBAT - Costituzione - Esigenze di tutela dell’ambiente e della salute. La costituzione del Consorzio ad opera del Legislatore non è intervenuta all’interno (o quale conseguenza) di una scelta condizionata da interessi di carattere economico e/o imprenditoriale, quanto, piuttosto, a fronte della rappresentata esigenza di tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini, direttamente contemplate non soltanto dalla carta costituzionale, ma anche nel quadro dei principi di ispirazione comunitaria. Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato). TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9 marzo 2010, n. 3572

RIFIUTI - COBAT -Natura - Persone giuridiche di diritto pubblico. Il COBAT è sussumibile nel novero delle “persone giuridiche di diritto pubblico … istituite per legge al fine di soddisfare specificamente esigenze collegate alla salute pubblica, che sono esigenze di interesse generale, e tali esigenze hanno un carattere non industriale o commerciale, dato che i servizi sono prestati … senza scopo di lucro”(cfr. TAR Lazio, n. 4034/2001), alla stregua della definizione fornita dalla IV Sezione della Corte di Giustizia CE con recente sentenza dell’11 giugno 2009 (Causa C-300/07, Hans & Christophorus Oymanns GbR, Orthopädie Schuhtechnik contro AOK Rheinland / Hamburg). Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato). TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9 marzo 2010, n. 3572

RIFIUTI - COBAT - Evoluzione normativa della disciplina in materia di raccolta e smaltimento delle batterie esauste - Opzione del legislatore verso l’istituzione di un modulo consortile. L’evoluzione della normativa applicabile alla disciplina della raccolta e smaltimento delle batterie esauste conferma l’esistenza di una fondamentale opzione, esercitata dal Legislatore, riguardante l’istituzione e l’operatività di un modulo consortile, verticalmente integrato (e, quindi, composto da una pluralità eterogenea di operatori del settore, portatori di interessi non necessariamente convergenti): opzione che, per come attuata dall’originario intervento legislativo (legge 397/1988) è stata poi confermata ora espressamente (TUA e D.Lgs. 4/2008), ora implicitamente, attraverso la confermata presenza di COBAT (ancorché in chiave non più monopolistica, ma) come “uno” dei sistemi di raccolta e trattamento (si confrontino, in proposito, le previsioni di cui al D.Lgs. 188/2008). Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato). TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9 marzo 2010, n. 3572

RIFIUTI - COBAT - Periodo compreso tra il 1988 e il 2009 - Esistenza di periodi di liberalizzazione del mercato - Esclusione - Qualifica della condotta del COBAT in termini di anticompetitività - Esclusione. Escluso che, dal 1988 fino al 2009, vengano in considerazione (così come sostenuto dall’Autorità) periodi anche ampi di liberalizzazione del mercato, atteso che, nell’arco temporale oggetto di osservazione (2002 - 2009), soltanto in due (peraltro significativamente circoscritti) brevi periodi COBAT avrebbe potuto essere “astrattamente” affiancato da “sistemi” concorrenti, va rilevato che nel rimanente periodo COBAT ha posto in essere condotte che, lungi dalla qualificabilità in termini “anticompetitivi”, hanno, piuttosto, puntualmente ed efficacemente attuato, nella disegnata configurazione monopolistica del Consorzio stesso, le attività di tutti gli operatori attivi nella filiera della produzione e successiva raccolta ed avvio al riciclaggio delle batterie industriali e per veicoli, contenenti piombo. Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato). TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9 marzo 2010, n. 3572

RIFIUTI - COBAT - Condotte anticoncorrenziali - Insussistenza - Ragioni. Va escluso che le condotte attribuite a COBAT (disincentivazione della formazione di sistemi di raccolta autonomi, delle attività di riciclaggio indipendenti rispetto a quelle amministrate dal Consorzio, assegnazione dei rifiuti agli smelters applicando il criterio di ripartizione pro quota mutuato dal criterio statutario e, nel periodo 2006-2008, legislativo di assegnazione delle quote all’interno del Consorzio) ed agli operatori in esso consorziati possano legittimamente ricevere qualificazione in termini di anticoncorrenzialità, atteso che esse presuppongono un contesto normativo ed operativo di riferimento incompatibile con l’adozione da parte degli operatori del settore di comportamenti autonomi dal, ed eventualmente contrastanti con il sistema di gestione dei rifiuti rappresentato dal Consorzio obbligatorio. Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato). TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9 marzo 2010, n. 3572

RIFIUTI - COBAT - Obbligo di adesione - Attività di smaltimento al di fuori del sistema consortile - Violazione delle finalità istitutive del COBAT. L’obbligo, in capo ai riciclatori, di adesione al COBAT, rende l’affermato ostacolo allo sviluppo delle attività di riciclaggio indipendenti da quelle amministrate dal Consorzio difficilmente configurabile, in quanto lo stesso COBAT non avrebbe potuto assecondare attività di smaltimento al di fuori del “sistema” consortile senza con ciò violare la propria finalità istituzionale, predeterminata per legge ed insuscettibile di deroghe. Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato). TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9 marzo 2010, n. 3572

RIFIUTI - COBAT - Assegnazione dei rifiuti agli smelters secondo il criterio di ripartizione pro quota - Legittimità - Fondamento - Ricorso al diverso criterio della gara - Preferibilità - Esclusione. L’assegnazione dei rifiuti agli smelters secondo il criterio di ripartizione pro quota in funzione della capacità produttiva rivela elementi di non discutibile coerenza (oltre che di difficilmente controvertibile ragionevolezza) rispetto alla funzione istituzionale demandata a COBAT, il cui compito consiste nella massimizzazione della raccolta e del riciclaggio delle batterie esauste, e non già nel conseguimento di elementi di profitto dalla cessione dei medesimi rifiuti agli smelters (dovendosi, in proposito, rammentare come sia stata legislativamente fissata l’esclusione di alcuno scopo lucrativo quanto all’attività dei consorzi e/o sistemi per la gestione di particolari tipologie di rifiuti). Né - una volta dato atto della intrinseca logicità del conferimento pro-quota (in ragione dell’unico parametro di ripartibilità, sostanziato appunto dalle quote di partecipazione degli operatori al Consorzio, a loro volte attributarie delle pertinenti capacità operative) - il (diverso) criterio della gara (dall’AGCM avvalorato quale metodologia elettivamente pro-competitiva) rivela (in difetto di compiuti, quanto dimostrabili, elementi di convincimento) profili di intrinseca preferibilità, anche in ragione dei connessi oneri. Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato). TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9 marzo 2010, n. 3572

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 03572/2010 REG.SEN.
N. 06030/2009 REG.RIC.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 6030 del 2009, proposto da Eco-Bat S.p.A., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv.ti Claudio Tesauro, Dario Ruggiero e Domenico Ielo, presso il cui studio è elettivamente domiciliata, in Roma, via Salaria n. 259

contro

l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è elettivamente domiciliata, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

nei confronti di

Federazione Nazionale delle Imprese Elettrotecniche ed Elettroniche - ANIE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv.ti Enrico Adriano Raffaelli, Stefano Cassanmagnaghi e Paolo Todaro, presso lo studio di quest’ultimo elettivamente domiciliata, in Roma, via Gregoriana n. 5;

per l'annullamento

del provvedimento n. 19814 “Riciclaggio delle batterie esauste” adottato in data 29 aprile 2009 a conclusione del procedimento I-697, con il quale l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha deliberato, fra l’altro, che le società Eco-Bat S.p.A., Piombifera Bresciana S.p.A., Piomboleghe s.r.l., ME.CA. Lead Recycling S.p.A., ESI - Ecological Scrap Industry S.p.A. ed Ecolead S.p.A., l’Associazione Imprese Riciclo Piombo da Batterie - AIRPB, hanno posto in essere, in violazione dell’art. 81 del Trattato CE, una condotta consistente nella “determinazione congiunta delle rispettive quote di approvvigionamento e nell’adozione di politiche comuni finalizzate ad evitare mutamenti nelle condizioni commerciali che ne avrebbero ridotto le rilevanti entrate economiche”, diffidando le imprese destinatarie del provvedimento affinché “assumano misure atte a porre termine all’illecito riscontrato e che, entro novanta giorni dalla notifica del presente provvedimento, diano comunicazione all’Autorità delle misure a tal fine adottate”.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Autorità intimata e di ANIE;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2010 il dott. Roberto Politi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO


Il presente ricorso è rivolto avverso la determinazione con la quale l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ravvisando un’intesa anticoncorrenziale nella condotta tenuta dal Consorzio Obbligatorio Batterie Esauste e Rifiuti Piombosi - COBAT e dalle imprese a quest’ultimo associate, in violazione della previsione di cui all’art. 81 del Trattato CE, ha applicato le sanzioni amministrative pecuniarie di seguito specificamente indicate.

Tale condotta, in particolare, si sarebbe sostanziata nel concordamento di una posizione comune fra le parti dell’istruttoria condotta dall’Autorità, volta ad ostacolare i tentativi di alcuni produttori di batterie di organizzare autonome reti di raccolta, nonché a rigettare la richiesta dei produttori di modificare lo statuto consortile di COBAT per ottenere il riconoscimento della proprietà delle batterie esauste.

AGCM ha, inoltre, appurato l’esistenza di un coordinamento fra gli smelters volto ad evitare incrementi di produttività da parte di una singola impresa, tali da compromettere il rapporto cooperativo instaurato fra i concorrenti e, quindi, l’equilibrio asseritamente collusivo conseguito in ambito COBAT.

A seguito dell’articolato svolgimento del previsto iter procedimentale - nel corso del quale sono state attivate le modalità di interlocuzione con le parti indagate - AGCM perveniva all’adozione della gravata determinazione, con la quale veniva applicata nei confronti di Eco-Bat la sanzione amministrativa pecuniaria di € 4.588.350,00.

Dopo aver analiticamente ricostruito il quadro normativo che ha assistito la creazione di COBAT (Consorzio obbligatorio proposto ad attività di rilievo pubblicistico incaricato ex lege di un servizio di interesse economico generale) e le relative previsioni statutarie, le funzioni al medesimo assegnate e gli interessi pubblici a queste ultime ricollegati, parte ricorrente ha esposto avverso l’impugnata determinazione i seguenti argomenti di doglianza:

1) Sul primo addebito: violazione per falsa applicazione dell’art. 81 del Trattato CE.

Contesta parte ricorrente, in primo luogo, di aver fatto parte di un’intesa - in violazione dell’art. 81 del Trattato CE - preordinata ad impedire che la ripartizione delle batterie esauste effettuata da COBAT tra smaltitori (smelters) avvenisse in base ad un sistema concorrenziale (laddove siffatta ripartizione è avvenuta in proporzione alla capacità produttiva di ciascuno degli anzidetti operatori).

La configurazione generale del sistema, sulla base delle pertienenti coordinate normative di riferimento, escludeva - invece - che potesse dispiegarsi, quanto all’attribuzione agli smelters delle batterie, un sistema concorrenziale: configgendo esso non soltanto con le finalità a fondamento dell’istituzione del predetto consorzio a partecipazione obbligatoria, ma anche con le regole che ne presidiavano il funzionamento e l’operatività.

Né, altrimenti, un sistema ripartitorio fondato sullo svolgimento di gare avrebbe potuto garantire un corretto funzionamento della dinamica concorrenziale, atteso che esso si sarebbe tradotto in un meccanismo di attivazione della concorrenza per il mercato e non già nel mercato.

In ogni caso, il meccanismo ripartitorio attuato da COBAT era fissato in un atto (il regolamento di quest’ultimo) avente rilievo pubblicistico: e rispetto al quale in primo luogo lo stesso COBAT non avrebbe potuto diversamente orientare la propria azione in materia.

2) In subordine, sul primo addebito: violazione dell’art. 81 del Trattato CE (anche in relazione al principio di diritto espresso nella sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee 9 settembre 2003 n. 198/01) e dell’art. 86 del Trattato CE. Eccesso di potere per carenza di istruttoria. Contraddittorietà della motivazione.

La determinazione dell’Autorità avrebbe inoltre omesso di valutare adeguatamente il quadro normativo esistente e le ipotesi di sua eventuale disapplicazione: in proposito richiamandosi i principi enunciati nell’epigrafata decisione della Corte di Giustizia relativamente all’obbligo di disapplicare la normativa interna che contrasti con la disciplina comunitaria, nonché le considerazioni dalla stessa Autorità espresse con parere reso nel 1999 - proprio in ordine alla configurazione giuridica del consorzio COBAT - al Ministero dell’Ambiente.

3) Sul secondo addebito: violazione del paragrafo 1 dell’art. 81 del Trattato CE. Eccesso di potere per errata interpretazione dell’art. 9-quinquies del decreto legge 397/1988. Violazione per falsa applicazione dell’art. 81 del Trattato CE. Violazione degli artt. 1 e seguenti del D.Lgs. 59/2005.

L’obbligatoria appartenenza al COBAT nell’ambito della categoria degli smaltitori induce la ricorrente ad escludere la fondatezza dell’argomentazione di AGCM circa la volontarietà di una condotta collusiva con gli altri operatori del settore, finalizzata al perseguimento di un intento anticompetitivo.

Quanto alla ripartizione del quantitativo di batterie fra gli smaltitori, viene decisamente escluso che essa fosse rimessa agli accordi intercorsi fra questi ultimi, facendo capo le relative decisioni esclusivamente a COBAT sulla base di due atti (lo statuto ed il regolamento) entrambi aventi rilevanza pubblicistica (il primo, in quanto approvato dal Ministero dell’Ambiente; il secondo, in quanto adottato sulla base delle direttive fornite da quest’ultimo e dal Ministero delle Attività Produttive).

Conseguentemente, gli smelters si sarebbero limitati a dare attuazione alle disposizioni, obbligatorie e vincolanti, del Consorzio.

Vengono, poi, ribadite le già svolte argomentazioni in ordine alla incompatibilità, rispetto alla configurazione assunta dal settore della raccolta e del riciclaggio delle batterie esauste, di un meccanismo liberamente concorrenziale, attesa la funzione normativamente rimessa al COBAT di coordinare l’attività degli operatori.

4) In subordine, sul secondo addebito: violazione dell’art. 81 del Trattato CE (anche in relazione al principio di diritto espresso nella sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee 9 settembre 2003 n. 198/01) e dell’art. 86 del Trattato CE. Eccesso di potere per carenza di istruttoria. Contraddittorietà della motivazione.

Vengono, sotto tale profilo, ribadite le argomentazioni esposte con il secondo motivo di censura in precedenza sintetizzato.

6) In via ulteriormente subordinata: violazione dell’art. 15 della legge 287/1990 e dell’art. 11 della legge 689/1981. Eccesso di potere per violazione degli Orientamenti sul calcolo delle ammende.

Viene, da ultimo, denunciata la sproporzione della misura sanzionatoria inflitta alla ricorrente, la cui commisurazione sarebbe intervenuta in violazione delle prescrizioni all’uopo dettate dai parametri normativi di riferimento indicati in epigrafe ed in assenza di una compiuta valutazione degli elementi (gravità della violazione, durata, partecipazione ad essa del singolo operatore economico) aventi specifica rilevanza ai fini della determinazione della misura repressiva.

Conclude parte ricorrente insistendo per l'accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.

L'Autorità intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito l'infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell'impugnativa.

Analoghe considerazioni sono state rassegnate dalla Federazione Nazionale delle Imprese Elettrotecniche ed Elettroniche - ANIE, parimenti costituitasi in giudizio.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 27 gennaio 2010.


DIRITTO


I. IL PROCEDIMENTO DAVANTI ALL’AUTORITA’

I.1 AVVIO - PARTI


Espone l’Autorità di aver ricevuto, negli anni 2006 e 2007, segnalazioni relative alla presunta contrarietà di alcune condotte del Consorzio Obbligatorio Batterie al Piombo Esauste e Rifiuti Piombosi - COBAT rispetto ai principi di tutela della concorrenza.

Nell’adunanza del 24 gennaio 2008, l’Autorità deliberava l’avvio di un’istruttoria nei confronti di COBAT, volta ad accertare eventuali violazioni dell’art. 81 del Trattato CE relativamente ad alcune delibere consortili adottate dal consiglio di amministrazione del Consorzio; altresì ipotizzandosi che le condotte adottate da COBAT avessero determinato (o quantomeno agevolato) un coordinamento dei comportamenti degli operatori attivi sul mercato del riciclaggio, segnatamente gli smelter.

A seguito di attività ispettiva, l’Autorità estendeva il procedimento sia in senso oggettivo che soggettivo, nei confronti delle società Eco-Bat S.p.A., Piombifera Bresciana S.p.A., Piomboleghe S.r.l., ME.CA. Lead Recycling S.p.A., ESI-Ecological Scrap Industry S.p.A. ed Ecolead S.r.l., nonché dell’Associazione Imprese Riciclo Piombo da Batterie - AIRPB.

Quanto alle parti del procedimento:

- COBAT è un consorzio avente personalità giuridica di diritto privato, istituito ai sensi dell’art. 9-quinquies del decreto legge 9 settembre 1988 n. 397, convertito in legge 9 novembre 1988, n. 475, con la funzione di assicurare la raccolta e lo smaltimento delle batterie al piombo esauste. A tal fine, COBAT acquista le batterie esauste raccolte sul territorio nazionale da parte di imprese appositamente autorizzate e le cede alle imprese di smaltimento, ai fini del loro riciclaggio;

- Eco-Bat S.p.A., Ecolead S.r.l., ME.CA. Lead Recycling S.p.A., Piombifera Bresciana S.p.A., Piomboleghe S.r.l. sono società di diritto italiano attive nella produzione di piombo secondario attraverso il riciclo di batterie esauste;

- l’Associazione Imprese Riciclo Piombo da Batterie - AIRPB raggruppa i principali produttori di piombo secondario ottenuto da rifusione degli elementi metallici di batterie esauste, alla quale sono associate le imprese Eco-Bat, ESI, Meca, Piombifera e Piomboleghe;

- Ecovorbat è un consorzio che raggruppa una decina di imprese con la finalità di provvedere attraverso i propri consorziati alla raccolta delle batterie esauste e rifiuti piombosi in vista del loro stoccaggio, recupero e riciclaggio all’estero ai sensi della normativa esistente;

- IBS è una società attiva nella produzione di accumulatori e batterie;

- mentre ANIE rappresenta oltre 900 imprese ripartite tra 11 associazioni federate e rappresentative di diversi settori industriali, tra cui quello della produzione di batterie al piombo (le società associate ad ANIE rappresentano i principali produttori di batterie al piombo a livello nazionale, tra cui Enersys, Exide Italia, Faam, Fiamm, Midac, RGZ Magneti Marelli, SIA Industria Accumulatori, VB Autobatterie, Varta Italia).

I.2 IL PROCEDIMENTO ISTRUTTORIO

L’istruttoria condotta dall’Autorità si è articolata in una serie di verifiche ispettive, audizioni delle parti, richieste di informazioni alle parti e a soggetti terzi.

In data 15 gennaio 2009 veniva inviata alle parti la CRI - Comunicazione delle Risultanze Istruttorie.

Dopo aver analiticamente ricostruito il quadro normativo - di rango primario e sub-primario - applicabile al settore della raccolta e dello smaltimento delle batterie al piombo (sul quale il Collegio, attesa la centrale rilevanza da esso assunta ai fini della delibazione della sottoposta vicenda contenziosa, intende infra soffermarsi analiticamente), AGCM ha rilevato che il funzionamento del Consorzio si fonda sull’attività dei raccoglitori obbligati “a cedere al COBAT l’intero quantitativo di batterie raccolte, consegnando le stesse agli impianti di riciclo indicati da COBAT”.

Per regolare tali rapporti, il Consorzio ha stipulato con tali imprese un contratto (Contratto COBAT-Raccoglitori o “CCR”) in base al quale ciascun raccoglitore si obbliga a garantire la raccolta delle batterie esauste nel lotto territoriale assegnatogli mediante l’utilizzo di mezzi propri o trasportatori terzi, provvedendo poi allo stoccaggio delle batterie esauste in propri impianti di messa in riserva, in conformità a un apposito descrittivo tecnico adottato dal COBAT.

L’acquisto “franco destino” da parte del COBAT delle batterie raccolte avviene sulla base di un prezzo di cessione composito, determinato dal riconoscimento:

- di un valore della batteria variabile in funzione dell’andamento riscontrato presso il London Metal Exchange (LME);

- di un corrispettivo di servizio, stabilito in euro/ton dal contratto di servizio stipulato con COBAT;

- di un corrispettivo di trasporto, variabile in funzione della distanza tra l’impianto di stoccaggio e l’impianto di riciclo indicato dal COBAT.

Sul territorio nazionale opera, peraltro, un’altra categoria di raccoglitori (c.d. “autorizzati” o “verificati”), i quali, pur non avendo ottenuto da COBAT la qualifica di “incaricato”, provvedono alla raccolta in vista di un’esportazione dei quantitativi così ottenuti verso l’estero ovvero di un eventuale conferimento a COBAT stesso.

I raccoglitori non incaricati possono anche conferire al COBAT le batterie esauste autonomamente raccolte, ma solo dietro autorizzazione del Consorzio.

Al ricevimento di una richiesta di conferimento, il COBAT provvede a verificare il possesso da parte del richiedente delle necessarie autorizzazioni operative e, in caso di esito positivo, sottopone al soggetto la sottoscrizione di un contratto a mezzo della quale il raccoglitore acquista la qualifica di “verificato” e viene così abilitato al conferimento delle batterie esauste agli smelter consorziati alle medesime condizioni economiche dei raccoglitori incaricati, ma senza percepire il corrispettivo di servizio a questi riconosciuto ai sensi del CCR.

In Italia operano talune imprese di riciclaggio di batterie al piombo esauste (c.d. smelter), ossia le società Eco-Bat, Ecolead, ESI, ME.CA., Piombifera Bresciana, Piomboleghe, consorziate al COBAT ed attive attraverso altrettanti stabilimenti presenti sul territorio nazionale (all’interno dei quali si provvede al recupero del piombo e di altri prodotti secondari, in particolare di acido solforico e componenti plastiche), legati al Consorzio da appositi rapporti contrattuali sulla base di un contratto-tipo (Contratto COBAT-smelter o “CCS”), volti a stabilire il quantitativo annuo di batterie esauste da conferire a ciascun riciclatore.

In particolare, il CCS individua il quantitativo di batterie cedute dal Consorzio al singolo smelter, sulla base di quote assegnate a ciascuno.

Quanto al prezzo di vendita delle batterie esauste cedute al singolo smelter dal Consorzio, esso viene determinato mensilmente in funzione della quotazione media LME del piombo registratasi il mese precedente.

L’Autorità, a fronte delle modalità di funzionamento del sistema (obbligatorio conferimento ex lege) ha avuto modo di apprezzare come, a seguito dell’aumento delle quotazioni del piombo (registratosi soprattutto tra il 2006 ed il 2007; mentre, più recentemente, la relativa quotazione ha nuovamente percorso un trend discendente), “i produttori di batterie operanti in Italia subissero significativi pregiudizi economici a causa dei propri costi di approvvigionamento della materia prima piombo, più elevati rispetto a quelli sopportati dai concorrenti stranieri”; ulteriormente ponendo in evidenza che “tale posizione è stata sostenuta dai produttori anche all’interno del Consorzio ed è sfociata in una contrapposizione sempre più evidente rispetto alle posizioni delle altre categorie consorziate, in primo luogo gli smelter”.

I.3 IL PARERE DELL’AUTORITA’ DEL 20 GENNAIO 1999

Nelle gravata determinazione si dà atto che la stessa Autorità, in data 20 gennaio 1999 (a ridosso della conversione in legge del decreto legge istitutivo di COBAT) aveva rilasciato, su richiesta del Ministero dell’Ambiente, un parere concernente alcuni profili della legge istitutiva del COBAT, tra cui l’obbligo di conferimento, di cui al comma 6 dell’art. 9-quinquies dal testo originario della legge istitutiva, e le modalità di cessione delle batterie alle industrie di recupero.

L’Autorità, in tale parere, affermò in via generale che “con l’istituzione di tale organismo, cui sono stati attribuiti, in via esclusiva, i compiti e i poteri concernenti la gestione delle batterie esauste e dei rifiuti piombosi, il legislatore ha voluto creare una struttura centralizzata, che, attraverso la raccolta e il recupero differenziato integrale di rifiuti considerati pericolosi, garantisca il soddisfacimento dell’interesse costituzionalmente rilevante alla tutela dell’ambiente” e, con riferimento specifico all’obbligo di conferimento, che tale obbligo “ha consentito di realizzare un sistema regolamentato in grado di garantire la raccolta e lo smaltimento integrali anche in condizioni di prezzo del piombo stagnante o in ribasso”.

In tale parere si affermava dunque che, a fronte di un livello contenuto di prezzo del piombo e della connessa strumentalità tra attività del consorzio e soddisfacimento dell’interesse costituzionalmente protetto della tutela ambientale, poteva trovare applicazione il comma 2 dell’art. 8 della legge antitrust.

L’apporto consultivo come sopra fornito al Ministero dell’Ambiente - e, con esso, la valutazione di sostanziale compatibilità concorrenziale del sistema COBAT - viene, peraltro, significativamente “storicizzato” nel quadro del provvedimento ora all’esame: in proposito assumendosi che le conclusioni in quella sede rassegnate fossero condizionate dalle particolarità di carattere giuridico ed economico proprie del quadro presente nel 1999: soprattutto prendendosi in considerazione il fatto che “nel 1999 il prezzo del piombo era assai contenuto e ben lontano dai livelli del 2002 e del 2006”.

Secondo quanto affermato nell’odierna determinazione, quindi, “il parere dell’Autorità … era stato formulato in un contesto giuridico ed economico riferibile agli anni 1998 e 1999, differente da quello rilevante nell’intesa in esame”; ancorché non possa “essere disconosciuto l’obiettivo di interesse generale che il COBAT, allora, era chiamato a perseguire”.

Ma - ed è, questo, uno dei punti nodali si quali si fonda la tesi sostenuta da AGCM - “il servizio di interesse generale svolto da COBAT nella gestione dei rifiuti piombosi consente o, meglio, impone a COBAT di agire come monopolista nella misura in cui ciò è strettamente necessario per la realizzazione della sua missione, ma richiede allo stesso COBAT di permettere il dispiegarsi del libero gioco della concorrenza qualora la concorrenza e le condizioni libere del mercato consentano la realizzazione dello stesso servizio”: di talché, “secondo questa prospettiva … non possono ritenersi coperte dalla previsione citata di cui all’art. 86, comma 2, del Trattato CE le previsioni contenute nei contratti di COBAT con i raccoglitori e con gli smelter”.

Se “la finalità della legge istitutiva del COBAT era quella di evitare la dispersione nell’ambiente delle batterie al piombo esauste in quanto rifiuti pericolosi, … l’obbligo di conferimento, alla luce delle finalità e dell’intero impianto della legge istitutiva del COBAT, deve essere inteso come meccanismo necessario affinché venissero assicurati gli obiettivi di tutela ambientale e non come obbligo di consegnare a COBAT, peraltro solo virtualmente, le batterie esauste”: assumendosi, a tale riguardo, che “la legge non conferisce a COBAT il ruolo di detentore esclusivo delle batterie, ma piuttosto di un controllore del corretto funzionamento del sistema di raccolta e riciclo delle batterie esauste”.

Alla stregua di tale prospettazione, COBAT avrebbe dunque dovuto “astenersi dall’adottare condotte non necessarie e non proporzionate all’obiettivo ambientale cui è stato preposto dalla legge, quale quelle rappresentate dalle clausole contrattuali con i raccoglitori e quelle con i riciclatori”.

I.4 I MERCATI INTERESSATI

Nella vicenda all’esame, l’Autorità ha ritenuto sussistere due distinti mercati, ovvero quello della raccolta di batterie al piombo esauste e quello del riciclaggio di batterie al piombo esauste, entrambi attinenti ad attività riconducibili alla filiera della gestione delle batterie al piombo esauste e di rifiuti piombosi, funzionale all’approvvigionamento di materia prima per la produzione di batterie al piombo.

Al vertice della filiera si collocano gli installatori, la cui attività consiste nella vendita al consumatore finale (solitamente presso officine e/o punti vendita specializzati) di batterie al piombo nuove, il cui prezzo - determinato dalle dinamiche di mercato che intercorrono tra i produttori di batterie - è comprensivo del sovrapprezzo di vendita delle batterie che i produttori devono corrispondere a COBAT per il finanziamento delle sue attività e che gli stessi produttori riversano sui consumatori finali.

A valle di tale attività, si colloca il primo dei due mercati interessati dall’istruttoria condotta da AGCM, ovvero la raccolta di batterie al piombo esauste.

Dal punto di vista dell’offerta, gli operatori attivi su tale mercato sono i raccoglitori, ovvero tutti quei soggetti che, a seguito di sottoscrizione di un contratto con COBAT (c.d. “incaricati”) ovvero a seguito di verifica della sussistenza dei requisiti per svolgere tale attività (c.d. “verificati”), raccolgono le batterie esauste presso gli installatori e le conferiscono al Consorzio per le successive attività di smaltimento e riciclaggio.

Tale attività ha formato oggetto di regolamentazione da parte di COBAT, il quale fissa, con riferimento ai raccoglitori incaricati, le principali condizioni contrattuali inerenti la cessione delle stesse batterie esauste al Consorzio, definendo le modalità operative di cessione delle batterie e il prezzo di cessione delle batterie esauste, ovvero il corrispettivo riconosciuto ai raccoglitori per la consegna delle batterie raccolte nell’ambito della propria attività (tale prezzo di cessione risultando da una pluralità di componenti, fra le quali, come precedentemente posto in luce, le quotazioni LME, che determinano il prezzo di riferimento del piombo a livello mondiale).

Sotto il profilo geografico, il mercato della raccolta di batterie al piombo esauste è stato ritenuto avere dimensione nazionale, in quanto completamente dipendente dalle determinazioni organizzative che, ai sensi di legge, spettano a COBAT.

Il secondo mercato preso in considerazione da AGCM è quello del riciclaggio delle batterie al piombo esauste.

Una volta conferite a COBAT da parte dei raccoglitori, le batterie esauste giungono agli stabilimenti di riciclaggio, presso i quali vengono movimentate in apposite aree o vasche per facilitare gli sversamenti d’acido ancora contenuto nelle stesse, e quindi avviate mediante tramoggia a mulini di frantumazione dove, una volta deferrizzate, vengono macinate per permettere la successiva separazione dei diversi componenti.

A valle di tale processo si ottengono pastello di piombo (originariamente in forma di fango, poi seccato mediante vagliatura e filtropressatura), griglie e poli di piombo, nonché polipropilene, mix plastico e acido solforico.

Pastello, griglie e poli (oltre ad altri eventuali rifiuti piombosi) sono avviati a rifusione, miscelandoli con appositi composti riducenti.

Sottoposta a una serie di operazioni di raffinazione (quali la rimozione degli ossidi superficiali, decuprazione, destagnazione, disantimonizzazione, alligazione), una volta superato il controllo della composizione chimica la lega in tal modo ottenuta viene colata negli stampi dei pani di piombo, ritornando così perfettamente idonea ai diversi impieghi produttivi, in quanto sostituibile al piombo da estrazione.

I.5 LE RISULTANZE ISTRUTTORIE RELATIVE ALLE INTESE

Le segnalazioni da cui ha preso avvio il procedimento conclusosi poi nell’adozione del provvedimento ora impugnato riguardavano una pluralità di condotte, per lo più riconducibili a determinazioni di COBAT finalizzate al mantenimento di uno status quo operativo, tale da garantire le attività di alcuni operatori del settore - gli smelter - con un conseguente pregiudizio per soggetti interessati all’ingresso nel mercato del riciclaggio della batterie al piombo esausto, allo sviluppo di attività di raccolta autonome rispetto a quelle organizzate dal Consorzio, ovvero portatori di interessi economici immediatamente contrastanti con quelli degli smelter, in quanto posti nella necessità di ottenere piombo a prezzi più competitivi rispetto a quelli derivanti dal sistema amministrato da COBAT.

Al riguardo, l’Autorità ha innanzi tutto osservato come COBAT raggruppi al suo interno una pluralità di soggetti che, “da un lato, rappresentano l’intera filiera dell’industria batteristica nazionale, dall’altro risultano essere portatori d’interessi anche tra loro fortemente contrapposti (in primo luogo … produttori e smelter): naturale conseguenza di tale circostanza è che, all’interno del Consorzio, si sia spesso assistito a processi di mediazione tra le parti in funzione di un generale equilibrio operativo”.

Gli accertamenti istruttori hanno condotto AGCM a rilevare come, “perlomeno a partire dal 2005, si siano verificate forti contrapposizioni tra i rappresentanti delle diverse categorie di consorziati per l’adozione di una rilevante serie di decisioni, tra cui la redazione e stipula dei nuovi CCR e CCS”: peraltro dandosi atto che, “le tensioni in discorso sono state evidentemente provocate dall’elevato aumento delle quotazioni LME del piombo, le quali rappresentano la principale variabile per le dinamiche operative del settore e a fronte delle quali i produttori hanno espresso la necessità di ricorrere a nuove modalità per l’approvvigionamento di piombo rispetto a quelle determinate dal sistema consortile”.

Nel dare atto della presenza di “possibili distorsioni concorrenziali derivanti da specifiche determinazioni normative”, l’Autorità ha specificamente preso in considerazione le condizioni relative al rapporto tra COBAT e raccoglitori: in particolare osservando che sulla base del “contratto che regola i [relativi] rapporti, ovvero il CCR, il Consorzio conferisce a questi ultimi l’incarico di svolgere a proprio nome il servizio di raccolta delle batterie al piombo esauste, ciascuno all’interno di un ambito territoriale specificato e delimitato dallo stesso contratto, nonché di stoccarle nei propri impianti di messa in riserva, con l’obbligo di osservare e adottare tutte le procedure e prescrizioni fissate dalla normativa vigente in materia di gestione di rifiuti pericolosi”; mentre ciascuna società di raccolta “si obbliga a cedere a COBAT, che l’acquista, l’intero quantitativo di batterie da essa raccolte nell’ambito della propria attività”.

Le condizioni contrattuali del CCR hanno formato oggetto, secondo quanto rilevato da AGCM, di “rilevanti critiche in primo luogo da parte dei produttori”, in quanto la relativa associazione rappresentativa (ANIE) “ha sostenuto nel corso del procedimento come, nonostante COBAT abbia provveduto ad alcuni interventi in relazione al rapporto con gli smelter, nulla avrebbe comunque fatto rispetto alla problematica concorrenziale legata alla persistenza del vincolo di esclusiva che lega i raccoglitori al Consorzio, e che condiziona anche ogni altro passaggio operativo”, [che] sarebbe fortemente penalizzante per le imprese produttrici di batterie che volessero organizzare un sistema di raccolta autonomo, proprio per la difficoltà di reperire sul mercato dei raccoglitori qualificati che offrano tutte le necessarie garanzie in termini di rispetto della normativa in materia ambientale e che già non operino in esclusiva per il COBAT”.

Quanto al rapporto fra COBAT e smelter, dal momento che la legge istitutiva del COBAT prevede che le quote di partecipazione di questi ultimi al Consorzio siano determinate in base al rapporto tra la capacità produttiva di piombo secondario di ciascun consorziato e la capacità produttiva complessiva di tutti i consorziati, installata nell’anno precedente (art. 9-quinquies, comma 3-bis, lettera a), del decreto legge 397/1988), sin dalla sua costituzione, COBAT ha ritenuto di dover assegnare a ciascuno smelter una quantità di batterie esauste proporzionale alle rispettive capacità produttive/quote di partecipazione al Consorzio.

Tale scelta appare integrare, ad avviso dell’Autorità, un “salto logico tra le due previsioni”, in quanto la previsione legislativa atterrebbe alle sole quote di partecipazione consortili, ma non anche all’assegnazione di batterie ai singoli smelter, la cui determinazione sarebbe invece riservata ad ulteriori accordi tra gli stessi smelter e, dunque, per via contrattuale in ambito consortile.

Sempre con riferimento al rapporto tra COBAT e smelter, la versione del CCS deliberata dal Consorzio il 25 ottobre 2007 ha previsto che il quantitativo di batterie cedute dal COBAT al singolo smelter fosse decurtato delle quantità di batterie direttamente acquistate o comunque ricevute, anche in conto lavorazione, dall’impresa di smaltimento (cd. “clausola di decurtazione”, peraltro già presente nella versione del CCS adottata nel 2002); in proposito riportando l’Autorità il convincimento in proposito espresso dai produttori, per voce di ANIE, circa l’attitudine di tale clausola a rendere il sistema COBAT rigido, “scoraggiando in modo deciso che raccolta e smaltimento delle batterie esauste possano essere fatti anche attraverso canali diversi, in funzione di dinamiche di mercato vantaggiose per tutti gli operatori”.

A tale riguardo, la “possibilità di contrattare liberamente con gli smelter, cedendo loro batterie in conto lavorazione - sul modello di quanto posto in essere dai produttori concorrenti di altri paesi, dove gli smelter non dispongono di un regime amministrato di assegnazione di batterie esauste da riciclare e, pertanto, vedono nel conto lavorazione comunque un’opportunità di attività - avrebbe … permesso ai produttori considerevoli riduzioni nei costi di produzione delle batterie nuove, atteso che agli smelter sarebbe stato riconosciuto il solo costo di trasformazione per ottenere il piombo secondario da reimpiegare nei cicli produttivi”.

A fronte dell’avvio, da parte dell’Autorità, di un procedimento cautelare volto a verificare se le condizioni contrattuali del CCS sopra descritte potessero determinare danni gravi e irreparabili ai mercati interessati dal procedimento principale durante il tempo necessario per lo svolgimento del medesimo, con deliberazione assunta dal CdA del 4 luglio 2008, COBAT ha modificato l’articolo 2.2 del CCS per la parte in cui si prevedeva che il quantitativo di batterie cedute dal COBAT al singolo smelter fosse decurtato delle quantità di batterie direttamente acquistate o ricevute, anche in conto lavorazione, da terzi: per l’effetto pervenendosi alla chiusura del procedimento cautelare senza adozione di ulteriori misure.

Quanto sopra osservato relativamente alla clausola di decurtazione, per quanto concerne le modalità di concreto funzionamento del CCS, AGCM ha rilevato come siano previsti specifici oneri informativi in capo agli smelter, i quali sono tenuti a fornire a COBAT “fatture, formulari, D.D.T. e ogni altro documento che si rendesse necessario, da cui possa essere rilevata la quantità di rifiuti effettivamente prodotti e smaltiti”; ulteriormente stabilendosi, in capo a ciascuno smelter, l’obbligo di consentire “accessi allo stabilimento e controlli senza preavviso da parte del COBAT […] espressamente finalizzati alla verifica delle quantità di batterie esauste, loro parti e rifiuti piombosi … direttamente acquistate o comunque ricevute [dallo stesso smelter] dal libero mercato o [dallo stesso smelter cedute]”.

Quanto alla funzione dell’associazione rappresentativa di categoria (AIRPB), assume l’Autorità che essa sia “stata percepita dagli smelter come la sede più opportuna in cui giungere a decisioni condivise, anche in vista di specifiche riunioni degli organi consortili del COBAT dove sarebbero state definite importanti variabili operative per le attività dei diversi operatori interessati al riciclaggio delle batterie al piombo esauste”.

Con riferimento all’osservazione - pure contenuta nel provvedimento all’esame - secondo cui “da molti documenti agli atti si evince come i rapporti critici tra smelter e produttori di batterie siano al centro delle preoccupazioni di AIRPB e dei suoi associati, permettendo di delineare uno scenario in cui gli smelter risultano coesi e compatti di fronte a ogni tentativo dei produttori di modificare le condizioni di concorrenzialità “amministrata” determinata dalle attività del Consorzio”, va fin da ora osservato come la relativa condotta, in difetto di concludenti elementi probatori volti a dimostrare, con carattere di congrua evidenza, che la sede associativa fungeva da elemento catalizzatore degli interessi di categoria con specifica preordinazione funzionale alla delineazione di condotte anticompetitive, le relative attività non si dimostrano suscettibili di assurgere a rilievo antitrust.

Né, sotto tale profilo, dimostra dirimente rilievo la “preoccupazione” - parimenti addebitata agli smelter da parte dell’Autorità - circa l’organizzazione, ad opera dei produttori, di “proprie reti di raccolta delle batterie esauste, le quali pertanto sfuggirebbero al controllo diretto del Consorzio e, di conseguenza, al conferimento amministrato agli smelter”: come infra si avrà modo di osservare, tale considerazione risulta affatto intrinseca al meccanismo (normativamente predeterminato) di funzionamento della struttura consortile e dell’accessivo obbligo di conferimento.

Così come, del resto, rivela fisiologico ambito espansivo, sempre nell’ottica propria dell’architettura di sistema, la pure denunciata “preoccupazione degli smelter in merito alla possibilità che si sviluppino canali alternativi al Consorzio per la raccolta e lo smaltimento di batterie esauste” (cita, al riguardo, l’Autorità un documento del giugno 2007 di promanazione Piomboleghe, nel quale si dà atto della priorità di “raggiungere un accordo che ci permetta di avere la possibilità di mantenere i quantitativi di rottame sotto il controllo del Cobat e che vengano riciclati nei nostri stabilimenti”).

Secondo quanto ulteriormente posto in evidenza dall’Autorità, “a lato dell’attività coordinata e congiunta degli smelter volta al mantenimento della miglior posizione di categoria all’interno del sistema consortile, le evidenze agli atti” avrebbero consentito di “ricostruire un significativo coordinamento - supportato da un ampio scambio di informazioni - tra i medesimi smelter per la stabilizzazione delle rispettive quote di mercato”: tale coordinamento, quantomeno nella fase temporale più vicina all’avvio del procedimento, risultando essersi svolto “in maniera naturalmente intrecciata alla ridefinizione in ambito consortile delle condizioni del CCS e al rinnovo di questo”.

Nell’osservare come “il sistema di attribuzione pro-quota [sia] stato adottato sin dal principio delle attività di COBAT, ma ha trovato una temporanea sospensione quando il Consorzio - con ogni probabilità indotto dal recente intervento della Commissione Europea volto a rendere maggiormente concorrenziale la gestione delle batterie al piombo esauste in Italia - ha bandito una gara per determinare in maniera concorrenziale il destinatario delle assegnazioni”, rileva AGCM come, “subito dopo tale gara … le assegnazioni pro-quota sono riprese, ed è precisamente in concomitanza con tale ripresa (ovvero a partire dal 2002) che è stato accertato lo scambio di informazioni tra smelter”.

Sulla base degli accertamenti condotti, l’Autorità ha ritenuto di poter argomentare che COBAT ha assunto “un ruolo di mero controllore del passaggio di batterie dai raccoglitori ai diversi impianti di smaltimento, al fine di verificare se i primi effettivamente conferiscano le batterie esauste agli smelter in modo che le quantità lavorate da ciascuno di essi corrispondano a quelle formalmente determinate dal Consorzio, ma di fatto determinate dagli smelter stessi”.

I.7 VALUTAZIONI DELL’AUTORITA’

Secondo quanto argomentato nel provvedimento, le intese oggetto di esame sono costituite, “da un lato, da decisioni adottate dal COBAT e, dall’altro, da fattispecie articolate, nella forma di accordi e pratiche concordate tra imprese, gli smelter”.

Quanto alla prima intesa, “diverse evidenze agli atti fanno ritenere che la stessa abbia avuto inizio per lo meno a partire dal 2002, posto che sia il meccanismo di attribuzione pro-quota delle batterie esauste raccolte, sia la clausola di decurtazione delle batterie eventualmente acquisite dagli smelter attraverso canali diversi dal COBAT erano già presenti nella versione del CCS allora in vigore”.

Anche l’intesa tra gli smelter sarebbe “stata realizzata almeno a partire dal 2002”.

Le condotte restrittive addebitate a COBAT sarebbero “state volte a compartimentare i mercati della raccolta e del riciclaggio, in particolare tramite le relazioni contrattuali intercorrenti con i raccoglitori e con gli smelter”.

Nell’osservare come le disposizioni contrattuali relative al rapporto con i raccoglitori prevedessero:

- l’obbligo, in capo al raccoglitore incaricato, di cedere a COBAT l’intero quantitativo di batterie raccolte (art. 2.4 del CCR);

- il divieto di concorrenza in capo al raccoglitore incaricato nei confronti del COBAT, non potendo il primo conferire le batterie ad altro soggetto diverso dal Consorzio, pena la rescissione del contratto di raccolta ed il risarcimento di eventuali danni materiali causati al COBAT (art. 15 del CCR)

assume AGCM che attraverso tali previsioni COBAT avrebbe ottenuto l’effetto di vincolare a sé in modo esclusivo i raccoglitori incaricati, al contempo disincentivando la formazione di sistemi di raccolta autonomi e paralleli al Consorzio stesso.

Quanto alle previsioni contrattuali relative al rapporto con gli smelter, volte a prevedere che:

- la determinazione, in ambito COBAT, del quantitativo di batterie cedute dal Consorzio al singolo smelter in misura proporzionale alla capacità produttiva del singolo operatore (art. 2.1 del CCS);

- la decurtazione del quantitativo di batterie cedute al singolo smelter in ragione delle quantità direttamente acquistate o comunque ricevute, anche in conto lavorazione, dallo smelter (art. 2.2 del CCS)

pur nel dare atto della modificazione della previsione contrattuale da ultimo indicata, apportata da COBAT nel corso del procedimento, l’Autorità ha ritenuto che le suindicate disposizioni abbiano, “da un lato, … disincentivato attività di riciclaggio indipendenti rispetto a quelle amministrate dal Consorzio … e, dall’altro, … di fatto determinato il mantenimento dello status quo sul mercato nazionale del riciclaggio”.

Quanto all’intesa tra gli smelter, AGCM ha osservato come questi ultimi, “anche attraverso l’associazione di categoria AIRPB, hanno determinato in modo congiunto le rispettive quote di mercato, nonché più in generale osteggiato qualsiasi tentativo di addivenire, in sede consortile, a mutamenti delle condizioni commerciali i quali, in un contesto caratterizzato da quotazioni particolarmente elevate del piombo sull’LME, avrebbero innescato dinamiche concorrenziali tra gli stessi smelter”.

Siffatte intese sono state ritenute restrittive della concorrenza, con violazione dell’art. 81 del Trattato CE, “posto che le stesse hanno … determinato distorsioni delle concorrenza nei mercati nazionali della raccolta e riciclaggio di batterie al piombo esauste, con effetti sull’attività a valle di produzione di batterie nuove al piombo”.

Pur nel dare atto “di come COBAT sia stato costituito come consorzio obbligatorio, istituito dalla legge con la funzione di assicurare la raccolta e lo smaltimento di batterie al piombo esauste al fine di tutela dell’ambiente”, AGCM ne ha nondimeno ritenuto l’assoggettabilità alla disciplina antitrust in quanto “il Consorzio … ha disciplinato, attraverso le disposizioni contrattuali … alcuni aspetti dell’attività dei propri aderenti, andando al di là degli ambiti conferiti allo stesso COBAT dalla legge e con ciò alterando il gioco della concorrenza”; ulteriormente osservando che “le attività consortili risultano sotto questo aspetto immediatamente soggette alle regole del diritto della concorrenza, in quanto si tratta di condizioni contrattuali non necessarie né proporzionate all’espletamento del servizio di interesse generale che era stato affidato al COBAT in via esclusiva dalla legge”.

Dal momento che, ai sensi dell’art. 81 del Trattato CE, costituiscono intese gli accordi, le pratiche concordate tra imprese, nonché le deliberazioni di consorzi o di associazioni di imprese, l’Autorità ha ritenuto che “le deliberazioni e gli atti adottati da COBAT sono qualificabili come intese ai sensi della disciplina antitrust: tra tali atti … [assumendo] specifica rilevanza i testi contrattuali adottati dal Consorzio per regolare i propri rapporti con raccoglitori e smelter, che, come detto, non sono necessari per il conseguimento del fine di interesse pubblico generale di tutela dell’ambiente che il COBAT doveva perseguire”.

Nell’escludere che “la circostanza secondo cui … COBAT è un soggetto istituito per legge con finalità di tutela ambientale, e che gli operatori attivi nella filiera sarebbero vincolati al rispetto della normativa in materia” possa assumere “rilievo ai fini della presente valutazione, posto che oggetto di contestazione non è l’esistenza del COBAT in sé, né la sua funzione-obiettivo, quanto piuttosto le modalità con cui lo stesso Consorzio ha di fatto regolamentato, sotto alcuni profili, i rapporti con i raccoglitori e i riciclatori”, AGCM ha precisato come “oggetto di contestazione non è l’obbligo di conferimento previsto dalla legge istitutiva … quanto le modalità attuative dello stesso nel rapporto con raccoglitori e riciclatori”.

Nell’osservare, quanto alle disposizioni del CCR, “come lo stesso preveda espressamente l’obbligo per i raccoglitori incaricati di conferire a COBAT l’intero quantitativo di batterie raccolte (art. 2.4)” e non consenta “al raccoglitore incaricato [di] conferire le batterie esauste raccolte ad altro soggetto diverso dal Consorzio, pena, in caso di inadempimento, l’immediata risoluzione del contratto ed il risarcimento di eventuali danni materiali (artt. 15 e 16), l’Autorità ha poi ritenuto che “attraverso tali disposizioni, COBAT [abbia] disincentiva[to] … la formazione di sistemi di raccolta autonomi e paralleli al Consorzio stesso, anche alla luce del fatto che i raccoglitori verificati non possono essere considerati reali concorrenti degli incaricati, in quanto non assegnatari di un presidio territoriale e, soprattutto, proprio in quanto agli stessi è riconosciuto un compenso inferiore rispetto agli incaricati”; ulteriormente esplicitando che “anche tenuto conto della notevole durata del rapporto contrattuale determinato dalla sottoscrizione del CCR, tali disposizioni determinano un irrigidimento delle modalità operative della raccolta sull’intero territorio nazionale che, oltre a non apparire in alcun modo giustificate sotto il profilo del perseguimento di obiettivi ambientali, si pongono evidentemente in contrasto con i principi della concorrenza, di fatto determinando “un’attività protetta e remunerata a prezzi certi” per i soggetti incaricati”.

AGCM ha, poi, ritenuto che la decisione di COBAT di assegnare agli smelter le batterie esauste raccolte attraverso un meccanismo pro quota (art. 2.1 del CCS) integri “un’autonoma violazione di cui all’art. 81 del Trattato CE, posto che in tal modo il Consorzio ha di fatto escluso altre opzioni, in primo luogo la gara, che avrebbero potuto determinare un reale confronto competitivo tra i riciclatori per l’accaparramento di materia prima”; assumendo, sull’argomento, che “modalità alternative di assegnazione delle batterie esauste agli smelter, ad esempio la gara, avrebbero garantito una maggiore concorrenzialità nella fase di acquisizione di materia prima da parte dei riciclatori”.

In merito alla contestazione delle parti, secondo cui lo stesso Legislatore avrebbe individuato il criterio di ripartizione delle quote in funzione delle singole capacità installate/autorizzate e della capacità complessiva di tutti gli smelter, l’Autorità ha rilevato “che la legge istitutiva del COBAT non fa riferimento alcuno ai possibili criteri di assegnazione delle batterie agli smelter, limitandosi a dire che le sole quote di partecipazione al Consorzio debbano essere correlate alle capacità produttive”.

Sulla base delle considerazioni esposte, l’Autorità ha quindi ritenuto che il complesso delle condotte di COBAT - e, in particolare le disposizioni contrattuali di cui al CCR e al CCS, contenute in atti tipo che costituiscono decisioni di associazioni di impresa - siano state volte a restringere la concorrenza, in quanto:

- disincentivanti ai fini della formazione di sistemi di raccolta autonomi e paralleli al COBAT stesso;

- disincentivanti per lo sviluppo di attività di riciclaggio indipendenti rispetto a quelle amministrate dal Consorzio;

- volte a preservare il mantenimento dello status quo sul mercato nazionale del riciclaggio”;

analogamente valutandosi in contrasto con la normativa a tutela della concorrenza il ricorso a modalità di assegnazione pro quota delle batterie esauste “tali da sottrarre i soggetti assegnatari a un confronto competitivo positivamente volto alla valorizzazione delle stesse batterie esauste”.

L’ascrivibilità a COBAT di “una pluralità di violazioni dell’articolo 81 del Trattato CE, suscettibili di condizionare fortemente le dinamiche concorrenziali riscontrabili nella filiera della gestione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi e, più specificamente, nei mercati della raccolta e del riciclaggio di batterie al piombo esauste” avrebbe “avuto effetti significativi sulla produzione delle batterie al piombo”, disincentivando:

- “la modalità commerciale del “conto lavorazione”, la quale avrebbe permesso ai produttori di approvvigionarsi di materia prima ad un costo inferiore, pagando il solo servizio di riciclaggio”

- e, più in generale, “ogni forma di competizione tra smelter per l’accaparramento di materia prima nonché eventuali attività di riciclaggio indipendenti rispetto a quelle gestite dal Consorzio”;

mentre, d’altro canto, sarebbero risultati avvantaggiati “i raccoglitori incaricati, laddove si consideri il sensibile aumento fatto registrare (a partire dal 2004) dal prezzo corrisposto ai raccoglitori incaricati dal COBAT”.

Quanto agli smelter associati a COBAT, viene rilevata, “anche attraverso l’associazione di categoria AIRPB”, l’adozione di “un insieme di comportamenti integranti una fattispecie complessa suscettibile di configurare un’unica intesa rilevante ai fini dell’art. 81 del Trattato CE, in ragione dell’unitarietà dell’oggetto e della finalità perseguita”: valutandosi le relative condotte come “finalizzate anzitutto alla determinazione coordinata delle rispettive quote di mercato, nonché all’individuazione di politiche comuni da adottare in sede consortile al fine di condizionare le attività del Consorzio per mantenere le rispettive quote di mercato”.

Rileverebbero, a tale riguardo, “il complesso dell’attività di concertazione inerente la determinazione congiunta delle rispettive quote di mercato”: evidenziandosi come, pur in presenza di una previsione legislativa volta ad individuare esclusivamente “le quote di partecipazione al Consorzio da attribuire agli smelter … in base al rapporto fra la capacità produttiva di piombo secondario del singolo soggetto consorziato e quella complessiva di tutti i consorziati appartenenti alla stessa categoria”, tali quote di partecipazione al Consorzio siano state trasposte “in quote di assegnazione di batterie esauste, ovvero … in quote di mercato per l’attività di riciclaggio”.

Viene, al riguardo, precisato da AGCM che, “mentre la contestazione mossa a COBAT concerne l’individuazione di un criterio, ossia di una regola generale per l’assegnazione pro-quota agli smelter della batterie esauste raccolte, la contestazione … imputabile agli smelter è relativa, invece, all’individuazione concreta delle percentuali numeriche che erano recepite da COBAT e dunque inserite nei diversi contratti che lo stesso COBAT periodicamente stipulava con i singoli smelter”: conseguentemente assumendosi che “gli smelter, tenuti per legge a determinare le quote di partecipazione al Consorzio, [abbiano] indebitamente esteso la portata di tale previsione normativa allo scopo di definire congiuntamente le rispettive quote di mercato, in un’ottica di tutela della propria presenza sul territorio che lo stesso COBAT ha chiaramente confermato”.

Gli smelter, in sede consortile, avrebbero, poi, “posto in essere una pluralità di coordinamenti, tutti finalizzati a fronteggiare in modo unitario i tentativi dei produttori di batterie di organizzare autonome reti di raccolta, ossia ad affievolire le richieste degli stessi produttori di apportare modifiche allo statuto del COBAT che avessero potuto condurre al riconoscimento della proprietà delle batterie esauste in capo ai produttori”.

In conseguenza delle illustrate considerazioni, l’Autorità ha ritenuto “ascrivibili agli smelter … e all’associazione di categoria AIRPB, una pluralità di violazioni dell’articolo 81, del Trattato CE, suscettibili di condizionare fortemente le dinamiche concorrenziali riscontrabili nel mercato nazionale del riciclaggio di batterie al piombo esauste, con effetti anche sull’attività a valle di produzione di batterie nuove al piombo”, a fronte della congiunta determinazione delle “rispettive quote di approvvigionamento”, nonché della manifestata ostilità a “qualsiasi modifica delle condizioni commerciali ad esito della quale sarebbe potuto scaturire un effettivo confronto competitivo tra gli stessi”.

Con riferimento all’intesa addebitata a COBAT, essa è stata ritenuta “consistente, in quanto ha coinvolto e tuttora coinvolge il Consorzio che è stato responsabile, per lunghi periodi in regime di monopolio legale, della gestione delle batterie esauste in Italia”; analogamente esplicitandosi omogeneo giudizio di “consistenza” relativamente all’intesa addebitata agli smelter, “in quanto ha coinvolto la totalità dei riciclatori operanti in Italia”.

Le intese esaminate, alla luce della rispettiva natura e caratteristiche, sono state ritenute idonee ad ostacolare l’integrazione economica perseguita dal Trattato e a pregiudicare il commercio tra Stati membri.

In ragione delle finalità perseguite da COBAT, nonché della natura giuridica dello stesso, le condotte da quest’ultimo poste in essere sono state giudicate “molto gravi”, in quanto volte a disincentivare, “attraverso rapporti di esclusiva - di diritto o di fatto - … condotte indipendenti dei raccoglitori incaricati che avrebbero potuto garantire una maggiore efficienza nelle attività di raccolta e riciclaggio, con conseguenti benefici per i consumatori”.

L’intesa ascrivibile a COBAT, essendo finalizzata al mantenimento della gestione esclusiva delle attività di raccolta e recupero delle batterie esauste, si sarebbe, poi, rivelata “tanto più grave laddove si inquadra in un contesto normativo che ha conosciuto periodi anche ampi di liberalizzazione del mercato”; individuandosi l’origine delle condotte come sopra stigmatizzate “per lo meno a partire dal 2002”.

Con riferimento all’intesa addebitata agli smelter e all’associazione di categoria AIRPB, nell’osservare come “la stessa ha riguardato la totalità degli operatori presenti sul mercato, tutti consorziati COBAT”, AGCM ha ulteriormente rilevato “come tali condotte, finalizzate ad evitare un confronto competitivo per l’accaparramento di materia prima, abbiano anche avuto effetti sull’attività a valle della produzione di batterie al piombo, in quanto, nel disincentivare la possibilità di un effettivo ricorso da parte dei produttori al c.d. “conto lavorazione”, hanno sottratto a questi ultimi una modalità di approvvigionamento che avrebbe determinato una riduzione dei loro costi di produzione, con possibili ripercussioni in termini di maggiore efficienza e dinamicità del settore”: parimenti collocandosi la decorrenza dei comportamenti presi in esame “per lo meno a partire dal 2002”.

I.8 LE SANZIONI

Come sopra qualificata la responsabilità dei soggetti indagati, l’Autorità - in sede di applicazione del previsto strumentario sanzionatorio (art. 15, comma 1, della legge 287/1990: il quale prevede che l’Autorità, nei casi di infrazioni gravi, disponga l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria fino al dieci per cento del fatturato realizzato da ciascuna impresa nell’ultimo esercizio, considerate la gravità e la durata delle stesse infrazioni) - e nel quadro dei criteri di quantificazione (di cui alla Comunicazione della Commissione 2006/C 210/02, recante “Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, par. 2, lettera a), del regolamento CE n. 1/2003”) ha ritenuto di irrogare a COBAT, una sanzione in misura pari ad € 4.400.000; mentre le misure afflittive-base applicate agli smelter sono state le seguenti:

Ecobat S.p.A.: € 2.715.000,00

Ecolead s.r.l.: € 545.800,00

ESI-Ecological Scrap Industry S.p.A.: € 695.000,00

ME.CA. Lead Recycling S.p.A.: € 765.000,00

Piombifera Bresciana S.p.A.: € 1.005.000,00

Piomboleghe s.r.l.: € 360.000,00.

Tale importo base è stato aumentato (con l’eccezione di Ecolead, che ha fatto ingresso sul mercato soltanto nel 2007), in modo da tener conto della durata dell’infrazione; ed ulteriormente incrementato per Ecobat, “in modo da tener conto del peculiare ruolo direttivo ricoperto da tale società nell’intesa, e per Piomboleghe, in ragione del fatto che il valore delle vendite realizzato sul mercato rilevante nel 2007 da tale società è stato assai inferiore rispetto al fatturato realizzato nello stesso anno”; pervenendosi conclusivamente, “in considerazione dei sopra illustrati adeguamenti dell’importo-base” alla determinazione dell’importo finale della sanzione nella misura seguente:

Ecobat S.p.A.: € 4.588.350,00

Ecolead s.r.l.: € 545.000,00

ESI-Ecological Scrap Industry S.p.A.: € 903.500,00

ME.CA. Lead Recycling S.p.A.: € 994.500,00

Piombifera Bresciana S.p.A.: € 1.306.500,00

Piomboleghe s.r.l.: € 608.400,00.

Con riferimento alla quantificazione della sanzione per AIRPB, in ragione dell’assenza di una rappresentazione contabile di fonte associativa, ed a fronte di un totale delle quote associative ammontante nel 2006 a € 15.494,00, è stato da AGCM ritenuto di irrogare una sanzione in misura pari a € 1.000,00.

II. Come sopra doverosamente sintetizzati i contenuti del provvedimento gravato, la fondatezza del ricorso all’esame - che il Collegio intende fin da ora anticipare - consegue alla ritenuta applicabilità alla dedotta vicenda contenziosa della disposizione di cui al comma 2 dell’art. 8 della legge 287/1990.

Gli snodi logici del percorso argomentativo che si intende affrontare, al fine di corredare la prospettata conclusione del necessario fondamento giustificativo, muovono innanzi tutto dall’individuazione delle coordinate normative che assistono l’operatività della disposizione sopra richiamata.

In secondo luogo, sarà affrontato il quadro normativo - comunitario e nazionale - che ha caratterizzato la disciplina dello smaltimento dei rifiuti piombosi e delle batterie esauste, al fine di apprezzare il carattere di vincolatività che esso esprime sia con riguardo all’individuazione dei soggetti di riferimento (l’istituito Consorzio, con funzioni regolative di settore; gli altri soggetti chiamati altrettanto obbligatoriamente a farne parte) ed alle concrete modalità attuative caratterizzanti l’operatività della relativa filiera.

Ad esito dell’indagine come sopra sintetizzata, saranno esaminati - quale conseguenza necessaria di una corretta lettura della disciplina di settore - i tratti identificativi della pertinenza delle attività poste in essere dagli operatori (in primis, il Consorzio di riferimento - COBAT), in una logica orientata alla verifica della stretta inerenza delle stesse rispetto al perseguimento delle finalità pubblicistiche dal Legislatore impresse alla disciplina dal medesimo dettata, in un’ottica di necessaria preminenza della tutela di valori ed interessi (tutela dell’ambiente; difesa della salute) rispetto ai quali la disciplina procompetitiva rivela connotazione di inevitabile recessività.

II.1 AMBITO DI APPLICAZIONE DELL’ART. 8, COMMA 2, DELLA LEGGE 287/1990

Il comma 1 dell’art. 8 prevede che “le disposizioni contenute nei precedenti articoli si applicano sia alle imprese private che a quelle pubbliche o a prevalente partecipazione statale”

Il successivo comma 2 stabilisce, peraltro, che “le disposizioni di cui ai precedenti articoli non si applicano alle imprese che, per disposizioni di legge, esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale ovvero operano in regime di monopolio sul mercato, per tutto quanto strettamente connesso all'adempimento degli specifici compiti loro affidati”.

Come è noto, la disciplina dettata dalla legge 287/1990 in tema di intese, abuso di posizione dominante e concentrazione, costituendo attuazione dei principi sanciti dall'ordinamento comunitario in materia di concorrenza, deve essere interpretata alla luce dei principi dettati da tale ordinamento, in particolare dagli artt. 81-82 (già artt. 85-86) del Trattato CE.

Nell'interpretazione della legge 287, art. 8, comma 1, va pertanto adottata l'ampia accezione di impresa ormai consolidata nella giurisprudenza formatasi sugli artt. 81 e 82 (ex artt. 85 e 86) del Trattato CE.

La giurisprudenza della Corte di Giustizia europea ha costantemente insegnato che la nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che eserciti un'attività economica, indipendentemente dal suo statuto giuridico e dalle sue modalità di finanziamento (cfr. ex multis, in particolare, Corte di Giustizia, 23 aprile 1991, causa C-41/90, Hofner e Elser, punto 21; Corte di Giustizia, 11 dicembre 1997, Job Centre coop.r.l.; Corte di Giustizia, 21 settembre 1999, causa C- 67/96, Albany, punto 77; Corte di Giustizia, 12 settembre 2000, cause riunite da C-180/98 a C-184/98, Pavlov e a., punto 74; Corte di Giustizia, 10 gennaio 2006, causa C-222/04, Cassa di Risparmio di Firenze e altri, punto 107; da ultimo Cass. SS.UU., 27 aprile 2006 n. 27619).

Costituisce attività economica qualunque attività consistente nell'offerta di beni o di servizi su un mercato determinato (Corte di Giustizia, 16 giugno 1987, causa 118/85, Commissione/Italia, punto 7; Corte di Giustizia, 18 giugno 1998, causa C-35/96, Commissione/Italia, punto 36; Corte di Giustizia, Pavlov e altri, cit., punto 75; Corte di Giustizia, Cassa di Risparmio di Firenze e altri, cit., punto 108; Corte Cass., SS.UU., 27 aprile 2006, n. 27619).

Tuttavia, ai fini dell'applicazione delle norme del Trattato in materia di concorrenza, è d'uopo distinguere tra l'ipotesi in cui lo Stato agisca esercitando il potere d'imperio e quella in cui svolga attività economiche di natura industriale o commerciale consistenti nell'offrire beni o servizi sul mercato (cfr., in questo senso, Corte di Giustizia, sentenza 16 giugno 1987, causa 118/85, Commissione/Italia, punto 7; Corte di Giustizia, 18 marzo 1997, causa C - 343/95; Diego Cali & Figli Srl contro Servizi ecologici porto di Genova SpA).

A questo proposito, non ha rilevanza il fatto che lo Stato agisca direttamente tramite un organo che fa parte della pubblica amministrazione o tramite un ente cui ha conferito diritti speciali o esclusivi (cfr., in questo senso, sentenza Commissione/Italia, già ricordata, punto 8).

Occorre invece esaminare la natura delle attività svolte dalla pubblica impresa o dall'ente al quale lo Stato ha conferito diritti speciali o esclusivi (v., in questo senso, sentenza Commissione/Italia, già ricordata, punto 7).

Inoltre, la circostanza che ad un soggetto siano attribuiti taluni compiti di interesse generale non può impedire che le attività di cui trattasi siano considerate attività economiche (cfr., in tal senso, Corte di Giustizia 25 ottobre 2001, causa C-475/99, Ambulanz Glockner, punto 21; Corte di Giustizia, 23 marzo 2006, causa C-237/04, Enirisorse, punto 34).

L'articolo 86, paragrafo 2, del trattato CE sancisce infatti che i servizi d'interesse economico generale sono sottoposti “alle norme di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata”.

In tal senso deve essere letto il comma 2 dell’art. 8 della legge 287/1990, che individua l’ambito di operatività dell’esonero dall'applicazione della disciplina da essa dettata prendendo in considerazione le “imprese che, per disposizioni di legge, esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale ovvero operano in regime di monopolio sul mercato per tutto quanto strettamente connesso all'adempimento degli specifici compiti loro affidati”.

Con riserva di una approfondita analisi dei referenti normativi - di rango nazionale - che caratterizzano il settore dello smaltimento dei rifiuti piombosi e delle batterie esauste (con particolare riguardo non solo al peculiare ruolo conferito dal Legislatore al Consorzio istituito con funzioni di regolazione di settore, ma anche alla disciplina che ne ha connotato, fino al 2008, l’operatività in chiave essenzialmente monopolistica) - intende per ora soffermarsi il Collegio sulle opzioni ermeneutiche che hanno connotato, nella materia, il percorso interpretativo della Corte di Giustizia.

Quest’ultima, in particolare, ha osservato che le disposizioni del Trattato in materia di concorrenza restano applicabili alle attività di un ente separabili da quelle che esso svolge in quanto pubblica autorità (sentenze della Corte 11 luglio 1985, causa 107/84, Commissione/Germania, punti 14 e 15, e del Tribunale 12 dicembre 2000, causa T-128/98, Aeroports de Paris/Commissione, punto 108; Trib. C.E., 12 dicembre 2006, causa T-155/04, Selex Sistemi Integrati c. Commissione e Eurocontrol, punto 54).

Al riguardo, le differenti attività di un ente vanno esaminate in maniera necessariamente atomistica; né è dato inferire dall’assimilabilità di talune di esse a prerogative di poteri pubblici il fatto che eventuali altre (non omogeneamente caratterizzate) non possano avere rilievo (meramente) economico (cfr., in tal senso, sentenza Aeroports de Paris/Commissione, cit., punto 109; Trib. C.E., 12 dicembre 2006, causa T-155/04, Selex Sistemi Integrati c. Commissione e Eurocontrol, cit.).

È appena il caso di aggiungere che, secondo la giurisprudenza comunitaria, l'art. 81, n. 1, del Trattato si applica alle associazioni qualora la loro attività o quella delle imprese che vi aderiscono tenda a produrre gli effetti che tale disposizione mira a reprimere (Corte di Giustizia 29 ottobre 1980, cause riunite da 209/78 a 215/78 e 218/78, Van Landewyck e a./Commissione, punto 88; Trib. CE, 13 dicembre 2006, nei procedimenti riuniti T-217/03 e T- 245/03, Federation nationale de la cooperation betail et vivande e altri c. Commissione, punto 49; Corte Cass. SS.UU., 27 aprile 2006, n. 27619).

Se, in presenza di un soggetto incaricato di pubbliche funzioni (vieppiù ove in capo ad esso sia predicabile la qualità di organismo di diritto pubblico: si confronti, al riguardo, quanto da questo Tribunale già sostenuto a proposito di COBAT con sentenza della Sezione II-bis 9 maggio 2001 n. 4034, che infra si avrà modo di analizzare con più compiuta analiticità), l’attività dal medesimo disimpegnata deve essere sempre valutata in concreto e non in astratto, con riferimento pertanto ai fini istituzionali il cui perseguimento è al medesimo rimesso, soltanto ove siffatta attività devii dallo scopo istituzionale per cui le pubbliche funzioni sono state conferite, allora può ragionevolmente predicarsi il venire meno del nesso funzionale tra lo svolgimento delle pubbliche funzioni ed il carattere non economico dell'attività posta in essere: con la conseguenza che quest'ultima sarà suscettibile di essere valutata nella sua obiettività, rimanendo assoggettata alla disciplina in tema di concorrenza.

Quanto sopra posto, il problema ermeneutico posto dalla decifrazione del contenuto della disposizione di cui al comma 2 dell’art. 8 della legge 287/1990 va risolto attraverso una lettura combinata della norma in questione con quanto stabilito dall'art. 86 del Trattato UE, il quale prevede che “le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme del presente trattato, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata”.

Tale interpretazione è stata confermata anche dalla Corte di Cassazione (sent. 16 maggio 2007 n. 11312), la quale, sia pur con riferimento all'abuso di posizione dominante, ha ritenuto che “in tema di concorrenza, ai sensi della L. 10 ottobre 1990, n. 287, art. 8 l'esclusione dell'applicazione delle norme contenute nella stessa legge - e, quindi, anche dell'art. 3, sull'abuso di posizione dominante - per le imprese che, per disposizione di legge, esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale ovvero operano in regime di monopolio sul mercato, sussiste solo per quanto strettamente connesso all'adempimento degli specifici compiti loro affidati”.

Orientamento, quest’ultimo, affatto omogeneo alla linea interpretativa propugnata dalla Corte di Giustizia: la quale, con riferimento all'art. 86 del Trattato, ha affermato che l'esenzione sussiste soltanto limitatamente a quanto renda impossibile l'adempimento della missione di interesse pubblico affidata all'impresa (C.E. 17 dicembre 1981, Navewa - Anseau); nella giurisprudenza comunitaria rinvenendosi l’affermazione del coerente corollario logico per cui la deroga prevista dall'art. 90, comma 2 del Trattato (ora art. 86, comma 2) all'applicazione della disciplina in materia di concorrenza è di stretta interpretazione e non può operare se non alla duplice condizione che l'impresa sia stata investita dai poteri pubblici della gestione di un servizio economico d'interesse generale e che l'applicazione della disciplina in materia di concorrenza impedisca l'adempimento del compito particolare affidato all'impresa (Trib. CE, 13 giugno 2000, Epac c. Commissione, nei procedimenti riuniti T - 204/97 e T - 270/97, punti 125 - 126; Trib. CE, 12 dicembre 2000, Aeroporti di Parigi c. Commissione, causa T - 128/98).

Se, come osservato, la legge 287 limita la deroga all'applicazione della disciplina in tema di concorrenza “per tutto quanto strettamente connesso all'adempimento degli specifici compiti ... affidati”, deve allora ritenersi che l'esenzione sia riconoscibile nella misura in cui il comportamento in esame, nella sua specifica manifestazione ed in rapporto alla concreta fattispecie, risulti l'unico e comprovato mezzo per conseguire le finalità istituzionali dell'ente.

La conformità di quanto sopra sottolineata rispetto alla ratio della disposizione legislativa in rassegna trova, ad avviso del Collegio, elementi di positivo riscontro ove si consideri che la norma, in quanto derogatoria della disciplina generale, è di stretta interpretazione e che, nel consentire la realizzabilità di comportamenti altrimenti vietati, postula che essi siano “strettamente connessi” all'adempimento dei fini istituzionali: criterio che va applicato alla luce della disciplina comunitaria in virtù del già ricordato paradigma interpretativo dettato dall’art. 1, ultimo comma, della legge 287/1990.

II.2 IL QUADRO NORMATIVO GENERALE DI RIFERIMENTO

Dimostra centrale rilevanza, ai fini della delibazione della sottoposta vicenda contenziosa, la ricostruzione del quadro normativo -comunitario e nazionale - di riferimento relativamente al settore della raccolta e smaltimento delle batterie al piombo esauste.

II.2.1 LA DISCIPLINA COMUNITARIA

II.2.1.1. Viene in primo luogo in considerazione la Direttiva del Consiglio 91/157/CE del 18 marzo 1991.

Tale fonte normativa, lungi dal dettare modelli aventi immediate ricadute precettive all’interno degli ordinamenti nazionali, si è limitata a dettare norme di principio precipuamente finalizzate a promuovere una omogeneizzazione delle diverse discipline intracomunitarie, nel quadro dell’intento di avviare un trattamento di particolari rifiuti preordinato a garantire la preservazione dell’ambiente e la tutela della salute dei cittadini.

Gli scopi del Legislatore comunitario traspaiono dai “considerando” esplicitati nel preambolo alla Direttiva all’esame.

Da essi è dato evincere:

- la presenza di una “disparità nelle disposizioni legislative o nei provvedimenti amministrativi adottati dagli Stati membri in materia di smaltimento delle pile e degli accumulatori” suscettibile di “creare ostacoli agli scambi comunitari e distorsioni della concorrenza” e di “avere … un'incidenza diretta sulla instaurazione e sul funzionamento del mercato interno”, sì che “appare … necessario procedere ad un ravvicinamento delle legislazioni in questo settore”;

- l’esigenza di perseguimento degli “obiettivi e … principi della politica dell'ambiente nella Comunità fissati dai programmi d'azione in materia d'ambiente sulla base dei principi ripresi nell'articolo 130 R, paragrafi 1 e 2 del trattato … volti segnatamente alla prevenzione, riduzione nonché eliminazione dell'inquinamento, alla vigilanza sulla buona gestione delle risorse di materie prime, altresì in base al principio "chi inquina paga";

- la preordinazione funzionale, rispetto al conseguimento dei suindicati obiettivi, del divieto di “immissione sul mercato di talune pile ed accumulatori tenuto conto del tenore di sostanze pericolose in essi contenuto”;

- la conseguente esigenza che “per assicurare il ricupero e lo smaltimento controllato delle pile ed accumulatori usati gli Stati membri devono adottare misure concernenti la marcatura e la raccolta selettiva degli stessi”, anche in considerazione del fatto che “gli apparecchi contenenti pile o accumulatori non estraibili possono presentare un pericolo per l'ambiente all'atto del loro smaltimento; che occorre pertanto che gli Stati membri adottino misure appropriate”;

- l’esigenza, ulteriormente conseguenziale, “che per conseguire i vari obiettivi sopra enunciati gli Stati membri devono stabilire dei programmi” e “che è opportuno informare la Commissione in merito ai detti programmi nonché alle misure specifiche adottate”.

Il conseguimento degli obiettivi come sopra riportati veniva affidato ad una pluralità di indicazioni - peraltro di larga massima - fra le quali appare opportuno evidenziare, nei limiti di quanto rilevante ai fini della delibazione della presente controversia:

- la disposizione di cui all’art. 6, che demanda agli Stati membri l’elaborazione di programmi preordinati, fra l’altro, allo “smaltimento separato delle pile e degli accumulatori usati previsti nell'allegato I;

- la previsione del successivo art. 7, che sollecita gli stessi Stati membri a provvedere affinché “la raccolta selettiva ed eventualmente l'instaurazione di un sistema di cauzione siano organizzate in modo efficace” e ad introdurre, al fine di incoraggiare il riciclaggio, … misure quali, per esempio, strumenti economici”, peraltro “dopo aver consultato le parti interessate” e purché queste ultime siano basate su validi criteri ecologici ed economici ed evitare distorsioni di concorrenza”.

La genericità delle indicazioni ritraibili dalla Direttiva in questione (nella quale, come il testo di essa inequivocabilmente evidenzia, è assente alcun riferimento alla obbligatoria coniugabilità della disciplina per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti in discorso con l’introduzione pro-competitiva di una pluralità di soggetti operanti negli istituendi sistemi) spiega, agevolmente, perché l’intervento della Commissione Europea (sul quale il Collegio si soffermerà al successivo punto II.3.2 e che ha indotto talune modificazione al decreto legge 397/1988, previgente rispetto alla presente Direttiva) non si sia in alcun modo soffermato su presunte vulnerazioni realizzate ad opera del sistema COBAT (introdotto appunto dal decreto legge da ultimo citato) alla disciplina comunitaria in materia di concorrenza; non venendo in alcun modo in considerazione una eventuale valenza anticompetitiva dell’assetto normativo italiano ratione temporis operante.

II.2.1.2 La direttiva 91/157/CEE è stata, quindi, abrogata dalla successiva direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori 6 settembre 2006 n. 66, volta ad armonizzare le misure nazionali in materia di pile e accumulatori e di rifiuti di pile e accumulatori.

Come evidenziato nel relativo Preambolo, l’obiettivo primario della direttiva è ravvisabile nell’intendimento di “ridurre al minimo l'impatto ambientale negativo delle pile e degli accumulatori e dei rifiuti di pile e accumulatori, contribuendo in tal modo alla salvaguardia, alla tutela e al miglioramento della qualità dell'ambiente”.

Particolare interesse rivelano, ai fini in esame, talune indicazioni ricavabili dai “considerando” esplicitati nello stesso Preambolo.

Il “considerando” n. 13 esprime l’esigenza che, “al fine di tutelare l'ambiente, occorrerebbe procedere alla raccolta dei rifiuti di pile e di accumulatori” e, “per le pile e gli accumulatori portatili si dovrebbero costituire sistemi di raccolta che raggiungano un elevato tasso di raccolta”: in proposito puntualizzandosi che “ciò implica l'introduzione di appositi sistemi di raccolta che consentano agli utilizzatori finali di disfarsi agevolmente e senza alcun onere economico di tutti i rifiuti di pile e accumulatori portatili. Diversi sistemi di raccolta e dispositivi di finanziamento sono indicati per pile e accumulatori di tipo diverso”.

Il successivo “considerando” n. 14 formula, poi, l’auspicio che “gli Stati membri conseguano un elevato tasso di raccolta e di riciclaggio dei rifiuti di pile e di accumulatori, in modo da ottenere un elevato livello di tutela ambientale e di recupero dei materiali in tutta la Comunità. La presente direttiva dovrebbe pertanto stabilire obiettivi minimi di raccolta e riciclaggio per gli Stati membri”; indicazione che trova ideale completamento in quanto esplicitato dal considerando n. 15, laddove si evidenzia che “occorrerebbe introdurre specifici obblighi di riciclaggio per le pile e gli accumulatori al cadmio e al piombo, al fine di conseguire un elevato livello di recupero del materiale in tutta la Comunità ed evitare disparità tra Stati membri”.

Mentre per il “considerando” n. 16 “tutte le parti interessate dovrebbero avere la possibilità di partecipare ai sistemi di raccolta, di trattamento e di riciclaggio. Tali sistemi dovrebbero essere concepiti in modo da evitare discriminazioni nei confronti di pile ed accumulatori importati, ostacoli agli scambi o distorsioni della concorrenza”, la successiva proposizione n. 17 suggerisce l’esigenza di “ottimizzare i sistemi di raccolta e di riciclaggio, in particolare al fine di ridurre al minimo i costi e l'impatto ambientale negativo del trasporto”.

Peculiare rilevanza confermativa in ordine all’esigenza di un unitario sistema - in relazione al quale le centralità del ruolo riservato a COBAT dal (previgente) assetto nazionale trova elementi di incontroversa validità - è poi fornita dal “considerando” n. 18, laddove si pone in luce che “le pile e gli accumulatori possono essere raccolti individualmente, attraverso sistemi nazionali di raccolta o congiuntamente a rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche attraverso sistemi nazionali di raccolta allestiti a norma della direttiva 2002/96/CE”.

II.2.2 LA DISCIPLINA NAZIONALE

II.2.2.1 L’indagine relativo al quadro normativo nazionale di riferimento non può non muovere dalla fondamentale previsione di cui all’art. 9-quinquies del decreto legge 9 settembre 1988 n. 397 (aggiunto dall'articolo unico della legge 9 novembre 1988 n. 475 in sede di conversione; e successivamente abrogato dall'articolo 29 del D.Lgs. 20 novembre 2008 n. 188 con la decorrenza prevista dal medesimo art. 29), che ha sancito il carattere di obbligatorietà della raccolta e dello smaltimento mediante riciclaggio delle batterie al piombo esauste (comma 1).

Ha, inoltre, istituito il Consorzio obbligatorio delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi (COBAT), con attribuzione di personalità giuridica, demandando a quest’ultimo per tutto il territorio nazionale (comma 2) i seguenti compiti:

a) assicurare la raccolta delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi e organizzarne lo stoccaggio;

b) cedere i prodotti di cui alla lettera a) alle imprese che ne effettuano lo smaltimento tramite il riciclaggio;

c) assicurare l'eliminazione dei prodotti stessi, nel caso non sia possibile o economicamente conveniente il riciclaggio, nel rispetto delle disposizioni contro l'inquinamento;

d) promuovere lo svolgimento di indagini di mercato e azioni di ricerca tecnico-scientifica per il miglioramento tecnologico del ciclo di smaltimento;

d-bis) promuovere la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e dei consumatori sulle tematiche della raccolta e dell'eliminazione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi (lettera, quest’ultima, aggiunta dall'art. 235, comma 14, del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152).

La norma in rassegna ha inoltre (comma 3, come sostituito dall'art. 235, comma 15, del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152) individuato il novero dei soggetti chiamati a partecipare al Consorzio (dotato di personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro) nelle:

- imprese che effettuano il riciclo delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi mediante la produzione di piombo secondario raffinato od in lega;

- imprese che svolgono attività di fabbricazione oppure di importazione di batterie al piombo;

- imprese che effettuano la raccolta delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi;

- imprese che effettuano la sostituzione e la vendita delle batterie al piombo.

Particolare interesse rivela, poi, la previsione dettata dal successivo comma 3-bis (aggiunto dal comma 16 del suddetto art. 235), la quale precisa che, “nell'ambito di ciascuna categoria, le quote di partecipazione da attribuire ai singoli soci sono determinate come segue:

- per le imprese di riciclo di cui alla lettera a) del comma 3 sono determinate in base al rapporto fra la capacità produttiva di piombo secondario del singolo soggetto consorziato e quella complessiva di tutti i consorziati appartenenti alla stessa categoria;

- per le imprese che svolgono attività di fabbricazione, oppure d'importazione delle batterie al piombo di cui alla lettera b) del comma 3, sono determinate sulla base del sovrapprezzo versato al netto dei rimborsi;

mentre le quote di partecipazione delle imprese e loro associazioni di cui alle lettere c) e d) del comma 3 dello stesso articolo sono attribuite alle associazioni nazionali dei raccoglitori di batterie al piombo esauste, in proporzione ai quantitativi conferiti al Consorzio dai rispettivi associati, e alle associazioni dell'artigianato che installano le batterie di avviamento al piombo.

Va poi soggiunto, all’interno della rassegna delle disposizioni introdotte dall’articolo all’esame, che:

- il consorzio non ha fini di lucro ed è retto da uno statuto approvato con decreto del Ministro dell'ambiente (comma 4);

- le deliberazioni degli organi del consorzio, adottate in relazione agli scopi del presente decreto ed a norma dello statuto, sono obbligatorie per tutte le imprese partecipanti (comma 5);

mentre il successivo comma 6 (modificato dall'art. 15, comma 1, lettera a), della legge 1° marzo 2002 n. 39) ha sancito, a carico dei soggetti detentori di batterie al piombo esauste o di rifiuti piombosi, l’obbligo di conferimento al Consorzio direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati del consorzio stesso o da quest’ultimo autorizzati, in base alla normativa vigente, a esercitare le attività di gestione di tali rifiuti; pur precisando che il divisato obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere le batterie esauste ed i rifiuti piombosi ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea.

Quanto ai soggetti non incaricati dal Consorzio, che effettuino attività di raccolta di batterie esauste o di rifiuti piombosi, il comma 6-bis dell’art. 9-quinquies (aggiunto dall'art. 15, comma 1, lettera b), della legge 1° marzo 2002 n. 39) stabilisce l’obbligo di trasmettere al consorzio, contestualmente alla comunicazione di cui all'art. 11, comma 3, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, copia della comunicazione stessa.

Dall’operata ricognizione del dettato normativo sopra riportato è dato evincere, riassuntivamente, che:

- il Consorzio (COBAT) - istituito per fare fronte ai problemi ambientali derivanti dall’abbandono di rifiuti piombosi e di batterie al piombo contenenti componenti tossici e riciclabili - ha avuto (originario) carattere obbligatorio ed esclusivo, con ambito di operatività esteso alla raccolta delle batterie al piombo esauste, all’organizzazione del relativo stoccaggio, alla cessione delle batterie esauste alle imprese che ne effettuano lo smaltimento tramite il riciclaggio, nonché ad assicurare l'eliminazione degli stessi prodotti, ove non fosse possibile o economicamente conveniente il riciclaggio, nel rispetto delle disposizioni contro l'inquinamento;

- al Consorzio, privo di finalità lucrative, potevano partecipare le imprese attive nella filiera del riciclaggio del piombo all’interno delle batterie, ossia le imprese operanti nello smaltimento delle batterie tramite riciclaggio (smelter) che producono piombo secondario, le imprese che producono o importano batterie al piombo (produttori), le imprese che effettuano la raccolta delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi (raccoglitori) e le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita delle batterie al piombo (installatori);

- l’attività del Consorzio ruotava intorno al principio secondo cui chiunque deteneva batterie al piombo esauste o rifiuti piombosi era obbligato a conferire tali rifiuti al Consorzio;

- il conferimento poteva essere effettuato in via diretta al consorzio obbligatorio o mediante consegna a soggetti “incaricati” del Consorzio, ovvero a soggetti “autorizzati”, in base alla normativa vigente, ad esercitare le attività di gestione di tali rifiuti.

II.2.2.2 La sopravvenienza normativa di cui alla legge 1° marzo 2002 n. 39 (Legge Comunitaria 2001), ha determinato un primo ampliamento del sistema di conferimento appena descritto, potendo le batterie esauste essere conferire anche “ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea” (ultimo periodo, comma 6).

Quindi, per effetto dell’entrata in vigore della disposizione da ultimo suindicata, alla cessione delle batterie al Consorzio si è affiancata - quale unica modalità alternativa in capo ai detentori delle batterie stesse - l’esportabilità del prodotto in ambito intracomunitario.

Quanto alle caratteristiche della remunerazione assicurata dal sistema a fronte delle attività da esso disciplinate,al fine di assicurare al Consorzio i mezzi finanziari per lo svolgimento dei propri compiti, l’art. 9-quinquies, commi 7 e 8, ha previsto l’applicazione di un sovrapprezzo (ora indicato come “contributo ambientale”) di vendita delle batterie, stabilito con decreto ministeriale, da anticiparsi trimestralmente a COBAT a carico dei produttori e degli importatori di batterie al piombo, nonché da parte degli importatori di beni contenenti piombo anche se non appartenenti a COBAT: i quali tutti, dopo avere adempiuto all’obbligo di pagamento in favore del Consorzio, avevano diritto di rivalsa sugli acquirenti finali del prodotto.

Nel sottolineare come l’importo di tale sovrapprezzo venisse determinato con un apposito decreto ministeriale, va ulteriormente precisato come il sovrapprezzo sia lo strumento necessario a finanziare l’intera attività consortile (dalla raccolta alla cessione delle batterie esauste agli smelter per le attività di smaltimento e riciclaggio), coprendo esso:

- in parte, la differenza negativa fra raccolta delle batterie esauste su tutto il territorio nazionale e la vendita delle stesse ai riciclatori (italiani ed esteri);

- per altra parte, i costi fissi di struttura consortili, comprensivi di quelli per comunicazione, ricerca e sviluppo.

L’Autorità, in argomento, ha avuto modo di osservare come la progressiva crescita del prezzo del piombo sui mercati internazionali (dal 2002) ha finito per rendere remunerativo il riciclaggio delle batterie esauste, sì che la cessione da parte di COBAT agli smelter delle batterie ha determinato in capo al primo un guadagno, cui deve aggiungersi l’importo a titolo di sovrapprezzo.

Ciò osservato - ed altresì rilevato come tale considerazione meriti di essere più appropriatamente inquadrata, all’interno di un arco temporale di più ampio respiro, in un trend che, per numerosi anni, ha visto il prezzo del piombo collocarsi a livelli significativamente inferiori, sì da non assicurare agli operatori quei margini di profitto che solo l’innalzamento del prezzo stesso ha consentito di conseguire - va ulteriormente precisato come il funzionamento di COBAT, per come risultante dalla configurazione normativa del sistema, fosse dunque fondato sull’attività dei raccoglitori “incaricati”, obbligati a cedere allo stesso Consorzio l’intero quantitativo di batterie raccolte, consegnando le stesse agli impianti di riciclo indicati da COBAT.

I relativi rapporti sono stati regolati da un contratto-tipo (Contratto COBAT-Raccoglitori o “CCR”) in base al quale ciascun raccoglitore si obbligava a garantire la raccolta delle batterie esauste nel lotto territoriale assegnatogli mediante l’utilizzo di mezzi propri o trasportatori terzi, provvedendo poi allo stoccaggio delle batterie esauste in propri impianti di messa in riserva, in conformità a un apposito descrittivo tecnico adottato dal COBAT.

L’acquisto “franco destino” da parte del COBAT delle batterie raccolte avveniva sulla base di un prezzo di cessione composito, determinato dal riconoscimento:

- di un valore della batteria variabile in funzione dell’andamento riscontrato presso il London Metal Exchange (LME);

- di un corrispettivo di servizio, stabilito in euro/ton dal contratto di servizio stipulato con COBAT;

- di un corrispettivo di trasporto, variabile in funzione della distanza tra l’impianto di stoccaggio e l’impianto di riciclo indicato dal COBAT.

Sul territorio nazionale operava, peraltro, anche un’altra categoria di raccoglitori (“autorizzati” o “verificati”), i quali, pur non avendo ottenuto da COBAT la qualifica di “incaricato”, provvedevano alla raccolta in vista di un’esportazione dei quantitativi così ottenuti verso l’estero, ovvero di un eventuale conferimento a COBAT stesso.

I raccoglitori non “incaricati” potevano anche conferire a COBAT le batterie esauste autonomamente raccolte, ma solo dietro autorizzazione del Consorzio.

Al ricevimento di una richiesta di conferimento, COBAT provvedeva a verificare il possesso da parte del richiedente delle necessarie autorizzazioni operative e, in caso di esito positivo, sottoponeva al soggetto la sottoscrizione di un contratto a mezzo della quale il raccoglitore acquisiva la qualifica di “verificato”, venendo in tal modo abilitato al conferimento delle batterie esauste agli smelter consorziati alle medesime condizioni economiche dei raccoglitori “incaricati”, ma senza percepire il corrispettivo di servizio a questi riconosciuto ai sensi del CCR.

A completamento del quadro operativo inerente al sistema, va ulteriormente presa in considerazione la presenza delle imprese di riciclaggio di batterie al piombo esauste (c.d. smelters, ossia le società Eco-Bat, Ecolead, ESI, Meca, Piombifera Bresciana, Piomboleghe), consorziate a COBAT ed attive attraverso altrettanti stabilimenti presenti sul territorio nazionale.

Come i raccoglitori, così anche gli smelters risultavano legati al Consorzio da appositi rapporti contrattuali sulla base di un contratto-tipo (Contratto COBAT-smelter o “CCS”), volto a stabilire il quantitativo annuo di batterie esauste da conferire a ciascun riciclatore; al CCS essendo, in particolare, rimessa l’individuazione del quantitativo di batterie cedute dal Consorzio al singolo smelter, sulla base di quote assegnate a ciascuno.

II.2.2.3 A fronte del modello operativo sin qui considerato, evidentemente incentrato - come dalla stessa Autorità riconosciuto - sulla configurazione della posizione di COBAT quale monopolista legale nella gestione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi, è necessario osservare come, in esito all’adozione del Testo Unico sull’Ambiente (D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152), sia stata prevista la possibilità di costituire consorzi in alternativa al COBAT, in un’ottica di apertura del settore a dinamiche concorrenziali.

Tale possibilità, venuta meno a seguito della modifica apportata dal D.Lgs. 16 gennaio 2008 n. 4 (cd. secondo correttivo del TUA) all’art. 235 del D.Lgs. 152/2006, è stata quindi ripristinata dal D.Lgs. 20 novembre 2008 n. 188: essendo ora pertanto consentito a tutte le imprese di raccolta, smaltimento, installazione e produzione/importazione di batterie al piombo non aderenti al COBAT di costituire “uno o più consorzi” per la raccolta e lo smaltimento di tali rifiuti.

II.3 L’OPERATIVITA’ DEL CONSORZIO ALLA LUCE DELLE MODIFICAZIONI NORMATIVE SUCCEDUTESI. CONSIDERAZIONI DI SINTESI

Dalle indicazioni sopra fornite emerge che la regolamentazione delle attività del Consorzio, dalla sua istituzione ad oggi, può essere schematizzata in 5 fasi susseguenti, connotate dal succedersi delle disposizioni pure infra sintetizzate:

- dal 1988, anno di istituzione del Consorzio, al 2002 (decreto legge 397/1998);

- dal 2002 al mese di aprile 2006 (legge comunitaria 39/2002);

- dall’aprile 2006 al gennaio 2008 (Testo Unico dell’Ambiente, di cui al D.Lgs. 152/2006);

- dal gennaio al dicembre 2008 (secondo correttivo al TUA, di cui al D.Lgs. 4/2008);

- dal dicembre 2008 ad oggi (successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. 188/2008).

II.3.1 IL DECRETO LEGGE 397/1988

La legge istitutiva, come si è avuto modo di osservare, ha previsto il monopolio legale del Consorzio su tutto il territorio nazionale ed il conferimento obbligatorio delle batterie esauste al Consorzio o a soggetti da esso incaricati.

A fronte dell’originaria configurazione del sistema, AGCM ha avuto modo di pronunciarsi sulla relativa disciplina con parere del 20 gennaio 1999, rilasciato su richiesta del Ministero dell’Ambiente, valutando prevalenti le esigenze di tutela ambientale rispetto a quelle di confronto competitivo tra gli operatori e conseguentemente asseverando la legittimità del “sistema” COBAT in rapporto ai profili di diritto antitrust.

Nel suddetto Parere, l’Autorità - dopo aver rilevato che con l’istituzione di COBAT il Legislatore ha voluto creare una struttura centralizzata che, attraverso la raccolta e il recupero differenziato integrale di rifiuti considerati pericolosi, garantisse il soddisfacimento dell’interesse costituzionalmente rilevante alla tutela dell’ambiente - ha giustificato l’obbligatorietà del conferimento dei rifiuti de quibus al suddetto organismo affermando che “il perseguimento, in posizione di sostanziale monopolio, da parte del Consorzio, di obiettivi di interesse generale fa sì che la valutazione concorrenziale dei quesiti proposti debba essere effettuata sulla base di quanto prescritto nel comma 2 dell’art. 8 della l. 287/90”.

II.3.2 LA LEGGE COMUNITARIA 39/2002

A fronte della contestazione formulata dalla Commissione Europea all’Italia con riferimento all’impossibilità, sulla base delle previsioni dettate dal decreto legge 397/1988, di avviare batterie esauste allo smaltimento presso operatori situati in altri Stati membri (in ragione della contrarietà della anzidetta limitazione alle disposizioni del Regolamento CEE 259/93 del 1° febbraio 1993, relativo alla sorveglianza ed al controllo delle spedizioni di rifiuti all’interno della Comunità europea), la legge comunitaria per l’anno 2001 (1° marzo 2002 n. 39) ha modificato il comma 6 dell’art. 9-quinquies del decreto legge 397/1988, introducendo la facoltà di raccolta ai fini di spedizione all’estero (esportazione) delle batterie esauste raccolte sul territorio italiano.

La medesima legge (art. 15, comma 1, lettera a) è intervenuta altresì sul profilo della raccolta dei rifiuti contenenti piombo, stabilendo che “chiunque detiene batterie al piombo esauste o rifiuti piombosi è obbligato al loro conferimento al consorzio direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati del consorzio o autorizzati, in base alla normativa vigente, a esercitare le attività di gestione di tali rifiuti”.

Pertanto, la modifica normativa del 2002 non ha condotto ad alcuna rimodulazione del sistema COBAT, se non nella limitata ottica - preordinata a corrispondere positivamente alle preoccupazioni come sopra manifestate dalla commissione Europea - di consentire l’esportabilità intracomunitaria dell batterie esauste raccolte sul territorio nazionale.

Infatti, l’apertura dell’attività di “raccolta” delle batterie al piombo esauste a tutti gli operatori muniti delle prescritte autorizzazioni, ancorché non “incaricati” dal COBAT (ma semplicemente “autorizzati” o “verificati”) non ha vulnerato in alcun modo il principio - avente centrale rilevanza nel quadro della funzione sistemica di COBAT - dell’obbligatorio conferimento delle batterie a quest’ultimo.

E, del resto, la stessa chiusura del procedimento avviato dalla Commissione in esito alla modifica normativa introdotta dalla legge comunitaria per il 2001, ha confermato che anche il predetto organismo comunitario non aveva ravvisato nel “sistema” COBAT profili di criticità specificamente attinenti alla disciplina comunitaria in materia di concorrenza.

Va, quindi, decisamente confutato l’assunto esposto da AGCM in ragione del (preteso) mutamento del quadro normativo di riferimento, atteso che, anche a seguito delle modificazioni introdotte dalla legge 39/2002, la normativa applicabile continuava a qualificare il conferimento del rifiuto (direttamente al COBAT, o indirettamente, attraverso gli operatori autorizzati ai sensi della normativa di settore - i c.d. raccoglitori verificati) con carattere di omogenea obbligatorietà rispetto all’originaria configurazione delle disciplina: dovendosi in proposito precisare, sulla scorta di quanto sopra osservato, come all’obbligo di conferimento “nazionale” si sia venuta ad affiancare la “facoltà per il detentore di cedere le batterie esauste ed i rifiuti piombosi ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea”.

Deve, quindi, escludersi che la legge 39/2002 abbia decentralizzato la funzione di COBAT nel quadro dell’assetto, legislativamente fondato, riguardante la raccolta e lo smaltimento delle batterie esauste, anche (se non soprattutto) con riferimento al ruolo di coordinamento dell’intero ciclo della gestione del rifiuto, ossia al complesso di attività eseguite in vista dello smaltimento mediante riciclaggio dei rifiuti in discorso.

Ciò laddove si consideri come la stessa legge 39/2002 (art. 15, comma 1, lettera b), che ha aggiunto il comma 6-bis all’art. 9-quinquies del decreto legge 397/1988) ha affidato a COBAT il compito di procedere alla puntuale registrazione dei flussi di rifiuti contenenti piombo raccolti, ponendo a carico dei soggetti non “incaricati” dal Consorzio ed impegnati in attività di raccolta di batterie esauste o di rifiuti piombosi l’obbligo di trasmettere al COBAT una copia del MUD (Modello Unico di Dichiarazione Ambientale), contenente tutte le informazioni relative alle batterie raccolte ed avviate al recupero.

Può quindi, fondatamente, argomentarsi che il quadro normativo (anche successivamente all’introduzione della facoltà di esportazione e dell’apertura a raccoglitori non incaricati direttamente da COBAT) era caratterizzato dall’obbligo di adesione a COBAT in capo alle imprese del settore e dal corrispondente obbligo di avviare a riciclaggio i rifiuti piombosi (non destinati ad operatori di altri Stati membri).

II.3.3 IL TESTO UNICO SULL’AMBIENTE (D.LGS. 152/2006)

La monoliticità della configurazione monopolistica ex lege conferita a COBAT nel ciclo della gestione delle batterie esauste veniva per la prima volta incisa (ma non eliminata) soltanto con il Testo Unico Ambientale, entrato in vigore il 29 aprile 2006, che prevedeva la possibilità di costituire consorzi aventi obiettivi e caratteristiche identiche a quelle del COBAT.

L’art. 235, comma 5, ha, infatti, consentito alle imprese non aderenti a COBAT di costituire “uno o più consorzi” composti (analogamente a quanto disposto per COBAT) da tutte le categorie interessate, ossia “a) le imprese che effettuano il riciclo delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi (…); b) le imprese che svolgono attività di fabbricazione oppure di importazione di batterie al piombo; c) le imprese che effettuano la raccolta delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi; d) le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita delle batterie al piombo”.

Detti consorzi, a composizione verticalmente integrata, avrebbero avuto (al pari di COBAT) personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro, avrebbero dovuto essere retti da uno statuto redatto in conformità ad uno schema-tipo redatto dal Ministero dell’Ambiente (di concerto con il Ministero delle Attività produttive) ed avrebbero dovuto svolgere su tutto il territorio nazionale (art. 235, comma 4) le medesime attività eseguite da COBAT, ossia “a) assicurare la gestione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi; b) cedere le batterie al piombo esauste e i rifiuti piombosi alle imprese che ne effettuano il recupero; c) assicurare il loro smaltimento, nel caso non sia possibile o economicamente conveniente il recupero, nel rispetto delle disposizioni contro l’inquinamento; d) promuovere lo svolgimento di indagini di mercato e azioni di ricerca tecnico-scientifica per il miglioramento tecnologico del ciclo di produzione, recupero e smaltimento; e) promuovere la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e dei consumatori sulle tematiche della raccolta e dell’eliminazione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi”.

Va poi osservato come l’art. 235, commi 6 (per gli istituendi consorzi) e 16 (per il COBAT), abbia puntualmente disciplinato i criteri di attribuzione delle quote di partecipazione delle imprese ai rispettivi consorzi, recependo a livello di normazione primaria quanto previsto sin dai tempi della sua costituzione nello statuto del COBAT (“nell’ambito di ciascuna categoria le quote di partecipazione da attribuire ai singoli soci sono determinate come segue: per le imprese di riciclo (…) sono determinate in base al rapporto fra la capacità produttiva di piombo secondario del singolo soggetto consorziato e quella complessiva di tutti i consorziati appartenenti alla stessa categoria; b) per le imprese che svolgono attività di fabbricazione, oppure di importazione delle batterie al piombo (…) sono determinate sulla base del sovrapprezzo versato al netto dei rimborsi; c) le quote di partecipazione delle imprese e loro associazioni (…) sono attribuite alle associazioni nazionali dei raccoglitori di batterie al piombo esauste, in proporzione ai quantitativi conferiti al consorzio dai rispettivi associati, e alle associazioni dell’artigianato che installano le batterie di avviamento al piombo”).

Da tale analisi emerge in tutta chiarezza che il Legislatore del Testo Unico, lungi dall’esprimere linee strategiche apertamente configgenti con l’architettura del “sistema” COBAT - ancorché in presenza di una tendenziale apertura alla concorrenza in un contesto di mercato “liberalizzato” - ha invece confermato la validità del relativo impianto a tal punto da indicarne, con tratti di paradigmaticità, taluni aspetti anche con riferimento agli assetti dei (futuri quanto potenziali) consorzi alternativi.

Peraltro, va osservato come le modificazioni introdotte dal Testo Unico Ambiente abbiano arricchito il (previgente) sistema con profili di concorrenzialità esclusivamente operanti a livello di consorzi: venendo quindi in considerazione:

- un modello di competitività tra “sistemi” integrati verticalmente secondo il modello istituzionale di COBAT

- e non già una concorrenzialità diffusa fra singole categorie di operatori (circostanza, quest’ultima, agevolmente argomentabile dal fatto che il decreto ora all’esame non ha consentito l’integrazione consortile fra categorie operanti nella filiera delle batterie al piombo, quali, ad esempio, i soli produttori, ovvero i raccoglitori, o, ancora i riciclatori).

È appena il caso di notare che, nel periodo di vigenza del testo originario del Testo Unico, non sono stati mai emanati i decreti attuativi da parte del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio, né si sono registrate iniziative concrete da parte di gruppi di operatori al fine di istituire consorzi verticalmente integrati per svolgere attività in concorrenza con il COBAT.

II.3.4 IL SECONDO CORRETTIVO AL TUA (D.LGS. 4/2008)

Le disposizioni dettate dall’art. 235 del Testo Unico hanno, peraltro, formato oggetto di un profondo ripensamento ad opera del D.Lgs. 16 gennaio 2008 n. 4 (Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152).

Il comma 30-octies dell’art. 2, infatti, ha in primo luogo modificato il titolo dell’art. 235 da «Consorzi nazionali per la raccolta ed il trattamento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi» in «Consorzio nazionale per la raccolta ed il trattamento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi» (nonché le corrispondenti citazioni di «Consorzi» in «Consorzio»), restituendo un ruolo di centralità di sistema (previgente rispetto all’originaria stesura del testo Unico Ambientale) in capo a COBAT.

In tal senso, il Legislatore del secondo correttivo ha reintrodotto l’obbligo generalizzato di partecipazione al COBAT, riconfermandolo come l’unico operatore autorizzato ad operare nel settore della raccolta e del trattamento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi: con la conseguenza che, a partire dal gennaio 2008 (e, quindi, soltanto sedici mesi dopo i profondi interventi modificativi apportati dal TUA: il quale, come si è visto, aveva “aperto” il sistema ad una possibile pluralità di operatori consortili), la disciplina di riferimento tornava ad assestarsi sull’assetto ante-Testo Unico, con obbligo, in capo a tutte le imprese di cui all’art. 9-quinquies del decreto legge 397/1988, di operare (aderire) nell’ambito del “sistema” COBAT.

Veniva, in altri termini, meno la facoltà, peraltro mai concretamente attuata nell’arco temporale sopra indicato, di istituire consorzi integrati verticalmente che svolgessero la propria attività alternativamente (in concorrenza) rispetto a COBAT.

Impregiudicata ogni considerazione in termini di complessiva coerenza dell’azione legislativa (pur non potendo omettere il Collegio di stigmatizzare operazioni che, in uno spazio temporale significativamente contenuto, hanno condotto a così profondi ed incisivi ripensamenti, le cui ricadute, lungi dall’impingere su aspetti marginali o di dettaglio, hanno invece proposto un radicale riassetto dell’intero quadro del sistema di smaltimento e riciclaggio delle batterie esauste), deve osservarsi come - diversamente da quanto sostenuto dall’Autorità nella gravata determinazione - il quadro di insieme proponga (con l’unico hiatus rappresentato dalla breve sopravvivenza dell’originaria formulazione dell’art. 235 TUA) una prolungata immanenza del ruolo di centralità in capo a COBAT in chiave monopolistica, rispetto al quale il dato normativo come sopra analizzato evidenzia all’attenzione dell’interprete una scelta del Legislatore avente ricadute evidentemente premianti rispetto alla concreta introduzione nel settore de quo di elementi procompetitivi volti ad incentivare il confronto concorrenziale a livello consortile.

II.3.5 L’ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 2006/66/CE

In sede di attuazione della Direttiva 2006/66/CE, con il D.Lgs. 20 novembre 2008 n. 188, entrato in vigore nel dicembre 2008, il Legislatore ha nuovamente modificato il proprio orientamento in rapporto alle figure istituzionalmente preposte al trattamento delle batterie esauste e dei rifiuti piombosi, tornando ad assestarsi sulle indicazioni rivenienti dall’originaria formulazione del TUA e, conseguentemente, prefigurando l’istituzione di nuovi e diversi “sistemi” di raccolta, idonei a coprire in modo omogeneo tutto il territorio nazionale, in alternativa ai “sistemi esistenti”, ossia al COBAT.

L’art. 20 del predetto D.Lgs. 188/2008, infatti, ha stabilito che:

- “il Consorzio nazionale per la raccolta ed il trattamento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi istituito dall'articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, e successive modificazioni, è considerato uno dei sistemi di raccolta e di trattamento di cui agli articoli 6, 7 e 10, e continua a svolgere la propria attività conformandosi alle disposizioni del presente decreto”(comma 1);

- e che “entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Consorzio nazionale per la raccolta ed il trattamento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi adegua il proprio statuto alle disposizioni del presente decreto, in modo da assicurare anche quanto stabilito dal primo comma dell’articolo 21” (comma 2).

Proprio l’art. 7, come sopra richiamato dall’art. 20 del D.Lgs. 188/2008, consente di percepire la compiuta ridelineazione del sistema che, a valle del travagliato iter legislativo che si è avuto modo di tratteggiare, esclude - ora - la persistente configurazione di una presenza monopolistica di COBAT.

La disposizione da ultimo richiamata, infatti, stabilisce (comma 1) che “al fine di promuovere al massimo la raccolta separata, i produttori di pile e accumulatori industriali, o i terzi che agiscono in loro nome, organizzano e gestiscono sistemi di raccolta separata di pile ed accumulatori industriali idonei a coprire in modo omogeneo tutto il territorio nazionale. A tal fine, possono:

- aderire a sistemi esistenti ed utilizzare la rete di raccolta facente capo alle medesime;

- organizzare autonomamente, su base individuale o collettiva, sistemi di raccolta dei rifiuti di pile e accumulatori industriali.

L’opzione esercitata dal Legislatore consente di apprezzare che il trattamento ed il riciclaggio delle batterie esauste è affidata a sistemi organizzati e gestiti dagli operatori del settore (i produttori di pile e accumulatori industriali, o i terzi che agiscono in loro nome): ai quali è rimessa la scelta:

- se “aderire a sistemi esistenti (ovvero a COBAT, il quale, secondo quanto indicato dal riportato art. 20, continua a svolgere la propria attività, ancorché non più in regime di esclusiva) ed utilizzare la rete di raccolta facente capo alle medesime

- ovvero, provvedere alla costituzione (su base individuale o collettiva; per l’effetto dovendo argomentarsi la decentralizzazione dell’opzione necessariamente consortile del relativo modulo organizzativo) di sistemi di raccolta dei rifiuti di pile e accumulatori industriali.

II.4 FUNZIONE “PUBBLICA” ASSOLTA DA COBAT NEL QUADRO DEL SISTEMA DI RACCOLTA E SMALTIMENTO. LA SENTENZA DEL T.A.R. LAZIO, SEZ. II-BIS, 9 MAGGIO 2001 N. 4034.

Con riferimento di successivo approfondimento in merito all’operatività, nella fattispecie all’esame, del principio di cui all’illustrato art. 8, comma 2, della legge 287/1990, va peraltro fin da ora osservato come anche l’eventuale presenza e/o rilevabilità di condotte astrattamente suscettibili di essere qualificate come “anticompetitive” eclissi - in presenza di un quadro normativo univocamente orientato ad esprimere il carattere di obbligatorietà delle condotte stesse, laddove preordinate con carattere di univocità al perseguimento di particolari, quanto qualificati interessi - l’applicazione dell’apparato sanzionatorio ordinariamente posto a presidio di comportamenti anticoncorrenziali.

Si è già avuto modo di constatare come, relativamente ad un arco temporale durato fino a quasi tutto il 2008 (con la breve parentesi della vigenza, nel testo originario, del Testo unico ambientale), il funzionamento del sistema COBAT fosse orientato a veicolare, con carattere di obbligatorietà, una serie di comportamenti che, sul presupposto della centralità del Consorzio, caratterizzavano il conferimento e la cessione delle batterie mediante gli illustrati oneri facenti capo ai soggetti consorziati, sia pure nel quadro delle diverse posizioni (raccoglitori, smaltitori, produttori) dai medesimi rivestite.

Due considerazioni, per quanto diffusamente esposte in precedenza, meritano di essere rammentate e puntualizzate.

In primo luogo, si è, nella fattispecie, in presenza di un Consorzio per legge obbligatorio, dalla cui operatività è escluso (innanzi tutto in capo a COBAT; secondariamente, da parte degli operatori consorziati) alcun profilo di volontarietà delle politiche imprenditoriali.

Ciò non soltanto con riferimento alle disposizioni di diretta promanazione normativa; ma anche - ed è, questo, un elemento di riflessione che non merita di essere pretermesso - con riguardo alle previsioni statutarie: le quali, quantunque costituiscano formale espressione della volontà formatasi in ambito consortile, hanno nondimeno ricevuto espressa validazione ad opera della decretazione ministeriale di approvazione.

In secondo luogo, la costituzione stessa del Consorzio ad opera del Legislatore non è intervenuta all’interno (o quale conseguenza) di una scelta condizionata da interessi di carattere economico e/o imprenditoriale, quanto, piuttosto, a fronte della rappresentata esigenza di tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini, direttamente contemplate non soltanto dalla carta costituzionale, ma anche nel quadro dei principi di ispirazione comunitaria.

Tali considerazioni riprendono - e sviluppano - le argomentazioni da questo Tribunale già rese con la nota sentenza della sez. II-bis, 9 maggio 2001 n. 4034.

Nella vicenda presa in considerazione nella pronunzia ora citata, infatti, si è dato atto - proprio con riferimento alla posizione di COBAT - dell’applicabilità della disposizione di cui al comma 2 dell’art. 8 della legge 287/1990; affermandosi che “quando si rapporti il concetto di economicità alla razionale gestione delle risorse, in una dimensione di interesse generale, non può negarsi che a tale dimensione attenga la posizione del COBAT, con riferimento al compito primario di assicurare la raccolta delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi e di assicurarne lo stoccaggio, nonché le fasi successive di riciclaggio o eliminazione”.

Ancora più importante - in quanto direttamente pertinente all’odierno thema decidendum - è l’affermazione, parimenti enunciata nella decisione in rassegna, secondo cui è “indubbia … la natura di interesse pubblico - di rilievo comunitario - della ratio sottesa alle garanzie di controllo in materia di smaltimento dei rifiuti, con particolare riguardo a quelli speciali, la cui dispersione nell’ambiente porrebbe a rischio un bene primario quale la salute”: escludendosi, corrispondentemente, che sia “sufficiente che le anzidette garanzie siano limitate ad un sistema di autorizzazioni amministrative, legittimanti l’esercizio privato dell’attività di raccolta, riciclaggio e smaltimento in regime di libera concorrenza”, in quanto “potrebbe prospettarsi … nella situazione sopra indicata, una raccolta condizionata da fattori di mercato, quali il prezzo del piombo e la collocazione geografica dei produttori”.

Nel dare atto che l’esistenza di COBAT, “quale consorzio costituito fra le imprese, esercenti i servizi di smaltimento tramite riciclaggio nel settore in questione, appare in grado di assicurare - con meccanismi di finanziamento in parte pubblici e senza finalità di lucro - un più ampio ed agile controllo nel settore stesso, rispetto a quello che potrebbe discendere dalla mera e solo iniziale verifica, effettuata dall’Amministrazione in sede di rilascio delle autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti, da operare poi in una pura logica di mercato”, la sentenza di che trattasi ha, ulteriormente, posto in evidenza che “la gestione dei servizi di cui trattasi - pur potendo essere esercitata anche in una situazione di monopolio - debba rapportarsi agli ambiti applicativi del già citato art. 8, c. 2, L. n. 287/90, limitandosi a “quanto strettamente connesso agli specifici compiti”, affidati alle imprese di cui si discute”.

Se è ben vero che la ripetuta sentenza ha “disapplicato” l’art. 9-quinquies della legge 475/1988, ove tale disposizione debba “intendersi … impositiva dell’obbligo di consegna dei rifiuti in questione ai raccoglitori incaricati dal COBAT, o a subappaltatori dei medesimi”, va tuttavia valorizzata, si fini del decidere, l’accertata funzione di rilievo pubblicistico assegnata dalla legge a COBAT, nel quadro del perseguimento dell’interesse - direttamente scaturente dalla tutela del bene-salute - alla raccolta e smaltimento dei rifiuti piombosi.

Viene, per l’effetto, a delinearsi la piena sussumibilità (della natura e della funzione) del Consorzio nel novero delle “persone giuridiche di diritto pubblico … istituite per legge al fine di soddisfare specificamente esigenze collegate alla salute pubblica, che sono esigenze di interesse generale, e tali esigenze hanno un carattere non industriale o commerciale, dato che i servizi sono prestati … senza scopo di lucro”, alla stregua della definizione fornita dalla IV Sezione della Corte di Giustizia CE con recente sentenza dell’11 giugno 2009 (Causa C-300/07, Hans & Christophorus Oymanns GbR, Orthopädie Schuhtechnik contro AOK Rheinland / Hamburg), resa a fronte di domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberlandesgericht Düsseldorf.

II.5 LA “SENTENZA CIF”.

La stessa Corte di Giustizia CE ha avuto modo di interrogarsi, proprio con riferimento ad una vicenda omogeneamente caratterizzata dalla presenza di un soggetto consortile obbligatoriamente costituito, sulla antigiuridicità di condotte che, per quanto diretta espressione dell’assetto di interessi delineato dal Legislatore nazionale, nondimeno ponessero all’attenzione profili di potenziale antigiuridicità antitrust.

È il caso, ben noto, della cd. “sentenza CIF”, con la quale l’organo europeo di giustizia (pronunzia delle Sezioni Riunite, 9 settembre 2003, resa nel procedimento C-198/01, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 234 CE, dal T.A.R. Lazio nella causa tra Consorzio Industrie Fiammiferi - CIF ed Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 81 CE) ha avuto modo di affermare che “se una legge nazionale si limita a sollecitare o a facilitare l'adozione di comportamenti anticoncorrenziali autonomi da parte delle imprese, queste rimangono soggette agli art. 81 CE e 82 CE e possono incorrere in sanzioni, anche per comportamenti anteriori alla decisione di disapplicare detta legge”.

Nondimeno, la Corte ha puntualizzato che “una situazione del genere, benché non possa servire a giustificare pratiche atte ad aggravare ulteriormente le violazioni delle concorrenza, ha comunque come conseguenza il fatto che, nel momento della determinazione del livello della sanzione, il comportamento delle imprese interessate può essere valutato alla luce della circostanza attenuante costituita dal contesto giuridico interno (v., in questo senso, sentenza 16 dicembre 1975, cause riunite 40/73-48/73, 50/73, 54/73-56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker Unie e a./Commissione, Racc. pag. 1663, punto 620).

In presenza di comportamenti d'imprese in contrasto con l'art. 81, n. 1, CE, “imposti o favoriti da una normativa nazionale che ne legittima o rafforza gli effetti, con specifico riguardo alla determinazione dei prezzi e alla ripartizione del mercato”, la Corte ha stabilito che “l’autorità nazionale preposta alla tutela della concorrenza, cui sia stato affidato il compito, in particolare, di vigilare sul rispetto dell'art. 81 CE:

- ha l'obbligo di disapplicare tale normativa nazionale;

- non può infliggere sanzioni alle imprese interessate per comportamenti pregressi qualora questi siano stati loro imposti dalla detta normativa nazionale;

- può infliggere sanzioni alle imprese interessate per i loro comportamenti successivi alla decisione di disapplicare tale normativa nazionale, una volta che quella decisione sia diventata definitiva nei loro confronti;

- può infliggere sanzioni alle imprese interessate per comportamenti pregressi qualora questi siano stati semplicemente facilitati o incoraggiati da quella normativa nazionale, pur tenendo in debito conto le specificità del contesto normativo nel quale le imprese hanno agito.

Deve infatti operarsi, secondo quanto esposto nella decisione all’esame, “una doppia distinzione a seconda che la normativa nazionale escluda o meno la possibilità di una concorrenza che potrebbe ancora essere ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi delle imprese e, nel primo caso, a seconda che i fatti in causa siano precedenti o successivi alla dichiarazione dell'autorità nazionale garante della concorrenza sulla disapplicazione della normativa nazionale”.

A tale stregua, laddove “una legge nazionale esclude la possibilità di una concorrenza che possa essere ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi delle imprese, si deve constatare che, a meno che non si intenda violare il principio generale di diritto comunitario della certezza del diritto, l'obbligo delle autorità nazionali garanti della concorrenza di disapplicare tale legge anticoncorrenziale non può esporre le imprese interessate a sanzioni, di natura penale o amministrativa, per un comportamento pregresso, giacché tale comportamento era imposto da quella legge”: e ciò in quanto “la decisione di disapplicare la legge di cui si tratta, infatti, non toglie che nel passato essa abbia condizionato il comportamento delle imprese”, costituendo “per il periodo precedente la decisione di disapplicazione della legge, una causa giustificatrice che sottrae le imprese interessate a qualsiasi conseguenza della violazione degli art. 81 CE e 82 CE, sia nei confronti delle pubbliche autorità sia degli altri operatori economici”.

II.6 CONSENTITE MODALITA’ DI INTERVENTO DELL’AUTORITA’ A FRONTE DI DISPOSIZIONI LEGISLATIVE POTENZIALMENTE DISTORSIVE DELLA CONCORRENZA. L’ART. 21 DELLA LEGGE 287/1990.

Se è vero che, alla stregua dell’insegnamento promanante dalla sentenza della Corte sopra riportata, la presenza di eventuali comportamenti anticoncorrenziali posti in essere in attuazione di previsioni legislative:

- se può consentire (anzi, addirittura obbligare) la disapplicazione della normativa nazionale contrastante con la disciplina antitrust da parte dell’Autorità preposta a vigilare sul corretto funzionamento delle dinamiche concorrenziali;

- e se, tuttavia, le condotte pregresse poste in essere dagli operatori del mercato rilevante sono suscettibili di essere valutate alla luce della circostanza attenuante costituita dal contesto giuridico interno;

- e se, ulteriormente, anche l’eventuale disapplicazione della normativa (ipoteticamente) anticoncorrenziale è insuscettibile di determinare l’assoggettamento delle imprese interessate a misure sanzionatorie per comportamenti pregressi, ove imposti da quella legge;

il quadro di riferimento, con particolare riguardo ai poteri legittimamente esercitabili dall’Autorità, è suscettibile di essere completato in considerazione delle prerogative a quest’ultima conferite dall’art. 21 della legge 287/1990.

Quest’ultimo assegna ad AGCM il compito, “allo scopo di contribuire ad una più completa tutela della concorrenza e del mercato”, di individuare “i casi di particolare rilevanza nei quali norme di legge o di regolamento o provvedimenti amministrativi di carattere generale determinano distorsioni della concorrenza o del corretto funzionamento del mercato che non siano giustificate da esigenze di interesse generale”; attribuendo alla stessa Autorità il potere di:

- segnalare “le situazioni distorsive derivanti da provvedimenti legislativi al Parlamento e al Presidente del Consiglio dei Ministri e, negli altri casi, al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai Ministri competenti e agli enti locali e territoriali interessati”;

- e, ove “ne ravvisi l'opportunità”, di esprimere “parere circa le iniziative necessarie per rimuovere o prevenire le distorsioni e può pubblicare le segnalazioni ed i pareri nei modi più congrui in relazione alla natura e all'importanza delle situazioni distorsive”.

Nel caso di specie, i percorsi operativi consentiti in presenza di situazioni pur evidenzianti la presenza di effetti distorsivi sulla fisiologica attuazione della dinamica competitiva indotti dalla diretta applicazione della formazione di rango primario - per come delineati dalla combinazione delle prescrizioni legislative antitrust e delle indicazioni della giurisprudenza comunitaria - sono stati entrambi pretermessi dall’Autorità, in quanto quest’ultima:

- non solo non ha ritenuto di procedere alla disapplicazione della normativa ratione temporis applicabile (art. 9-quinquies della legge 397/1998) nel quadro della configurazione del sistema di raccolta/smaltimento, la cui operatività (in primis con l’istituzione di COBAT; e, accessivamente, con le delineate modalità di funzionamento di quest’ultimo, nel novero delle quali vanno evidentemente ricompresi i comportamenti obbligatori in capo ai consorziati) potesse essere ritenuta confliggente con la disciplina antitrust;

- non solo ha omesso di valutare, a fronte delle condotte poste in essere dal Consorzio e/o dai consorziati, la presenza di circostanze attenuanti indotte dall’obbligatoria attuazione del dettato legislativo;

- ma, vieppiù, è intervenuta in chiave repressiva senza la preventiva attivazione dei poteri di segnalazione la cui rilevanza appieno viene in considerazione ove si abbia riguardo al fatto che il riportato art. 21 espressamente assegna alla stesssa AGCM il compito di evidenziare “le iniziative necessarie per rimuovere o prevenire le distorsioni” da quest’ultima eventualmente rilevate.

II.7 AMBITO DI APPLICAZIONE DELL’ART. 8, COMMA 2 DELLA LEGGE 287/1990.

Come sopra posto in evidenza, l’art. 8, comma 2, della legge 287/1990 stabilisce che “le disposizioni di cui ai precedenti articoli non si applicano alle imprese che, per disposizioni di legge, esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale ovvero operano in regime di monopolio sul mercato, per tutto quanto strettamente connesso all'adempimento degli specifici compiti loro affidati”.

Fermo quanto esposto al precedente punto II.1 con riferimento all’ ambito di applicazione dell’art. 8, comma 2, della legge 287/1990, due aspetti meritano ora di essere puntualizzati ai fini della conclusiva verifica in ordine all’operatività della predetta disposizione alla fattispecie all’esame.

In primo luogo, se la locuzione impiegata dal Legislatore (“impresa” che gestisca “servizi di interesse economico generale”, ovvero che operi “in regime di monopolio sul mercato”) sia suscettibile di trovare applicazione anche con riferimento ad un soggetto - quale COBAT - qualificabile come “organismo di diritto pubblico”).

Secondariamente, se i limiti disegnati dalla giurisprudenza comunitaria ai fini della concreta operatività della previsione di che trattasi - e, quindi, la perdurante applicabilità delle regole in materia di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione affidata all’impresa/organismo operante in regime “monopolistico” - ricorrano, effettivamente, nel caso di specie.

II.7.1 ART. 8, COMMA 2, DELLA LEGGE 287/1990: SEGUE. IMPRESE PUBBLICHE ED ORGANISMI DI DIRITTO PUBBLICO

La nozione di “impresa pubblica” trova, come è noto, definizione nell’art. 3, comma 28, del D.Lgs. 163/2006, alla stregua del quale per “imprese pubbliche” devono intendersi solo le imprese su cui le amministrazioni aggiudicatrici possono esercitare, direttamente o indirettamente, un’influenza dominante o perché ne sono proprietarie, o perché vi hanno una partecipazione finanziaria, o in virtù delle norme che disciplinano dette imprese.

L’influenza dominante è presunta quando le amministrazioni aggiudicatrici, direttamente o indirettamente, riguardo all’impresa, alternativamente o cumulativamente:

a) detengono la maggioranza del capitale sottoscritto;

b) controllano la maggioranza dei voti cui danno diritto le azioni emesse dall’impresa;

c) hanno il diritto di nominare più della metà dei membri del consiglio di amministrazione, di direzione o di vigilanza dell’impresa.

Se l’impresa pubblica è un’impresa ordinaria, tuttavia qualificata dalla presenza di particolari vincoli con la sfera pubblica che, per quanto qui di interesse, ne sottraggano l’espansione dell’attività economica alle regole in materia di concorrenza, evidenti sono i tratti distintivi di tale figura rispetto alla connotazione dell’“organismo di diritto pubblico”, che lo stesso art. 3 (al comma 25, però) del D.Lgs. 163/2006 diversamente comprende e considera nel novero delle “amministrazioni aggiudicatrici” (“Le «amministrazioni aggiudicatrici» sono: le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti”).

Fermo che il letterale disposto dell’art. 8 contempla le sole “imprese” pubbliche, con ogni evidenza la subordinazione dell’esenzione di queste ultime dalle regole della concorrenza - proprio in ragione del fatto che esse sono pur sempre “imprese” (alla stregua di ogni altra “impresa”), ma che operano in un quadro di vincolatività rispetto alle finalità pubblicistiche che ne preordinano e ne condizionano lo svolgimento dell’attività economica - è espressamente condizionata a “tutto quanto strettamente connesso all'adempimento degli specifici compiti loro affidati”.

Se il significato di siffatta precisazione ha un senso (anzi, trova necessaria ragione d’essere) ove si consideri la tendenziale “libertà” dei fini propri del soggetto-impresa (di talché la sottrazione di quest’ultimo alle regole della concorrenza può ammettersi solo laddove le condotte siano effettivamente preordinate al perseguimento delle finalità pubbliche; e nei limiti strettamente necessari al conseguimento di queste ultime), allora la problematica relativa all’applicazione della medesima esenzione di cui all’art. 8, comma 2 anche nei confronti degli organismi pubblici (quale è COBAT) trova soluzione considerando che:

- o l’operatività della disposizione, dalla legge espressamente riservata alle sole imprese pubbliche, deve intendersi a fortiori estesa anche agli organismi di diritto pubblico, atteso che per questi ultimi - diversamente dalle prime - non è predicabile, in linea di principio, alcuna “libertà nei fini” essendo essi (sia quanto al momento genetico, sia con riferimento al delineato ambito di attività) integralmente assoggettati al perseguimento di finalità pubbliche;

- ovvero, la norma all’esame - e, con essa, l’individuato ambito di operatività concernente le sole attività poste in essere dalle imprese pubbliche strettamente connesse all'adempimento degli specifici compiti loro affidati - deve intendersi rivolta esclusivamente nei confronti delle imprese pubbliche: con la conseguenza che gli organismi di diritto pubblico non sono assoggettati alla limitazione per queste ultime operante in quanto le relative attività sono ex se preordinate al conseguimento di pubbliche finalità; e, conseguentemente, non viene in considerazione l’esigenza di alcuna valutazione o giudizio sulla strumentalità (rectius: sulla diretta e necessaria inerenza) delle condotte dai medesimi poste in essere rispetto al perseguimento delle finalità di che trattasi.

Se la tesi da ultimo descritta induce la strutturale inapplicabilità dell’art. 8, comma 2, agli organismi di diritto pubblico, deve allora ritenersi che AGCM, nel valutare l’operatività sistemica di COBAT sia incorsa in un duplice errore di impostazione giuridica, quanto alla valutata applicabilità della disciplina antitrust: e ciò in quanto:

- laddove l’Autorità avesse ritenuto che COBAT operasse quale soggetto “imprenditoriale”, avrebbe dovuto necessariamente apprezzare, con carattere di concreta concludenza dimostrativa, la presenza - o meno - di un nesso di (necessaria) strumentalità delle condotte dal Consorzio poste in essere rispetto al perseguimento delle finalità al medesimo imposte per legge;

- mentre la (diversamente valutata) inassoggettabilità del Consorzio alle regole di carattere “imprenditoriale” - in quanto non “impresa pubblica”, ma “organismo di diritto pubblico” - avrebbe dovuto imporre, con carattere di ancor più presupposta rilevanza, l’esclusione tout court dell’applicabilità della stessa disciplina anticoncorrenziale, senza che, quindi, ricorresse alcuna esigenza di verificare i margini di concreta operatività dell’esenzione di cui al comma 2 ed ai connessi ambiti espansivi (rilevanti, come si è avuto modo di ripetere, soltanto laddove positivamente ricorra un rapporto di necessitata inerenza delle condotte rispetto alle finalità pubbliche poste all’impresa).

Se le descritte opzioni interpretative si pongono, con ogni evidenza, in chiave reciprocamente antitetica, va comunque osservato che, quand’anche AGCM avesse inteso intraprendere la percorrenza della prima linea ermeneutica, avrebbe perciò stesso dovuto darsi carico - con carattere di ineludibile priorità logica - della esplicitazione delle ragioni a fondamento dell’attribuita natura “imprenditoriale” al Consorzio: condizione, questa, evidentemente imprescindibile anche nel caso in cui l’Autorità avesse inteso dimostrare che le condotte da quest’ultimo poste in essere (e/o imposte ai consorziati) si ponessero al di fuori del divisato nesso di strumentalità rispetto al perseguimento delle finalità allo stesso COBAT imposte dalla legge (e, in quanto a queste ultime estranee - o, perlomeno, non necessariamente connesse - pienamente assoggettabili alla disciplina antitrust).

Evidente si dimostra, alla stregua di quanto sopra posto in evidenza, il travisamento operato dall’Autorità relativamente alla natura stessa del soggetto (e, conseguentemente, al complesso di condotte vincolativamente imposte agli associati), in quanto - a sviluppo e completamento di quanto in precedenza osservato:

- la natura imprenditoriale, ove effettivamente ritenuta sussistente, avrebbe dovuto imporre lo svolgimento di un’indagine circa la presenza (o meno) di un nesso di strumentale preordinazione delle condotte rispetto (non soltanto alle finalità al Consorzio legislativamente assegnate, ma anche) alle stesse modalità di funzionamento di COBAT, eterodisciplinate sia da atti di normazione primaria, che da determinazioni di carattere amministrativo (l’approvazione ministeriale degli statuti consortili) al fine di verificare i margini di concreta operatività del comma 2 dell’art. 8 della legge 287/1990;

- mentre, ex converso, l’inassoggettabilità della figura dell’organismo di diritto pubblico all’impresa pubblica - quoad effectum, ovvero ai fini dell’applicazione della norma da ultimo richiamata - avrebbe bensì consentito di bypassare l’interpretazione dei limiti di applicabilità della disposizione stessa, ma per escludere in nuce che l’operatività del Consorzio fosse, comunque, assoggettabile alla disciplina antitrust.

II.7.2 LE COERENZA DELLE CONDOTTE DI COBAT E DEI CONSORZIATI RISPETTO AL QUADRO DI DISCIPLINA DELLA RACCOLTA E SMALTIMENTO DEI RIFIUTI PIOMBOSI

L’analisi - sulla quale il Collegio si è in precedenza diffusamente soffermato - relativa all’evoluzione della normativa applicabile alla disciplina della raccolta e smaltimento delle batterie esauste conferma, con ogni evidenza, l’esistenza di una fondamentale opzione, esercitata dal Legislatore, riguardante l’istituzione e l’operatività di un modulo consortile, verticalmente integrato (e, quindi, composto da una pluralità eterogenea di operatori del settore, portatori di interessi non necessariamente convergenti): opzione che, per come attuata dall’originario intervento legislativo (legge 397/1988) è stata poi confermata ora espressamente (TUA e D.Lgs. 4/2008), sia implicitamente, attraverso la confermata presenza di COBAT (ancorché in chiave non più monopolistica, ma) come “uno” dei sistemi di raccolta e trattamento (si confrontino, in proposito, le illustrate previsioni di cui al D.Lgs. 188/2008).

Escluso che, dal 1988 fino al 2009, vengano in considerazione (così come sostenuto dall’Autorità) “periodi anche ampi di liberalizzazione del mercato” (cfr. § 325 del provvedimento gravato), atteso che, nell’arco temporale oggetto di osservazione (2002 - 2009), soltanto in due (peraltro significativamente circoscritti) brevi periodi COBAT avrebbe potuto essere “astrattamente” affiancato da “sistemi” concorrenti (e l’avverbio ora impiegato trova concreta giustificazione nella circostanza che non sono venuti ad esistenza soggetti aventi operatività alternativa e/o concorrenziale rispetto a COBAT), va rilevato - come elemento di fondamentale rilievo ai fini del decidere - che nel rimanente periodo COBAT ha posto in essere condotte che, lungi dalla qualificabilità in termini “anticompetitivi” (alla stregua di quanto osservato al precedente punto), hanno, piuttosto, puntualmente (ed efficacemente, ove si abbia considerazioni per i dati della raccolta; valutazione, questa, non estranea alla verifica della congruità dello strumento prescelto dal Legislatore rispetto alla realizzazione della finalità pubblica al conseguimento della quale lo strumento consortile era preordinato) attuato, nella disegnata configurazione monopolistica del Consorzio stesso, le attività di tutti gli operatori attivi nella filiera della produzione e successiva raccolta ed avvio al riciclaggio delle batterie industriali e per veicoli, contenenti piombo.

Nel soggiungere come, ancora una volta per espressa previsione legislativa, tutti i predetti operatori (produttori, raccoglitori, installatori e smaltitori) dovevano necessariamente essere rappresentati al suo interno, va escluso che le condotte attribuite a COBAT (disincentivazione della formazione di sistemi di raccolta autonomi, delle attività di riciclaggio indipendenti rispetto a quelle amministrate dal Consorzio, assegnazione dei rifiuti agli smelters applicando il criterio di ripartizione pro quota mutuato dal criterio statutario e, nel periodo 2006-2008, legislativo di assegnazione delle quote all’interno del Consorzio) ed agli operatori in esso consorziati possano legittimamente ricevere qualificazione in termini di anticoncorrenzialità, atteso che esse presuppongono un contesto normativo ed operativo di riferimento incompatibile con l’adozione da parte degli operatori del settore di comportamenti autonomi dal, ed eventualmente contrastanti con il, sistema di gestione dei rifiuti rappresentato dal Consorzio obbligatorio.

Né il (pure) ravvisato ostacolo opposto alla creazione di sistemi di raccolta autonomi e/o alternativi a COBAT si è rivelato, peraltro, astrattamente configurabile, in quanto, all’interno di un periodo assolutamente preponderante nel quadro del complessivo arco temporale considerato da AGCM, ogni iniziativa nel campo della raccolta doveva comunque essere ricondotta nell’ambito di COBAT, in quanto unico soggetto legittimato ad operare; mentre nel periodo intercorrente fra l’aprile 2006 ed il gennaio 2008 (corrispondente all’interinale operatività del testo originario del TUA, come si è visto poi modificato dal secondo correttivo con un significativo revirement che ha nuovamente centralizzato il ruolo di COBAT), alla pur consentita creazione di consorzi alternativi allo stesso COBAT (e come questo, verticalmente integrati), non ha trovato comunque corrispondenza la possibilità di formazione di “sistemi di raccolta” autonomi dai consorzi tra produttori, raccoglitori, installatori e smelters (consorzi che il Legislatore aveva considerato idonei allo scopo di tutela ambientale, proprio perché integrati verticalmente).

L’obbligo di adesione, in capo ai riciclatori, di aderire al Consorzio, rende l’affermato ostacolo allo sviluppo delle attività di riciclaggio indipendenti da quelle amministrate dal Consorzio difficilmente configurabile, in quanto lo stesso COBAT non avrebbe potuto assecondare attività di smaltimento al di fuori del “sistema” consortile senza con ciò violare la propria finalità istituzionale, come si è visto predeterminata per legge ed insuscettibile di deroghe.

Quanto, poi, alla possibilità di conferimenti extra-COBAT, sui quali pure si è soffermato il provvedimento impugnato, le relative fattispecie (conferimento diretto agli smelters degli scarti di produzione da parte dei produttori; conferimento diretto ai primi, ma comunque sempre all’interno del “sistema” COBAT, di batterie esauste da parte di raccoglitori autorizzati alla relativa attività), non involgenti alcuna esigenza di coordinamento delle prime fasi di raccolta e stoccaggio del rifiuto, hanno determinato, in capo al Consorzio, lo svolgimento di un’attività di (mera) registrazione dei flussi di materiale strumentale:

- all’adempimento degli obblighi di monitoraggio di cui al comma 6-bis dell’art. 9-quinquies, comma 6-bis

- e ad assicurare, nell’ambito della propria missione istituzionale, un adeguato funzionamento del “sistema” attraverso il controllo sulla quantità delle batterie conferite ai singoli riciclatori, in modo da garantire il rispetto del modello di “equilibrata ripartizione” che ha consentito il raggiungimento dell’eccezionale risultato evidenziato in premessa.

Proprio la tematica relativa alla “ripartizione” dei quantitativi fra i riciclatori consente di fare chiarezza su un non secondario profilo di interesse sviluppato da AGCM nel contesto della prospettazione che ha condotto ad addebitare a COBAT una condotta anticompetitiva.

L’assegnazione dei rifiuti agli smelters secondo il criterio di ripartizione pro quota in funzione della capacità produttiva, infatti, rivela elementi di non discutibile coerenza (oltre che di difficilmente controvertibile ragionevolezza) rispetto alla funzione istituzionale demandata a COBAT, il cui compito consiste nella massimizzazione della raccolta e del riciclaggio delle batterie esauste, e non già nel conseguimento di elementi di profitto dalla cessione dei medesimi rifiuti agli smelters (dovendosi, in proposito, rammentare come sia stata legislativamente fissata l’esclusione di alcuno scopo lucrativo quanto all’attività dei consorzi e/o sistemi per la gestione di particolari tipologie di rifiuti).

Né - una volta dato atto della intrinseca logicità del conferimento pro-quota (in ragione dell’unico parametro di ripartibilità, sostanziato appunto dalle quote di partecipazione degli operatori al Consorzio, a loro volte attributarie delle pertinenti capacità operative) - il (diverso) criterio della gara (dall’Autorità avvalorato quale metodologia elettivamente pro-competitiva) rivela (in difetto di compiuti, quanto dimostrabili, elementi di convincimento) profili di intrinseca preferibilità, anche in ragione dei connessi oneri.

III. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

L’analisi condotta dall’Autorità rivela, alla stregua delle considerazioni in precedenza diffusamente esposte, una sottesa ottica che, con particolare riferimento al contesto (dapprima normativo, poi operativo) connotante la configurazione istituzionale e l’operatività di COBAT (e, nell’ambito di esso, dei soggetti consorziati), è orientata esclusivamente a logiche di mercato: e, nel quadro di esse, ad una valutazione strettamente improntata sulla verificabilità del corretto operare dei meccanismi concorrenziali.

Diversamente - e nel quadro, quindi, di una impostazione metodologica di base diversa rispetto al fondamento assertivo a base della costruzione teorica che ha condotto AGCM ad avvalorare una fattispecie anticompetitiva - il sistema costruito dal Legislatore “attorno” alla centralità cardinale di COBAT (con il complesso di condotte delle quali, con carattere di obbligatorietà, è stata connotata l’operatività degli imprenditori della filiera della raccolta/smaltimento delle batterie) è attributario di una duplicità di tensioni finalistiche:

- una di carattere immediato, sostanziata dall’esigenza di assicurare e massimizzare la raccolta ed il riciclaggio delle batterie esauste

- ed una di carattere mediato, rispetto alla quale la prima si trova in un rapporto di necessaria strumentalità, rappresentata dall’esigenza di assicurare, a mezzo di un sistema così strutturato, le migliori condizioni per la salvaguardia del bene ambientale e, con esso, del bene-salute, a fronte della presenza di materiali di rifiuto caratterizzati da elevato grado di tossicità e, quindi, di potenziale pregiudizio per i predetti interessi aventi primario rango costituzionale.

Se il soddisfacimento della prima delle indicate finalità è apparso suscettibile di essere conseguito mediante l’approntamento di uno strumentario (veicolato, come si è detto, dalla configurazione di un complesso di condotte caratterizzate da corrispondente obbligatorietà) volto a porre COBAT in condizione di garantire una circolarità ed una corrispondenza dei volumi sia dal lato della raccolta del rifiuto (assicurandosi la possibilità di acquisire quantitativi sempre maggiori di rifiuto), sia dal lato della cessione del medesimo agli smelters (assicurandosi la possibilità di poter tempestivamente avviare a smaltimento tutte le quantità di rifiuto raccolte), i riferimenti da AGCM operati alla esigenza di “liberalizzazione del mercato” non appaiono pertinenti al concreto atteggiarsi del quadro normativo di riferimento, il cui orientamento ispirativo (e la cui concreta configurazione precettiva) ha contemplato una congiunta e complementare operatività dei diversi operatori economici presenti all’interno della filiera, in vista del perseguimento del più prevalente obiettivo di tutela ambientale, a fronte del quale risultano affatto estranee logiche improntate ad una mera massimizzazione del profitto.

Al difetto logico che, come illustrato, caratterizza l’impianto argomentativo che ha condotto l’Autorità a ravvisare la presenza di condotte anticompetitive inevitabilmente accede, in accoglimento delle corrispondenti censure dedotte dalla parte ricorrente - e con altrettanto inevitabile assorbimento delle rimanenti doglianze - l’accoglimento del presente mezzo di tutela, con accessivo annullamento della gravata determinazione.

La complessità delle vicenda - e, con essa, l’articolata configurazione del pertinente quadro normativo di riferimento, anche in chiave interpretativa ed applicativa - integra, ad avviso del Collegio, la presenza di giusti motivi per compensare fra le parti le spese di lite.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio - Sezione I - accoglie il ricorso indicato in epigrafe e, per l'effetto, annulla l’avversata determinazione adottata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2010 con l'intervento dei Magistrati:

Giorgio Giovannini, Presidente

Roberto Politi, Consigliere, Estensore

Anna Bottiglieri, Consigliere


L'ESTENSORE                                          IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/03/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO



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