AmbienteDiritto.it
- Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati -
Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. III ter - 1 aprile 2010, n. 5413
SICUREZZA - Ascensori - DM 23 luglio 2009 - Applicazione retroattiva della
normativa UNI EN 81 80 - Illegittimità - Violazione del procedimento di
formazione dei regolamenti amministrativi - Art. 17 L. n. 400/1988. E’
illegittimo il decreto 23 luglio 2009 del Ministro delle attività produttive,
avente ad oggetto “Miglioramento della sicurezza degli impianti ascensoristici
anteriori alla direttiva 95/16/CE”, con cui è applicata retroattivamente la
normativa UNI EN 81-80 sugli ascensori, per violazione del procedimento di
formazione dei regolamenti amministrativi di cui all’art. 17, L. 23 agosto 1988,
n. 400. Non è stato infatti acquisito il pervio parere obbligatorio del
Consiglio di Stato e non è stata riportata nell’intestazione del provvedimento
la denominazione “regolamento”, come invece prescritto dalla norma innanzi
richiamata. Pres. Riggio, Est. Ferrari - Confedilizia (avv.ti Angiolini e
Panariti) c. Ministero dello Sviluppo Economico (Avv. Stato). TAR LAZIO,
Roma, Sez. III ter - 1 aprile 2010, n. 5413
SICUREZZA - Ascensori - DM 23 luglio 2009 - Imposizione di prestazioni
patrimoniali e personali - Mancanza di supporto normativo - Quantificazione
progressiva rimessa ad un’associazione privata (UNI) - Illegittimità. E’
illegittimo il decreto 23 luglio 2009 del Ministro delle attività produttive
nella parte in cui impone ai privati proprietari pesanti prestazioni personali e
patrimoniali al di fuori di del necessario supporto normativo e lascia ampio
spazio nella loro individuazione ad una associazione privata (l’UNI), alle cui
libere determinazioni, assunte nel tempo e finalizzate ad un continuo
adeguamento delle tecniche di valutazione dei rischi degli impianti, da essa
imposte, dipende la loro progressiva quantificazione e i vantaggi economici che
l’associazione ne ricava. Pres. Riggio, Est. Ferrari - Confedilizia (avv.ti
Angiolini e Panariti) c. Ministero dello Sviluppo Economico (Avv. Stato). TAR
LAZIO, Roma, Sez. III ter - 1 aprile 2010, n. 5413
SICUREZZA - Ascensori - DM 23 luglio 2009 - Sviamento di potere -
Perseguimento di finalità occupazionali - Illegittimità. Con palese
sviamento di potere, il decreto 23 luglio 2009 del Ministro delle attività
produttive non è stato adottato al fine di garantire una più efficace tutela
contro i rischi connessi all’uso dell’ascensore: dichiaratamente, l’obiettivo
perseguito dal Governo è quello di “rilanciare l’edilizia” e quindi di
fronteggiare la crisi, che essa attualmente attraversa, “anche” con la messa in
sicurezza degli impianti tecnologici all’interno degli edifici, e “fra questi
l’ascensore“ in quanto “indispensabile mezzo di trasporto”. La nuova normativa
viene quindi imposta non per colmare evidenti carenze nell’attuale sistema di
sicurezza, ma per finalità occupazionali, cioè per salvare posti di lavoro,
senza preoccuparsi delle ricadute gravissime che tale politica ha sull’economia
delle famiglie. Pres. Riggio, Est. Ferrari - Confedilizia (avv.ti Angiolini e
Panariti) c. Ministero dello Sviluppo Economico (Avv. Stato). TAR LAZIO,
Roma, Sez. III ter - 1/04/2010, n. 5413
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 05413/2010 REG.SEN.
N. 09370/2009 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 9370/09, proposto dalla Confederazione Italiana della Proprietà
edilizia (Confedilizia), in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Vittorio Angiolini e Paolo Panariti e con
questi elettivamente domiciliata in Roma, via Celimontana n. 38, presso lo
studio dell’avv. Panariti,
contro
il Ministero dello sviluppo economico, in persona del Ministro pro tempore,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui Uffici
in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è per legge domiciliato, nonché
nei confronti di
UNI – Ente Nazionale Italiano di Unificazione, in persona del legale
rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio,
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
del decreto 23 luglio 2009 del Ministro delle attività produttive, avente ad
oggetto “Miglioramento della sicurezza degli impianti ascensoristici anteriori
alla direttiva 95/16/CE”, nonché di ogni atto antecedente e presupposto,
esecutivo, attuativo, conseguenziale e comunque connesso;
per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia,
del decreto 23 luglio 2009 del Ministro delle attività produttive, avente ad
oggetto “Miglioramento della sicurezza degli impianti ascensoristici anteriori
alla direttiva 95/16/CE”, nonché di ogni atto antecedente e presupposto,
esecutivo, attuativo, conseguenziale e comunque connesso.
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dello sviluppo economico;
Visto l’atto di intervento ad adiuvandum dell’Assoutenti Onlus – Associazione
Nazionale Utenti dei Servizi Pubblici;
Viste le memorie prodotte dalle parti in causa costituite a sostegno delle
rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 25 marzo 2010 il Consigliere Giulia Ferrari;
uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
FATTO
1. Con ricorso notificato in data 11 novembre 2009 e depositato il successivo 20
novembre 2009 la Confederazione Italiana della Proprietà edilizia (Confedilizia)
impugna il decreto 23 luglio 2009 del Ministro delle attività produttive, avente
ad oggetto “Miglioramento della sicurezza degli impianti ascensoristici
anteriori alla direttiva 95/16/CE”, e ne chiede l’annullamento.
Espone, in fatto, che con decreto del Ministro delle attività produttive del 26
ottobre 2005 si era tentato di imporre retroattivamente l’applicazione della
normativa UNI EN 81-80 sugli ascensori. La sospensiva, richiesta dalla stessa
Confederazione che aveva immediatamente impugnato detto decreto, era stata
respinta dal Tar Lazio sul rilievo che l’atto impugnato non avrebbe potuto
sortire effetto perché avrebbe rinviato all’adozione di un successivo decreto
dirigenziale la determinazione delle modalità di svolgimento delle verifiche ed
i criteri generali delle prescrizioni di adeguamento. Detto decreto non fu mai
adottato, con la conseguenza che il D.M. del 26 ottobre 2005 non ha mai prodotto
effetti, pur non essendo stato annullato in autotutela.
L’impugnato decreto, che non richiama il precedente decreto ministeriale né per
superarlo né per coordinarsi con esso, applica retroattivamente le norme
tecniche UNI EN 8-80. Il decreto del 2009 impone ai proprietari degli edifici di
concordare l’effettuazione di verifiche straordinarie in occasione della
verifica periodica dell’impianto già programmata, al fine di individuare
prescrizioni di interventi di adeguamento, a loro volta da attuare entro termini
prefissati. Tali verifiche straordinarie e prescrizioni di interventi di
adeguamento non sono finalizzate ad un controllo tecnico di sicurezza più
specifico o più approfondito di quelli ordinari, ma solo alla “realizzazione di
un’analisi delle situazioni di rischio presenti nell’impianto per la quale può
essere utilizzata la norma di buona tecnica più recente”. In altri termini, si è
inteso imporre, come era stato tentato di fare già nel 2005, indipendentemente
da una valutazione di affidabilità effettiva, l’adeguamento di ogni impianto,
anche da tempo installato, a specifiche tecniche sopravvenute come quelle
dettate dalla normativa UNI EN 81-80.
2. Avverso il predetto provvedimento la ricorrente è insorta deducendo:
a) Violazione e falsa applicazione art. 17 L. n. 400 del 1988, in relazione
all’art. 5 D.P.R. n. 162 del 1999.
Non essendo “norme autorizzate”, le norme UNI EN 81-80 avrebbero solo potuto,
secondo l’art. 5, terzo comma, D.P.R. n. 162 del 1999, essere pubblicate con
“regolamento” adottato con decreto ministeriale, seguendo la procedura dettata
dall’art. 17, quarto comma, L. n. 400 del 1988. Nel caso di specie l’impugnato
decreto non è individuato come “regolamento” e non è stato preceduto
dall’acquisizione del parere del Consiglio di Stato.
2) Violazione e falsa applicazione art. 5 D.P.R. n. 162 del 1999, in relazione
ai principi sulla pubblicità delle fonti del diritto ed al’art. 23 Cost..
L’impugnato decreto, in violazione dell’art. 5 D.P.R. n. 162 del 1999, non ha
pubblicizzato e reso conoscibile alla generalità degli utenti la normativa
tecnica. La predetta normativa UNI EN 81-80, alla quale si devono adeguare gli
ascensori, resta di proprietà dell’UNI, che ne può concedere a pagamento la
licenza, peraltro circoscritta all’uso di una sola copia e con divieto di
riproduzione, anche non integrale, che non sia ad esclusivo uso del cliente.
3) Violazione e falsa applicazione artt. 5 e 14 all.to I al D.P.R. n. 162 del
1999, in relazione artt. 17 L. n. 400 del 1988 ed all’art. 23 Cost., Sviamento
ed eccesso di potere.
Non essendo una normativa ”armonizzata”, per l’art. 5, terzo comma, D.P.R. n.
162 del 1999 dovrebbe al più valere come “norma tecnica nazionale” di carattere
prudenziale, in quanto serva al rispetto dei requisiti essenziali di sicurezza
di cui all’all.to I. In contrasto con detti principi il decreto ministeriale
impone, invece, l’adeguamento degli ascensori alla normativa UNI EN 81-80 in
maniera assoluta e incondizionata, comminando in via sanzionatoria il fermo
dell’impianto e senza circoscrivere l’applicazione della stessa normativa né
distinguere le previsioni a seconda che siano collegate o meno con i requisiti
essenziali di sicurezza di cui all’all.to I.
Illegittimamente, inoltre, la verifica straordinaria è imposta per impianti
invariati e funzionanti, al di fuori delle previsioni di cui all’art. 14 D.P.R.
n. 162 del 1999, e dunque in palese violazione dell’art. 17 L. n. 400 del 1988
sulla prevalenza dei regolamenti governativi su quelli ministeriali, solo per
giustificare un eventuale successivo fermo dell’impianto e mettere le spese per
la stessa “verifica straordinaria” totalmente a carico del proprietario, in
spregio dell’art. 23 Cost.
d) Violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 19 D.P.R. n. 162 del 1999, in
relazione alla direttiva comunitaria 95/16/CE – Sviamento ed eccesso di potere.
L’utilizzo nel tempo della normativa UNI EN 81-80 non può discostarsi dal
disposto dell’art. 19 D.P.R. n. 162 del 1999, il quale prescrive che fino alla
data del 30 giugno 1999 è consentito commercializzare e mettere in servizio,
oltre ai componenti di sicurezza, gli ascensori conformi alle norme vigenti fino
alla data di entrata in vigore del regolamento. L’illegittimità del decreto
impugnato è tanto più grave in quanto il principio di irretroattività delle
specifiche tecniche sulla sicurezza degli ascensori è stato sancito dal D.P.R.
n. 162 del 1999, in pedissequa esecuzione degli obblighi comunitari nascenti
dall’art. 15 della direttiva 95/16/CE, secondo cui “gli Stati membri ammettono,
sino al 30 giugno 1999, la commercializzazione e la messa in servizio di
ascensori …. conformi alle normative vigenti nel loro territorio alla data di
adozione della presente direttiva”.
e) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 L. n. 400 del 1988, in relazione
all’art. 3 L. n. 241 del 1990 – Carenza ed insufficienza della motivazione –
Eccesso di potere.
Ai sensi dell’art. 17, terzo comma, L. n. 400 del 1988, atti normativi di rango
regolamentare possono essere emessi da singoli Ministri quando la legge
espressamente conferisce loro tale potere. La stessa disposizione dell’art. 5,
terzo comma, D.P.R. n. 162 del 1999 è illegittima, e quindi da disapplicare,
laddove, senza che ciò abbia fondamento nella legge, deferisce al regolamento
ministeriale di emettere norme tecniche nazionali in assenza di norme
armonizzate.
3. Il Ministero dello sviluppo economico si è costituito in giudizio ed ha
sostenuto l’infondatezza del ricorso.
4. Si è costituita in giudizio, con atto di intervento ad adiuvandum, l’Assoutenti
Onlus – Associazione Nazionale Utenti dei Servizi Pubblici, che ha sostenuto la
fondatezza del ricorso.
5. L’UNI – Ente Nazionale Italiano di Unificazione non si è costituita in
giudizio.
6. Con memorie depositate alla vigilia dell’udienza di discussione le parti
costituite hanno ribadito le rispettive tesi difensive.
7. Alla Camera di consiglio del 10 dicembre 2009, sull’accordo delle parti,
l’esame dell’istanza di sospensione cautelare è stato abbinato al merito.
8. All’udienza del 25 marzo 2010 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Fondata, ed assorbente di ogni altro motivo di doglianza, è la censura di
violazione e falsa applicazione dell’art. 17, l. 23 agosto 1988 n. 400, nella
parte in cui detta le regole alle quali l’Autorità emanante è obbligata ad
attenersi nel procedimento di formazione dei regolamenti amministrativi. Nel
caso in esame è infatti documentato, e non è neppure contestato, che non è stato
acquisito il previo parere obbligatorio del Consiglio di Stato e non è stata
neppure riportata nella intestazione dell’impugnato provvedimento la
denominazione “regolamento”, come invece prescritto dalla norma innanzi
richiamata.
Non può essere seguita l’Amministrazione intimata allorché, nel tentativo di
neutralizzare la portata della censura in esame, afferma, ma senza offrire
alcuna argomentazione a supporto della tesi avanzata, che l’impugnato D.M. non
sarebbe un regolamento, ma un atto amministrativo generale, sottratto in quanto
tale alle formalità di cui al cit. art. 17. E’ agevole infatti opporre che per
atto amministrativo generale deve intendersi quello che si limita a dare
attuazione al dettato di norme giuridiche preesistenti ed indirizzate ad una
pluralità indeterminata di soggetti. Tale qualificazione non può essere
ragionevolmente riconosciuta al decreto impugnato atteso che lo stesso, lungi
dal limitarsi a svolgere detta funzione, crea norme nuove, con esse imponendo ai
suoi destinatari obblighi patrimoniali pesantissimi e permanenti, gravemente
sanzionati in caso di inadempimento, ma del tutto privi del necessario supporto
normativo.
Tale supporto non può infatti essere ravvisato nell’art. 15, comma 2, della
direttiva n. 95/16/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, né tanto meno
nell’art. 19, d.P.R. 30 aprile 1999 n. 162 (che del primo si limita a riprodurre
integralmente il testo). La direttiva, se correttamente letta, ha imposto la
soggezione alle prescrizioni da essa dettate solo per le operazioni di
commercializzazione e di messa in servizio degli ascensori effettuate a partire
dal 30 giugno 1999, mentre per quelle antecedenti ha lasciato liberi gli Stati
membri di continuare ad applicare la normativa nazionale vigente nei rispettivi
territori.
Né il necessario supporto normativo potrebbe essere individuato nella
Raccomandazione n. 95/216/CE, al quale l’impugnato D.M. fa espresso richiamo,
per almeno due ragioni: innanzi tutto perché la raccomandazione non costituisce
fonte di diritto, in quanto priva di carattere imperativo; in secondo luogo
perché, a differenza della direttiva, non impegna gli Stati membri, i quali
restano del tutto liberi di recepire o non i suoi suggerimenti.
2. Dalla riconosciuta fondatezza della censura finora esaminata deriva, come
corollario obbligo, analogo riconoscimento per le censure dedotte, con il
secondo motivo di ricorso, avverso l’impugnato decreto, nella parte in cui esso
impone ai privati proprietari pesanti prestazioni personali e patrimoniali al di
fuori di qualsiasi prescrizione legislativa e soprattutto lascia ampio spazio
nella loro individuazione ad una associazione privata (l’UNI), alle cui libere
determinazioni, assunte nel tempo e finalizzate ad un continuo adeguamento delle
tecniche di valutazione dei rischi degli impianti, da essa imposte, dipende la
loro progressiva quantificazione e i vantaggi economici che l’associazione ne
ricava. La riprova della anomala e ingiustificata posizione di vantaggio che ad
essa si è ritenuto di assicurare, in danno dei proprietari, è già nell’obbligo
fatto ai privati proprietari di acquisire, ad un prezzo esoso, limitatamente ad
una sola copia del cartaceo recante il testo delle norme tecniche da osservare
ed “ad esclusivo uso del cliente”, la licenza da parte dell’UNI ad utilizzare la
normativa tecnica da essa prediposta, di cui è ritenuta proprietaria e che per
questa ragione non è pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, come sarebbe doveroso
per ogni normativa che alla collettività si impone di applicare.
3. Ma ciò che al Collegio preme sottolineare è che dall’esame complessivo delle
censure dedotte e della documentazione depositata risulta con palese evidenza
l’illegittimità sotto tutti profili del decreto impugnato. Ed invero
l’ordinamento vigente già impone ai proprietari di immobili dotati di ascensori
due verifiche annuali e una straordinaria ad opera di tecnici specializzati ed
autorizzati, con i relativi costi di non limitato livello. Per effetto del
decreto impugnato a detto sistema, niente affatto abrogato ma tuttora vigente e
cogente, ora se ne sovrappone un altro motivato con riferimento alla migliore
qualità che garantirebbero le tecniche UNI, come se la loro applicazione non
potesse essere imposta ai tecnici che effettuano i primi controlli. In sostanza
si mantiene in piedi un sistema, della cui efficacia si dubita, ma che obbliga i
suoi operatori a segnalare immediatamente eventuali difetti dell’ascensore ai
relativi proprietari perché provvedano ad eliminarli, e ad esso se ne sovrappone
un altro, che introduce un’ulteriore verifica. Il primo controllore è
controllato dal secondo, senza che sia neppure stabilito, in caso di esiti
diversi, a quale dei due i privati proprietari devono conformarsi.
Ma ciò che colpisce, nell’esame dell’intera vicenda, è che con palese sviamento
di potere l’impugnato decreto non è stato affatto adottato al fine di garantire
una più efficace tutela contro i rischi connessi all’uso dell’ascensore. La
riprova della fondatezza del rilievo è nello stesso provvedimento, nel quale è
detto chiaramente che l’obiettivo perseguito dal Governo è quello di “rilanciare
l’edilizia” e quindi di fronteggiare la crisi, che essa attualmente attraversa,
“anche” con la messa in sicurezza degli impianti tecnologici all’interno degli
edifici, e “fra questi l’ascensore“ in quanto “indispensabile mezzo di
trasporto”.
La nuova normativa viene quindi imposta non per colmare evidenti carenze
nell’attuale sistema di sicurezza, ma per finalità occupazionali, cioè per
salvare posti di lavoro, senza preoccuparsi delle ricadute gravissime che tale
politica ha sull’economia delle famiglie. La riprova è nel fatto che il
precedente decreto ministeriale 26 ottobre 2005, a fronte delle reazioni
dell’opinione pubblica, non è stato mai attuato e neppure abrogato, sicchè
attualmente convivono due provvedimenti di identico contenuto.
4. Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto,
deve essere annullato l’impugnato provvedimento.
Quanto alle spese di giudizio, può disporsene l'integrale compensazione fra le
parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione III Ter,
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie
e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Compensa integralmente tra le parti in causa le spese e gli onorari del
giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2010 con
l'intervento dei Magistrati:
Italo Riggio, Presidente
Donatella Scala, Consigliere
Giulia Ferrari, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/04/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
AmbienteDiritto.it
- Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati -
Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it