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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. LIGURIA, sez. I - 15 marzo 2010, n. 1166
INQUINAMENTO ACUSTICO - Misurazione dell’inquinamento acustico - Tempo di
riferimento - Definizione - Tempo di osservazione - Allegato A al D.M. 16 marzo
1998. Nell’allegato A al d.m. 16 marzo 1998 rubricato “tecniche di
rilevamento e di misurazione dell’inquinamento acustico”, il tempo di
riferimento viene definito come il” periodo della giornata all’interno del quale
si eseguono le misure”. La stessa norma precisa poi che “la durata della
giornata è articolata in due tempi di riferimento: quello diurno compreso tra le
h 6,00 e le h. 22,00 e quello notturno compreso tra le h 22,00 e le h 6,00”. La
stessa norma definisce poi il tempo di osservazione come il periodo di tempo
compreso nel tempo di riferimento nel quale si verificano le condizioni di
rumorosità che si intendono verificare. Le norme in esame non impongono quindi
necessariamente che il tempo di osservazione sia circoscritto ad uno solo dei
due periodi nei quali si articola il tempo di riferimento potendo le condizioni
di rumorosità da valutare perdurare per entrambi i periodi in cui si articola il
tempo di riferimento. Pres. Balba, Est. Morbelli - B. s.r.l. (avv.ti Massa e
Saguato) c. Comune di Genova (avv. De Paoli) - TAR LIGURIA, Sez. I - 15 marzo
2010, n.1166
INQUINAMENTO ACUSTICO - Rumore ambientale - Rumore residuo - Rumore prodotto
dalla sorgente disturbante. Il rumore ambientale è costituito da tutte le
sorgenti di rumore esistenti in un dato luogo e durante un determinato tempo. Il
rumore ambientale è costituito dall’insieme del rumore residuo, dove per tale si
intende il rumore rilevato quando si esclude la specifica sorgente disturbante,
e da quello che prodotto dalla specifica sorgente disturbante. Pres. Balba, Est.
Morbelli - B. s.r.l. (avv.ti Massa e Saguato) c. Comune di Genova (avv. De
Paoli) - TAR LIGURIA, Sez. I - 15 marzo 2010, n.1166
INQUINAMENTO ACUSTICO - Valore limite differenziale - Nozione - Rumore
trascurabile - Parametri. Il valore limite differenziale è quel valore dato
dalla differenza tra il livello equivalente di rumore ambientale e il rumore
residuo. Tenendo presente la definizione di rumore residuo che è il rumore che
residua una volta eliminata la sorgente disturbante, il valore differenziale
esprime lo specifico grado di inquinamento acustico della specifica fonte
disturbante. In altre parole il valore differenziale esprime il contributo che
una specifica fonte dà al livello di inquinamento generale. I valori limite sono
di 5 db per il periodo diurno e di 3 db per il periodo notturno (art. 4 d.p.c.m.
14 novembre 1997). Tali valori differenziali non si applicano quando comunque il
rumore ambientale è al di sotto di determinati valori e precisamente 50 db(A)
per il periodo diurno e 40 db (A) per il periodo notturno misurati a finestre
aperte e 35 db(A) per il periodo diurno e 25 db (A) per il periodo notturno
misurati a finestre chiuse. Si tratta ovviamente di limiti da applicarsi
disgiuntamente nel senso che anche il superamento di uno solo di essi consente
l’applicazione del valore differenziale. Ciò è fatto palese dalla circostanza
che il rumore viene definito in tali casi trascurabile. Orbene è evidente che,
essendo il rumore sempre lo stesso, per ritenersi trascurabile non deve superare
i parametri di cui sopra per cui il superamento anche di uno solo di essi
implica l’applicazione dei valori limite differenziali. Pres. Balba, Est.
Morbelli - B. s.r.l. (avv.ti Massa e Saguato) c. Comune di Genova (avv. De
Paoli) - TAR LIGURIA, Sez. I - 15 marzo 2010, n.1166
INQUINAMENTO ACUSTICO - Autorizzazione di un pubblico esercizio -
Amministrazione - Potere di imporre le prescrizioni necessarie nel pubblico
interesse - Prescrizioni relative alle emissioni sonore. Il rilascio
dell’autorizzazione di un pubblico esercizio comprende il potere
dell’amministrazione di imporre le prescrizioni necessarie nel pubblico
interesse (art. 9 r.d. 773/1931), tra le quali devono ritenersi comprese anche
quelle relative alle emissioni sonore. Pres. Balba, Est. Morbelli - B. s.r.l.
(avv.ti Massa e Saguato) c. Comune di Genova (avv. De Paoli) - TAR LIGURIA,
Sez. I - 15 marzo 2010, n.1166
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 01166/2010 REG.SEN.
N. 00802/2004 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 802 del 2004, proposto da:
Societa' Bema s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentato e
difeso dagli avv. Francesco Massa, Luca Saguato, con domicilio eletto in Genova,
via Roma, 11/1;
contro
Comune di Genova, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso
dall'avv. Luca De Paoli, con domicilio eletto in Genova, via Garibaldi 9;
nei confronti di
Grondona Luigi, Arzani Claudia, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
ingiunzione dirigenziale 10 marzo 2004 n. 27/AC di adozione di tutti i possibili
accorgimenti necessari per la diminuzione di rumorosita' molesta.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Genova;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2010 il dott. Luca Morbelli
e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato il 18 maggio 2004 al Comune di Genova e depositato il
successivo 1 giugno 2004 la società Bema s.r.l., ha impugnato, chiedendone
l’annullamento, il provvedimento in epigrafe.
Avverso il provvedimento impugnato la ricorrente deduceva i seguenti motivi:
1) violazione dell’art. 3 comma 1, lett. a) e c) e dell’art. 14, comma 2, l.
445/1997, violazione d.p.c.m. 14 novembre 1997, violazione 16 marzo 1998,
travisamento dei fatti, difetto di presupposto e di istruttoria, rilevamento e
misurazione errati dell’inquinamento acustico, in quanto gli accertamenti
compiuti dall’amministrazione sarebbero inficiati sotto vari profili. In primo
luogo a fronte di un tempo di riferimento (ore 7.00 – 22.00) che comprende il
solo periodo diurno è stato considerato un tempo di osservazione che comprende
anche il periodo notturno (19.00 – 22,30). Tale imprecisione si riverberebbe
anche sull’attendibilità della misurazione atteso che il rumore residuo potrebbe
essere misurato solo quando la fonte rumorosa ha cessato di produrre emissioni.
Inoltre i valori limite differenziali di immissione sarebbero stati applicati
illegittimamente;
2) violazione degli artt. 9 e 10 l. 447/1995, incompetenza, atipicità del
provvedimento, difetto di presupposto, sviamento e carenza di potere, in quanto
il provvedimento sarebbe atipico e non esisterebbe il potere del dirigente di
ingiungere l’adozione di misure atte ad abbattere le emissioni sonore;
3) violazione dell’art. 3 l. 241/90, difetto di motivazione e di istruttoria,
genericità, in quanto il contenuto del provvedimento non sarebbe specifico;
4) violazione dell’art. 7 l. 241/90 in quanto la comunicazione di avvio del
procedimento avrebbe assegnato un termine eccessivamente breve (7 giorni) per
produrre osservazioni.
La ricorrente concludeva per l’accoglimento del ricorso e l’annullamento, previa
sospensiva, del provvedimento impugnato con vittoria delle spese di giudizio.
Si costituiva in giudizio il Comune di Genova.
All’udienza pubblica del 28 gennaio 2010 il ricorso è passato in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è rivolto avverso l’ingiunzione dirigenziale 10 marzo 2004 n. 27/AC
di adozione di tutti i possibili accorgimenti necessari per la diminuzione di
rumorosità molesta.
Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 3 comma 1, lett. a) e c) e
dell’art. 14, comma 2, l. 445/1997, violazione d.p.c.m. 14 novembre 1997,
violazione 16 marzo 1998, travisamento dei fatti, difetto di presupposto e di
istruttoria, rilevamento e misurazione errati dell’inquinamento acustico, in
quanto gli accertamenti compiuti dall’amministrazione sarebbero inficiati sotto
vari profili. In primo luogo a fronte di un tempo di riferimento (ore 7.00 –
22.00) che comprende il solo periodo diurno è stato considerato un tempo di
osservazione che comprende anche il periodo notturno (19.00 – 22,30). Tale
imprecisione si riverberebbe anche sull’attendibilità della misurazione atteso
che il rumore residuo potrebbe essere misurato solo quando la fonte rumorosa ha
cessato di produrre emissioni. Inoltre i valori limite differenziali di
immissione sarebbero stati applicati illegittimamente.
Lo scrutinio del motivo presuppone la ricostruzione della normativa relativa
agli accertamenti di rumorosità.
Il d.p.c.m. 14 novembre 1997 che reca “valori limite assoluti di immissione”
all’art. 3 stabilisce: “1. I valori limite assoluti di immissione come definiti
all'art. 2, comma 3, lettera a), della legge 26 ottobre 1995, n. 447 (8),
riferiti al rumore immesso nell'ambiente esterno dall'insieme di tutte le
sorgenti sono quelli indicati nella tabella C allegata al presente decreto.2.
Per le infrastrutture stradali, ferroviarie, marittime, aeroportuali e le altre
sorgenti sonore di cui all'art. 11, comma 1, legge 26 ottobre 1995, n. 447 (9),
i limiti di cui alla tabella C allegata al presente decreto, non si applicano
all'interno delle rispettive fasce di pertinenza, individuate dai relativi
decreti attuativi. All'esterno di tali fasce, dette sorgenti concorrono al
raggiungimento dei limiti assoluti di immissione. 3. All'interno delle fasce di
pertinenza, le singole sorgenti sonore diverse da quelle indicate al precedente
comma 2, devono rispettare i limiti di cui alla tabella B allegata al presente
decreto. Le sorgenti sonore diverse da quelle di cui al precedente comma 2,
devono rispettare, nel loro insieme, i limiti di cui alla tabella C allegata al
presente decreto, secondo la classificazione che a quella fascia viene
assegnata.”
Il successivo art. 4 d.p.c.m. 14 novembre 1997 rubricato valori limite
differenziali di immissione, stabilisce: “1. I valori limite differenziali di
immissione, definiti all'art. 2, comma 3, lettera b), della legge 26 ottobre
1995, n. 447 (10), sono: 5 dB per il periodo diurno e 3 dB per il periodo
notturno, all'interno degli ambienti abitativi. Tali valori non si applicano
nelle aree classificate nella classe VI della tabella A allegata al presente
decreto. 2. Le disposizioni di cui al comma precedente non si applicano nei
seguenti casi, in quanto ogni effetto del rumore è da ritenersi trascurabile: a)
se il rumore misurato a finestre aperte sia inferiore a 50 dB(A) durante il
periodo diurno e 40 dB(A) durante il periodo notturno; b) se il livello del
rumore ambientale misurato a finestre chiuse sia inferiore a 35 dB(A) durante il
periodo diurno e 25 dB(A) durante il periodo notturno. 3. Le disposizioni di cui
al presente articolo non si applicano alla rumorosità prodotta: dalle
infrastrutture stradali, ferroviarie, aeroportuali e marittime; da attività e
comportamenti non connessi con esigenze produttive, commerciali e professionali;
da servizi e impianti fissi dell'edificio adibiti ad uso comune, limitatamente
al disturbo provocato all'interno dello stesso”.
La tabella C allegata al d.p.c.m. 14 novembre 1997 prevede i valori limite
assoluti di immissione - Leq in dB (A) (art. 3).
La prima censura lamenta che il tempo di osservazione non è precisamente
indicato mentre il tempo di riferimento è indicato a cavallo tra i due periodi
diurno e notturno previsti dalla normativa.
Ciò avrebbe falsato i risultati delle misurazioni anche alla luce della
circostanza che il locale rimane aperto fino alle ore 22 onde la rilevabilità
del rumore residuo poteva essere situata solo successivamente alle ore 22.
Infatti, prima di tale ora, il locale, essendo aperto, produce rumore che non
può essere eliminato.
La censura non persuade.
E’ vero che nella scheda di rilevamento il tempo di osservazione è indicato
dalle 19,00 alle 22.30 ma è, altresì, vero che la stessa scheda precisa che il
tempo di riferimento è quello diurno.
Orbene occorre precisare che l’allegato A al d.m. 16 marzo 1998 rubricato
tecniche di rilevamento e di misurazione dell’inquinamento acustico, il tempo di
riferimento viene definito come il periodo della giornata all’interno del quale
si eseguono le misure”. La stessa norma precisa poi che “la durata della
giornata è articolata in due tempi di riferimento: quello diurno compreso tra le
h 6,00 e le h. 22,00 e quello notturno compreso tra le h 22,00 e le h 6,00”.
La stessa norma definisce poi il tempo di osservazione come il periodo di tempo
compreso nel tempo di riferimento nel quale si verificano le condizioni di
rumorosità che si intendono verificare.
Le norme trascritte non impongono quindi necessariamente che il tempo di
osservazione sia circoscritto ad uno solo dei due periodi nei quali si articola
il tempo di riferimento potendo le condizioni di rumorosità da valutare
perdurare per entrambi i periodi in cui si articola il tempo di riferimento.
Quindi se il tempo di osservazione si protrae anche in periodo notturno
correttamente l’amministrazione né dà conto nella scheda di rilevazione.
Quindi dall’esame complessivo della scheda si evince che il fenomeno rumoroso è
stato oggetto di attenzione per un tempo che è andato dalle ore 19,00 alle ore
22,30 ma che la misura il cui relativo tempo è stato di tre minuti si è
collocata nel periodo diurno cioè tra le ore 19 e lo ore 22.
Ci si deve interrogare a questo punto sulla rilevanza dell’omissione
dell’indicazione del momento iniziale e del momento finale del tempo di misura.
La ricorrente contesta, infatti, che non sia possibile evincere se la
misurazione sia stata effettivamente eseguita in periodo diurno ovvero in
periodo notturno.
L’omissione appare irrilevante. Dalla scheda risulta che i livelli di rumore
ambientale risultano a finestre aperte di 49,1 db (A) e a finestre chiuse (36,6)
db (A) tali valori sono comunque al di sotto della limite (60 db(a) nel periodo
diurno 50 db(A) in quello notturno) stabilito dalla tabella C allegata al
d.p.c.m. 14 novembre 1997 in relazione all’area III.
Ne consegue che appare del tutto irrilevante la collocazione temporale del tempo
di misura.
Con la seconda censura si lamenta il fatto che il livello di rumore residuo sia
stato calcolato con modalità differenti rispetto a quelle usate per il livello
di rumore residuo. Ciò avrebbe condotto a conclusioni errate. La censura si
fonda sulla circostanza che il locale chiude alle ore 22 onde per una
misurazione effettiva del rumore residuo sarebbe stato necessario attendere la
chiusura del locale che avrebbe inevitabilmente proiettato l’accertamento nel
periodo notturno con conseguente inattendibilità.
La censura non coglie nel segno.
Il rumore ambientale è costituito da tutte le sorgenti di rumore esistenti in un
dato luogo e durante un determinato tempo. Il rumore ambientale è costituito
dall’insieme del rumore residuo, dove per tale si intende il rumore rilevato
quando si esclude la specifica sorgente disturbante, e da quello che prodotto
dalla specifica sorgente disturbante.
La ricorrente sostiene che l’esclusione della sorgente disturbante non potesse
avvenire che nel momento in cui il locale è chiuso.
In realtà così opinando l’inquinamento acustico non potrebbe mai essere rilevato
nel caso di attività continuative. Inoltre se è vero che il locale chiude alle
ore 22, nondimeno i lavori di pulizia e di riassetto dello stesso si protraggono
almeno per mezz’ora oltre l’orario di chiusura onde neppure può sostenersi che
nel periodo 22 – 22,30 la sorgente disturbante fosse completamente e
spontaneamente venuta meno.
In realtà l’esclusione della specifica fonte disturbante deve potere avvenire
anche in presenza della stessa mediante apposita tecnologia, ad esempio isolando
le frequenze proprie della fonte disturbante dalle altre ovvero posizionando
opportunamente l’apparecchiatura di ascolto.
In definitiva quindi non è provato che la misura del rumore residuo sia
necessariamente avvenuta in periodo notturno a fronte di un rilevamento del
rumore ambientale avvenuto in periodo diurno.
Con la terza censura si lamenta che nel caso di specie sia stato applicato il
valore differenziale pur non sussistendo le condizioni per l’applicazione.
A tal riguardo occorre precisare che il valore limite differenziale è quel
valore dato dalla differenza tra il livello equivalente di rumore ambientale e
il rumore residuo. Tenendo presente la definizione di rumore residuo che è il
rumore che residua una volta eliminata la sorgente disturbante il valore
differenziale esprime lo specifico grado di inquinamento acustico della
specifica fonte disturbante.
In altre parole il valore differenziale esprime il contributo che una specifica
fonte dà al livello di inquinamento generale.
I valori limite sono di 5 db per il periodo diurno e di 3 db per il periodo
notturno (art. 4 d.p.c.m. 14 novembre 1997).
Tali valori differenziali non si applicano quando comunque il rumore ambientale
è al di sotto di determinati valori e precisamente 50 db(A) per il periodo
diurno e 40 db (A) per il periodo notturno misurati a finestre aperte e 35 db(A)
per il periodo diurno e 25 db (A) per il periodo notturno misurati a finestre
chiuse.
Si tratta ovviamente di limiti da applicarsi disgiuntamente nel senso che anche
il superamento di uno solo di essi consente l’applicazione del valore
differenziale. Ciò è fatto palese dalla circostanza che il rumore viene definito
in tali casi trascurabile. Orbene è evidente che, essendo il rumore sempre lo
stesso, per ritenersi trascurabile non deve superare i parametri di cui sopra
per cui il superamento anche di uno solo di essi implica l’applicazione dei
valori limite differenziali.
Nel caso di specie risulta che, a finestre aperte, il rumore era di 49, 1 db
mentre, a finestre chiuse, era di 36,6 db, superiore quindi per 1,6 db rispetto
al limite in cui scatta l’applicazione del valore differenziale.
Il valore differenziale riscontrato poi era pari a 3,6 db a finestre aperte e a
6.9 a finestre chiuse, onde a finestre chiuse era superato il limite di 5 db
stabilito dall’art. 4 d.p.c.m. 14 novembre 1997.
Si noti che tali valori ove fossero stati riscontrati in periodo notturno
sarebbero stati comunque rilevanti onde anche sotto questo profilo le
contestazioni non paiono cogliere nel segno.
Con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 9 e 10 l. 447/1995,
incompetenza, atipicità del provvedimento, difetto di presupposto, sviamento e
carenza di potere, in quanto il provvedimento sarebbe atipico e non esisterebbe
il potere del dirigente di ingiungere l’adozione di misure atte ad abbattere le
emissioni sonore.
Il motivo non è fondato.
Il rilascio dell’autorizzazione di un pubblico esercizio comprende il potere
dell’amministrazione di imporre le prescrizioni necessarie nel pubblico
interesse (art. 9 r.d. 773/1931), tra le quali devono ritenersi comprese anche
quelle relative alle emissioni sonore.
Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 3 l. 241/90, difetto di
motivazione e di istruttoria, genericità, in quanto il contenuto del
provvedimento non sarebbe specifico.
Peraltro neppure può ritenersi che il provvedimento sia privo di oggetto;
piuttosto deve rilevarsi come l’amministrazione abbia optato, forse anche in
relazione all’esiguità dello sconfinamento rispetto ai valori di legge, per un
provvedimento dal contenuto minimamente lesivo per il destinatario, essendo
lasciata alla scelta di quest’ultimo l’adozione di una concreta modalità (al
limite anche l’idonea sensibilizzazione del personale e dei clienti) di
contenimento piuttosto che un’altra.
Con il quarto motivo si deduce violazione dell’art. 7 l. 241/90 in quanto la
comunicazione di avvio del procedimento avrebbe assegnato un termine
eccessivamente breve (7 giorni) per produrre osservazioni.
Il motivo è infondato.
Deve rilevarsi come, in seguito alla comunicazione di avvio del procedimento, la
ricorrente sia stata in grado di interloquire con nota 9 marzo 2004 onde deve
escludersi l’eccessiva esiguità del termine di interlocuzione concesso o se ne
deve comunque ritenere l’irrilevanza..
In conclusione il ricorso deve essere respinto con condanna della ricorrente al
pagamento delle spese di giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, sezione prima,
definitivamente pronunciando, respinge il ricorso epigrafe.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della resistente amministrazione
comunale, delle spese di giudizio, che si liquidano in complessivi €. 2000,00
(duemila/00) oltre IVA e CPA come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2010 con
l'intervento dei Signori:
Santo Balba, Presidente
Paolo Peruggia, Consigliere
Luca Morbelli, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/03/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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