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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 30 aprile 2010, n. 1635
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Accordo di programma - Art. 15 L. n. 241/90 -
Mancato richiamo all’art. 11, c. 4 - Diritto di recesso - Esclusione - Salva
l’ipotesi di specifica previsione in convenzione. Il mancato richiamo
dell’art. 15 l. 241/90, norma generale sugli accordi di programma, alla
disposizione dell’art. 11, co. 4, stessa legge, che regola invece l’accordo tra
amministrazione e privato e prevede la possibilità per l’amministrazione di
recedere dall’accordo salva corresponsione di un indennizzo, induce a ritenere
che, salvo il caso in cui siano state le stesse parti a prevedere il diritto di
recesso nel momento in cui hanno concordato tra loro il regolamento pattizio, il
contenuto dell’accordo sia modificabile solo mediante una nuova determinazione
espressa da tutte le amministrazioni contraenti che giungono ad una nuova
sistemazione concordata dell’assetto degli interessi sottostanti all’azione
amministrativa. Pres. Petruzzelli, Est. Russo -Comune di Brembate di Sopra (avv.
Di Vita) c. Comune di Ponte S. Pietro (avv.ti Zonca, Zonca, Abrami, Collia) -
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 30 aprile 2010, n. 1635
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 01635/2010 REG.SEN.
N. 00322/2008 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 322 del 2008, proposto da:
COMUNE DI BREMBATE DI SOPRA,
rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Di Vita,
con domicilio eletto presso T.A.R. Segreteria in Brescia, via Malta, 12;
contro
COMUNE DI PONTE SAN PIETRO,
rappresentato e difeso dagli avv. Cesare Zonca, Giuseppe Zonca, Abramo Abrami,
Filippo Collia,
con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Cesare Zonca in Brescia, p.za
Vitt., 11 (Fax=030/3755748);
nei confronti di
PROVINCIA DI BERGAMO,
non costituita in giudizio;
COMUNE DI VALBREMBO,
non costituito in giudizio;
per l'annullamento
della delibera del consiglio comunale 22.12.2007 n. 56 concernente recesso
dall'accordo di programma per la realizzazione di un ponte sul fiume Brembo.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Ponte San Pietro;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 aprile 2010 il dott. Carmine Russo
e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Comune di Brembate di Sopra impugna il provvedimento del 22. 12. 2007 con cui
il Consiglio comunale di Ponte San Pietro ha dichiarato di recedere dall’accordo
di programma stipulato il 24. 10. 2005 dalle due amministrazioni comunali
(nonché dalla Provincia di Bergamo e dal Comune di Valbrembo) per la
realizzazione di un nuovo ponte sul fiume Brembo.
Era in particolare accaduto che l’amministrazione comunale di Brembate di Sopra,
per alleggerire i flussi di traffico esistenti sul proprio territorio
asseritamente dovuti alle code che si formavano per l’attraversamento del
vecchio ponte sul fiume Brembo, aveva proposto la realizzazione di un nuovo
ponte, idoneo a reggere flussi di traffico più consistenti, a circa 300 m. di
distanza dal precedente.
Per ottenere gli assensi necessari alla realizzazione del ponte il Comune di
Brembate di Sopra aveva promosso conferenza di servizi ed accordo di programma
con gli altri enti pubblici coinvolti, da cui aveva ottenuto l’assenso alla
realizzazione del nuovo ponte.
Tra tali amministrazioni coinvolte vi era anche il Comune di Ponte San Pietro -
nel cui territorio ricadeva l’altra sponda del futuro ponte - che nell’accordo
di programma del 25. 10. 2005, si era impegnato, per la parte di sua competenza,
ad acquisire le aree necessarie, rilasciare le autorizzazioni occorrenti per la
realizzazione della struttura, provvedere alla manutenzione della stessa.
Nelle more dell’esecuzione dell’accordo, peraltro, la nuova amministrazione
comunale di Ponte San Pietro denunciava il contenuto dell’accordo di programma,
ritenendolo non più favorevole per gli interessi della comunità di riferimento,
e con la delibera impugnata recedeva dall’accordo rilevando l’esistenza di
sopravvenuti motivi di interessi pubblici e rivalutando in modo differente
interessi pubblici preesistenti.
I motivi di ricorso sono i seguenti:
1. il provvedimento sarebbe illegittimo per violazione dell’art. 15 l. 241/90
che non prevede alcuna possibilità di recesso dagli accordi di programma tra
pubbliche amministrazioni,
2. il provvedimento sarebbe illegittimo anche per eccesso di potere e
travisamento del fatto, in quanto le motivazioni poste dal Comune di Ponte San
Pietro a base del recesso dall’accordo di programma non sarebbero in realtà
adeguatamente motivate.
Si costituiva in giudizio il Comune di Ponte San Pietro, che deduceva
l’infondatezza dei motivi di ricorso ed allegava nota di deposito documenti.
Nessuno si costituiva per le altre parti convenute in giudizio.
Il ricorso veniva discusso nella pubblica udienza del 14. 4. 2010, all’esito
della quale veniva trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è fondato.
La questione dedotta in giudizio attiene alla possibilità per una
amministrazione di recedere liberamente da un accordo di programma.
Il punto di partenza è il mancato richiamo dell’art. 15 l. 241/90, norma
generale sugli accordi di programma, alla disposizione dell’art. 11, co. 4,
stessa legge, che regola invece l’accordo tra amministrazione e privato e
prevede la possibilità per l’amministrazione di recedere dall’accordo salva
corresponsione di un indennizzo.
Il mancato richiamo dell’art. 15 a tale disposizione ha fatto ritenere ad alcuni
che nell’accordo tra le amministrazioni pubbliche non sia possibile il recesso
(Tar Lazio, sez. I, 3 ottobre 1997, n. 1434: “l'accordo di programma acquisisce
definitiva efficacia al momento del valido incontro delle volontà delle parti.
Ne consegue che non può configurarsi, in apice, un potere di recesso unilaterale
di una delle parti che revochi tale ratifica”), mentre ha indotto altri a
sostenere che il recesso sarebbe sempre possibile per l’inesauribilità della
funzione pubblica (Tar Marche 19 settembre 2003, n. 1015: “l'assenza nell'art.
15, l. 7 agosto 1990 n. 241 di un richiamo al comma 4 del precedente art. 11,
che espressamente consente il recesso - previo indennizzo - dall'accordo per
sopravvenuti motivi di pubblico interesse, non esclude la possibilità per
l'Amministrazione di recedere dall'accordo, considerato che è proprio della
funzione d'amministrazione attiva il generale potere di revoca del provvedimento
amministrativo, del quale l'accordo ha il contenuto ed al quale è sottesa la
cura di un pubblico interesse, per cui è affievolita la forza vincolante di una
convenzione sottoscritta da soggetti pubblici ed è reso inapplicabile il
principio civilistico per il quale il contratto ha forza di legge tra le parti,
e che la previsione dell'art. 11 comma 4, è confermativa e non derogatoria di
detta regola generale”). Secondo questa opinione il mancato richiamo all’art.
11, co. 4, starebbe solo a significare che – a differenza di quanto accade negli
accordi tra privati - il recesso non deve essere bilanciato dalla corresponsione
di un indennizzo (C. Conti reg. Puglia, sez. giurisd., 21 marzo 2003, n. 244).
Non mancano, inoltre, posizioni intermedie che hanno ritenuto possibile il
recesso solo se specificamente previsto in convenzione (Tar Lombardia, Milano,
sez. I, 8 novembre 2004, n. 5620: “lo scioglimento unilaterale del vincolo è
ammissibile solo se sia stato previsto il diritto di recesso ai sensi dell'art.
1373 c.c.”).
La soluzione della questione deve essere affrontata partendo dalla constatazione
che in vicende quale quella in esame vengono in considerazione (da un lato) la
inesauribilità della funzione amministrativa, che non tollera l’imposizione di
un vincolo a non riesaminare l’assetto di interessi concordato alla luce delle
sopravvenienze nell’interesse pubblico, e (dall’altro) la necessità di
attribuire un senso agli accordi di programma che, se fossero liberamente
recedibili, sarebbero sostanzialmente privi di rilevanza giuridica, in quanto la
stessa possibilità di giuridicizzare l’inadempimento degli stessi con la sola
domanda di danni finirebbe per rendere gli accordi di programma, più che
strumenti di semplificazione dell’azione amministrativa affidata a più
amministrazioni, meri strumenti di moltiplicazione del contenzioso tra
amministrazioni pubbliche.
D’altronde, il tipo di interessi sotteso ad un procedimento amministrativo
regolato da un accordo di programma è, per definizione, non disponibile da una
sola amministrazione proprio perché il legislatore ne ha attribuito la
competenza in modo ripartito ad una pluralità di esse. La non disponibilità da
parte di una singola amministrazione degli interessi pubblici sottesi all’azione
amministrativa esercitata in forma consensuale, è, per definizione, pertanto
caratteristica degli accordi di programma.
Per andare nel solco della pronuncia di T.a.r. Milano 5620/04 prima citata,
occorre ritenere che, salvo il caso in cui siano state le stesse parti a
prevedere il diritto di recesso nel momento in cui hanno concordato tra loro il
regolamento pattizio, il contenuto dell’accordo sia modificabile solo mediante
una nuova determinazione espressa da tutte le amministrazioni contraenti che
giungono ad una nuova sistemazione concordata dell’assetto degli interessi
sottostanti all’azione amministrativa.
La Corte Costituzionale ha, infatti, anche di recente evidenziato che nel caso
in cui il legislatore abbia previsto lo strumento dell’accordo di programma è
“incompatibile con il regime dell’intesa, caratterizzata dalla paritaria
codeterminazione dell’atto” attribuire ad una di esse un ruolo preminente, in
quanto “il superamento delle eventuali situazioni di stallo deve essere
realizzato attraverso la previsione di idonee procedure perché possano aver
luogo reiterate trattative volte a superare le divergenze che ostacolino il
raggiungimento di un accordo” (Corte Cost. 26 marzo 2010, n. 121).
Ciò non significa che l’amministrazione pubblica che intenda sciogliersi
dall’accordo ex art. 15 l. 241/90 sia priva di strumenti di tutela di fronte al
rifiuto delle altre amministrazioni di modificare l’assetto degli interessi a
seguito delle intervenute sopravvenienze negli interessi pubblici sottesi
all’azione amministrativa. La volontà delle altre amministrazioni non è,
infatti, come si diceva prima, una volontà negoziale fondata sull’autonomia
privata, ma una volontà discrezionale funzionalizzata alla tutela degli
interessi pubblici. Ne consegue che l’amministrazione che intende recedere
dall’accordo potrà censurare in sede giurisdizionale la il rifiuto delle altre
parti di modificare l’assetto degli interessi originariamente concordato,
qualora tale rifiuto non sia conforme al principio di leale cooperazione tra gli
enti pubblici che deve informare i rapporti tra le amministrazioni pubbliche per
effetto della sentenza 303/2003 della Corte Costituzionale.
In definitiva, l’accordo tra amministrazioni pubbliche non modifica l’ordine
delle attribuzioni della funzione amministrativa, perché non è altro che un
modulo organizzativo dell’azione amministrativa che sostituisce la sequenza
procedimentale destinata a sfociare nell’accordo alla pluralità di procedimenti
condotti in modo autonomo dalle diverse amministrazioni e destinati a sfociare
in provvedimenti diversi ma tra loro strettamente collegati. L’inscindibilità
degli interessi pubblici sottesi all’azione consensuale delle pubbliche
amministrazioni, se non muta l’ordine delle competenze delle stesse, preclude,
però, che una singola amministrazione possa decidere unilateralmente di tornare
al modello della amministrazione per singoli provvedimenti, e finisce per
imporre pertanto alle stesse un vincolo a continuare a regolare gli interessi
pubblici disciplinati dall’accordo mediante l’utilizzo del modulo organizzativo
consensuale.
Nel caso in esame, pertanto, non può ritenersi legittima la revoca unilaterale
dell’accordo di programma pronunciata dal Comune di Ponte San Pietro, che dovrà
sollecitare pertanto le altre amministrazioni contraenti ad una rivisitazione
dell’accordo in funzione delle nuove esigenze di interesse pubblico da esso
evidenziate; le altre amministrazioni contraenti, se riterranno di non convenire
con le modifiche richieste e non riusciranno a trovare una nuova soluzione che
soddisfi tutte le parti contraenti, dovranno specificare quali sono gli
interessi pubblici che ostano all’assetto degli interessi proposto dall’odierno
ricorrente. Se il Comune di Ponte San Pietro non converrà con gli argomenti
delle controparti, potrà non revocare unilateralmente l’accordo di programma, ma
adire il giudice amministrativo per far valere la illegittimità degli altrui
dinieghi a modificare l’assetto di interessi concordato.
2. Restano assorbiti gli ulteriori motivi formulati in ricorso. Infatti, “nel
giudizio amministrativo, l'accoglimento di una censura, che sia in grado di
provocare la caducazione dell'atto impugnato, fa venire meno l'interesse del
ricorrente all'esame degli altri motivi da parte del giudice e la potestà di
questi di procedere a tale esame, autorizzando la dichiarazione di assorbimento"
(Cons. Stato, sez. VI, 7 ottobre 2008, n. 4829).
3. In ragione della particolare natura della controversia che coinvolge solo
enti pubblici, ciascuno dei quali ha agito (o resistito) per scopi di interesse
pubblico, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. staccata di
Brescia, I sezione interna, così definitivamente pronunciando:
Accoglie il ricorso, e, per l’effetto, annulla il provvedimento del 22. 12. 2007
del Consiglio comunale di Ponte San Pietro.
Compensa tra le parti le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 14 aprile 2010 con
l'intervento dei Magistrati:
Giuseppe Petruzzelli, Presidente
Sergio Conti, Consigliere
Carmine Russo, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/04/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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