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T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 30 aprile 2010, n. 1635


PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Accordo di programma - Art. 15 L. n. 241/90 - Mancato richiamo all’art. 11, c. 4 - Diritto di recesso - Esclusione - Salva l’ipotesi di specifica previsione in convenzione. Il mancato richiamo dell’art. 15 l. 241/90, norma generale sugli accordi di programma, alla disposizione dell’art. 11, co. 4, stessa legge, che regola invece l’accordo tra amministrazione e privato e prevede la possibilità per l’amministrazione di recedere dall’accordo salva corresponsione di un indennizzo, induce a ritenere che, salvo il caso in cui siano state le stesse parti a prevedere il diritto di recesso nel momento in cui hanno concordato tra loro il regolamento pattizio, il contenuto dell’accordo sia modificabile solo mediante una nuova determinazione espressa da tutte le amministrazioni contraenti che giungono ad una nuova sistemazione concordata dell’assetto degli interessi sottostanti all’azione amministrativa. Pres. Petruzzelli, Est. Russo -Comune di Brembate di Sopra (avv. Di Vita) c. Comune di Ponte S. Pietro (avv.ti Zonca, Zonca, Abrami, Collia) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 30 aprile 2010, n. 1635
 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 01635/2010 REG.SEN.
N. 00322/2008 REG.RIC.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 322 del 2008, proposto da:

COMUNE DI BREMBATE DI SOPRA,
rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Di Vita,
con domicilio eletto presso T.A.R. Segreteria in Brescia, via Malta, 12;


contro


COMUNE DI PONTE SAN PIETRO,
rappresentato e difeso dagli avv. Cesare Zonca, Giuseppe Zonca, Abramo Abrami, Filippo Collia,
con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Cesare Zonca in Brescia, p.za Vitt., 11 (Fax=030/3755748);

nei confronti di

PROVINCIA DI BERGAMO,
non costituita in giudizio;

COMUNE DI VALBREMBO,
non costituito in giudizio;

per l'annullamento

della delibera del consiglio comunale 22.12.2007 n. 56 concernente recesso dall'accordo di programma per la realizzazione di un ponte sul fiume Brembo.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Ponte San Pietro;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 aprile 2010 il dott. Carmine Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO


Il Comune di Brembate di Sopra impugna il provvedimento del 22. 12. 2007 con cui il Consiglio comunale di Ponte San Pietro ha dichiarato di recedere dall’accordo di programma stipulato il 24. 10. 2005 dalle due amministrazioni comunali (nonché dalla Provincia di Bergamo e dal Comune di Valbrembo) per la realizzazione di un nuovo ponte sul fiume Brembo.

Era in particolare accaduto che l’amministrazione comunale di Brembate di Sopra, per alleggerire i flussi di traffico esistenti sul proprio territorio asseritamente dovuti alle code che si formavano per l’attraversamento del vecchio ponte sul fiume Brembo, aveva proposto la realizzazione di un nuovo ponte, idoneo a reggere flussi di traffico più consistenti, a circa 300 m. di distanza dal precedente.

Per ottenere gli assensi necessari alla realizzazione del ponte il Comune di Brembate di Sopra aveva promosso conferenza di servizi ed accordo di programma con gli altri enti pubblici coinvolti, da cui aveva ottenuto l’assenso alla realizzazione del nuovo ponte.

Tra tali amministrazioni coinvolte vi era anche il Comune di Ponte San Pietro - nel cui territorio ricadeva l’altra sponda del futuro ponte - che nell’accordo di programma del 25. 10. 2005, si era impegnato, per la parte di sua competenza, ad acquisire le aree necessarie, rilasciare le autorizzazioni occorrenti per la realizzazione della struttura, provvedere alla manutenzione della stessa.

Nelle more dell’esecuzione dell’accordo, peraltro, la nuova amministrazione comunale di Ponte San Pietro denunciava il contenuto dell’accordo di programma, ritenendolo non più favorevole per gli interessi della comunità di riferimento, e con la delibera impugnata recedeva dall’accordo rilevando l’esistenza di sopravvenuti motivi di interessi pubblici e rivalutando in modo differente interessi pubblici preesistenti.


I motivi di ricorso sono i seguenti:

1. il provvedimento sarebbe illegittimo per violazione dell’art. 15 l. 241/90 che non prevede alcuna possibilità di recesso dagli accordi di programma tra pubbliche amministrazioni,

2. il provvedimento sarebbe illegittimo anche per eccesso di potere e travisamento del fatto, in quanto le motivazioni poste dal Comune di Ponte San Pietro a base del recesso dall’accordo di programma non sarebbero in realtà adeguatamente motivate.


Si costituiva in giudizio il Comune di Ponte San Pietro, che deduceva l’infondatezza dei motivi di ricorso ed allegava nota di deposito documenti.

Nessuno si costituiva per le altre parti convenute in giudizio.


Il ricorso veniva discusso nella pubblica udienza del 14. 4. 2010, all’esito della quale veniva trattenuto in decisione.


DIRITTO


1. Il primo motivo di ricorso è fondato.

La questione dedotta in giudizio attiene alla possibilità per una amministrazione di recedere liberamente da un accordo di programma.

Il punto di partenza è il mancato richiamo dell’art. 15 l. 241/90, norma generale sugli accordi di programma, alla disposizione dell’art. 11, co. 4, stessa legge, che regola invece l’accordo tra amministrazione e privato e prevede la possibilità per l’amministrazione di recedere dall’accordo salva corresponsione di un indennizzo.

Il mancato richiamo dell’art. 15 a tale disposizione ha fatto ritenere ad alcuni che nell’accordo tra le amministrazioni pubbliche non sia possibile il recesso (Tar Lazio, sez. I, 3 ottobre 1997, n. 1434: “l'accordo di programma acquisisce definitiva efficacia al momento del valido incontro delle volontà delle parti. Ne consegue che non può configurarsi, in apice, un potere di recesso unilaterale di una delle parti che revochi tale ratifica”), mentre ha indotto altri a sostenere che il recesso sarebbe sempre possibile per l’inesauribilità della funzione pubblica (Tar Marche 19 settembre 2003, n. 1015: “l'assenza nell'art. 15, l. 7 agosto 1990 n. 241 di un richiamo al comma 4 del precedente art. 11, che espressamente consente il recesso - previo indennizzo - dall'accordo per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, non esclude la possibilità per l'Amministrazione di recedere dall'accordo, considerato che è proprio della funzione d'amministrazione attiva il generale potere di revoca del provvedimento amministrativo, del quale l'accordo ha il contenuto ed al quale è sottesa la cura di un pubblico interesse, per cui è affievolita la forza vincolante di una convenzione sottoscritta da soggetti pubblici ed è reso inapplicabile il principio civilistico per il quale il contratto ha forza di legge tra le parti, e che la previsione dell'art. 11 comma 4, è confermativa e non derogatoria di detta regola generale”). Secondo questa opinione il mancato richiamo all’art. 11, co. 4, starebbe solo a significare che – a differenza di quanto accade negli accordi tra privati - il recesso non deve essere bilanciato dalla corresponsione di un indennizzo (C. Conti reg. Puglia, sez. giurisd., 21 marzo 2003, n. 244).

Non mancano, inoltre, posizioni intermedie che hanno ritenuto possibile il recesso solo se specificamente previsto in convenzione (Tar Lombardia, Milano, sez. I, 8 novembre 2004, n. 5620: “lo scioglimento unilaterale del vincolo è ammissibile solo se sia stato previsto il diritto di recesso ai sensi dell'art. 1373 c.c.”).

La soluzione della questione deve essere affrontata partendo dalla constatazione che in vicende quale quella in esame vengono in considerazione (da un lato) la inesauribilità della funzione amministrativa, che non tollera l’imposizione di un vincolo a non riesaminare l’assetto di interessi concordato alla luce delle sopravvenienze nell’interesse pubblico, e (dall’altro) la necessità di attribuire un senso agli accordi di programma che, se fossero liberamente recedibili, sarebbero sostanzialmente privi di rilevanza giuridica, in quanto la stessa possibilità di giuridicizzare l’inadempimento degli stessi con la sola domanda di danni finirebbe per rendere gli accordi di programma, più che strumenti di semplificazione dell’azione amministrativa affidata a più amministrazioni, meri strumenti di moltiplicazione del contenzioso tra amministrazioni pubbliche.

D’altronde, il tipo di interessi sotteso ad un procedimento amministrativo regolato da un accordo di programma è, per definizione, non disponibile da una sola amministrazione proprio perché il legislatore ne ha attribuito la competenza in modo ripartito ad una pluralità di esse. La non disponibilità da parte di una singola amministrazione degli interessi pubblici sottesi all’azione amministrativa esercitata in forma consensuale, è, per definizione, pertanto caratteristica degli accordi di programma.

Per andare nel solco della pronuncia di T.a.r. Milano 5620/04 prima citata, occorre ritenere che, salvo il caso in cui siano state le stesse parti a prevedere il diritto di recesso nel momento in cui hanno concordato tra loro il regolamento pattizio, il contenuto dell’accordo sia modificabile solo mediante una nuova determinazione espressa da tutte le amministrazioni contraenti che giungono ad una nuova sistemazione concordata dell’assetto degli interessi sottostanti all’azione amministrativa.

La Corte Costituzionale ha, infatti, anche di recente evidenziato che nel caso in cui il legislatore abbia previsto lo strumento dell’accordo di programma è “incompatibile con il regime dell’intesa, caratterizzata dalla paritaria codeterminazione dell’atto” attribuire ad una di esse un ruolo preminente, in quanto “il superamento delle eventuali situazioni di stallo deve essere realizzato attraverso la previsione di idonee procedure perché possano aver luogo reiterate trattative volte a superare le divergenze che ostacolino il raggiungimento di un accordo” (Corte Cost. 26 marzo 2010, n. 121).

Ciò non significa che l’amministrazione pubblica che intenda sciogliersi dall’accordo ex art. 15 l. 241/90 sia priva di strumenti di tutela di fronte al rifiuto delle altre amministrazioni di modificare l’assetto degli interessi a seguito delle intervenute sopravvenienze negli interessi pubblici sottesi all’azione amministrativa. La volontà delle altre amministrazioni non è, infatti, come si diceva prima, una volontà negoziale fondata sull’autonomia privata, ma una volontà discrezionale funzionalizzata alla tutela degli interessi pubblici. Ne consegue che l’amministrazione che intende recedere dall’accordo potrà censurare in sede giurisdizionale la il rifiuto delle altre parti di modificare l’assetto degli interessi originariamente concordato, qualora tale rifiuto non sia conforme al principio di leale cooperazione tra gli enti pubblici che deve informare i rapporti tra le amministrazioni pubbliche per effetto della sentenza 303/2003 della Corte Costituzionale.

In definitiva, l’accordo tra amministrazioni pubbliche non modifica l’ordine delle attribuzioni della funzione amministrativa, perché non è altro che un modulo organizzativo dell’azione amministrativa che sostituisce la sequenza procedimentale destinata a sfociare nell’accordo alla pluralità di procedimenti condotti in modo autonomo dalle diverse amministrazioni e destinati a sfociare in provvedimenti diversi ma tra loro strettamente collegati. L’inscindibilità degli interessi pubblici sottesi all’azione consensuale delle pubbliche amministrazioni, se non muta l’ordine delle competenze delle stesse, preclude, però, che una singola amministrazione possa decidere unilateralmente di tornare al modello della amministrazione per singoli provvedimenti, e finisce per imporre pertanto alle stesse un vincolo a continuare a regolare gli interessi pubblici disciplinati dall’accordo mediante l’utilizzo del modulo organizzativo consensuale.

Nel caso in esame, pertanto, non può ritenersi legittima la revoca unilaterale dell’accordo di programma pronunciata dal Comune di Ponte San Pietro, che dovrà sollecitare pertanto le altre amministrazioni contraenti ad una rivisitazione dell’accordo in funzione delle nuove esigenze di interesse pubblico da esso evidenziate; le altre amministrazioni contraenti, se riterranno di non convenire con le modifiche richieste e non riusciranno a trovare una nuova soluzione che soddisfi tutte le parti contraenti, dovranno specificare quali sono gli interessi pubblici che ostano all’assetto degli interessi proposto dall’odierno ricorrente. Se il Comune di Ponte San Pietro non converrà con gli argomenti delle controparti, potrà non revocare unilateralmente l’accordo di programma, ma adire il giudice amministrativo per far valere la illegittimità degli altrui dinieghi a modificare l’assetto di interessi concordato.


2. Restano assorbiti gli ulteriori motivi formulati in ricorso. Infatti, “nel giudizio amministrativo, l'accoglimento di una censura, che sia in grado di provocare la caducazione dell'atto impugnato, fa venire meno l'interesse del ricorrente all'esame degli altri motivi da parte del giudice e la potestà di questi di procedere a tale esame, autorizzando la dichiarazione di assorbimento" (Cons. Stato, sez. VI, 7 ottobre 2008, n. 4829).


3. In ragione della particolare natura della controversia che coinvolge solo enti pubblici, ciascuno dei quali ha agito (o resistito) per scopi di interesse pubblico, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite.


P.Q.M.


Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. staccata di Brescia, I sezione interna, così definitivamente pronunciando:

Accoglie il ricorso, e, per l’effetto, annulla il provvedimento del 22. 12. 2007 del Consiglio comunale di Ponte San Pietro.

Compensa tra le parti le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 14 aprile 2010 con l'intervento dei Magistrati:

Giuseppe Petruzzelli, Presidente
Sergio Conti, Consigliere
Carmine Russo, Referendario, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/04/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
 



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