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1974-9562
T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 1 luglio 2010, n. 2411
ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni di protezione ambientale - Artt. 13 e
18, c. 5, L. n. 349/86 - Legittimazione attiva - Limitazione alla sola tutela
paesistica - Esclusione. Non essendo espressamente specificato nelle
disposizioni di cui agli artt. 13 e 18, c. 5 della L. n. 349/86 quali siano gli
atti illegittimi contro cui le associazioni di protezione ambientale possono
ricorrere, essi devono essere ricavati interpretativamente dall’art. 1, co. 2,
stessa legge, che individua come finalità ambientali del Ministero dell’Ambiente
“la promozione, la conservazione ed il recupero delle condizioni ambientali
conformi agli interessi fondamentali della collettività ed alla qualità della
vita, nonché la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale
nazionale e la difesa delle risorse naturali dall'inquinamento”. Le norme degli
artt. 13 e 18 l. 349/86, infatti, attribuendo alle associazioni di protezione
ambientale legittimazione attiva nei giudizi dinanzi al giudice ordinario ed a
quello amministrativo per tutelare finalità (di protezione dell’ambiente) che
sono proprie dell’amministrazione dello Stato, costituiscono applicazione del
principio di sussidiarietà orizzontale poi recepito dall’art. 118, ultimo comma,
Cost. Non può pertanto condividersi una lettura riduttiva della norma che limiti
la legittimazione delle associazioni di protezione ambientale soltanto alla
tutela paesistica, la quale è soltanto una delle tante species della protezione
ambientale. Pres. Petruzzelli, Est.Russo - Italia Nostra Onlus (avv. Brambilla)
c. Comune di Palazzago (avv.ti Carzeri e Nola) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez.
I - 1 luglio 2010, n. 2411
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Tutela paesaggistica - Sviluppo
dell’ordinamento giuridico - Istituti finalizzati alla tutela del paesaggio -
Vincolo di tutela ex artt. 146 e ss. d.lgs. n. 42/2004. Nell’attuale
sviluppo dell’ordinamento giuridico l’ambito di applicazione della tutela
paesaggistica non riguarda ormai soltanto le aree oggetto di vincolo di tutela,
in quanto il vincolo di tutela ex artt. 146 e ss. d.lgs. 42/04 è soltanto uno
degli strumenti attraverso cui l’ordinamento persegue l’obiettivo della tutela
del paesaggio. (Nella specie, la perimetrazione come ambito di elevata
naturalità sottoposto a regime di conservazione è stato ritenuta istituto
finalizzato alla tutela del paesaggio.) Pres. Petruzzelli, Est.Russo - Italia
Nostra Onlus (avv. Brambilla) c. Comune di Palazzago (avv.ti Carzeri e Nola) -
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 1 luglio 2010, n. 2411
ASSOCIAZIONI E COMITATI - Comitati spontanei di cittadini - Legittimazione ad
impugnare provvedimenti lesivi di interessi comuni - Presupposti - Collegamento
stabile con il territorio - Attività protratta nel tempo. Un comitato
spontaneo di cittadini può essere legittimato ad impugnare provvedimenti
ritenuti lesivi di interessi comuni solo se dimostra di avere un collegamento
stabile con il territorio ove svolge l’attività di tutela degli interessi
stessi, se la sua attività si è protratta nel tempo e se, quindi, il comitato
non nasce in funzione della impugnazione di singoli atti e provvedimenti (CdS,
IV, 1001/2010). Pres. Petruzzelli, Est.Russo - Italia Nostra Onlus (avv.
Brambilla) c. Comune di Palazzago (avv.ti Carzeri e Nola) - TAR LOMBARDIA,
Brescia, Sez. I - 1 luglio 2010, n. 2411
DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Procedimento cautelare - Deroga al
regime di sospensione feriale - Art. 5 L. n. 742/69 - Effetti su altri termini
processuali - Esclusione. L’art. 5 l. 742/69, nel momento in cui pone una
eccezione alla sospensione feriale nel procedimento cautelare, facoltizza il
ricorrente a scegliere se avvalersi o meno della sospensione feriale, in quanto
se lo stesso propone anche istanza cautelare il processo potrà essere trattato
durante la sospensione termini (T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 4 marzo 2008,
n. 1073). La norma - che costituisce eccezione alla sospensione feriale - va
interpretata nel senso che esso legittimi semplicemente il Tribunale a fissare
udienza anche nel periodo feriale senza che la controparte possa dedurre che i
termini sono sospesi, ma non legittima a ricavare da ciò conseguenze sugli oneri
che incombono sulle parti nel processo principale (Cons. giust. amm. Sicilia,
sez. giurisd., 26 gennaio 2006 , n. 29: la deroga prevista dall'art. 5 l. n. 742
del 1969, al regime di sospensione feriale dei termini processuali opera
esclusivamente nel senso di consentire anche in periodo feriale la trattazione
della domanda cautelare nel rispetto dei termini ordinari all'uopo previsti,
mentre non produce alcun effetto con riguardo ai termini di notifica e deposito
del ricorso introduttivo e ad ogni altro successivo termine processuale
finalizzato alla trattazione del gravame nel merito, per i quali trova invece
piena applicazione la sospensione di cui all'art. 1 della medesima legge). Pres.
Petruzzelli, Est.Russo - Italia Nostra Onlus (avv. Brambilla) c. Comune di
Palazzago (avv.ti Carzeri e Nola) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 1 luglio
2010, n. 2411
DIRITTO URBANISTICO - Approvazione di variante per insediamenti produttivi
-Procedimento semplificato - Principi di pianificazione - Ricognizione del
fabbisogno di nuovi impianti - Insufficienza delle aree destinate ad impianti
produttivi - Artt. 5 e 2 d.P.R. n. 447/98. Il combinato disposto degli artt.
5, c. 1 e 2, c. 1, del d.P.R. n. 447/98 consente di desumere che il procedimento
di approvazione della variante per insediamenti produttivi non è sottratto ai
tradizionali presupposti che reggono gli strumenti di piano ed alle esigenze cui
sono funzionalizzati gli stessi, in quanto il d.p.r. 447/98 si limita a
semplificarne l’approvazione, ma non stravolge i principi che regolano la
elaborazione della pianificazione comunale. Ne consegue che - come tutti gli
strumenti di piano sono approvati a seguito di ricognizione del fabbisogno della
comunità locale - anche la variante per insediamenti produttivi può essere
approvata solo a seguito di una ricognizione da parte del fabbisogno di nuovi
impianti produttivi ed alla valutazione del Comune che effettivamente ritenga
che per l’ordinato sviluppo della comunità locale occorrano nuovi impianti
produttivi la cui localizzazione non sia possibile nel contesto del piano
vigente per insufficienza delle aree a ciò destinate. ( CdS 7338/06; T.a.r.
Sardegna 164/09; T.a.r. Sicilia, Catania, II, 1080/07). Pres. Petruzzelli,
Est.Russo - Italia Nostra Onlus (avv. Brambilla) c. Comune di Palazzago (avv.ti
Carzeri e Nola) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 1 luglio 2010, n. 2411
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 02411/2010 REG.SEN.
N. 00972/2009 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 972 del 2009, proposto da:
ITALIA NOSTRA ONLUS, COMITATO DELL'ISOLA PER LA DIFESA DELL'AMBIENTE E DELLA
SALUTE,
rappresentati e difesi dall'avv. Paola Brambilla,
con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Romano Manfredi in Brescia, via
XX Sett., 66 (Fax=030/9951347);
contro
COMUNE DI PALAZZAGO,
rappresentato e difeso dagli avv. Stefania Carzeri, Lucilla Nola,
con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Stefania Carzeri in Brescia, via
V.Eman. II,60 (Fax=030/2400702);
nei confronti di
PROVINCIA DI BERGAMO,
non costituita in giudizio;
LOCATELLI SPA, IMPRESA MALVESTITI DANIELE,
rappresentati e difesi dagli avv. Innocenzo Gorlani, Maria Lucia D'Ettorre,
Maurizio Locatelli,
con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Innocenzo Gorlani in Brescia,
via Romanino, 16 (030/3754329) @;
e con l'intervento di
ad opponendum:
CONSORZIO SAN SOSIMO, RIPAMONTI FRANCO SRL, WOOD DI CEFIS ANTONIO, HELVETIA 2
SRL, NEOHABITA SRL, W.M.S. SRL, BREMI ASCENSORI SRL, CAPELLI SERRAMENTI SRL,
ELLE - IMMOBIL SRL,
rappresentati e difesi dagli avv. Innocenzo Gorlani, Maria Lucia D'Ettorre,
Maurizio Locatelli,
con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Innocenzo Gorlani in Brescia,
via Romanino, 16 (030/3754329) @;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
della delibera del Consiglio Comunale n. 27 del 28/5/2009, recante approvata in
via definitiva del progetto di intervento, mediante sportello unico attività
produttive, finalizzato alla localizzazione di nuovi impianti produttivi di beni
e servizi in località San Sosimo.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Palazzago e di Locatelli
Spa e di Impresa Malvestiti Daniele e l’intervento del Consorzio San Sosimo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 giugno 2010 il dott. Carmine Russo e
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Italia Nostra ed il Comitato dell’Isola per la difesa dell’ambiente e della
salute impugnano la deliberazione del 28. 5. 2009 con cui il Consiglio comunale
di Palazzago ha approvato il progetto di intervento finalizzato alla
localizzazione di nuovi impianti produttivi in località San Sosimo.
I motivi di ricorso sono i seguenti:
1. la delibera impugnata sarebbe illegittima per violazione dell’art. 5 d.p.r.
447/88 in quanto non sarebbe stata rispettata nel caso in esame la sequenza
procedimentale necessaria per autorizzare la localizzazione di impianti
produttivi in variante al P.R.G., sequenza che doveva passare attraverso un
provvedimento ricognitivo del fabbisogno, una relazione del responsabile del
procedimento attestante la insufficienza delle aree produttive, una relazione
geologica;
2. la delibera impugnata sarebbe illegittima per violazione degli artt. 3 e 5
direttiva 2001/42/CE in quanto la decisione di non assoggettare il progetto alla
procedura di valutazione ambientale strategica sarebbe stata presa ex post e,
per di più, senza seguire le scansioni procedurali previste dalla normativa
citata;
3. la delibera impugnata sarebbe illegittima per violazione degli artt. 18, 25 e
97 l.r. 12/05 perché in contrasto con le previsioni del Piano territoriale
paesistico regionale che all’art. 17 la individua quale “ambito di elevata
naturalità” in cui occorre “recuperare e preservare l’alto grado di naturalità,
tutelando le caratteristiche morfologiche e vegetazionali dei luoghi” ed
illegittimamente la Provincia avrebbe reso un parere di compatibilità;
4. la delibera impugnata sarebbe illegittima per violazione dell’art. 18 l.r.
12/05 perché nel caso in esame si sarebbe in presenza di un polo produttivo di
interesse sovracomunale (in quanto solo una delle imprese che chiedono la
realizzazione dell’impianto ha sede nel Comune), che in quanto tale avrebbe
dovuto essere localizzato in sede di P.T.C.P., e non autonomamente ad opera del
Comune.
Si costituiva in giudizio il Comune di Palazzago, che deduceva
l’inammissibilità, e l’infondatezza dei motivi di ricorso.
Si costitutiva altresì il Consorzio San Sosimo, che deduceva a sua volta l’irricevibilità,
l’inammissibilità, e l’infondatezza dei motivi di ricorso.
Nessuno si costituiva per le altre parti convenute in giudizio.
Nel ricorso era formulata altresì istanza cautelare di sospensione del
provvedimento impugnato.
Con ordinanza del 29. 10. 2009, n. 663 il Tribunale accoglieva l’istanza
cautelare, rilevando che “ad una prima prospettazione propria della fase
cautelare, il ricorso appaia assistito da motivi di fumus boni iuris, in quanto:
- l’autorità comunale, allorchè utilizza lo strumento della variante
semplificata per insediamenti produttivi (in deroga alle previsioni dello
strumento urbanistico), è onerata di dettare una specifica motivazione sulla
necessità dell’impianto di ulteriori attività produttive nel proprio territorio,
per soddisfare i bisogni di sviluppo industriale e artigianale della
collettività di riferimento (cfr. sul punto punto 4. 2 della deliberazione
Giunta regionale 5. 2. 1999),
- in variante semplificata, pertanto, può essere accolta non ogni richiesta che
venga dai privati di nuovo impianto di aree produttive, ma solo le richieste di
realizzazione di impianti per aree produttive che siano effettivamente
necessarie per lo sviluppo della comunità locale,
- proprio per questo il Comune, prima di avviare la procedura in deroga, deve
effettuare una ricognizione del fabbisogno di nuove aree produttive condotta
alla luce degli altri parametri urbanistici e delle esigenze della popolazione
locale,
- solo all’esito di tale ricognizione del fabbisogno, se effettivamente aree
disponibili per soddisfare tale bisogno non ve ne sono, il Comune potrà
ricorrere allo strumento della variante semplificata in deroga,
- nel caso in esame, occorre rilevare che il Comune non ha effettuato nessuna
ricognizione del fabbisogno di nuovi impianti produttivi limitandosi a dare per
scontato che l’esigenza di realizzare la nuova area produttiva ci fosse e che
dovesse soltanto esserne individuata la localizzazione,
- neanche si può ritenere che il fabbisogno di nuove aree produttive fosse in re
ipsa nella richiesta che era stata depositata, posto che di tutte le imprese
facenti parte del Consorzio proponente soltanto una aveva sede nel Comune di
Palazzago,
- da ultimo, occorre rilevare che l’istruttoria non è stata approfondita neanche
sul punto della ulteriore motivazione necessaria per approvare la variante in
deroga, e relativa alla non esistenza di ulteriori aree utilizzabile all’uopo
nel territorio comunale,
- nel caso in esame, queste motivazioni non sono contenute nel provvedimento
impugnato, dove non si spiega affatto se la comunità locale abbisogna di questa
nuova area produttiva, e si indica solo con clausola di stile l’impossibilità di
reperire ulteriori aree nel territorio.
Con ordinanza 17. 2. 2010, n. 793, il Consiglio di Stato respingeva l’appello
cautelare per ragioni attinenti al periculum in mora.
Il ricorso veniva discusso nella pubblica udienza del 10. 3. 2010 e poi in
quella del 9. 6. 2010, all’esito della quale veniva trattenuto in decisione.
DIRITTO
I. Devono essere affrontate le eccezioni preliminari proposte dalle parti
resistenti che deducono nell’ordine:
a) l’inammissibilità del ricorso presentato da Italia Nostra, che non sarebbe
legittimata a impugnare provvedimenti diversi da quelli che ledono la tutela del
paesaggio, che nel caso di specie non sarebbe stato attinto dal provvedimento
impugnato avente ad oggetto area (asseritamente) priva di pregio paesaggistico;
b) l’inammissibilità del ricorso presentato dal Comitato dell’Isola, in quanto
soggetto privo di personalità giuridica;
c) l’irricevibilità del ricorso, in quanto presentato decorso il termine di 60
gg. dalla piena conoscenza del provvedimento impugnato, non dovendosi calcolare
il periodo di sospensione feriale, in quanto il ricorso conteneva anche una
domanda cautelare;
d) la sopravvenuta carenza d’interesse a coltivare ulteriormente il ricorso, in
quanto nelle more della sua trattazione sarebbe stato adottato il P.G.T., che
riprende interamente il contenuto del piano approvato con variante semplificata
per insedianti produttivi, venendo a costituire un nuovo titolo
all’edificazione, che renderebbe a questo punto inutile l’accoglimento del
presente ricorso.
Nessuna di queste eccezioni è fondata.
II. Non è fondata la eccezione di inammissibilità relativa ad Italia Nostra, in
quanto quest’ultima è legittimata ex art. 13 e 18. co. 5, l. 349/86 a “ricorrere
in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti illegittimi”.
Non essendo espressamente specificato nella norma quali siano gli atti
illegittimi contro cui le associazioni di protezione ambientale possono
ricorrere, essi devono essere ricavati interpretativamente dall’art. 1, co. 2,
stessa legge che individua come finalità ambientali del Ministero dell’Ambiente
“la promozione, la conservazione ed il recupero delle condizioni ambientali
conformi agli interessi fondamentali della collettività ed alla qualità della
vita, nonché la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale
nazionale e la difesa delle risorse naturali dall'inquinamento”.
Le norme degli artt. 13 e 18 l. 349/86, infatti, attribuendo alle associazioni
di protezione ambientale legittimazione attiva nei giudizi dinanzi al giudice
ordinario ed a quello amministrativo per tutelare finalità (di protezione
dell’ambiente) che sono proprie dell’amministrazione dello Stato, costituiscono
applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale poi recepito dall’art.
118, ultimo comma, Cost..
La lettura riduttiva che propone la controinteressata che vorrebbe limitare la
legittimazione delle associazioni di protezione ambientale soltanto alla tutela
paesistica, che è soltanto una delle tante species della protezione ambientale,
non può pertanto essere condivisa.
Occorre anche aggiungere, pur essendo ultroneo per le ragioni appena precisate,
che in ogni caso il sito in cui verrebbe ad essere realizzata l’area produttiva
non è privo di rilievo paesistico, in quanto classificato dal piano territoriale
paesistico regionale come “area di elevata naturalità” ed assoggettata al regime
di conservazione degli elementi di naturalità che caratterizza queste ultime.
La tutela paesaggistica, infatti, ormai si è evoluta rispetto al momento in cui
venne introdotta con il d.l. 312/85, e non si realizza più soltanto attraverso
le forme del binomio vincolo paesaggistico/autorizzazione paesaggistica previsto
dagli artt. 146 e ss. d.lgs. 42/04, ma anche attraverso ulteriori strumenti
giuridici che prevedono strumenti di tutela diversi dalla necessità di uno
specifico titolo abilitativo ulteriore rispetto a quello edilizio. Si pensi, ad
esempio, alle previsioni dell’art. 25, co. 1, n.t.a. del Piano territoriale
paesistico regionale lombardo che stabilisce che: "in tutto il territorio
regionale i progetti che incidono sull’esteriore aspetto dei luoghi e degli
edifici sono soggetti a esame sotto il profilo del loro inserimento nel
contesto", e dell’art. 25, co. 3, che assegna al progettista privato il compito
di effettuare quest'esame perché stabilisce che: "ai fini dell’esame di cui al
comma 1, il progettista, in fase di elaborazione del progetto, considera
preliminarmente la sensibilità paesistica del sito e il grado di incidenza del
progetto", seguito dal successivo art. 29, co. 1, che precisa che è lo stesso
progettista privato che, effettuato l'esame paesistico, classifica l'intervento
in quanto prevede che: "ferma restando la facoltà di verifica da parte
dell’amministrazione competente, il progettista, sulla base dei criteri di cui
agli articoli 26 e 27, determina l’entità dell’impatto paesistico di cui
all’articolo 28. L’impatto potrà risultare inferiore o superiore ad una soglia
di rilevanza". Questo sistema - in cui la classificazione effettuata dal
progettista privato è decisiva per alleggerire o aggravare il prosieguo della
procedura amministrativa (in quanto l’art. 29, co. 2, stabilisce che: "i
progetti il cui impatto non superi la soglia di rilevanza si intendono
automaticamente accettabili sotto il profilo paesistico e, quindi, possono
essere presentati all’amministrazione competente per i necessari atti di assenso
o per la denuncia di inizio attività senza obbligo di presentazione della
relazione paesistica"; mentre correlativamente per i progetti che superino la
soglia di rilevanza, l’art. 29, co. 3, invece, prevede che: "i progetti il cui
impatto superi la soglia di rilevanza sono soggetti a giudizio di impatto
paesistico e pertanto le istanze di autorizzazione o concessione edilizia ovvero
della dichiarazione di inizio attività devono essere corredate dalla relazione
paesistica di cui all’articolo 25, comma 6; la presentazione di tale relazione
costituisce condizione necessaria per il rilascio dei successivi atti di assenso
o per l’inizio dei lavori in caso di dichiarazione di inizio attività")
–null’altro prevede se non una tutela paesistica che si svolge in forme diverse
dalla necessità di apposita autorizzazione paesaggistica (prevista per le sole
aree sottoposte a vincolo).
Deve, pertanto, affermarsi che nell’attuale sviluppo dell’ordinamento giuridico
l’ambito di applicazione della tutela paesaggistica non riguarda ormai soltanto
le aree oggetto di vincolo di tutela, in quanto il vincolo di tutela ex artt.
146 e ss. d.lgs. 42/04 è soltanto uno degli strumenti attraverso cui
l’ordinamento persegue l’obiettivo della tutela del paesaggio. Tra tali altri
istituti finalizzati alla tutela del paesaggio vi sono anche la relazione
sull’impatto paesistico di cui all’art. 29 delle n.t.a. del P.T.P.R. o, come nel
caso in esame, la perimetrazione come ambito di elevata naturalità sottoposto a
regime di conservazione.
III. Non è fondata neanche la eccezione di inammissibilità relativa al Comitato
dell’Isola, che - a giudizio della controinteressata - non avrebbe
legittimazione attiva in quanto priva di personalità giuridica.
In punto di legittimazione ad impugnare dei comitati l’orientamento della
giurisprudenza amministrativa è nel senso che “quel che concerne, invece, il
Comitato è pacifico l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui un comitato
spontaneo di cittadini può essere legittimato ad impugnare provvedimenti
ritenuti lesivi di interessi comuni solo se dimostra di avere un collegamento
stabile con il territorio ove svolge l’attività di tutela degli interessi
stessi, se la sua attività si è protratta nel tempo e se, quindi, il comitato
non nasce in funzione della impugnazione di singoli atti e provvedimenti” (CdS,
IV, 1001/2010). Pertanto, secondo la giurisprudenza si tratta di valutare caso
per caso se l’attività del comitato si è protratta nel tempo o è frutto di una
costituzione estemporanea finalizzata al ricorso.
Nel caso in esame siamo di fronte ad un soggetto giuridico nato con statuto del
6. 11. 1998 che recava già nell’oggetto la “promozione e valorizzazione della
natura e dell’ambiente nei confronti di una selvaggia industrializzazione ed
occupazione del territorio dell’Isola bergamasca”, e che è senz’altro radicato
in loco, in quanto agisce solo nell’area dell’Isola bergamasca, in cui rientra
il progetto di creazione del nuovo polo produttivo, talchè si può riconoscere al
Comitato dell’Isola lo stabile collegamento con l’area oggetto del provvedimento
impugnato che lo legittima all’impugnazione in sede processuale.
IV. Non è fondata la eccezione di irricevibilità per tardività che è basata
sull’assunto che andrebbero calcolati anche i giorni di sospensione feriale dei
termini perché, avendo la ricorrente presentato domanda cautelare, si verserebbe
in caso cui non si applica la sospensione ex l. 742/69.
Il punto di partenza è l’art. 5 l. 742/69 che, nel momento in cui pone una
eccezione alla sospensione feriale nel procedimento cautelare, facoltizza in
buona sostanza il ricorrente a scegliere se avvalersi o meno della sospensione
feriale, in quanto se lo stesso propone anche istanza cautelare il processo
potrà essere trattato durante la sospensione termini (T.A.R. Campania, Napoli,
sez. V, 4 marzo 2008, n. 1073).
Sarebbe stato senz’altro legittimo ricavare in via interpretativa la conseguenza
che se il ricorrente vuole che il processo sia trattato in sospensione termini,
allora dovrà anche rispettare i termini per la notifica ed il deposito del
ricorso senza avvalersi della sospensione.
La giurisprudenza amministrativa si è, però, orientata nel senso che la norma
sulla decorrenza dei termini nel procedimento cautelare - che costituisce
eccezione alla sospensione feriale - va interpretata nel senso che esso
legittimi semplicemente il Tribunale a fissare udienza anche nel periodo feriale
senza che la controparte possa dedurre che i termini sono sospesi, ma non
legittima a ricavare da ciò conseguenze sugli oneri che incombono sulle parti
nel processo principale (Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 26 gennaio
2006 , n. 29: la deroga prevista dall'art. 5 l. n. 742 del 1969, al regime di
sospensione feriale dei termini processuali opera esclusivamente nel senso di
consentire anche in periodo feriale la trattazione della domanda cautelare nel
rispetto dei termini ordinari all'uopo previsti, mentre non produce alcun
effetto con riguardo ai termini di notifica e deposito del ricorso introduttivo
e ad ogni altro successivo termine processuale finalizzato alla trattazione del
gravame nel merito, per i quali trova invece piena applicazione la sospensione
di cui all'art. 1 della medesima legge; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 04
marzo 2008 , n. 1073: l'art. 5, l. 7 ottobre 1969 n. 742, a norma del quale nei
procedimenti rivolti alla sospensione del provvedimento impugnato non vale la
regola della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, deve
essere interpretato nel senso che esso attribuisce all'interessato una facoltà
di scelta tra la proposizione immediata dell'impugnativa nel periodo di
sospensione feriale, con contestuale richiesta di sospensiva dell'atto impugnato
ove ravvisi l'urgenza dell'esame cautelare e la proposizione successiva, non
tenendo cioè conto, ai fini del computo dei sessanta giorni, del periodo
feriale, salva la possibilità di chiedere comunque la sospensione; la norma in
questione non intende, insomma, comminare la decadenza dalla richiesta di
sospensiva qualora l'impugnativa non sia proposta nel termine feriale, né,
tantomeno, limitare temporaneamente la tutela cautelare creando un obbligo di
impugnativa immediata, essendo evidente che ciò costituirebbe una palese
violazione dei principi costituzionali che garantiscono la tutela dei diritti
degli interessi).
In altri termini, la deroga alla sospensione dei termini vale soltanto per il
subprocedimento cautelare, ma non per il procedimento principale in cui esso si
inserisce.
Ne consegue che l’assunto su cui è fondato l’eccezione di irricevibilità non è
corretta e che essa deve essere respinta.
V. Non è fondata, da ultimo, neanche la eccezione di sopravvenuta carenza
d’interesse per essere stato adottato medio tempore il P.G.T. con deliberazione
consiliare n. 12 del 31. 3. 2010, che ha riqualificato le aree come ambito di
trasformazione e destinazione produttiva facendo venire meno il precedente
titolo all’edificazione, talchè a giudizio dei controinteressati un eventuale
accoglimento in nulla gioverebbe alle ragioni della ricorrente. Occorre
replicare, infatti, che il piano è solo adottato, e non approvato (il punto 7
della delibera di adozione si limita a considerare vigenti, come per legge, solo
le misure di salvaguardia). Ne consegue pertanto che alla data in cui viene
deciso questo ricorso l’unico titolo per realizzare le opere oggetto della
vicenda in esame è il provvedimento del 28. 5. 2009 con cui il Consiglio
comunale di Palazzago ha approvato il progetto di intervento finalizzato alla
localizzazione di nuovi impianti produttivi in località San Sosimo, impugnato
con il presente ricorso che – superate le eccezioni preliminari – deve pertanto
essere deciso nel merito.
VI. Nel merito, il ricorso è fondato.
Si premette in fatto che l’area oggetto dell’intervento ha un’ampiezza di mq
39.134, ed è così classificata:
- nel P.R.G. (ancora oggi vigente, pur se destinato ad essere superato per
effetto dell’approvazione definitiva del P.G.T.) essa è in parte come area
agricola, in parte come zona boschiva, in parte come fascia di rispetto, ed in
parte come zona per viabilità esistente e di progetto,
- nel P.T.C.P. è classificata come area con fenomeni urbanizzativi in atto o
previsti o prevalentemente inedificati di immediato rapporto con i contesti
urbani,
- nel P.T.P.R. è classificata come ambito di elevata naturalità, che, secondo
l’art. 17 del piano, sono “quei vasti ambiti nei quali la pressione antropica,
intesa come insediamento stabile, prelievo di risorse o semplice presenza di
edificazione, è storicamente limitata”
Si tratta, pertanto, di un’area di pregio ambientale, adiacente (a nord) ad
altra area gravata anche da specifico vincolo paesaggistico con decreto del 22.
4. 2009. La circostanza è particolarmente importante perché il decreto di
vincolo prevede espressamente “una progettazione particolarmente attenta delle
aree libere intorno”, e quindi anche di quella oggetto dell’intervento edilizio
in progetto.
L’intervento prevede di realizzare in quest’area una serie di capannoni
industriali a destinazione produttiva per una superficie lorda di pavimento di
mq 33.191,37 e con la creazione di una viabilità interna a servizio delle
strutture che vengono create.
VII. In questo contesto è fondato il primo motivo di ricorso, in cui si deduce
che la delibera impugnata sarebbe illegittima per violazione dell’art. 5 d.p.r.
447/88 in quanto non sarebbe stata rispettata nel caso in esame la sequenza
procedimentale necessaria per autorizzare la localizzazione di impianti
produttivi in variante al p.r.g. che doveva passare attraverso un provvedimento
ricognitivo del fabbisogno, una relazione del responsabile del procedimento
attestante la insufficienza delle aree produttive, una relazione geologica.
Si tratta del motivo di ricorso su cui il Tribunale ha già accentrato
l’attenzione nella ordinanza sospensiva, il cui contenuto qui si ritiene di
confermare e specificare.
Le associazioni ricorrenti sostengono, in definitiva, che la variante per
impianti produttivi in deroga allo strumento di piano possa essere consentita
soltanto previa ricognizione del fabbisogno di aree industriali, e quindi
soltanto all’esito della valutazione da parte del Comune della necessità - per
lo sviluppo ordinato della comunità - di individuare nuove aree destinate ad
attività produttive vista l’insufficienza di quelle previste in piano.
Il Comune di Palazzago ha seguito una procedura meno articolata, perché si è
limitata a constatare che nel piano regolatore non esistessero aree disponibili
per nuove attività produttive ed ha conseguentemente assentito la variante di
piano con cui si trasformava un’area agricola in zona industriale, senza porsi
il problema del se vi fosse o meno il fabbisogno delle nuove attività
industriali che si andranno ad insediare nell’area oggetto della variante.
La prospettazione delle associazioni ricorrenti è corretta.
La norma attributiva del potere esercitato in concreto dall’amministrazione nel
caso in esame è l’art. 5 d.p.r. 447/98 il cui co. 1 dispone che “qualora il
progetto presentato sia in contrasto con lo strumento urbanistico, o comunque
richieda una sua variazione, il responsabile del procedimento rigetta l'istanza.
Tuttavia, allorché il progetto sia conforme alle norme vigenti in materia
ambientale, sanitaria e di sicurezza del lavoro ma lo strumento urbanistico non
individui aree destinate all'insediamento di impianti produttivi ovvero queste
siano insufficienti in relazione al progetto presentato, il responsabile del
procedimento può, motivatamente, convocare una conferenza di servizi,
disciplinata dall'articolo 14 l. 241/90 , come modificato dall'articolo 17 l.
127/97, per le conseguenti decisioni, dandone contestualmente pubblico avviso.
Alla conferenza può intervenire qualunque soggetto, portatore di interessi
pubblici o privati, individuali o collettivi nonché i portatori di interessi
diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio
dalla realizzazione del progetto dell'impianto industriale”.
L’art. 2, co. 1, stessa legge aveva già previsto che “la individuazione delle
aree da destinare all'insediamento di impianti produttivi, in conformità alle
tipologie generali e ai criteri determinati dalle regioni, anche ai sensi
dell'articolo 26 d.lgs.112/98, è effettuata dai comuni, salvaguardando le
eventuali prescrizioni dei piani territoriali sovracomunali (ne consegue che le
aree in esame devono essere individuate “scegliendole prioritariamente tra le
aree, zone o nuclei già esistenti, anche se totalmente o parzialmente dimessi”).
Il combinato di queste due norme consente di desumere che il procedimento di
approvazione della variante per insediamenti produttivi non è sottratto ai
tradizionali presupposti che reggono gli strumenti di piano ed alle esigenze cui
sono funzionalizzati gli stessi, in quanto il d.p.r. 447/98 si limita a
semplificarne l’approvazione, ma non stravolge i principi che regolano la
elaborazione della pianificazione comunale.
Da quanto appena esposto consegue che - come tutti gli strumenti di piano sono
approvati a seguito di ricognizione del fabbisogno della comunità locale
(fabbisogno di nuovi alloggi, che porta all’individuazione di nuove aree
destinate a residenza o all’ampliamento degli indici di edificabilità di quelle
già individuate come tali; fabbisogno di nuovi servizi pubblici per effetto
dell’incremento della popolazione locale, che porta all’ampliamento delle aree
destinate ad attrezzature; fabbisogno di nuove aree a verde per garantire il
rispetto degli standard a fronte dell’aumento di altri parametri urbanistici) -
anche la variante per insediamenti produttivi può essere approvata solo a
seguito di una ricognizione da parte del fabbisogno di nuovi impianti produttivi
ed alla valutazione del Comune che effettivamente ritenga che per l’ordinato
sviluppo della comunità locale occorrano nuovi impianti produttivi la cui
localizzazione non sia possibile nel contesto del piano vigente per
insufficienza delle aree a ciò destinate.
La giurisprudenza amministrativa ha ribadito, infatti, più volte il proprio
diritto ad esercitare un sindacato sulle scelte di piano proprio in base alla
coerenza della scelta effettuata (a valle) dal Comune con la ricognizione (a
monte) delle esigenze di sviluppo della comunità locale che le scelte di piano
puntano a soddisfare, ed ha affermato l’illegittimità di scelte che amplino o
diminuiscano parametri urbanistici sulla base di incongrua o insufficiente
ricognizione del relativo fabbisogno (sul punto v. CdS 7338/06: In sede di
controversia riguardante la legittimità del dimensionamento di un piano
urbanistico il sindacato giurisdizionale non è limitato alla valutazione nella
sua dimensione globale della stima del fabbisogno abitativo fatta dal comune, ma
la razionalità e l'esattezza della previsione può essere verificata sia con il
controllo dell'istruttoria eseguita e dei dati raccolti, sia con l'analisi della
logica della loro elaborazione successiva ai fini della fissazione di detto
fabbisogno; T.a.r. Sardegna 164/09: Nella determinazione del fabbisogno
abitativo, ai fini del dimensionamento del piano regolatore generale, il Comune
non è tenuto a considerare esclusivamente l'andamento demografico che si è avuto
nell'ultimo periodo, potendo invece valutare anche fenomeni sociali, o economici
che di fatto incidono sulla prevedibile domanda di alloggi e quindi sull'aumento
del traffico veicolare nella zona; T.a.r. Sicilia, Catania, II, 1080/07: Il
limite massimo del 70%, previsto dall'art. 3, l. n. 167 del 1962 di estensione
delle zone da includere nei piani di edilizia economica e popolare, si applica
anche al dimensionamento dei programmi costruttivi in questione e tale
dimensionamento, secondo quanto disposto dalla giurisprudenza, incontra il
duplice limite della proporzione fra fabbisogno complessivo calcolato e quota di
alloggi riservata all'intervento pubblico e quello relativo alla proporzione tra
alloggi progettati e superficie a tal fine vincolata).
Il principio in esame è stato espresso anche da questo Tribunale nella pronuncia
85/05 in cui si è ritenuta l’illegittimità di una decisione del pianificatore
comunale sul rilievo che “il potere dell'amministrazione di modificare le scelte
contenute nel precedente PRG deve essere esercitato con ragionevolezza e
coerenza, per cui nella fattispecie era indispensabile dare congruamente conto
delle ragioni che inducevano a prevedere due nuove aree di espansione non
soltanto attraverso un generale raffronto tra la zona prescelta dallo strumento
urbanistico e le altre zone potenzialmente utilizzabili ricomprese nel
territorio comunale, ma anche alla luce dei risultati dell'indagine sul
fabbisogno che non hanno evidenziato un deficit di nuovi alloggi per uso
abitativo”.
Questi principi di diritto, dettati per la pianificazione comunale che segue le
vie ordinarie, valgono a maggior ragione per la variante per insediamenti
produttivi, che – si è detto –è sottoposta a procedure semplificate di
approvazione, che però non stravolgono le regole dell’urbanistica, e che anzi
proprio per essere approvata come modalità semplificate richiede oneri
motivazionali ancora più penetranti, come rilevato da T.a.r. Lombardia, Milano,
II, sentenza n. 4046 del 10/09/2008, secondo cui “le ragioni di pubblico
interesse specifico che spingono l'amministrazione ad adottare un P.I.P. devono
essere adeguatamente specificate con particolare riferimento alla tipologia di
attività che si intendono insediare con tale strumento, alle finalità di
promozione dell'attività d'impresa perseguite, ai benefici economici e sociali
particolari che l'amministrazione si prefigge da tale strumento. Né tali ragioni
ed interessi pubblici possono ridursi alla semplice localizzazione di attività
economiche ed all'urbanizzazione primaria e secondaria che sono finalità
perseguibili con gli ordinari strumenti urbanistici e nell'ambito di una
dialettica ordinaria con i proprietari delle aree”.
Nel caso in esame, pertanto, il Comune di Palazzago – ricevuta la richiesta del
Consorzio San Sosimo - non doveva limitarsi a verificare soltanto se vi fossero
aree disponibili nel territorio comunale per realizzare l’insediamento
industriale richiesto, ma doveva anzitutto verificare se questo insediamento
fosse o meno proporzionato per le esigenze di sviluppo della comunità locale
(verifica affatto formale, posto che ben 9 ditte su 10 costituenti il Consorzio
non avevano sede a Palazzago).
Le parti resistenti contestano tenacemente che questa verifica dovesse essere
effettuata con riferimento alle sole esigenze della comunità locale, ma questa
opinione non può essere avallata. Come si è evidenziato sopra, l’ambito di
riferimento della variante P.I.P. ex d.p.r. 447/98 è quello comunale, perché gli
artt. 2 e 5 del decreto citato individuano nei Comuni i soggetti cui è affidata
la procedura di variante.
E’ vero, invece, - ed in questo si viene incontro alle argomentazioni delle
parti resistenti, pur non aderendovi appieno - che le esigenze di sviluppo della
comunità locale non sono individuate soltanto sulla base della sede della
società richiedente l’insediamento (perché possono essere verificate – a mero
titolo di esempio – anche le prospettive occupazionali determinate
dall’insediamento di nuovi impianti nel territorio comunale per diminuire il
tasso di disoccupazione, con la conseguenza che un eventuale pieno impiego della
popolazione residente già acquisito non legittimerebbe – sotto questo profilo -
ulteriori aumenti del carico industriale, laddove una situazione di
inoccupazione di manodopera specializzata in un certo settore industriale
potrebbe essere richiamata a supporto della decisione di favorire l’insediamento
in loco di aziende provenienti da fuori territorio e specializzate nello stesso
settore).
Ma – comunque si ricostruisca il sistema - nel caso in esame queste
prospettazioni restano meramente astratte, perché in realtà il Comune di
Palazzago non ha effettuato proprio nessuna valutazione sul fabbisogno, talchè
non si rende necessario scendere nel dettaglio ad individuare i criteri che
avrebbero potuto in astratto reggere tale valutazione.
Ne consegue che, in conformità con l’ordinanza cautelare già resa in corso di
causa, deve essere rilevata la illegittimità del provvedimento impugnato, che
deve pertanto essere annullato.
VIII. Restano assorbiti gli ulteriori motivi formulati in ricorso. Infatti, “nel
giudizio amministrativo, l'accoglimento di una censura, che sia in grado di
provocare la caducazione dell'atto impugnato, fa venire meno l'interesse del
ricorrente all'esame degli altri motivi da parte del giudice e la potestà di
questi di procedere a tale esame, autorizzando la dichiarazione di assorbimento"
(Cons. Stato, sez. VI, 7 ottobre 2008, n. 4829).
IX. Le spese seguono la soccombenza, che viene posta a carico delle parti
costituite, Comune di Palazzago, imprese controinteressate ed interveniente, in
quanto il provvedimento illegittimo è stato emesso dal Comune, ma sulla base di
richiesta, e nell’interesse, del Consorzio San Sosimo e delle ditte che ne fanno
parte, il cui intervento ha in ogni caso imposto ulteriori oneri argomentativi
alla difesa tecnica delle ricorrenti (in punto di condanna alle spese
dell’interveniente v., in caso simmetrico a quello presente CdS, IV, 53/98: agli
effetti della condanna al pagamento delle spese processuali in favore della
parte vittoriosa è ininfluente che quest'ultima sia entrata nel processo a
seguito di notifica del ricorso da parte del ricorrente ovvero di propria
iniziativa a mezzo di atto di intervento ).
Esse vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. staccata di
Brescia, I sezione interna, così definitivamente pronunciando:
Accoglie il ricorso, e, per l’effetto, annulla la deliberazione del 28. 5. 2009
del Consiglio comunale di Palazzago.
Condanna il Comune di Palazzago, i controinteressati costituiti e
l’interveniente, in solido tra loro, al pagamento in favore delle ricorrenti
delle spese di lite, che determina in euro 2.500, più i.v.a. e c.p.a. (se
dovute).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 9 giugno 2010 con
l'intervento dei Magistrati:
Giuseppe Petruzzelli, Presidente
Sergio Conti, Consigliere
Carmine Russo, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/07/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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