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TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez.II - 2 agosto 2010, n. 2612
DIRITTO DELL’ENERGIA - Impianti di illuminazione - Comuni - R.D. 15 ottobre 1925
e D.L. n. 902/1986 - Riscatto - Implicita abrogazione ex T.U. n. 267/2000 -
Inconfigurabilità. La normativa in materia di riscatto degli impianti di cui
al R.D. 15 ottobre 1925, n. 1568 ed al D.L. n. 902/1986 non risulta
implicitamente abrogata per effetto della sopravvenuta disciplina poi recepita
dal T.U. n. 267/00 nella misura in cui mira all’assicurazione in capo agli enti
locali, della proprietà degli impianti costituente presupposto indefettibile per
l’indizione della procedura per l’affidamento del servizio pubblico ovvero per
la relativa assunzione in house (ordinanza Consiglio di Stato, V, n. 6639/08 del
12 dicembre 2009). Ne discende che deve ritenersi sussistere, in capo agli enti
locali, l’astratta possibilità di riscattare la proprietà degli impianti di
illuminazione pubblica realizzati da Enel, quale concessionario di servizio.
Pres. Calderoli, Est. Bertagnolli - E. s.r.l. (avv.ti Cadeddu e Libertini) c.
Comune di Cologne (avv.ti Bertuzzi e Sina). TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez.II -
2 agosto 2010, n. 2612
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 02612/2010 REG.SEN.
N. 00620/2008 REG.RIC.
N. 00275/2010 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 620 del 2008, proposto da:
Enel Sole Srl, rappresentata e difesa dagli avv.ti Simone Cadeddu e Mario
Libertini, con domicilio eletto presso Mario Gorlani in Brescia, via Romanino,
16;
contro
Comune di Cologne, rappresentato e difeso dagli avv.ti Fiorenzo Bertuzzi e
Gianpaolo Sina, con domicilio eletto presso Fiorenzo Bertuzzi in Brescia, via
Diaz, 9;
e con l'intervento di
ad opponendum:
Regione Lombardia, rappresentata e difesa dall'avv. Maria Lucia Tamborino, con
domicilio eletto presso Donatella Mento in Brescia, via Cipro, 30;
Sul ricorso numero di registro generale 275 del 2010, proposto da:
Enel Sole Srl, rappresentata e difesa dagli avv.ti Marcello Mole', Stefania
Vasta e Clara Fraticelli, con domicilio eletto presso Stefania Vasta in Brescia,
via Vittorio Emanuele II, 1;
contro
Comune di Cologne, rappresentato e difeso dagli avv.ti Fiorenzo Bertuzzi,
Gianpaolo Sina e Silvano Venturi, con domicilio eletto presso Fiorenzo Bertuzzi
in Brescia, via Diaz, 9;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
quanto al ricorso n. 620 del 2008:
- della deliberazione del Consiglio comunale n. 2008012 del 19 marzo 2008;
- di ogni atto presupposto, connesso o comunque consequenziale, ivi incluso, per
quanto occorrer possa, la nota prot. n. 4998 del 31 marzo 2008;
quanto al ricorso n. 275 del 2010:
- dell’ordinanza n. 2 del 12 gennaio 2010, avente ad oggetto “Riscatto impianti
di illuminazione pubblica”;
- della deliberazione della Giunta comunale n. 2010019 del 5 febbraio 2010,
avente ad oggetto “Determinazioni relative ad impianti di illuminazione pubblica
a seguito del riscatto dalla società Enel Sole s.r.l.”;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale;
nonché per il risarcimento del danno conseguente.
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Cologne;
Visto l’intervento ad opponendum della Regione Lombardia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 luglio 2010 la dott.ssa Mara
Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Enel Sole s.r.l. espone di essere proprietaria degli impianti di illuminazione
pubblica situati nel Comune di Cologne, in ragione del subentro - a seguito del
conferimento di ramo d’azienda da parte di Enel s.p.a. (già Ente Nazionale
Energia Elettrica) - nella convenzione stipulata da quest’ultimo a decorrere
dall’1 gennaio 1977 (di durata triennale e rinnovatasi nel tempo), la quale
prevedeva che gli impianti di illuminazione pubblica in atto nel territorio
comunale fossero di proprietà di Enel, ma non faceva alcuna menzione della
possibilità di un riscatto degli stessi.
Con nota del 4 aprile 2008 prot. n. 4998 veniva trasmessa ad Enel Sole la
deliberazione del Consiglio comunale n. 12 del 19 marzo 2008, con la quale il
Comune manifestava la volontà di avvalersi della facoltà di riscatto degli
impianti di pubblica illuminazione, prevista dall’art. 9 del DPR 4 ottobre 1986,
n. 902.
Tale provvedimento veniva impugnato con il ricorso sub RG 620/08, nel quale
veniva dedotta la nullità dei provvedimenti impugnati per difetto assoluto di
attribuzione: nessun riscatto sarebbe possibile, nel caso di specie, atteso che
la norma che prevedeva il potere del riscatto sarebbe stata implicitamente
abrogata sin dall’entrata in vigore della legge n. 142/90, la quale ultima
avrebbe escluso la possibilità della gestione diretta dei servizi pubblici da
parte degli enti locali. In ogni caso Enel Sole sarebbe titolare di un appalto
di servizi e non anche di una concessione , con la conseguenza che non sarebbe
ipotizzabile alcun riscatto.
Inoltre, l’art. 24 del R.D. 2578/25, già incompatibile, secondo la ricorrente,
con la legge n. 142 del 1990, sarebbe stato abrogato dall’art. 35, comma 12,
lett. g) della legge n. 448/2001, che avrebbe eliminato ogni residua efficacia
transitoria delle disposizioni del T.U. del 1925 in materia di riscatto.
Nonostante la proposta di Enel Sole di avviare una negoziazione per addivenire
ad una soluzione condivisa, il Comune inviava (il 2 febbraio 2009) ad Enel Sole
uno stato di consistenza degli impianti redatto unilateralmente e rispetto a cui
la società formulava le proprie osservazioni, mettendo in evidenza omissioni ed
errori.
L’Amministrazione, però, preso atto di tali osservazioni procedeva, ancora una
volta unilateralmente, alla quantificazione dell’indennità dovuta per il
riscatto (deliberazione di Giunta comunale n. 73 del 29 aprile 2009, comunicata
il 5 maggio 2009).
Il 4 dicembre 2009, a prescindere da ogni accordo sulla quantificazione
dell’indennizzo, la Giunta comunale deliberava l’acquisizione della proprietà
degli impianti di illuminazione in autotutela, dando mandato al responsabile
dell’area tecnica di procedere in tal senso. Veniva così adottata l’impugnata
ordinanza n. 2 del 12 gennaio 2010, cui faceva seguito la deliberazione della
Giunta comunale n. 10 del 19 gennaio 2010, con cui è stata disposta
l’acquisizione al patrimonio comunale degli impianti de quo.
Dopo aver contestato la quantificazione dell’indennizzo, nonché la correttezza
dell’iter seguito, Enel Sole impugnava (ricorso sub R.G. 275/10) la
deliberazione di acquisizione e gli atti successivi sopravvenuti (ordine di
rilascio e diffida a non svolgere alcuna attività sugli impianti), deducendo:
1. violazione dell’art. 24 del R.D. 2578/1925 e dell’art. 10 del DPR 902/86.
Tali disposizioni subordinano il riscatto al pagamento di un’equa indennità. Il
calcolo dell’indennizzo, inoltre, risulterebbe, secondo parte ricorrente,
subordinato all’accordo preliminare sullo stato di consistenza dell’impianto
che, pertanto, dovrebbe considerarsi l’atto presupposto per il prosieguo
dell’iter. Il decreto del 1986 prevede, altresì, che entro 30 giorni dalla
notifica della deliberazione consiliare con cui il Comune manifesta la volontà
di avvalersi della facoltà di riscatto, il concessionario è tenuto a redigere lo
stato di consistenza; in mancanza vi provvede l’ente concedente, ma avverso lo
stesso, entro il termine perentorio di 15 giorni possono essere presentate
osservazioni. In caso di disaccordo la questione deve essere rimessa ad un
collegio di tre periti. Nel caso di specie il Comune non avrebbe rispettato il
suddetto termine (avendo deliberato il riscatto il 3 aprile 2009, con
deliberazione notificata il 22 aprile 2009) e avrebbe determinato l’indennizzo
sulla base dello stato di consistenza predisposto unilateralmente senza
demandare la questione ad un collegio arbitrale;
2. violazione delle disposizioni del R.D. 2578/1925 relative alla spettanza e
alla determinazione dell’equa indennità dovuta al concessionario. Il Comune,
infatti, avrebbe dichiarato acquisita la proprietà degli impianti senza aver
corrisposto alcuna indennità, in violazione dell’art. 24 del decreto citato che
subordina, secondo la tesi di parte ricorrente, l’acquisto della proprietà
all’avvenuto pagamento dell’equa indennità; a tal fine non sarebbe, quindi,
sufficiente la mera determinazione dell’indennità, rispetto alla quale è ancora
in corso il giudizio arbitrale. Il Comune avrebbe, quindi, posto in essere un
esproprio senza indennizzo;
3. sviamento di potere. Il riscatto troverebbe il proprio fondamento
nell’assenza di una convenzione tra le parti e, quindi, nella necessità di porre
fine ad una sorta di gestione “di fatto” da parte di Enel Sole.
Al contrario la convenzione del 1977 sarebbe tuttora efficace, non avendo mai,
il Comune, inviato all’affidatario una formale disdetta. In ogni caso vi sarebbe
stato uno sviamento del potere, avendo il Comune attestato di procedere al
riscatto allo scopo di gestire in proprio il servizio e non anche, come invece,
richiesto dal legislatore, di affidarne la gestione ad un terzo, mediante gara
pubblica.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale, eccependo l’infondatezza
di entrambi i ricorsi.
Per quanto attiene al primo, si contesta la facoltà di riscatto sia venuta meno
e si evidenzia come lo scopo del riscatto, anche nel caso di specie, sarebbe
proprio quello indicato dal legislatore di addivenire ad una ottimizzazione del
servizio ponendo termine al rapporto standardizzato con quello che fino a pochi
anni prima fa era il monopolista del settore. Il riscatto sarebbe, quindi,
strumentale alla riorganizzazione del servizio, anche mediante l’affidamento con
gara. Il Comune sottolinea, altresì, come il riscatto sarebbe connaturale al
fatto stesso che gli impianti sono stati realizzati a spese del Comune e su
demanio pubblico.
Per le stesse ragioni sarebbe, altresì, infondato anche il secondo ricorso.
Più precisamente, la prima doglianza di quest’ultimo sarebbe inammissibile nella
parte in cui tende a contestare la regolarità del procedimento attraverso cui il
Comune è addivenuto alla determinazione dell’indennità per il riscatto, in
quanto tali censure dovrebbero essere oggetto di un apposito contenzioso da
instaurarsi in sede arbitrale. Tali doglianze sarebbero comunque infondate,
avendo il Comune provveduto a dare puntuale applicazione alla normativa in
materia.
Infondato sarebbe anche il terzo motivo di gravame, atteso che la sopravvenuta
normativa non avrebbe consentito alcuna prosecuzione della concessione in essere
con Enel Sole s.r.l., mentre le modalità di gestione future degli impianti
potranno essere, eventualmente, oggetto di censura a seguito dell’adozione dei
relativi provvedimenti.
In vista della pubblica udienza, parte ricorrente ha prodotto una memoria volta
a contestare le eccezioni dell’Amministrazione, sostenendo che tutti i vizi
dedotti si riferirebbero al procedimento successivo alla deliberazione del
Comune del 3 aprile 2009, concluso già in data 1 dicembre 2009, ingiungendo la
consegna degli impianti entro il 13 gennaio 2010 e, quindi, ben prima del
termine di un anno previsto per il riscatto, senza che fosse raggiunto alcun
accordo sull’indennità dovuta ed addirittura sulla consistenza degli impianti,
posto che il Comune ha contestato la proprietà in capo ad Enel di decine di
essi.
Ciò integrerebbe un’espropriazione senza indennizzo in violazione dei principi
che regolano l’espropriazione per pubblica utilità.
In ordine alle modalità con cui il potere è stato esercitato, inoltre, Enel Sole
contesta la legittimità dell’ingiunzione di consegna degli impianti, in quanto
il Comune non ha esplicitato le ragioni d’urgenza che la rendevano
immediatamente necessaria, facendo ricorso ad un’ordinanza contingibile ed
urgente priva dei necessari presupposti. Tutto ciò integrando uno sviamento del
potere, in quanto il rientrare nella disponibilità degli impianti non sarebbe
preordinato all’affidamento della gestione mediante una nuova gara, bensì
all’affidamento diretto del servizio stesso.
In ogni caso sarebbe illegittima la richiesta di produzione dei contratti in
quanto preordinata alla gestione in proprio del servizio, preclusa dalla nuova
normativa.
Il ricorso sub R.G. 275/10 veniva iscritto a ruolo per la trattazione del merito
nell’udienza del 13 maggio 2010, in occasione della quale le parti
rappresentavano l’opportunità della riunione del ricorso in esame con quello
precedente, sub R.G. 620/08.
Veniva così fissata la nuova udienza pubblica del 15 luglio 2010 nella quale, su
conforme richiesta dei procuratori delle parti, le cause venivano trattenute in
decisione.
DIRITTO
Deve essere preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi in epigrafe
indicati, attesa la evidente connessione intercorrente tra i medesimi, aventi ad
oggetto atti tra di loro consequenziali, tendenti all’unitario scopo di
riscattare gli impianti di proprietà di Enel Sole s.r.l..
Ciò premesso, il primo ricorso non può trovare accoglimento.
Il Collegio ritiene di poter condividere la tesi rappresentata dalla Regione
nella memoria depositata in vista della pubblica udienza, nella quale si
sostiene la natura concessoria del rapporto tra Enel Sole e Comune di Cologne,
sorto nel 1977 sulla scorta di una convenzione standard che veniva in quei tempi
stipulata con il monopolista del settore e cioè Enel.
Non si tratta, quindi, di un mero appalto, bensì di una concessione di servizi,
affidata direttamente ad Enel e la cui sopravvivenza non è venuta meno a seguito
dell’entrata in vigore della legge n. 142 del 1990 che pure ha modificato
radicalmente le modalità di gestione dei servizi pubblici da parte degli enti
locali; ciò a prescindere dall’assenza di un rapporto diretto con l’utenza, che,
però, rimane destinataria diretta del servizio stesso, finalizzato a soddisfare
in maniera diretta ed immediata un’esigenza della collettività e non una
necessità del Comune in quanto ente.
Ne discende l’irrilevanza del fatto per cui, in ragione del godimento diffuso
del servizio da parte della popolazione, il relativo costo è sostenuto dal
Comune e non direttamente dagli utenti.
Ciò chiarito, il Collegio non ravvisa ragione di discostarsi dalla propria
giurisprudenza, secondo cui la facoltà di riscatto non è stata abrogata dalla
normativa successivamente sopravvenuta, ma è tuttora riconosciuta
dall’ordinamento al fine di garantire la possibilità al Comune di individuare,
attraverso una gara pubblica, il soggetto migliore cui affidare la gestione del
servizio mediante concessione.
Ad escludere la sopravvivenza della norma non è sufficiente il mero fatto che il
servizio di illuminazione pubblica non rientri tra quelli che, ex lege,
il Comune può ancora gestire direttamente: il riscatto, infatti, è preordinato a
garantire solo la disponibilità degli impianti al Comune, in modo tale che
questi possa individuare il modo più economico e soddisfacente per l’interesse
pubblico della sua gestione, a nulla rilevando la modalità di quest’ultima.
Lo stesso Consiglio di Stato, in sede di appello cautelare, ha peraltro
precisato che “la normativa in materia di riscatto degli impianti di cui al R.D.
15 ottobre 1925, n. 1568 ed al D.L. n. 902/1986 non risulta implicitamente
abrogata per effetto della sopravvenuta disciplina poi recepita dal T.U. n.
267/00 nella misura in cui mira all’assicurazione in capo agli enti locali,
della proprietà degli impianti costituente presupposto indefettibile per
l’indizione della procedura per l’affidamento del servizio pubblico ovvero per
la relativa assunzione in house”, dando atto che la giurisprudenza in senso
contrario citata riguarda il diverso, specifico, settore del gas e non è
analogicamente estensibile (ordinanza Consiglio di Stato, V, n. 6639/08 del 12
dicembre 2009).
Ne discende che deve ritenersi sussistere, in capo agli enti locali, l’astratta
possibilità di riscattare la proprietà degli impianti di illuminazione pubblica
realizzati da Enel, quale concessionario di servizio. Tale possibilità non
risulta, peraltro, in alcun modo correlata all’intervenuta disdetta della
convenzione in essere che, negli atti impugnati, viene definita come scaduta in
conseguenza del sopravvenire del nuovo sistema di gestione dei servizi pubblici
locali che ha consentito la sopravvivenza della convenzioni essere, da
considerarsi, per l’appunto decadute, in un’ottica meramente transitoria.
Così respinto il primo ricorso, in relazione al ricorso sub R.G. 175-10, deve
essere, in primo luogo, rigettata l’eccezione in rito proposta da parte
resistente.
Non è, inammissibile, bensì infondata la censura di cui al punto 1.1.del
ricorso, volta a contestare la legittimità del procedimento seguito
dall’Amministrazione per addivenire al trasferimento in concreto della proprietà
degli impianti.
Invero il Collegio ritiene infondate sia la prima, che la seconda doglianza,
come sopra enucleate ed indicate con la numerazione 1.1 e 1.3 della parte in
diritto del ricorso, con le quali si lamenta la violazione dell’art. 24 del R.D.
2578/1925 laddove correla il riscatto al pagamento dell’indennità, risultano
però infondate.
Il Collegio ritiene che, nel caso di specie, il Comune intimato abbia provveduto
all’approvazione dello stato di consistenza secondo le modalità indicate dal
regolamento approvato con DPR 902/86. Al contrario di quanto sostenuto da parte
ricorrente, infatti, la normativa richiamata non subordina la possibilità del
riscatto al previo raggiungimento di un accordo tra le parti sullo stato di
consistenza prima e sulla quantificazione dell’indennizzo poi. Il sistema
delineato dalla legge e dalla convenzione stipulata tra il Comune e Enel,
infatti, prevede espressamente la possibilità, in caso di mancato accordo, di
rimettere la questione ad un apposito collegio arbitrale, ma in nessun punto
risulta espressamente previsto che il trasferimento degli impianti risulti
procrastinato ad un momento successivo all’avvenuta definizione e liquidazione
dell’indennizzo dovuto.
In altre parole la disciplina applicata non detta alcuna specifica disposizione
in ordine agli effetti traslativi della proprietà degli impianti nelle more
della definizione della controversia per la quantificazione dell’indennità
dovuta ed in particolare non prevede alcun diritto di ritenzione da parte del
concessionario che, quindi, non può vantare alcuno strumento privilegiato di
tutela del proprio credito eventuale.
A tale proposito questo Tribunale ha già avuto modo di affermare, ancorché con
riferimento al servizio di distribuzione del gas, che se una controversia sulla
quantificazione del “rimborso” potesse mantenere nel possesso il gestore uscente
si realizzerebbe un prolungamento del rapporto concessorio esclusivamente per
volontà di una delle parti senza oggettive ragioni di interesse pubblico,
incompatibile con i principi che regolano il mercato.
Tale principio appare attagliarsi perfettamente anche al riscatto del servizio
di illuminazione pubblica, in relazione all’esercizio del quale il Comune deve
essere ritenuto libero di individuare la modalità che meglio garantisce
efficacia ed economicità del servizio stesso, eventualmente anche mediante la
sua gestione diretta, espressa contemplata dalla norma, al contrario di quanto
previsto dal legislatore in relazione alla gestione del servizio di
distribuzione del gas.
In conclusione il Collegio non ravvisa ragione di discostarsi dai precedenti di
questo stesso Tribunale (11 giugno 2007 , n. 490) secondo cui l’ordine di
rilascio degli impianti, “a seguito dell'esercizio da parte del comune del
diritto di riscatto del rapporto concessorio in precedenza instaurato con la
società ricorrente” (nonché, a monte, il provvedimento con cui è stata disposta
l’acquisizione al patrimonio del Comune n.d.r.), “è legittimo ove si consideri
che né la normativa di settore, né la concessione, prevedono alcun diritto di
ritenzione a favore del gestore uscente.”.
Ciò non significa, peraltro, che possa ravvisarsi quella che è stata definita,
da parte ricorrente, un’espropriazione senza indennizzo, posto che il Comune non
ha negato la corresponsione dell’indennità dovuta ex lege.
Per quanto attiene, più nello specifico, all’ordinanza con cui è stata ingiunta
ad Enel Sole la consegna degli impianti, il Collegio ritiene inconferenti le
doglianze correlate alla mancanza dei presupposti per l’esercizio dei poteri
contingibili ed urgenti, in quanto il provvedimento in esame non ha una natura
riconducibile a tale categoria. Esso si qualifica, invece, come mezzo di
autotutela, adottato ai sensi dell’823 del cod. civ., con il quale il Comune ha
legittimamente ordinato il rilascio degli impianti di illuminazione pubblica
insistenti sul territorio comunale, in ragione della scelta operata di
riscattare i suddetti impianti che, pertanto, debbono ritenersi di proprietà
pubblica.
Non appare, peraltro, condivisibile la tesi di parte ricorrente secondo cui per
gli impianti di illuminazione pubblica non potrebbe essere fatto ricorso al
potere di autotutela di cui ai citati articoli del codice civile, in
considerazione del fatto che gli stessi non potrebbero essere fatti rientrare
nel demanio pubblico, ma dovrebbero essere qualificati come appartenenti al
patrimonio indisponibile.
Sul punto il Collegio ritiene sufficiente richiamare i propri precedenti (cfr.
fra le altre, la menzionata T.A.R. Brescia n. 490/2007), secondo cui
“l’assoggettabilità degli impianti di distribuzione del gas al regime di
autotutela previsto dall'art. 823 c.c. è confermato dall'art. 826, comma 3,
secondo cui "fanno parte del patrimonio indisponibile...gli altri beni destinati
a un pubblico servizio”.
Dato tale principio, anche l’impianto di illuminazione pubblica è senz’altro
riconducibile alla categoria dei beni destinati a un pubblico servizio e,
quindi, anche in relazione a quest’ultimo risulta possibile il ricorso allo
speciale potere di autotutela in parola.
Per quanto attiene, infine, al preteso sviamento dal potere che risulterebbe
integrato dall’aver ingiunto la riconsegna degli impianti, comunicando anche i
dati relativi ai contratti in essere stipulati da Enel sole per la manutenzione,
il Collegio ritiene che il riferimento a tali contratti contenuto nella parte
motivazionale del provvedimento impugnato non possa che essere inteso come
correlato agli eventuali obblighi del Comune di succedere nei contratti attivi e
passivi del concessionario in corso con terzi, di cui al IX comma dell’art. 24
del R.D. 2578 del 1925. La necessità di entrare in possesso di copia dei
contratti stipulati da Enel Sole srl è peraltro determinata da quella di
conoscere, in modo particolareggiato, ogni caratteristica tecnica degli impianti
stessi e le correlate esigenze manutentive, per addivenire alla redazione del
bando di gara per l’individuazione del nuovo gestore (in tal senso già la
sentenza di questo Tribunale n. 2165 del 27 maggio 2010).
Non risulta, quindi, comprovato che il riscatto sia strumentale all’elusione
della vigente normativa in materia di gestione dei servizi pubblici locali e,
conseguentemente, i provvedimenti non risultano, per ciò stesso, affetti dal
dedotto vizio di eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica dello
stesso.
Ciò anche sotto un diverso, ma altrettanto rilevante, profilo.
Come accertato in corso di causa, in disparte la circostanza per cui appare
difficilmente configurabile l’astratta possibilità di addivenire alla
pubblicazione di una procedura di gara per l’affidamento del servizio di
gestione della pubblica illuminazione senza avere la disponibilità dei relativi
impianti, la redazione stessa del bando di gara (ed in particolare la
determinazione dell’importo posto a base di gara, che deve essere congruo
rispetto all’oggetto della prestazione ed al concreto contenuto delle attività
richieste) presuppone la valutazione di specifici aspetti tecnici (quali numero
totale dei centri luminosi e loro tipologia ed età) conoscibili solo dopo l’aver
conseguito la disponibilità non solo degli impianti stessi, ma anche degli
specifici contenuti dei contratti di manutenzione stipulati da Enel Sole s.r.l.
ed attualmente in essere. Ciò determina uno sfasamento dei tempi che comporta,
conseguentemente, un periodo transitorio di gestione mediante il subentro nei
contratti in essere, nelle more della pubblicazione di una specifica gara a
evidenza pubblica.
Pur dovendosi ritenere venuta meno l’ipotesi di gestione diretta degli impianti
da parte del proprietario degli stessi, quindi, non può ugualmente ritenersi
abrogato il IX comma dell’art. 24 del citato R.D. 2578/25, la cui applicazione
si rende necessaria per affrontare il suddetto “periodo transitorio”.
Rimane in ogni caso ferma la possibilità per l’odierna ricorrente di censurare
eventuali successivi atti che dovessero andare ad introdurre modalità di
gestione del servizio non corrispondenti al modello legislativo previsto dalla
normativa per l’affidamento dei servizi pubblici locali.
Tutto ciò premesso, rigettata la domanda principale volta all’annullamento dei
provvedimenti impugnati, deve essere rigettata anche la domanda risarcitoria -
solo formalmente e genericamente introdotta nel giudizio - non essendo stata
fornita prova alcuna della sussistenza degli elementi necessari ai fini della
configurabilità della responsabilità ai sensi dell’art. 2043 del codice civile
ed in primo luogo della configurabilità di una condotta lesiva.
Le spese del giudizio seguono l’ordinaria regola della soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, sezione seconda di
Brescia, respinge i ricorsi in epigrafe indicati.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida, a
favore del Comune, in € 4.500, 00 (Euro quattromilacinquecento/00) oltre ad
I.V.A., C.P.A. e rimborso forfetario delle spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 15 luglio 2010 con
l'intervento dei Magistrati:
Giorgio Calderoni, Presidente
Stefano Tenca, Primo Referendario
Mara Bertagnolli, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/08/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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